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A ciascuno il suo

di Teresa Cassani
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Pubblicato il 29/11/2023 11:26:50

A CIASCUNO IL SUO

Il palazzone labirintico si ergeva vicino al centro commerciale. Una costruzione moderna, articolata in più corpi e piani, con il prospetto principale alleggerito da una serie di pilastri. Il notaio l’avevano scelto i compratori e il suo studio era lì, in quell’edificio: scala B, interno 7.
Maria Antonietta Carriola con il figlio vi giunse di buonora, anche se l’appuntamento era stato fissato per le undici. Ma, da Milano, il traffico del mattino, le eventuali nebbie, gli eventuali lavori in corso potevano comportare più tempo del previsto e, siccome lei era piuttosto anziana e piuttosto ansiosa, aveva richiesto a Matteo tempestività.
Così alle nove e trenta del giorno stabilito, prendeva posto, dopo i saluti del e al personale presente, in una delle tante sale dello studio tutto cristalli, carton gesso e boiserie del palazzone. Alle nove e trentaquattro era seduta al tavolo enorme, col ripiano in vetrite azzurrognola, accanto al figlio, accanto al soprabito appoggiato sulla spalliera della sedia, accanto al mediatore. In attesa, in lunga, paziente attesa. Quarantacinque chili: il viso lungo, attraversato da mille rughe, adesso si allungava ancor di più verso le mani accostate sul tavolo nella posa composta di chi prega.
Si era decisa finalmente. Si era decisa a vendere l’appartamento in cui era vissuta da bambina e da ragazza, l’appartamento che aveva lasciato per seguire nel capoluogo il marito da cui era dipesa economicamente per cinquant’anni. L’appartamento pieno di ricordi, mai toccato per tanto tempo, necessitava di un’opera di restauro, ma vantava un’ubicazione davvero interessante nel centro storico della città, e quell’atmosfera impagabile, almeno per Maria Antonietta, del buon tempo che fu.
Allungando il viso triangolare la donna andava soppesando lo strappo doloroso a cui stava per sottoporsi, seppure volontariamente, quando entrò la segretaria del notaio. Uno svolazzo di gonnella corta sopra le calze fini e nere, un anello per ogni dito delle mani, i capelli lunghi trattenuti dagli occhiali in cima al capo, il trucco, il profumo.
-Buooongiorno! Mentre aspettiamo gli altri, le chiederei per cortesia i documenti.
Maria Antonietta le porse la carta d’identità e il codice fiscale.
-Come un intermezzo pubblicitario! – pensò considerando il sorriso di maniera e il tono giulivo della segretaria. La dottoressa Bianchi uscì.
I tre ripiombarono in un silenzio riflessivo.
Maria Antonietta si era decisa a vendere perché il figlio, che l’aveva accompagnata, aveva bisogno di soldi per l’acquisto di una nuova casa.
Con la sua laurea di ingegnere, con tante donne che c’erano a Milano, Matteo era andato a imbattersi in una marocchina. Che, per giunta, nonostante i trentacinque anni compiuti, non era ancora riuscita a conseguire la laurea in farmacologia, e che, inoltre, aveva fatto sì che il futuro marito abbracciasse il culto islamico, accettando il conseguente rituale di nozze là, nel paese natale di lei vicino a Marrakech, dove lui avrebbe nominato e sottoscritto i cinque pilastri.
Adesso Karima era in dolce attesa e le due stanze a Cernusco sul Naviglio non bastavano più. Matteo aveva adocchiato un appartamento più grande ma occorrevano soldi. Già, soldi che la madre poteva fornire rinunciando allo scrigno dei ricordi.
Antonietta sospirò. Ma, per il figlio, era disposta a questo e ad altro.
Alle dieci e quarantacinque arrivarono gli acquirenti: una coppia di cinquantenni pacati e corretti nell’esprimersi, interessati all’appartamento antico collocato in via Del Pozzo.
Si misero tutti e cinque intorno al tavolo.
Si ripresentò la segretaria con la gonnellina svolazzante e il prodigo sorriso stampato sulle labbra per chiedere ai nuovi arrivati i documenti.
-Ci siamo eh?! È un po’ in ritardo perché ha altre pratiche, ma sarà subito da voi.
-Secondo intermezzo pubblicitario!- pensò Maria Antonietta.
Finalmente, Guido Vicedomini Bonvicini fece ingresso. Giovane, alto, elegante nell’abito blu e nei modi, spalle larghe, viso dai lineamenti regolari, arcate dentarie combacianti, pelle chiara. In una parola: bellissimo.
-Scusate il ritardo- disse stringendo la mano ai presenti.
Maria Antonietta pensò, per un attimo, come tutte le qualità si fossero concentrate in una sola persona. Persino il cognome e il nome erano in linea. Li confrontò col suo cognome da donna del popolo e col suo nome da regina decapitata.
Il figlio di Maria Antonietta Carriola, vedova Sini, aveva, invece,l’aspetto di un saraceno, non certo aitante, ma in lui probabilmente scorreva lo stesso sangue di Karima. Del resto, perché doveva meravigliarsi se anche il marito buonanima, che aveva seguito nel capoluogo, mostrava i lineamenti somatici dell’arabo con quei capelli neri, ricciuti, e la pelle olivastra?
Matteo lavorava in una zona periferica di Milano e, per raggiungerla, al mattino da Cernusco sul Naviglio, impiegava più di un’ora di macchina, un consumo di benzina e altro che si traduceva mensilmente in un quasi affitto.
Intanto il notaio Guido Vicedomini Bonvicini, alto, bello, con la moglie altrettanto avvenente che occhieggiava dalla foto posta su uno scaffale della sala, e che, fortunato, abitava nella stessa città in cui lavorava, si era seduto davanti al PC e aveva dato inizio alla lettura dell’atto. Nomi, cognomi, dati anagrafici, professioni dei contraenti, caratteristiche dell’immobile, cifra pattuita, modalità di pagamento, vincoli, oneri.
Il tutto si protrasse per un buon trentacinque minuti, comprese le domande di chiarimento poste dalle due parti in causa. Il notaio consegnò alla venditrice l’assegno circolare, lei lo diede al figlio. Duecentoventimila euro.
Finalmente si passò alle firme, guidati dalla dottoressa Bianchi. Una qui, una qui. Un’altra qui.
Maria Antonietta vergò le pagine del documento con rapida determinatezza.
L’operazione, per quel che la riguardava, era conclusa.
La coppia si alzò per salutarla prima che se ne andasse assieme al figlio e al mediatore.
-Grazie! - disse il marito stringendole la mano.
-Grazie a voi -rispose Maria Antonietta- sono contenta che il mio appartamento vada a due brave persone.
-Saremo conservativi- disse la moglie.
Lei dischiuse il labbro sui denti fragili.
-Ah, ah…conservativi…
-Può venire a vederlo quando vuole- aggiunse la signora.
-No, meglio di no. Quando le cose cambiano, è meglio seguire il cambiamento, guardare avanti- affermò risoluta.
Il figlio lanciò alla madre uno sguardo rasserenato e la precedette verso l’uscita.
-Arrivederci!
-Arrivederci!
-Arrivederci!
Maria Antonietta Carriola, indossato il soprabito pesante raccolto dallo schienale della sedia, guardò diritta oltre la porta che il figlio aveva aperto e uscì dalla sala lasciando gli acquirenti a concludere la pratica col notaio, secondo consuetudine.

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