Giorgina Busca Gernetti, Echi e sussurri, Edizioni Polistampa, Firenze 2015
.
Un’atra solitudine patita… un carcere la vita… nell’abisso dell’animo straziato… aspre scaglie aguzze, di voragine / scure come ferite… Sarò un nulla nel Nulla? sono, in Echi e sussurri di Giorgina Busca Gernetti, indicatori di una condizione esistenziale sofferta, tanto più lacerante quanto più la poetessa avverte il disagio di questo tempo in cui ragione e sentimenti sono rinnegati dalla demenzialità dell’uomo copernicano, attratto dalle suggestioni della belva.
È il caos / trionfo della mera bestialità e della dissacrazione della spiritualità.
In tale aberrante e diroccato contesto chi, come Giorgina Busca Gernetti, ha il privilegio di essere dotato di una interiorità ricca e pensosa, si riscatta dal peso dell’estraneità rifugiandosi nel santuario intimistico. Lì, la teologia positiva del ri-crearsi e rinverginarsi, pur osteggiata da inquietudini e amarezze congenite, dà ricetto ad interrogativi su dove andiamo, dove corre la nostra complicata esistenza, dove conduce la meta finale: Ade, Nulla eterno o verso qualcosa che sfugge all’umano intelletto: limitato non si appaga del quia, aspira a varcare le soglie di un Oltre, chiarificatore delle acquisite, metabolizzate incertezze.
Sono meditazioni di taglio filosofico: investono il problema gnoseologico con una percezione che dal sistema astrattivo plana e degrada sul contingenziale e ne legge pravità, ignavia, indifferenza,anaffettività, ingresso e portale nel baratro dell’apatia e del lasciarsi vivere.
Ma il lasciarsi vivere non tange le corde di Giorgina Busca Gernetti: l’innata determinatezza e la volitività fungono da antemurale all’autocompiangersi e al vittimismo disfattistico. Il vuoto amaro in cui la poetessa si dibatte da virago è… un’ erta parete protettiva, invalicabile, ai mostri che popolano quest’età di ritornato oscurantismo; è il luogo ideale per il dipanarsi di un soliloquio ser-rato su ciò che accade dentro e fuori di sé, e che, da ribollente magma etneo, si converte in parola.
La parola, magica architrave del pensiero, nella silloge in predicato, si carica dei moti dell’io, ne diventa mezzo e strumento di rigenerazione, salvataggio dalle secche dell’abbandono, àncora salvi-fica per non annegare nel gorgo della nullificazione, forza sinergica, linfa e alimento della scrittura versale. Essa, nel paesaggio desolato della psiche, è antidoto a non morire. Non scrivere è la morte esplica, in forma paradigmatica, Giorgina Busca Gernetti, donna ed intellettuale di ampia e variegata cultura, abile a contemperare, in un abbraccio empatico ed osmotico le più significative e sempreverdi istanze romantiche con le peculiarità del Decadentismo e con le esperienze estetiche della Prima Avanguardia del secolo scorso, tutte convergenti nella solitudine, anche esasperata dell’ io, nella pena del vivere, nell’ufficio orfico della parola.
In Echi e sussurri, suffragati da frequentazioni e dimestichezza con le correnti nazionali e internazionali fine Ottocento / inizio Novecento, la lirica è intensa e stimolante, musicale e icastica, essenziale e forbita, spoglia di compiacimenti oratori, dilettantismo anacronistico, manierismo decorati-vo, in base al principio che poesia e ragione, lungi dall’antagonizzarsi, si compendiano e si unificano, identificandosi nella dimensione dell’Oltre, lontana dalle nubi torbide degli spazi infiniti. È lì che l’animo respira aure consolatrici, sgombro da costrizioni.
Sofferenze da esule il cieco carcere del vissuto, un’enclosure in cui, per uscire di pena, l’io si finge la schermatura del sogno. Il risveglio, però, triste per lo spettacolo delle foglie d’autunno accartocciate a terra come coltre / di ferale sudario?, è all’istante rabbuiato dal quesito senza risposte su un tutto che, dalla finitudine della vita, trascorre alla morte e da questa, per le teorie meccanicistiche, ad altre forme di vita.
In dissenso con la vaghezza nostalgica della Sehnsucht, che attribuisce ai transferts onirici un ruolo evasivo, Giorgina Busca Gernetti concepisce il sogno come oblio… dell’animo dolente, come distacco momentaneo e sospensione d’atra vita, di cui una singola scheggia potrebbe inesorabilmente colpirla.
