I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
*
A Vladimir Majakovsky
A VLADIMIR MAJAKOVSKY. Come hai potuto, fratello? Quale fardello era più pesante dell’essere Poeta, profeta rosso, fosso di metafore? Era l’Amore, il tonfo battito del cuore pulsante che cade nel pozzo profondo del dolore? Ingoiavi proiettili e sputavi versi di metallo nel ballo d’orrore e disperazione del tuo flauto di vertebre, nelle tenebre allettanti nelle quali le strofe ci lasciano di sera, soli, con al fianco che brilla la Luna o la pistola. Mi consola, mi consola il pensiero … il nero sfavilla lucido nella memoria di chi lo sa apprezzare, accettare, comprendere. E t’invidio, invidio il coraggio della tua disperazione, la sinfonia con la quale hai detto “basta!” a questa grama malinconia, “basta!” alle rotte impervie di questa nave piena di falle: bum!, un tuono, e poi la Notte.
Id: 53913 Data: 24/06/2019 19:27:25
*
Cane randagio
CANE RANDAGIO Se mai ricorderai il mio viso, ricordati che ero un cane randagio, un adagio profondo fra i frutteti, gli ulivi e l'abbaiare dei contadini, vini profumati da pensieri solitari, che hanno fuggito le urla e la burla delle ipocrite città, delle velleità umane. Non so, forse sono pronto, forse lo spero, che un pero mi cada addosso o che il fosso, la terra e le tenebre siano più morbidi dei torbidi, duri, malanni dell'animo. Ho cercato, disperatamente, i cieli nascosti dalle grigie nuvole, mentre il vento suonava il suo eterno flauto e cauto fischiettavo l'Ave Maria di Schubert, appoggiato con i gomiti sui romiti silenzi del meriggio. E densi, inutili, stupendi mi son parsi i giorni dove ho parlato con il prato, con le betulle, candide fanciulle danzanti nei canti delle brezze di Maggio, dove un faggio, saggio maestro, mi ha insegnato che la grandezza di un albero deriva dalle sue radici. E con la mia bici ho pedalato vicino le nubi, e ho respirato, per pochi attimi, l'immensità. Se mai ricorderai il mio viso, ricorda che ho intriso il mio cuore nell'inchiostro, ne è uscito nero, un mostro ruggente, dolente, insaziabile, che ovunque ha posato il suo passo ha lasciato un'impronta oscura, che ho vissuto sottoterra, come un tasso, e sono quasi soffocato scavando come un pazzo per cercare un po' d aria per questi fragili occhi. Forse sono pronto, forse lo spero. Non mi importa che altri si ricordino di me. Non appena si aprirà la porta, il cancello, e sarà buio, fiamma o tersa benedizione, quando persa sarà la mia voce nella foce del tempo, nel suo pozzo infinito, il mio unico ed ardito pensiero è che tu, gemente, con una lacrima che ti solchi il viso come un aratro, semini in te un mio verso. Solo lì, solo lì, in quel momento, io sarò compiuto e dal baratro sboccerà la mia Poesia, e comprenderai che il mio amore aveva altra forma, quella del dolore.
Id: 53782 Data: 12/06/2019 21:36:54
*
Suite notturna
SUITE NOTTURNA Scivola la Notte sul mondo come una veste di seta nera che le feste d'amore in fondo ad un bicchiere e la sincera volontà scova. E trova, il mio animo selvaggio ed ardito, quel che nel profondo cova il cuore tuo, con un solo dito. Oh maliziosa, oh maliziosa, tu sai che al ladro non si ruba? Oh maliziosa, lieta maliziosa, la tua gola canterina tuba e fa fuggire strane brame: e così s'intrecciano trame con le sottili lenzuola e il mio cuore si consola di questo tedio, di questo niente, con un sospiro. Non mente una bocca quando è piena, la macchina non frena se i freni son guasti. E siano per l'anime nostre pasti così il silenzio, e la quiete: che il buio abbeveri la sete.
Id: 53454 Data: 17/05/2019 10:58:07
*
Lattesa
RIMEMBRANZE Ti ricordi? Ti ricordi il profumo evanescente delle ortensie e dei gerani mentre i cani abbaiavano ai vicini? Ti ricordi le carezze del vento mentre lento il Tempo ci scivolava addosso come un tiepido raggio d’Aprile? La gioia febbrile sussurrava in segreto le eterne gioie di un faggio immerso in un terso mattino. Ed io ho sognato, ho sognato come un bambino di volare lontano come un palloncino colmo di vane speranze, di facili illusioni. E che effusioni d’amore mi volgeva la Natura! Sembrava avesse cura di me e mi abbracciasse con le sue montagne, che mi bisbigliasse infiniti segreti nei silenzi del tramonto. Ma la vita non fa sconto a chi crede, a chi vede oltre le nuvole il buio incommensurabile. Ed abile, abilissimo, per moltissimo tempo ho mentito a me stesso, ho nitrito indomito come un’onda inarrestabile verso la sponda della speranza: ma avanza, avanza la disperazione ad ogni passo, divora ogni cosa come la Notte che la botte di vino, una gonna o un gatto rende ombre leggere di un flebile lampione … ed il dolore ha reso fiere le mie mani dell’impugnare una penna sporca di terra, dello scavare nel foglio un solco dove seminare i neri semi della Poesia. Non è molto, ma è quel che resta di questo stolto esistere, di questa festa insensata dove si balla e si danza dalla culla alla tomba attendendo il nulla.
