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La vergine dei boschi.

di Stefano Verrengia
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Pubblicato il 01/04/2019 11:54:49

LA VERGINE DEI BOSCHI

Con la voce dolce chi culli

Nei sogni più profondi,

leggera come il vento,

effimera come l’uragano?

 

Vorrei che cullassi me,

sui tuoi seni turgidi,

e mi cantassi quella

dolce ninna nanna

che prima Orfeo,

poi San Francesco,

cantarono per ammansire

le bestie più selvagge

e spietate.

 

Come sai allentare la mia Fame?

Perché adesso la mia Fame

si è trasformata in appetito

degli occhi?

Mi basterebbe anche

Il solo averti con gli occhi,

rubare il tuo Amore

come una gazza ladra

un gioiello brillante.

 

Dove vai, danzando

come una foglia

fra i sogni e gli uragani?

 

Sei un accordo di dolcezza

e note benevole di fiori

e boschi incantati ...

Hai paura dei lupi?

 

Ti prenderei a morsi

come il buio morde

la mezzaluna di Settembre,

e ti farei uscir sangue

per ricordarti che non

sei un elfo di boschi

fantastici,

ma solo una donna

dalla voce incantata.

Lascia il tuo lago delicato,

dolce e limitato,

colmo di libellule,

usignoli e lepri, 

vieni ad assaporare

l’oceano

sconfinato

e vieni a sfiorare

lo squalo negli abissi

con le tue mani

sottili e sguscianti

come murene,

ti guiderò io.

 

Sai che le bestie

sono spietate?

Non conoscono

sentimenti,

ma solo Fame

e Paura,

e questo li spinge

nella vita.

 

Hai Fame, hai Paura?

Vuoi assaggiare

per un attimo il terrore

della Materia?

 

Sarò così folle,

o mia dolcissima

amata,

che ti stenderò

su di un letto

come su di una

bara e ti amerò

fino a romperne il legno!

 

O mia amata,

io sono pazzo,

ormai così pazzo

da desiderarti

anche se la tua gola

un giorno emetterà

solo un fetore marcente

e i tuoi lunghi capelli

saranno solo

un teschio

pronto a diventare polvere!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

II.

 

Dimmi, bella ninfa

che girovaghi nei miei pensieri,

non hai paura delle belve,

dei lupi, dei puma, degli orsi?

Forse sei abituata ai ruggiti,

forse adori le belve,

ed intoni dolci canti per loro

come una francescana.

 

Vorrei farti assaggiare i miei

denti sui tuoi seni.

 

Eppure mi fuggi,

hai carezzato volatile

come il vento marzolino

i ruggiti di quelle bestie,

hai bevuto nel loro stesso

fiume come una lupa assetata,

eppure stranita fuggi

le mie parole di Poeta.

 

Vaffanculo allora,

per Dio, vaffanculo!

 

I lupi fanno meno paura

di un Poeta,

vuoi insegnarmi questo?

 

I ruggiti son più certi

Dei versi,

i versi barcollano ubriachi,

i Poeti adorano l’abisso,

il buio, il delirio, l’infinito,

non una piana erbosa,

la luce della luna e del sole,

l’istinto animale,

non una tana

umida e certa.

 

Hai ragione ...

i Poeti sono quasi

tutti pazzi,

e forse anche io.

 

Non me ne frega

se le ere si ricorderanno

di queste stupide parole.

 

Voglio fotterti,

qui e adesso,

come un orso

che adori tanto,

trasbordando dalla pelliccia

stupida animalità

e raschiare con i miei

artigli la tua carne bianca

come su una corteccia

a caccia della resina

e della linfa della vita.

 

E’ vero, gli animali

sono abituati

alle sorgenti pure,

ad una luna senza smog,

ad un cielo più brillante,

ad una notte più nera.

 

Anche io vorrei vivere

in una foresta,

a caccia di conigli

o scuoiando serpenti

che attentano alle mie prede.

 

Ma tu non fuggire.

 

Non aver paura di uno

che usa le parole

come il fiume

che scorre nel mare.

 

Non temere questo

ignobile mestiere,

di questa lurida accozzaglia

di infimi psicotici

che vivono

saltando di nuvola in nuvola

come bimbi

di scoglio in scoglio

sui precipizi

più brutali.

 

Cos’è per gli animali,

la Morte?

E’ come per noi

la cancellazione

delle sinapsi?

Dimmi, tu che vivi

in queste erbacce

tanto dolci quanto amare,

dimmi, temono la morte?

O per loro è solo un secondo

di misero dolore?

 

Io non so,

ma al pensiero

il freddo mi fa già tremare

come in una notte d’inverno

senza peli e senza coperte.

