Un dialolgo può essere un monologo fra due cori quasi identici; un racconto caraibico; una scena tra le fibre di un sogno che non si slegano fino all’ultima panoramica; uno scambio fugace di battute fra due amici, semplice e profondo. Nella poesia non si vede spesso, eppure questo stile non sarà certamento sfuggito a molti lettori.
La poesia è un dialogo, un dialogo con chi legge, alle volte oscuro, autoreferenziale, diretto verso lo stesso poeta, del poeta. Ma esisterà sempre un lettore in ascolto, oggi, o fra cent’anni.
Tuttavia ci sono casi in cui la poesia per necessità si sente sensibile alla pressione esercitata dell’emersione di una forma espressiva più pura, sorella della prosa, ma non gemella. Ecco allora nascere delle liriche assolutamente uniche, dove il dialogo che si svolge all’interno dei versi esibisce spesso s’una passerella i confini del sogno, di una scena, di una sceneggiatura che s’anima all’infinito nella mente e nella vita del poeta, e che acquisisce invece un respiro autentico negli occhi dello spettattore.
Vediamo quattro esempi tratti da miei lavori, in uno dei quali la voce del poeta diviene cantilena extradiegetica, per poi mutare in un lamento femminile. Mediante un raccordo la protagonista compare ravvicinata alla visione del lettore; in primo piano, e con il suo monologo scandito:
IL PIANTO DELLA NAIADE
Qual cordoglio! La naiade strappata dalla sua terra!
Erra un pianto al salto dall’ultimo scoglio:
Uno, due, tre,
quattro, cinque... venti. Sono venti.
La mia cella è una cassa grigia di sbarre.
Uno, due, tre,
quattro, cinque... venti. Sono venti.
La mia cella è una cassa di grige stelle.
Sono anch’io suddita di quel re.
Bagnata, non salto, non sento mangiare
senz’affanno. Dolgono
al sonno le fragorose punte dei mie versi
contro gli squarci del soffitto,
dentro cieli prigionieri.
Uno, due, tre,
quattro, cinque... venti. Sono venti.
I chiodi sui quali
appenderò la mia anima.
Qual cordoglio! La naiade strappata dalla sua terra:
erra un pianto al salto dall’ultimo scoglio!
La voce del poeta può diventare anche quella di un narratore invisibile, realista, che introduce e sospinge liricamente dei puri dialoghi in forma di versi, tra le pennellate di un dipinto in movimento:
LA COMPAGNIA DELL’OVEST
A Benito
Al calar della sera appoggiato al muretto sull’oceano
della scogliera:
Leunam
Beno! Vieni qui!
Beno
Arrivo!
Onde marine spingono gli speroni sui fianchi ariosi. Passa Nairobi,
si ferma:
Nairobi
Beno!
Beno
Arrivo!
Finalmente, arriva Beno:
Leunam
Beno, e Iota?
Beno
Ancora sottoterra.
Leunam
Meglio...
Una spuma di risate sfrigola con l’olio del mare.
Si vede Ciulo, con un paggio, in lontananza:
Beno
Ciulo!
Ciulo
Arrivo!
Una nave immobile disegna gli occhi di un albatros.
Oppure può comparire come una personale testimonianza onirica:
IL CAMPO DI MARTIN
A Martin Bisiacchi
Fianco a fianco
appoggiati a un balcone parlavamo,
di tanto in tanto lo guardavo;
guardavo la sua bocca pallida muoversi,
i segni del viso negli angoli,
e ascoltavo la sorpresa di un affetto
segnalarmi quanti pochi centimetri siano sufficienti
per toccare le maree del cuore.
Ma allora non eri morto –
affermai;
No.
Mi ero perso.
Alzai lo sguardo dove il suo braccio m’indicava
un alto campo dorato.
È lì?
Sì.
Mi ero perso
in un campo di grano.
(Con le spine –
mi sussurrò una voce).
Infine, il poeta tramuta ancora la sua voce in scrittura volta alla descrizione d’un incontro e di una separazione amichevoli. E di un’unione stilistica:
DUE FIGLI
Due figli: lui se n’è andato, chissà dove.
Intanto fischia
Il clacson di un’automobile oltre questa nebbia,
Bruma che nell’ovale in cui mi racchiude,
Mi fa brillare; brillare i miei occhi e tutt’intorno il mio corpo.
Si è sposato. Si dice qui nel mondo dei forti delle isole
Caraibiche per affermare in una macchia d’inchiostro
L’unione dei sessi in intenti gloriosi,
Oppure affini all’etereo personale valore.
Gli hai visti in foto?
Sì, sono molto belli...
Grandi.
Già.
Sei dalla tua famiglia, e come sta andando?
Lottando.
Lo sai.
Sì.
Pazza per trovare qualcuno che mi aiuti.
Lo troverai...
Grazie,
Amico mio.
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