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Come le fate

Romanzo

Antonio Piscitelli (Biografia)
Alfredo Guida Editore

Recensione di Martina Federici
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Pubblicato il 13/03/2012 12:00:00

Le cose accadono perché devono accadere. Ma poi la mera casualità lascia il posto a segnali, suggestioni che ci guidano verso scelte ben determinate come quelle di Valerio, l’io narrante e l’artefice della profonda riflessione esistenziale che si snoda nelle pagine di questo volume di Antonio Piscitelli.

È l’intero racconto di un’esistenza quello che si dipana sul letto di morte di Angelo. La vita del suo amico, Valerio, dall’infanzia in orfanotrofio alla fortunata accoglienza in una famiglia adottiva benestante. L’incontro con un fratello speciale e l’instaurarsi con lui di un legame totalizzante a dir poco materno. E poi l’adolescenza con i suoi impulsi disperati, l’amore per una donna vissuto attraverso i toni del dramma, la morte che scatena riflessioni e fa pensare… Pensieri.

È strano l’effetto che la storia di Valerio ha sortito su di me. Una serie di vicende dure, difficili da leggere e quindi da condividere. Sì perché una volta che ci si addentra nella lettura di questa storia non si riesce a rimanere lucidi ed obiettivi. Ci si lascia coinvolgere sin dalle prime battute dai sentimenti del Valerio bambino che si pone interrogativi sulla vita e poi ancora dal ragazzo retto e studioso che cova emozioni contrastanti ed infine dall’uomo che gioisce e soffre e si rende protagonista consapevole di episodi drammatici.

Un’infanzia trascorsa in maniera tranquilla tra le mura ovattate di una casa borghese seppure con l’alone sempre vivo di una presenza, quella della sorella Lisa, lontana perché ribelle nei confronti di quel mondo; il legame viscerale con il fratello Sepe che assume quasi i toni di un abuso vissuto attraverso i sentimenti di un bambino complice e vittima allo stesso tempo. Non pochi sconvolgimenti ha creato in me la crudezza con cui Valerio descrive gli atti sessuali accanto al fratellastro, ma solo la contestualizzazione in una prospettiva più ampia di crescita mi ha consentito di comprendere fino in fondo questo legame. D’altra parte il bambino Valerio non ha conosciuto mai i veri genitori, le persone che lo adottano sono sempre descritte con toni discreti per un affetto presente ma poco esternato. Ed allora ecco Sepe, mite e compassionevole, fratello con cui il piccolo orfano instaura sin da subito un legame forte e verso il quale si rende bisognoso di affetto inteso nel suo senso totale… mentale ma soprattutto fisico. Con questo approccio sono riuscita a comprendere degli atteggiamenti che lasciano profondamente turbati in una visuale più ampia di quello che siamo e dei bisogni che nutriamo nei confronti degli altri e prima di tutto di noi stessi.

E poi arriva, negli anni dell’adolescenza, l’incontro con la misteriosa sorella Lisa. Sin da subito Valerio vive una passione travolgente che lo accompagna durante la giovinezza nonostante la lontananza e le rade circostanze di stare insieme. Lisa è davvero una fata, secondo lui, sia nell’aspetto esteriore sia negli atteggiamenti così coinvolgenti ed affettuosi. Ma il sentimento prepotente di Valerio diviene talmente ingestibile ad un certo punto che lo porta a rendersi colpevole di una violenza verso Lisa che avrà poi un finale doloroso.

Ed infine la morte, che fa da sfondo all’esistenza di quest’uomo, che segna per lui l’inizio di un percorso (forse già con la mancanza dei genitori), lo tocca con la perdita della donna amata ed infine lo porta ad affrontare questa grande riflessione proprio di fronte all’amico Angelo che sta esalando il suo ultimo respiro. È l’amicizia profonda con lui, ritrovato dopo sedici anni di lontananza grazie al ricordo delle fette di limone zuccherate dell’orfanotrofio, che aiuta Valerio ad affrontare questo intimo esame di coscienza.

E così si dispiega l’esistenza di Valerio che, seduto al capezzale di Angelo morente, rievoca tutto il suo vissuto, i suoi dolori e le sue colpe. Una di queste è l’aver lasciato che l’amico scegliesse di andarsene così, senza chiedere aiuto e senza accettare una cura qualsiasi. Sembra paradossale la vita di Angelo così pazza, un carattere irrefrenabile ed eccitante che nulla teme e che grida al mondo la sua voglia di vivere. Una libertà estrema che lo porta fino alla fine a decidere da solo di morire. E Valerio questo non riesce ad accettarlo. Come in passato non è riuscito a cambiare la sorte del suo rapporto con Lisa, che, spezzato da quell’atto così violento, ha visto la sua fine con la morte della ragazza malata (ed innamorata a sua volta tanto da non lasciarsi mai coinvolgere con il fratello acquisito).

Dicevo di un effetto particolare di questo volume. Duro alla lettura, sì. Ma poi, giunti alla fine della storia, il coinvolgimento è totale ed avvolgente. Oramai il legame con Valerio non solo esiste ma è forte, i suoi occhi che guardano e considerano la vita sono i miei, le sue emozioni mi toccano. Sento quasi i suoi sensi di colpa simili a quelli degli eroi Sofoclei. E le sue donne, un tempo considerate delle fate eteree ed innocenti ora creature foriere di drammi che lo conducono verso lidi insidiosi… quella terra di sirene da cui nessuno, a meno che non sia un ben schermito Ulisse, fa ritorno. Ed io non sono Ulisse, confessa Valerio.

È il racconto di una crescita, una salita di emozioni e sensazioni fino ad arrivare all’apice di tutto, alla consapevolezza della vita e della morte. Sembra un cerchio che si chiude e tutto nasconde dentro un involucro duro. Ma questa non è la fine. C’è uno spiraglio nelle ultime righe, un nuovo incontro che prelude ad una rinascita, ad una crepa in quell’involucro. E la volontà di Valerio ad aprirsi, conoscere, cambiare. Il fatto più eclatante, alla fine della storia, è che questa piccola speranza arriva da una piccola persona, una bimbetta che come una nuova vita ti corre incontro e ti abbraccia all’improvviso. Sembra quasi voglia dire Ho scelto te.



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