Pubblicato il 30/09/2010 20:40:45
Si dirada il corpo e si assottiglia la pelle sui nervi dell’anima, scoperti: fanno male a ogni soffio di vento, entrato fra roselle, vento che li affatica, come forza di fiumare aperte.
Non tengono i confini dell’acqua e il corpo sfatto lascia vedere il silenzio dell’anima inumana, scossa dal sibilo sonoro ch’è fatto da un abisso tra sassi di una foce gremita di maggiorana.
Il pieno del corpo non è più: resta il vuoto percorso da tormenti e pensieri rimossi. La terra argillosa si frantuma come loto in piani sconvolti su cui aggiornano i cieli rossi
nella luce del mattino quando un fulgore di ignote verità appare nell’istante eterno, ma subito è disperso dalle nubi nei cieli in colore già pallidi ormai, come nei geli d’inverno;
il mondo subitaneo si dirada; coperto dal cielo sbiadito, diventa sotterraneo in cui la luce vitrea più non scava né distingue, nelle piene di fiumana, piccolissime pietre magenta.
Questa poesia si ispira al poeta calabrese Lorenzo Calogero, in particolare al testo "Nel silenzio si combatte ogni fatica" compreso nella raccolta "25 poesie" del 1932-1933.
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