Trilla l’aria alle prime luci.
Fa opaco il vetro il fiato.
Giacigli scomposti deserti,
memorie di solitudini.
Acerbo pensarti:
tu già ai tuoi affanni
io nell’ennesima battaglia
che non ti racconterò, dopo.
Il sole sul capo,
sul tuo sentiero piove?
Non dirmi… mi parli
attraverso le ossa,
scricchiolante
ad ogni mio movimento.
Avanzi. Mi ascolto.
Questo bacio al tramonto
è giunto così inaspettato.
Forse il premio per la pazienza?
Forse al coraggio per tessere
un ordito di attese,
sfogliando pagine
spesso al contrario?
La luna ha già invaso il cielo.
È immensa. Ci osserva:
noi piccoli, in egual modo.
Non fa differenza il peso.
E poi, quando tocco i tuoi pensieri
m’accorgo di nicchie inesplorate
e di sentieri impercorribili.
Nascondo gli occhi tra le anse.
Come appari mutevole ad ogni postura…
il mio stato è limbico.
Quando muovi le labbra odo
come il silenzio di te parla
e m’accorgo di necessità cadute
e del tempo sprecato in aridità.
E poi, quando allarghi le braccia
sento come si popola il vuoto
ed io cado ai margini ebbra
dell’odore dell’aria che tu respiri.
Quando guardo il tuo viso
ogni linea è una via
già attraversata, m’appartiene.
Leggo ogni fioritura, ogni autunno.
Sei la terra da cui amo guardare
ogni notte il mio cielo!
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