Id: 53346 Data: 08/05/2019 20:15:36
*
Fiori elettrici
FIORI ELETTRICI Ogni tanto dalle nuvole vedo saettare fulmini che si aprono come fiori, colmi di odori bruciati nell’aria frizzante finiscono lì dove pare il mondo culmini in un eterno divagare. Viaggiare, ancora viaggiare, come uno zingaro senza meta a caccia di un singolo passo di un semplice ballo che valga una intera canzone. Amare, ancora amare, come fosse l’amore l’infinito raggiungere quel che dobbiamo lasciare andare. E i miei sogni Sono ormai putrescenti cadaveri sbranati dai vermi. Inermi, piedi miei, inermi volgete il passo verso le strade più vuote, fredde e scarne, le strade malridotte e le meno belle, senza lampioni … oh piedi miei!, si vedono le stelle! Un giorno forse, quando una statua lucida colma di fiori e di belle parole coprirà la mia polvere, un giorno forse, quando sarà il Tempo a mostrare ai nuovi quel che io fui, forse un malato, forse un dissennato, forse un Poeta, sarò nelle lettere della mia penna e guarderò gli occhi di un uomo colmi di disperata esaltazione come me di fronte ad una poesia. Un giorno vedrò il sole lentamente abbassarsi sull’orizzonte, placido e seducente come il corpo di una donna ribollente d’amore, e lì, nel magico languore di un verso evanescente come il fumo di un camino quasi spento, scivolerò nei sogni lontano come una nuvola trascinata dal vento.
Id: 53295 Data: 03/05/2019 16:32:14
*
Suite di un attimo
SUITE DI UN ATTIMO A volte, con un tuo bisbiglio, sembri sfiorarmi l’anima come una brezza di Maggio. Bianco giglio, l’amarezza di un Poeta non potrai mai capirla. I nostri neri lai sono i sinceri latrati di un cane, sono i carati di un pezzo d’oro, sono uno stupido coro di una chiesa sempre più vuota, sono la ruota di una macchina che mangia l’asfalto, sono il cobalto di un cielo di Febbraio. Non potrai mai capire il dolore del sentire l’oceano dentro ma essere solo una barchetta usurata che imbarca acqua, pronta ad affondare. E in quest’onta che è la vita guardare stelle lontane e naufragare con lo sguardo fino a sentirmi un dardo lanciato oltre il tempo … E col poco fiato che mi rimane, voglio sussurrarti dolci versi che persi voleranno come polvere, come tersi lampi d’azzurro in un tiepido Giugno ... e dedicarti rime che siano concime per il nostro giardino, per quell’attimo divino che provo quando è covo d’amore il tuo sguardo, quando è Poesia il silenzio delle nostre labbra. E bevo a fiotti dal tuo cuore, come da una fontana rigogliosa, Speranza, Eternità ed Infinito, un invito alla vita e alla dolcezza. Ma è un ebbrezza tutto ciò, e quella fontana è solo vino che domani mi lascerà arida la bocca, come un deserto. E’ avida la mia penna, avida come una spada in battaglia: mai pavida affronta il vento come un folle Don Chisciotte! E tu, fresco geranio, non senti l’uranio nel mio cuore, che fa marcire tutto ciò che tocca con la sua bocca putrida, con la sua lurida accozzaglia di tenebrosi pensieri. La mia Poesia raglia, in questi pascoli erbosi, negli ombrosi attimi dove il sole non la sfiora. E l’eternità, l’eternità cos’è? E’ solo un lampo che squarcia le tenebre. E l’infinito, l’infinito cos’è? E’ solo la tua ciglia che sfiora la mia.
Id: 53257 Data: 01/05/2019 11:05:29
*
Primavera
PRIMAVERA Eccola, la Primavera che avanza, che danza nei suoi colori, profumi, nei grumi di gioia negli occhi della gente. Non si pente la donna di un bacio fuggito dalle sue labbra come una farfalla in un brivido del vento … e a stento, a stento la malinconia ci sfiora come un’ape un fiore, e morbida e selvaggia la spiaggia è il letto dove il petto può aprire le sue vele all’oceano. E dolce diviene Il martirio della carne, le pene patite a pensare quanto inutile sia la vita che fra le dita ci scivola via, come una veste di raso rosso sangue, che di noi farà solo un umido fosso con una croce sopra, che della nostra voce lascerà solo parole. Ma eccola, la Primavera, che fiorente avanza e questa stanza minuta fa suonare con il suo rosso, il suo viola, il suo giallo, il suo arancione, il suo blu, il suo verdeggiare lì dove muta era in attesa l’anima. E spera, la mia penna, nel profondo brama di rubare col suo pennello anche un solo colore, anche una sola sfumatura, una pura immagine che trascenda la disperazione, che si elevi a canzone che faccia tremare, anche per un solo attimo, il fegato e le viscere di noi maledetti nichilisti, di noi uomini sprovvisti di ogni eterno ardimento. Ed è un tormento, penna mia, è un tormento indescrivibile il poter dipingere il sole e non sentire il suo calore sulla pelle, poter dipingere un fiore e non sentire il suo profumo … ma eccola, la Primavera che avanza, con tracotanza ed indolenza, tulipano di carne, sapore di stelle che mi scivola sulla lingua fino allo stomaco. Consola, smeraldo scintillante, questo dolore e questa avara condizione nella quale affondo, nave che ha per carico angoscia e tormento, che amara cerca solo di fuggire questo oceano grigio!
