Suprema in viola, predatrice
l’aura che offusca
quando passa sola in cammino
da altezze funamboliche d’odio
silente nel manto, scostante
e cieca, d’un oppio di duramadre
-un’orgia di nicchia che arride dagli inferi.
Vorresti raggiungerla, carpirne il sottinteso,
le punte chiodate delle iridi.
Amarla e detestarla
scolpirne la statua d’altera
il suo graffio intangibile
come la morte quando spigola
dietro l’esasperante veletta.
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