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La casualità della nebbia

di Giuseppe lonatro
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Pubblicato il 03/07/2024 19:44:19

 

     

       Aveva con sé la luce della sera senza luna, illuminata soltanto dai bagliori dei fari delle auto che sfrecciavano su uno sterrato in lamiera vagante, in una città sempre al crepuscolo e mai doma.

      Lei, con le sue scarpe rosse, aperte e strette, le gambe scomposte, diventavano un rifugio delle mie fantasie. Le calze chiare, come il pallore del suo viso d’arancia. Chi era quella donna dall’aria triste che guardava senza guardare fuori dal finestrino?

      La vidi scendere alla fermata e scomparire nella pioggia incessante. Nessun ombrello a proteggerla, l’acqua la inghiottì all’istante. I miei occhi piccoli nulla poterono contro il rimedio di un vetro appannato né contro l’azzardo di un momento e quell’ansia di seguire sino all’ultimo tratto i suoi capelli umidi e scomposti mi divorava la mente.

       Vedere quel momento rubato, mi fece fremere di pazzia. Le mie braccia ridotte a  fragili artigli contro un vetro opaco, e lei era già andata via. Decisi di scendere alla fermata successiva; volevo ritrovarla, anche solo per un momento, per guardarla anche da lontano.

      Corsi disperato tra le pozzanghere colme d’acqua, girai il primo angolo che trovai e mi riparai sotto un vecchio portone. Dall’altra parte della strada, sotto una pensilina, la vidi, era lei. Teneva le braccia strette attorno alla vita e il capo chino; l’acqua incessante si mescolava con la sua figura. Alzò la testa e si accorse di me. I nostri sguardi si incontrarono. Eravamo solo noi due in quella strada, noi e il ticchettio della pioggia. Tutto ciò che stava accadendo non faceva più parte di quell’istante. Noi, la pioggia, e una strana musica che arrivava da lontano.

      Attraversai la strada, attratto da qualcosa di magico e irreale. Anche lei si mosse verso di me, come se fosse spinta da una forza strana. Senza alcun motivo apparente, ci abbracciammo. Era come se non aspettassimo altro. Le mie braccia intorno a lei, le sue intorno a me, e in quell’abbraccio il mondo smise di girare.

      Non c’erano più domande, né dubbi. In quell’attimo eterno, eravamo tutto ciò che esisteva. La pioggia continuava a cadere, ma non ci toccava più. E così, stretti l’uno all’altra, trovammo un rifugio, un senso, in quel momento magico e irreale.

      L’abbraccio, intenso e carico di significato, cominciò a sciogliersi lentamente. Ci guardammo negli occhi, i volti bagnati dalla pioggia, consapevoli che qualcosa di indefinibile e profondo stava accadendo. Poi, quasi simultaneamente, come guidati da un istinto primordiale, iniziammo a correre.

      La pioggia battente trasformava le strade in specchi luccicanti, riflettendo i lampioni tremolanti. I nostri passi veloci spruzzavano acqua tutt’intorno, ma non ce ne curavamo. Ridevamo, una risata libera e spontanea, mentre correvamo fianco a fianco, lasciando alle spalle il portone e la pensilina.

    La città sembrava sfumare ai nostri lati, un insieme di ombre e luci sfocate. La nebbia cominciò a calare, densa e avvolgente, inghiottendo i contorni degli edifici e i pochi passanti che cercavano riparo.

Le nostre figure, ormai indistinguibili nella foschia, correvano senza meta precisa, guidate solo dalla voglia di restare insieme, di esplorare quel momento che ci aveva uniti, così, senza un motivo; non sapevamo il perché delle cose ma accadevano.

La nebbia ci avvolse completamente, e ci sentimmo come in un mondo diverso, dove il tempo e lo spazio sembravano non avere più alcun significato.

      Le risate divennero un sussurro, e rallentammo il passo, finalmente fermandoci in un piccolo parco deserto. La pioggia si fece più lieve, quasi un mormorio che cadeva sopra di noi, sempre più sottile. Ci guardammo di nuovo, e in silenzio ci avvicinammo. L’incantesimo di quell’istante ci aveva portato qui, lontano da tutto, avvolti solo dal suono della pioggia e dal silenzio della città nascosta nella nebbia.

      Ci sedemmo su una panchina zuppa d’acqua, le mani intrecciate, ci rendemmo conto di essere diventati parte di qualcosa di più grande, un intreccio di destini che si era manifestato in quella serata piovosa. E così, senza sapere dove ci avrebbe portato quella strada, restammo lì, abbracciati, in attesa che la nebbia ci portasse via.-

2024 –


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