Id: 53198 Data: 26/04/2019 22:03:34
*
Metamorfosi
METAMORFOSI Se solo potessi, vorrei essere un filo d'erba che ondeggia nel vento, o un'eco, che riecheggia fra le montagne dove a stento il piede umano arriva. Se solo potessi, vorrei essere una riva dove l'onda si infrange, sponda minuta e brillante del gigantesco oceano. Ma questo animo, questo maledetto animo è solo un pesco dai frutti marci, colmi di vermi, colmo di inermi pensieri. Come vorrei darti da bere solo l'azzurro incontaminato, farti respirare solo l'immenso fiato delle giornate d'aprile, quando la Natura sembra sussurrarti in segreto l'eternità. Quante velleità, quante velleità, anima mia! Sei solo terra, arida terra dove non sboccia neanche l'ombra di un fiore, dove solo il dolore si eleva nel suo pulviscolo al mattino. Oh anima mia, anche la Poesia ti ha tediato, anche i versi ormai infastidiscono il tuo naso come fossero merda! Cosa perda la vita ai nostri occhi non so. Una volta era raso una strofa, delicata illusione come l'amore di una donna. Una volta era un bacio una rima, l'ultima carezza di uno sguardo. Ora sono una gonna di una scrofa, un orrendo petardo che urla nelle orecchie come la stupida gente che lo fa esplodere. Se solo potessi, vorrei essere fuoco, che arde e che brilla, sfavilla giallo, rosso, e non sa perché. Se solo potessi, anima mia vorrei essere tenebra, buio assoluto, muto incommensurabile.
Id: 53166 Data: 23/04/2019 19:27:37
*
De relictis dei
DE RELICTIS DEIS Piccolo crocifisso in marmo della chiesa di un mio paese. Dio, vigilo in questo silenzio sacro, e il crocifisso del tuo figlio defunto, di fianco al piccolo e asciutto lavacro, sembra in una smorfia atroce compunto. Ecco Signore, ciò che qui rimane, di questo mondo, tomba di dolore, dove tranne il nero nessun colore descrive meglio queste cose umane, dove anche il tuo adorato prediletto, come un serpente, si contorce e muore! E nel cuore non cresce albero o fiore, ma già si prepara al suo muto letto; questo di qui rimane, mio Signore, e anche il tuo prediletto, che giace storto e cupo nell’aspetto, sembra sprofondi in un dolore immane.
Id: 53126 Data: 20/04/2019 13:36:56
*
Risveglio
RISVEGLIO Non vi è giorno in cui non penso a quanto sia arduo sognare galassie lontane, inalare l’incenso stellare di anni luce inosservabili, labili attimi dove si è fratelli dei fili d’erba cercando di capire cosa serba per noi l’eternità. E’ una velleità, uno sciocchezza da scarafaggio, da minuto raggio di sole che nell’ebbrezza del vento si disperde fra i fiori. Ed i dolori, le angosce si dissolvono, sciolgono come ghiaccio a primavera, ed i colori sgorgano come da una fontana di vita, ed ardita la mente spera che la sera sia la dolce illusione di una canzone che vibra cantata da una contadina fra i verdi oliveti silenziosi. E divina, divina appare l’esistenza, l’essenza imperscrutabile del secondo, di questo mondo, palla verde, blu, marrone, palla che galleggia su questo mare oscuro. E giuro, giuro che per un attimo, un attimo soltanto, ho sentito un tremito infinito nel mio stomaco affamato di immensità. E giuro, giuro che per un attimo, un attimo soltanto, nel canto del merlo, del tordo, nell’abbaiare di un cane il mio spirito sordo ha sentito Dio.
Id: 53031 Data: 12/04/2019 18:42:45
*
Rapsodia in Re min
RAPSODIA IN RE MIN Mi scorri dentro, lurida e imperiosa come il Tevere, putrida strofa di becere sensazioni. Pura e luminosa come un raggio di luna, invece, le volte del buio illumini, pallido riso della galassia. Il mio cuore è intriso, affogato nella poesia, come un bimbo che non sa nuotare. E in questo limbo come bisbiglia l'azzurro al mattino, come bisbiglia l'azzurro al mattino ... ma urlano selvagge le tenebre, urlano come l oceano ruggente, con tuoni e onde sugli scogli. Questi cieli Bianchi che sono i fogli e questo cannocchiale di nome penna non hanno visto che buio, il buio dell’inchiostro, il mostro che mi mangia l'anima come un Goya senza pace, come una brace la legna scricchiolante come ossa malandate... e andate, andate sono le giornate in cui gioivo di una donna, di un buon vino, immerso nella luce come in una vasca immensa a rilassarmi, e l'eterno era la mensa dove potevo mangiare a sazietà stelle ed infinito. Ora c'è il nulla che bussa al mio petto, ora c'è la polvere che mi accarezza in queste stanze trascurate, in queste danze macabre. Curate, curate miei pensieri, velieri scricchiolanti dalle vele lacerate, curate le rotte e affogate nell'orizzonte, lì dove l'onte sbiadiscono oltre le grigie nuvole, lì dove una fonte ignota questo nero fiume fa fluire. Versi miei, piume di gallo, vi spenneranno per il brodo: ciò di cui godo non mi darete e finirete con me nella merda, nell'immondizia e nella fossa. Ma non preoccupatevi, la poesia è un cibo che può andare di traverso a chi non sta attento alle ossa.
