Ascolta.
Ascolta.
Sono note che ho udito ma non ricordavo
ed ora ritornano e non le controllo,
mi penetrano il corpo, è un mare in tempesta
un gorgo improvviso, travolge ogni cosa.
E’ strano, profondo, ma non fa paura,
mi prende, mi accoglie e mi porta via,
lontano, in un regno che non ho mai visto,
è come passare ad un’altra vita.
Ci sono violini che vedo sfuocati,
son come saette che esplodono in cielo,
quel cielo che sempre si fa più lontano
ed io cado giù nel profondo più nero.
Son qui e mi sento nel ventre di un mare
che un giorno fu madre e vuole che torni
laggiù dove musica inebria il mio cuore
e l’acqua che temo ormai mi ha rapito.
Ma ora le vedo le mani, le tue,
che sfiorano l’ebano di tasti consunti
ed io sono lì mentre scrivo parole
e l’altro me stesso si perde tra i flutti,
stremato si arrende, esanime, vuoto
non so più capire se è sogno o realtà,
e c’è la tua schiena davanti ai miei occhi,
si inarca e non sa più trovare il giaciglio
per stendersi dopo i tumulti del cuore.
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