Pubblicato il 24/01/2022 18:15:23
Addobbi freschi appena colti, appesi al dorso e al collo, al clamor delle cronache, al fato che non si smuove e a tutto questo universo-mondo che mi gira attorno come se non potesse trovar la sua singolar tenzone, la parola colta detta al momento in cui la persona è cotta, è pronta ad essere indirizzata verso la padella, così andava pasticciando un giorno il Buzzi mentre mesticava nella mente versi sciolti dai colori mesti e accesi dal passeggio de la Rosetta accartocciata e vecchia intra a lo scialletto, una lontana affezjoncella, tentando d'acchiappar in un ’taliano medio, un poco ustionato, qualcosa che s’addicesse al suo core ‘nfranto, quanno in anni passati correa appresso a sta’ gonnella, ch'abbittava in un elegante quartierino in suo possesso, diciannove stanze più li magazzeni, un laboratorio tessile e ‘na boutique, cinque donne lavoranti a suo servizio, sessanta tomolate de terreno, ‘na villa al mare e nu casale, era proprio bell’e sistemata la povera Rosetta, e ogniqualvolta la mirava sul lato opposto alla di lui magione mentre s’affacciava alla ventana gli veniva di sospirar lo core a veder tutta quella bella grana, anche se la Rosetta aveva ‘na faccia da scimmietta, il Racalmuzzi sapea che col tempo si sarebbe affezionato, figuriamoci, ci s’affeziona pure a ‘na bestiola vuoi che uno nun s’affeziona a ‘na gugliona?, poscia, il mestico Buzzi, affollando insieme tutti li pensieri, si ricordò di quanno si facette avanti, ma la scimmietta lesta lesta se scansò e cadde nel braciere de lo Sciupone, sfracellatosi intra a ‘nu burrone pe’ debiti di gioco, troppo amante del tressette, un vero damerino con quei suoi baffetti alla clarkglabe, vanesio elegante più di marlonbrando parlata parigina sapea far girar la testa alle gonnelle, spirito soave, si dicev’egli, e in quel legger come l’aïr c’era scritto tutto il suo destino, sapea mescer le carte e incartar la testa alla povera Rosetta, chillo te piglia solo per interesse, nun tiene ‘a capa a posto, se lo appellano Sciupone ci sarà pure ‘na ragione, le diceva il Racalmuzzi, ma era il core de Rosetta a non conoscere ragione, si vive pure de’ fantasia, e non le importava njente se lo Sciupone l’amava o non l’amava, come talvolta leggeva in quei fotoromanzetti per semplici donnette, non solo il Racalmuzzi la mise in su l’avviso, ma tutto lo quartiere ritagliava intorno a lo Sciupone aneddoti e canzonj, ma lei tenette il punto, e nel giro di pochi anni tutte le substantie sfumarono in tante cambialette da firmare, firma oggi, firma domani, e poi un bel jurno tu scuopri che non c’è rimasto njente da firmare, eh!, cari miei, la vita è ‘na tajola pronta a far zac non appena lo sorcetto c’infila lo stoppino, adesso la Rosetta potea far la vita de la signora servita e riverita come moglie del dotto professor Buzzi di Racalmuzzi e invece si trascina vedova e meschina affidata alla pietà cristiana con quello bello quartierino finito in mano a ‘nu fetente che se lo gode allegramente, accussì dovea gîr la sua pianeta che crudelmente s’incamina senza guardar ‘n faccia se sei serva o sei rigina.
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