Id: 53017 Data: 11/04/2019 18:15:56
*
Poema interiore
POEMA INTERIORE Ancora ricordo quel giorno in cui aprii un libro che come un deltaplano mi fece planare su valli verdi dove andare libero come un cavallo senza briglie pronto a nitrire al cielo. Fu come una dose che ti scorre nelle vene e che delle pene e del martirio della carne ti solleva avvelenandoti. Si, quelle pallide parole, quelle lettere maleodoranti di quel vecchio libro comprato per un euro da uno sdentato libraio su di una povera bancarella furono l’edera velenosa che si è arrampicata prima sulle gambe, poi, pian piano, si è arrampicata fino al petto, riempiendomi di bolle e malattia. Ma fu una magia, quel delirio che provai: assurda perdizione nella canzone dei sassi sussurranti. E bramanti volarono i pensieri fra le infinite stelle e le belle bocce di una donna truculenta che posava le sue labbra sul mio ombelico brontolante come un uragano. Quando presi la penna in mano mi sentii come un adolescente che prende per la sua prima volta in mano il cazzo per abbandonarsi a sfrenate fantasie sulla sua amichetta che mostra i primi seni e ammiccante vuole conoscere l’amore della carne. Posare sulla carta una bic e il suo inchiostro, che scivolava come un implacabile fiume nero senza argini e costrizioni, senza paura di inondazioni ... ambivo solamente la liberazione e la distruzione … le parole debordarono sui campi del mio intelletto e l’effetto fu quel che mi aspettai: una meravigliosa catastrofe. Furono sterminati i fiori, sterminati gli alberi da frutto e tutto affogò in inesorabili acque nere. E quelle sere in cui nuotavo con maschia delizia in queste acque del caos e alzavo lo sguardo e con gli occhi un dardo gettavo di desiderio e bramosia verso l’infinito universo che nel pensare ardevo poter spostare con una semplice bracciata. Ero lì, sempre fisso, nell’amata confusione di una tigre che mastica le nuvole con fermi canini e serrate mandibole. Non ci volle molto tempo a comprendere in che razza di guaio ero andato a finire … scrivere fino a morire, con quella penna che prima diventava coltello, poi pennello, poi sciabola, poi machete pronto a spezzare i verdi rami di questa jungla di nome esistenza. E non ci volle molto e comprendere di che essenza fosse questa mia malattia: placido tremore, amore per la pazzia. E così era, è impossibile nascondersi a sé stessi. Mi accorsi subito Che come me, malati della mia malattia, ve ne erano ben pochi: fuochi flebili su questo mare del niente. Compresi anche che non ci si nasce con questa tendenza di ricercare in una formica, in un granello di sabbia, in un briciolo di pane l’essenza dell’eternità. E così camminavo sconsolato per i marciapiedi, freddo e meditabondo, a caccia dell’infinito nascosto fra due versi, fra due crepe dell’asfalto. Di cobalto coloravo le parole nei tristi giorni dove naufragavo malinconico nell’oceano di suoni di una chitarra di strada, altre volte un lieve tramonto arancione mi rincuorava del fatto che la morte avrebbe azzittito ogni dolore cullandomi dolcemente sul suo grembo come una madre benevola. Tante altre volte consumavo il mio tempo seduto su di una panchina a dipingere con le parole quel quadro misterioso di nome universo. Stelle, pianeti, galassie, buio … tutto mi ispirava la nostra enorme insignificanza. Molto spesso vagavo di stanza in stanza, per poi affacciarmi al mondo dall’intimo balcone dove potevo osservare l’oceano sprigionarsi nella sua vastità, come uno sputo per una formica. E mi perdevo, assurdamente, con la mente labile come una foglia in una tempesta, come un’onda nella marea. E su questa sponda dell’esistenza, dove tutto si contorce nei marasmi del dolore, dove ogni colore che brilla poi sbiadisce verso il bianco, non demordevo nella voglia di imbrigliare ogni doglia in una catena di rime. Quanti teschi ridenti godevano della vita spalancando le loro mandibole tremolanti. Ma io ero già un morto consapevole. E me ne accorsi un giorno, quando vidi una donna sdraiata su un letto nero con in mano una croce e con un gelido silenzio negli occhi. Anche lei, anche quel vuoto contenitore di sogni ed ambizioni, quel cassone di immondizia dove furono gettati tempo addietro sporchi pensieri, adesso era nei neri meandri dell’occulto. E chissà cosa nasconde la morte dietro il suo sacro silenzio, chissà cosa nasconde il buio nel suo eterno attendere l’ultimo canto di luna. Da lì i miei occhi si tramutarono in cinici occhi di corvo, da lì, con occhi di gatto, appresi cosa vuol dire vedere gl’uomini nel buio: ombre evanescenti che girano l’angolo per finire non si sa dove. Eppure ricordo ancora quel mattino dove mi svegliai con il sole negli occhi: aprii la finestra e aria e luce entrarono come una benedizione. Sotto casa una canzone napoletana intonava una vecchierella e le note leggere