Ogni notte di pasta e spezia solita italiana da non poter dire donde evitare inconveniente nel niente dove sai dove non si sa mai meglio non farsi beccare dalle guardie mea culpa mea culpa mea profondissima culpa di quando coll'orecchio appizzato attento pronto a cogliere i tuoi passi che poi sarebbero finiti in quel vaso insozzato di terra poi poterlo innaffiare poi stancarsi tornarsene alle recidive scarse stelle in cielo e il faraone si sarebbe inorridito per quella piramide lasciata là nel grande niente mica dune che sono che so un poco come le zinne di dio
dio ha le zinne
finché ti nutre
ma quando siedi sul tavolo operatorio di Ducasse
Artaud, capisci cosa voglio
ho smesso di dire, Antonin,
manco mai ho iniziato,
parto facile nel via
e non ritirerò mai quei duemila
che m'avevano pure promesso
Eppure i suoi passi l'ho sentiti e l'occhiali dritt'in testa e il sorriso preoccupato come per un mio venire incontrollabile
Posso controllare almeno l'ora
di fronte al tempo?
Se mi si dicesse di no ecco sarei costretto
a vestirti di tovaglie sporche
e lì posare tra le posate
ridendo delle nostre risa e della mia idiozia
chiusa in un padre nostro.
Mica mio.
Nostro.
Dio diviso tagliato sul tagliere timido come
coniglio rintanato nella solita umida tana
costringerlo poi ad uscirsene dal suo nido
per poi chiamarlo - "onnipotente" -
ma di dio ce n'è sempre interessato poco,
piuttosto
hai ripiegate le lenzuola nell'armadio?
Qua mi si chiede di roba
mia
e di gente che magari
possa sostituire i sogni.
C'ho dei sogni in panchina
giusto da domani,
cosa posso fare
per creparmi ieri?
Solo un scherzo,
sbruffone sbuffò come un buffone
all'ultimo suo sketch
pe' la lapide all'ultimo tiro,
ma il passante nota solo e giusto ti fa notare -
"Ma hai pulito la lapide?"
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