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Un uomo qualunque

di Francesco Adragna
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Pubblicato il 02/03/2022 12:32:22

- La notte mi dava il benvenuto con la prima pioggia invernale e le luci dei lampioni disegnavano sulla strada bagnata riflessi simili a dei virtuali tramonti.

Sarà una notte difficile, di freddo e forse di fame ma, fin quando ad un semaforo si fermeranno macchine, le mie speranze non saranno mai stanche.

Quello della stazione è il più trafficato.

I barboni sono sempre più arrabbiati con il mondo, io invece No. Ho scelto di non essere arrabbiato e di bandire dalla mia mente il desiderio. Una scelta che mi è costata cara, ma la libertà è per me preziosa è lo rifarei ancora e ancora

Si ferma una Ford grigia, gli vado incontro, il tizio mi sgancia un pugno di monete prese alla rinfusa dal portaoggetti. Gli sorrido, lo ringrazio e lo benedico, soprattutto perché non era un possidente, lo si poteva notare dalle ammaccature e dai graffi dell’auto. Lui mi sorrise, alzò il finestrino e andò via.

Guardo il bottino, erano quasi quattro euro; in un colpo solo nel mio campo di barbone è un miracolo; era il miracolo del freddo e della tristezza che condividono la pietà, o forse, vista l’ora, era solo l’ultima buona azione della giornata di nostro Signore, ed io sono veramente un uomo fortunato.

Al bar della stazione Frank, il proprietario italo americano, è simpatico e mi dà del buon whisky a basso costo; ho bisogno di scaldare il sangue e un trita budella a stomaco vuoto è proprio quello che mi serve.

“Jim” disse lui “Come ti và?”

“Ho avuto giorni migliori, ma sicuramente molti peggiori, quindi, va bene così”.

“Stiamo per chiudere e mi è rimasto dello speck in cucina, tu sai che non conservo niente, ti vanno due uova farcite?” Il mio stomaco rispose prima di me brontolando, poi dissi “Dalle mie parti c’è un detto che dice <<Chi non accetta non merita>> quindi… Grazie! Le accetto volentieri”. 

Frank mi versa il whisky e va in cucina. Pensavo che dovevo trovarmi un lavoro. Non potevo sempre contare sulla divina provvidenza, anche perché Lei, avendo sempre tanto da fare e tanti a cui pensare, attendeva che mi organizzassi prima di dedicarsi a qualcun altro. Il lavoro è una schiavitù, una prigione, un indietreggiare della mia evoluzione spirituale rinnegando la mia libertà, per cui, dopo il whisky, decisi di non pensarci più.

Dopo essermi rifocillato, un caffè e due chiacchiere insieme a Frank, mi diressi verso la sala d’attesa della stazione. Era una notte fredda e avrei voluto vestirla con un tetto e quattro pareti. In un angolo ritirato e un po’ maleodorante trovai una panca libera, era una di quelle che preferivo, con le doghe in legno. Presi dal mio zaino una coperta, mi raggomitolai, chiusi gli occhi e pensai d’essere fortunato.

Gli uomini non sanno più riconoscere ne apprezzare la libertà.

Io non sono schiavo della vita, e fin quando il sole continuerà a sorgere, il mio cuore continuerà a battere in compagnia della mia anima sola e infreddolita.

 


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