volavano nell’odore di sfogliatella e caffè. Il golfo di Napoli immenso si stagliava e sembrava profondo come l’animo di ogni Poeta di questa terra. Le donne avevano pesche al posto dei seni, dolci da mordere come frutta di stagione. I capelli scuri e intricati come le vie di Spaccanapoli e la malizia nello sguardo che tutte sembravano un po’ puttane, un po’ bigotte. Mi ruggiva l’animo come una belva affamata. Finalmente una illusione, una illusione potente! La gente salutava come fossi loro fratello e il calore nell’animo sembrava riscaldarsi come un vulcano. E’ come se sentissi ancora il Vesuvio scorrere nelle mie vene. Ho sempre odiato l’amore, nel suo renderci deboli come leoni in gabbia, elemosinando il loro pasto. Quante volte Cupido mi ha lanciato la sua freccia avvelenata e mi ha riempito il sangue di dolci illusioni. Torta dopo torta, ne vorresti fino a scoppiare ed avere un infarto. Ma questo la mia penna lo sapeva, aveva bisogno di quel sogno impossibile da scrivere fra due galassie. Ci fu una sera in cui fui colto da uno strano ardore e scrissi una poesia d’amore su un fazzoletto in un bar, con al fianco una birra. Molte volte ho cercato di rinchiudere l’oceano fra due lettere … una sigaretta in una mano e la disperazione nell’altra, questa vita ha consumato ogni goccia del mio sangue, quasi fossi una maledetta fontana di dolore. Molto spesso sono inciampato in un sogno e sono caduto di faccia in una pozzanghera in un giorno di pioggia, mentre guardavo le nuvole aspettando che un fulmine scrivesse con l’elettricità un verso che non avrei mai potuto scrivere … e quante notti mi sono seduto sulla sabbia in solitudine per aspettare quello sparuto ed ultimo raggio di luna. Sono sempre stato un manigoldo, ma questo tu lo sai, mia siringa, penna mia, iniezione di infinito, eternità ed illusione! Quante volte ti ho utilizzato per sedurre una bella donna ad aprirmi le sue gambe come fossero un bel libro da sfogliare, un oceano da solcare con la mia prua volitiva sempre alla ricerca di nuovi atolli dove abbandonarmi al mare, al sole, ai granelli di sabbia e al sussurro del vento. Sempre ti ho usato, sempre ti ho usato, candido pugnale! La vita è un oceano nel quale gettarsi per poi lavarsi di quel sale che causa un fastidioso prurito. E così, andando per vie sconosciute, per le mute strade di un fresco pomeriggio d’estate, la mia gola non si è mai negata un bicchiere d’azzurro e l’infinito silenzio dell’universo, mentre disperso nei pensieri vagavo fra Giove e Plutone immaginando cosa provi un fascio di luce nel dissolversi lentamente come nebbia al mattino. E chino, ancora oggi, mi ritrovo a cogliere quei pezzi di nuvole per poi metterli in un vaso che innaffio con sangue e dove con il naso, ogni tanto, con velleità, inalo a polmoni spiegati un soffio di eternità.
Id: 52969 Data: 08/04/2019 12:19:38
*
Majakovskij insegnami
MAJAKOVSKIJ INSEGNAMI Lancio un frisbee giocando sulla spiaggia come fosse un disco volante, danzante nella leggerezza della mia universale superficialità, della mia eterna velleità. Una Bud in una mano e nell'altra una Winston blu che emana il suo fumo fetido e mortale mi ricordano come consumo la mia vita, fra banali rime e l'ardita brama di spararmi rapidamente un proiettile in faccia, fra questi occhi che ciechi osservano questo mare del niente. E ardente bruci il sole fra i truci secondi della mia vita da bruto: È muto dio fra questi vicoli bui, dove m'addormento come uno squalo nell'abisso. E il crocifisso s'infiammi, forse anche quel pazzo di Cristo avrebbe voluto così, assieme ad un razzo per fuggire sulla luna, lontano da quegli idioti degli apostoli e dei vangeli, di Pilato e dei religiosi zeli. Ah Majakovskij, insegnami il segreto dei silenziosi proiettili, del coraggio di zittire questo maledetto silenzio che ci balla dentro come il vento di Febbraio! In questo cielo spento come una natura morta è risorta la regina di tutto quel che dura odiosamente da ere: le pere con la ricotta, la rotta e la stella marina.
Id: 52955 Data: 07/04/2019 15:05:16
*
Il silenzio della notte.
IL SILENZIO DELLA NOTTE Svanisce ogni rumore e si respira il buio. Ed in questo occulto dolore le tenebre mi divorano l'anima come una marea che avanza inesorabile sulla riva, e si spegne la speranza come la luce di una candela fioca al soffio leggero del silenzio della notte. E al peggio mi conduce il mio pensiero: la Morte, amante tenera e terrificante, con un dolce bisbiglio mi consola e mi promette che infinite lenzuola saranno il mio nero giaciglio. Il Dolore, cinico amico, mi porge con le sue mani rinsecchite una bottiglia, un coltello e una pistola. E la Poesia, nei fragori affamati del mio pigolare, gettandomi dal nido con le mie ali di carta dice:" Vola o muori."
Id: 52914 Data: 04/04/2019 11:06:01
*
La vergine dei boschi.