La difficoltà di intendere il reale si ammanta di sconforto e smarrimento che solo la poesia, amica nei giorni buî del… disinganno, può lenire, irrorando l’animo / di sereni, armoniosi sentimenti.
Sentimenti di portata panica: includono amore per le creature del regno animale, di cui tenero esponente è il canarino Lillo. Visitando, in sogno, la poetessa, il monello le addolcisce il cuore al pari, sebbene la diversità della situazione psicologica, del passero di Lesbia, che all’inconsolabile Catullo tristis animi levare curas.
Aleggia dal corpus della silloge, suddivisa in cinque sezioni, corredate in esergo di passi estrapolati da Poesie alla notte e Sonetti a Orfeo di Rainer Maria Rilke, un velo di palpabile pessimismo, scaturito da una certa propensione alla mestizia dell’animo delicato della poetessa e dall’osservazione di un contingente sbrecciato da precarietà e azzeramento di afflato umanitario. L’amarezza del giorno, muto, ostile, tormentoso è la costante letteraria e psichica di Giorgina Busca Gernetti; è, come nel prediletto Pavese, scorza che non si rompe neanche quando, turista innamorata della classicità, siede tra due colonne,… nell’ombra / del bianco sacrosanto Partenone. Il fascino di una civiltà millenaria; le statue di perfetta bellezza; i ruderi che pulsano e cantano storia; vita e morte di Re e di eroi non smorzano, pur immergendosi nel loro passato, ansia e affanni della visitatrice. La circondano nell’ Ellade ventosa, antropomorfizzati e umanizzati, Ifigenìa sacrificata per placare Artèmide; Clitemnestra con il pugnale già pronto nella mano; la dolce Saffo dalle trecce / viola; Euridice che sull’erba alta correva / per sfuggire al pastore, alle sue brame; Orfeo disperato Euridice, Euridice, mia Euridice ! echeggiava dolente nella selva. L’aureola di serenità e di falsa felicità con gradualità scema e dissolve: avanza inaspettata e disattesa, la realtà, mai fossilizzata, del quotidiano, come quello della poetessa e dei comuni mortali, appenato di inganni e disinganni, intrighi e rivalità, vittorie e sconfitte, gloria e codardia, amore e disamore, esternazione e suggello di una in-felicità che il canto dei poeti ha, forse volutamente, sottaciuto. Come per magia, sensibilizzati dalla presenza della straniera, reputata Ombra come loro, gli eroi si raccontano e rappresentano con la veracità della loro maschera tragica, non più occultata da fraintese letture e interpretazioni.
Così, senza mistificazioni apologetiche, Menelao si svela / ……. nel bel vólto dolente per il tradimento di Elèna, rapita dai costumi leziosi e le carezze / del Priamìde.
Il clima è di confidenze e confessioni. Anche gli eroi dell’Ellade hanno assaporato stagioni buie, di lotte e sopraffazioni; anch’essi sono legati a maglie di interrogativi irrisolti. Come tutto il genere umano e come Giorgina Busca Gernetti. In quel infinito di morte-vive cose, in quel cimitero a cielo aperto di Re, eroi, tuniche bianche, di porpora tinte, fanciulle / lievemente fasciate da preziose / vesti adornate di simboli sacri, anche lei, inseparabile dalla sua maschera tragica, svela il dolore, mai sopito, per la morte prematura del padre, in guerra nel fiore della gaia giovinezza, per il pianto inconsolabile della madre.
Non vi sono, purtroppo, nel regno del Fato, dolori da alleviare, misteri da rivelare. Il Fato rimane Fato e le fatalità storiche, le congiure di circostanze non hanno risposte logiche e razionali.
Allora, come rompere la scorza? unico sollievo per la poetessa è dimenticare, sia pure per attimi fuggenti, la disarmonia / della…oscura vita / nell’armonia divina dell’Acropoli per perdersi nel favoloso Mito. Sogno possibile o il Mito, rinverginato si sintonizza con pene e patemi della turista straniera?
Mentre gli eroi si narrano con polifonia di voci distoniche, la poetessa sembra perdere ogni consistenza materica e trasmutarsi in Ombra di una gente che forse è Ombra, ma in eterno vive, come lei, di triboli che nessun tempo e nessuna epopea storica potranno mai abradere e cancellare.
Anna Gertrude Pessina
inviata per e-mail all'autrice del libro recensito
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Giorgina Busca Gernetti, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.