Ci ha guidati il vino,
per un tratto di strada
ridevamo allora,
cantavamo,
insulti e botte (a volte)
e non era un gioco;
si moriva con qualcuno accanto
ed era silenzio senza rimpianto
per giorni,
ci fermavamo,
con il bicchiere in mano (le ombre o le tazzette delle osterie)
odorava acre quando si versava
scendeva nella gola vivo e sporco
come l’umana natura
che ricorda l’essere nati per marcire
e rinascere poi
per un attimo di splendore
sotto e nel sole di luglio
nella nebbia di novembre
nel gelo di gennaio
e nel vento di marzo.
Maturava in noi come il bisogno di lavorare,
fottere e amare
anche quello di riposare
poi,
come ogni cosa che deve essere per stare,
come il vino riposa nella botte.
Poi Lysios ci ha lasciati,
è salpata la sua nave,
non può abitare nei limpidi calici
che feriscono senza guarire,
ora,
questo mondo non conosce il riposo
dell’aver vissuto;
si muove,
come una giostra inceppata
che nessuno vuol riparare.
Nessun uomo sulla terra.
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