LA VERGINE DEI BOSCHI Con la voce dolce chi culli Nei sogni più profondi, leggera come il vento, effimera come l’uragano? Vorrei che cullassi me, sui tuoi seni turgidi, e mi cantassi quella dolce ninna nanna che prima Orfeo, poi San Francesco, cantarono per ammansire le bestie più selvagge e spietate. Come sai allentare la mia Fame? Perché adesso la mia Fame si è trasformata in appetito degli occhi? Mi basterebbe anche Il solo averti con gli occhi, rubare il tuo Amore come una gazza ladra un gioiello brillante. Dove vai, danzando come una foglia fra i sogni e gli uragani? Sei un accordo di dolcezza e note benevole di fiori e boschi incantati ... Hai paura dei lupi? Ti prenderei a morsi come il buio morde la mezzaluna di Settembre, e ti farei uscir sangue per ricordarti che non sei un elfo di boschi fantastici, ma solo una donna dalla voce incantata. Lascia il tuo lago delicato, dolce e limitato, colmo di libellule, usignoli e lepri, vieni ad assaporare l’oceano sconfinato e vieni a sfiorare lo squalo negli abissi con le tue mani sottili e sguscianti come murene, ti guiderò io. Sai che le bestie sono spietate? Non conoscono sentimenti, ma solo Fame e Paura, e questo li spinge nella vita. Hai Fame, hai Paura? Vuoi assaggiare per un attimo il terrore della Materia? Sarò così folle, o mia dolcissima amata, che ti stenderò su di un letto come su di una bara e ti amerò fino a romperne il legno! O mia amata, io sono pazzo, ormai così pazzo da desiderarti anche se la tua gola un giorno emetterà solo un fetore marcente e i tuoi lunghi capelli saranno solo un teschio pronto a diventare polvere! II. Dimmi, bella ninfa che girovaghi nei miei pensieri, non hai paura delle belve, dei lupi, dei puma, degli orsi? Forse sei abituata ai ruggiti, forse adori le belve, ed intoni dolci canti per loro come una francescana. Vorrei farti assaggiare i miei denti sui tuoi seni. Eppure mi fuggi, hai carezzato volatile come il vento marzolino i ruggiti di quelle bestie, hai bevuto nel loro stesso fiume come una lupa assetata, eppure stranita fuggi le mie parole di Poeta. Vaffanculo allora, per Dio, vaffanculo! I lupi fanno meno paura di un Poeta, vuoi insegnarmi questo? I ruggiti son più certi Dei versi, i versi barcollano ubriachi, i Poeti adorano l’abisso, il buio, il delirio, l’infinito, non una piana erbosa, la luce della luna e del sole, l’istinto animale, non una tana umida e certa. Hai ragione ... i Poeti sono quasi tutti pazzi, e forse anche io. Non me ne frega se le ere si ricorderanno di queste stupide parole. Voglio fotterti, qui e adesso, come un orso che adori tanto, trasbordando dalla pelliccia stupida animalità e raschiare con i miei artigli la tua carne bianca come su una corteccia a caccia della resina e della linfa della vita. E’ vero, gli animali sono abituati alle sorgenti pure, ad una luna senza smog, ad un cielo più brillante, ad una notte più nera. Anche io vorrei vivere in una foresta, a caccia di conigli o scuoiando serpenti che attentano alle mie prede. Ma tu non fuggire. Non aver paura di uno che usa le parole come il fiume che scorre nel mare. Non temere questo ignobile mestiere, di questa lurida accozzaglia di infimi psicotici che vivono saltando di nuvola in nuvola come bimbi di scoglio in scoglio sui precipizi più brutali. Cos’è per gli animali, la Morte? E’ come per noi la cancellazione delle sinapsi? Dimmi, tu che vivi in queste erbacce tanto dolci quanto amare, dimmi, temono la morte? O per loro è solo un secondo di misero dolore? Io non so, ma al pensiero il freddo mi fa già tremare come in una notte d’inverno senza peli e senza coperte. Vagherò, mia ninfa silenziosa, sarò silente come il lupo in attesa della preda, elastico come il puma pronto al salto, brutale come l’orso volitivo. Vagherò per i boschi ringhiando i miei versi, mangiando i libri di carne dei corpi delle prede, assaporando il sangue come una metafora dolce e succulenta. Anche questo può diventar Poesia, basta che la Poesia regni in ogni gesto di questo mondo di merda. III. I tuoi capelli rossi, raggi obliqui di questo tramonto, rivoli di sangue colanti dal coniglio smembrato, ardenti brame di un Poeta dannato all’effimero ed acre profumo dei versi. Si, affogherei anche nel tuo sangue, amerei anche il tuo sangue, mentre la mia sigaretta fumante mi annerirà i polmoni e la Natura udrà disgustata la mia gola tossire colma di catrame mentre la tua voce canterà la Bellezza e la mia l’Abominio, l’Orrore, il Mortifero … io ti amerò, come l’Assassino nel silenzio contempla la sua Vittima, come Dio che vede contorcere gli esseri umani negli spasmi della carne, io ti amerò come la Poesia ama la Pazzia, come la Morte adora il Dolore, come l’Abisso adora l’Oblio ... non fuggirmi. Non amare il fiume placido e calmo, brillante e dolce, non amare i cantori d’arpa e di liuto, non adorare le foglie e gli alberi verdi e rigogliosi. Ama me, ama il Caos come lo amo io, apprezza il Disordine, il Solitario che parla con il suo riflesso nel fiume come con un amico. Forse le ere ti ricorderanno grazie a queste parole di muschio, forse, mentre le tenebre e la terra sbraneranno i nostri scheletri, qualcuno canterà queste parole con la tua stessa dolcezza, qualche ragazzo vedrà negli occhi della sua amata la tomba desiderata come io vedo in te la mia. Nuda nei laghetti tutti gli animali ti sfiorano, ti scivolano sulla pelle, tranne che queste mani, tranne che questi pensieri. Mi sei lontana come la Luna dal Poeta dannato a guardarla, contemplarla e non toccarla. Mi sei lontana come una mela in cima all’albero, ed io ho solo artigli spezzati per provare a scalare questo arbusto maledetto. E quando in una notte ti assopirai nuda vicino qualche radice, scivolerò silenzioso come un serpente per morderti ed iniettarti il veleno del mio Amore, per diventare la tua ossessione, e quando stanca e avvelenata le forze ti mancheranno, ti legherò con la canapa all’albero, e non potrai fuggire la mia persecuzione. O ninfa, non ti lascerò fuggire sul dorso di qualche orso, non sarà qualche volpe ad ingannarmi per portarti via ... la tua voce mi accompagnerà fino alla morte. A questo porta l’Amore ... A questo porta l’Istinto ... A questo porta la Bellezza ... chi non prova queste sensazioni non ama, finge. Non fuggire ... sono un mostro più brutale di una belva? IV. Oh Poesia, oh Arte, oh Musica, ecco, sapevo che prima o poi la pazzia mi avrebbe posseduto! Ho pianto, nascosto fra i cespugli, cercando Lei, Lei, la Ninfa fuggitiva! L’abisso mi ha inghiottito, ho più a cuore la Notte che il Giorno, apprezzo più il Buio che la Luce. Come si chiama questa sensazione? Amore, Pazzia? Non so dire, piansi solo due volte nella mia vita. Dove sei, Angelo di carne e sangue? Dove sei mio fantasma reale? Dove sei mio incubo Di respiro e voce? Perché sei scappata? Ti ho trasmesso timore? Quale lupo ti ha nascosto nella sua tana? Chi belva ti sembrò più dolce del mio delirio? Quelle belve non ti amano, ti hanno, ti posseggono, non ti potranno mai contemplare come solo un Poeta può fare. Preferisci rintanarti fra i canini di una bestia piuttosto che in queste lettere di fuoco? Preferisci la pioggia di una foresta al caldo di un falò gigantesco fatto di poesie brucianti? Mia amata, mia adorata, mio idolo, come potrò vivere adesso senza contemplare la Vita? Come potrò vivere adesso con la Morte negli occhi?
