La pigrizia s'innesta in un substrato di alterazione balistica dell'animo.
Non si capisce da quale parte mirare.
La ripetizione qualunquistica a praticare perlustrazioni superficiali
dello spazio prossimo, rende il mio raggio d'azione
di una falsa azione e il cerchio non quadra lungo la strada,
piuttosto aspetto un'evoluzione reazionaria
della mia condizione di schiavo in libertà
oppure una circostante tabula rasa cosmica
che ci renda tutti lupi mannari.
A quanti di luce vi guardo, a quanti di luce.
Posso sognarvi miei feudi, nell'eterno cadere delle stelle.
Mentre resurrezioni programmate deducono quintessenze
dalle parole di poeti contraffatti, industriali.
Miscredenti a buon rendere.
La grandezza dei miei atomi per il buco dell'Ozono
per la fessura che genera malcapitati, incompetenti,
tra le cosce soavi.
Per il mio regno un Apuleio d'oro, un amuleto apotropaico.
Amleto dal sangue versato inutilmente.
Caro Mercuzio ti trova un tesoro di rara bravura,
non tanto la spada quanto la sorte.
Convinco due monaci che fare a botte
può essere un'ottima soluzione, bestemmiando un po'
tra Romeo e Giulietta, pur di mettere becco.
L'anima si atomizza d'intere boccate
di sangue e di ossigeno, di polmoni confusi.
Le mie labbra serrate ti dicono ancora.
Ma il primo bacio che mi darai mi volle morto per ossimoro.
Ma se davvero tu vuoi vivere la vita
fai bene come fai.
Perchè io non voglio essere azzurro e lucente
proiettato al futuro, se segui la mia mente
sono vincolato ad un unico presente
in cui sono preda dei venti, destinato alla deriva.
Ma chi sa se così ci ritroveremo più vicini
di quanto sia altrimenti possibile.
L'apparato fotonico delle mie parole in fiamme
scalda e luce a perdita d'occhio
dice il rap intervistato.
Ma io lo condanno a fare pace, come gendarme,
col suo stato di reclusione.
Che la poesia invece esploda.
E si sprechino i feriti a morte
perchè lo scopo è risorgere sempre più forti.
Mentre gioco a fare il cecchino scaricando vocabolari
da competizione.
La lettura ha bisogno di pause.
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