 

Vagherò, mia ninfa silenziosa,

sarò silente come il lupo

in attesa della preda,

elastico come il puma

pronto al salto,

brutale come l’orso

volitivo.

 

Vagherò per i boschi

ringhiando i miei versi,

mangiando i libri di carne

dei corpi delle prede,

assaporando il sangue

come una metafora

dolce e succulenta.

Anche questo

può diventar Poesia,

basta che la Poesia

regni in ogni gesto

di questo mondo

di merda. 

 

 

III.

 

I tuoi capelli rossi,

raggi obliqui

di questo tramonto,

rivoli di sangue

colanti dal coniglio

smembrato,

ardenti brame

di un Poeta

dannato all’effimero

ed acre

profumo dei versi.

Si, affogherei

anche nel tuo sangue,

amerei anche

il tuo sangue,

mentre la mia sigaretta

fumante mi annerirà

i polmoni

e la Natura

udrà disgustata

la mia gola tossire

colma di catrame

mentre la tua voce

canterà

la Bellezza

e la mia l’Abominio,

l’Orrore, il Mortifero …

io ti amerò,

come l’Assassino

nel silenzio

contempla

la sua Vittima,

come Dio

che vede contorcere

gli esseri umani

negli spasmi della carne,

io ti amerò

come la Poesia

ama la Pazzia,

come la Morte

adora il Dolore,

come l’Abisso

adora l’Oblio ...

 

non fuggirmi.

Non amare il fiume

placido e calmo,

brillante e dolce,

non amare i cantori

d’arpa e di liuto,

non adorare le foglie

e gli alberi verdi

e rigogliosi.

Ama me,

ama il Caos

come lo amo io,

apprezza il Disordine,

il Solitario

che parla con il suo riflesso

nel fiume

come con un amico.

Forse le ere ti ricorderanno

grazie a queste parole

di muschio,

forse, mentre le tenebre

e la terra sbraneranno

i nostri scheletri,

qualcuno canterà

queste parole

con la tua stessa dolcezza,

qualche ragazzo

vedrà negli occhi

della sua amata

la tomba desiderata

come io vedo in te la mia.

 

Nuda nei laghetti

tutti gli animali

ti sfiorano,

ti scivolano

sulla pelle,

tranne che queste mani,

tranne che questi pensieri.

 

Mi sei lontana come

la Luna dal Poeta

dannato a guardarla,

contemplarla

e non toccarla.

Mi sei lontana

come una mela

in cima all’albero,

ed io ho solo artigli

spezzati

per provare a scalare

questo arbusto maledetto.

 

E quando in una notte

ti assopirai

nuda vicino

qualche radice,

scivolerò silenzioso

come un serpente

per morderti

ed iniettarti

il veleno del mio Amore,

per diventare

la tua ossessione,

e quando stanca

e avvelenata le forze

ti mancheranno,

ti legherò

con la canapa

all’albero,

e non potrai

fuggire la mia persecuzione.

 

O ninfa,

non ti lascerò fuggire

sul dorso di qualche orso,

non sarà qualche volpe

ad ingannarmi

per portarti via ...

la tua voce mi accompagnerà

fino alla morte.

A questo porta l’Amore ...

A questo porta l’Istinto ...

A questo porta la Bellezza ...

chi non prova queste sensazioni

non ama, finge.

 

Non fuggire ...

sono un mostro

più brutale

di una belva?

 

 

IV.

 

Oh Poesia, oh Arte, oh Musica,

ecco, sapevo che prima o poi

la pazzia mi avrebbe posseduto!

Ho pianto, nascosto fra i cespugli,

cercando Lei, Lei, la Ninfa fuggitiva!

L’abisso mi ha inghiottito,

ho più a cuore la Notte

che il Giorno,

apprezzo più il Buio

che la Luce.

Come si chiama

questa sensazione?

Amore, Pazzia?

Non so dire,

piansi solo due volte

nella mia vita.

Dove sei,

Angelo di carne e sangue?

Dove sei mio fantasma reale?

Dove sei mio incubo

Di respiro e voce?

Perché sei scappata?

Ti ho trasmesso timore?

Quale lupo ti ha nascosto

nella sua tana?

Chi belva ti sembrò

più dolce del mio delirio?

Quelle belve non ti amano,

ti hanno, ti posseggono,

non ti potranno mai contemplare

come solo un Poeta

può fare.

Preferisci rintanarti

fra i canini di una bestia

piuttosto che in queste

lettere di fuoco?

Preferisci la pioggia

di una foresta

al caldo di un falò

gigantesco fatto

di poesie brucianti?

 

Mia amata,

mia adorata,

mio idolo,

come potrò vivere

adesso senza contemplare

la Vita?

Come potrò vivere

adesso

con la Morte

negli occhi?

 


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