Id: 52883 Data: 01/04/2019 11:54:49
*
Sospeso
SOSPESO Su, animo mio, non cadere ora, mentre il sole indora il mondo e sullo sfondo il cielo azzurro rende questo quadro profondo e spirituale … e anche se l’Amore è un bimbo capriccioso che mette sgambetti qua e là, che non si accorge del dolore e di faccia nel fango bramoso ci fa cadere e poi va, fugge lontano … e se la Morte ha in una mano un dolce nero e puro e nell’altra uno schiaffo duro, madre austera, che alletta e poi punisce, e ogni suo bimbo, colpevole e timoroso, aspetta su quel suo uscio oscuro, e sa che appena imbrunisce prima o poi dovrà rientrare … e anche se la Vita è un mare sconfinato nel quale naufragare è semplice, con le maree, con le sue onde, e su questa nave di nome Umanità il capitano comanda, lo sguattero si nasconde per non lavorare, stanco della sua stessa viltà … tu, animo mio, non cadere ora, mentre il sole indora il mondo, e anche se su questa nave affondo tu vola via, gabbiano volitivo, la Poesia sarà la tua casa al di là di ogni nuvola.
Id: 52852 Data: 29/03/2019 14:04:09
*
Se solo il buio
Se solo il buio mi dicesse sottovoce perché atroce debba essere una stella per chi la vede da lontano, perché una mano liscia e tenera come il velluto possa tagliare come un coltello affilato ... e perché sono inerme alla vita e alla malinconia, verme che mi rode come fossi già carcassa, e perché l'aria mi pesa sulle spalle come terra nera, austera verità nella quale mi abbandono. E se per altri è un dono, per me la vita è stata un soffio di disperazione, una stazione vuota su un treno arrugginito dove il vento alza polvere nel grigio silenzio di Febbraio. Ed ho cercato con tutto me stesso, ed ho sperato con tutto me spesso, che il buio mi dicesse sottovoce perché atroce debba essere una penna, affilata come un coltello nello stomaco e nel cuore, pala che il dolore riesuma come una bara dopo 10 anni, malanni sotterrati nei cupi ricordi ... e lupi sono i versi, affamati di desolazione, sconforto, mali profondi. Ed in me Dio è morto in quei secondi dove ho scorto l'infinita Notte senza stelle, quando il nulla ha bussato alla mia porta con le sue mani putride, fatte di fango e dannazione. Ed invidio molto il canto incosciente dell'usignolo, il ruggito della pantera, La preghiera dello stolto!
Id: 52830 Data: 27/03/2019 21:09:45
*
Anime nude
ANIME NUDE. I. Ricordo i tempi in cui da ragazzo sfruttavo gli idioti come un prete uno stupido credente, quando nella mia rete di pescatore di disperati cadevano tossici, reietti e scimmie urlanti a caccia di un senso .... era un tempo dove amavo le donne vogliose di pazzie inimmaginabili, era un tempo dove le vie scure della notte nascondevano le mutande abbassate e ci si amava come gli animali nella giungla: i mali erano solo i genitori preoccupati di campare e di un pasto, di un brodino e di un po' d'acqua. La poesia giaceva con me, negli occhi di una sconosciuta al mattino, quando il vino rimaneva solo negli occhi e i rintocchi della chiesa ci ricordavano che dovevamo tornare a casa, prima che qualcuno dei nostri si preoccupasse che dei mostri avessero rapito un loro caro. Amaro era il tempo, sembrava non passare mai. La poesia giaceva in un "ti amo" dopo 1 giorno solo per scopare ancora una sprovveduta, profumava nel contorno di una bistecca e in una stecca di biliardo in qualche pessimo pub delle periferie. Oh, che meraviglia l'incoscienza! Un nascondino ad occhi chiusi fra le nuvole, volando leggeri come fieri falchi pronti a picchiare sulle prede. Scalzi sull'erba danzavamo al ritmo delle fiamme di un braciere saturnino quando le sere opache nascondevano nel buio i sorrisi di amanti traditori e nei cuori di amanti traditi, a caccia di un bacio. E la poesia giaceva in un'onda morbida che accarezzava il bagnasciuga come una mano sinuosa e odorosa la marea spargeva gli odori di luoghi sconosciuti, e muti i venti consentivano alle deboli orecchie di udire i denti di un bacio sbagliato e il fiato ansimante di una ragazza che apriva le sue gambe, per amore o conoscenza. Così andava la vita, per questo si respirava: guardare una luna che andava per un sole che sorge. II. Pagine dopo pagine sono state strappate dalla mia vita dal bimbo dispettoso di nome Tempo ... pagine macchiate di infamia e ancor peggio pagine macchiate di onore e dovere: piacere per gli stolti. Ora cerco, nelle sere, fra una luna e l'altra, un po’ di buio per la mia anima! La poesia giace in un tramonto insanguinato, in uno sconto ad un bar del centro, in un rientro di un non so che ... ora la poesia giace in un sole che tace in una giornata uggiosa di Gennaio, nel grigio dolore di un rumore di un'auto vecchia dal motore difettoso. Addio fiori di fiamma, addio lupi affamati, pistole fiammanti e scazzottate alcoliche ... addio angoli bui dove la droga donava fantasia ai deboli e derelitti, addio ai relitti che Dio ha abbandonato negli abissi dell'oceano dell'umanità. Adesso la poesia giace nella pioggia, adesso la poesia giace in una brace spenta, nella cenere.
Id: 52769 Data: 24/03/2019 12:11:39
*
Cenacolo impolverato
CENACOLO IMPOLVERATO Dammi una sola lettera, un solo verso o una sola rima che possa offuscare i cieli, Poesia. Dammi una sola cima dove io possa guardare il mondo con il distacco di chi muore nella pazzia delle solinghe altitudini o nelle voragini della tristezza. Dammi una sola brezza che mi sospinga lontano come una vela affamata di tempeste, come teste deste ai primi tremori del sole. Dammi i colori dei pennelli di De la Croix, Michelangelo o Rembrandt, permettimi di dipingere, madre dei caduti, i liuti scordati e i cantanti muti di questo misero secolo, il cenacolo impolverato di noi anime disperate. Dammi le parole che le scuole non ci hanno mai insegnato, dammi il fiato per sussurrare quanto sia profondo il mare ed io, Poesia, renderò onore al tuo dolore immortale.
Id: 52664 Data: 17/03/2019 16:09:10
*
Alla Penna
ALLA PENNA Spietato come un fucile in bocca dovrebbe essere un verso, crudo come la carne di uno gnu appena maciullata dal morso di un leone, pronta a diventar pasto della fame e delle iene. Pene non devi avere, Penna, in questo secolo di smielate ipocrisie, di torte di parole per addolcire i lettori: cerca gli albori, cerca il ruggito, il latrato ed il fiato della bestia. E se per gli altri puzzerai come il marciume in un cadavere putrefatto, se tumefatto, orrido e virulento apparirà il viso di un poemetto appena uscito da una scazzottata, fra bottiglie e bestemmie, fra figlie sverginate e padri infuriati ... chi cazzo se ne frega? Prendi una sega e taglia una parola o taglia una testa: per me è festa lì dove comete danzano ai bordi di un buco nero come foglie attorno a un uragano, lì dove ruggisce una stella morente, e l'uomo si zittisce. Se la parola fosse una pistola per me uccidere sarebbe facile come bere wishkey fra due tette strette e sode, fiume d'ambra fra due grandi montagne. Corrode la mia vita un pensiero più nero dello spazio vuoto, un ignoto disgusto per ogni respiro ed ogni sospiro ... e sono lì, con occhi persi come bimbi fra le giostre in attesa che le mostre dell'universo aprano i loro cancelli: quasar quantici dolci e devastanti come spade brillanti che fendono lo spazio, universi dispersi oltre i nostri occhi, oltre il nostro pensiero. Ed è per questo che tu, penna, devi essere avida come un mitra assatanato di sangue, distruttiva come un missile, o diventare uno shuttle che mi porti via, lì dove la scia di comete della nube di Oort danza nella distruzione, come un uragano, come un piano su una strofa viscerale. Pennivendoli dell'epoca, puttane di alto borgo, non potranno mai capire che tu, Penna, brilli più nel sangue che nel miele, che il fiele sgorga dalla tua punta come il veleno dai denti di un cobra, e che hai più odore nella merda che nei fiori finti. Tu sii veemente, austera e intransigente, non piegarti mai: sei il mio unico binocolo verso le profondità dello spazio, l'unico sollievo per questo strazio che mi logora come un avvoltoio le viscere ancora calde. Loro non sanno, Penna mia, loro non sanno: potrebbero solcare l'oceano ma si accontentano di una pozzanghera.
Id: 52641 Data: 14/03/2019 21:26:32
*
Il brufolo
IL BRUFOLO
Non oggi. Non ci abbandoneremo alla malinconia e al dolore, mentre il cielo si sveste delle nuvole e l'azzurro ruggisce nel mio petto. Non oggi. Non ci abbandoneremo alla silenziosa disperazione mentre svanisce la foschia e la magia del mare si rivela nella sua orchestra di brezze ed onde che accarezzano gli scogli, non mentre i fogli sui quali scriviamo il richiamo selvaggio dell'albero e dell'erba sono un dolce letto sul quale sdraiarci e guardare con occhi sognanti l'incomprensibile infinito che ci avvolge come un mantello di un mago, che ci fa sentire lo spago che lega lo spazio e il tempo. Non oggi. Non ci abbandoneremo a torbidi pensieri ma ai tuoi morbidi seni dove mi poggerò come su bianchi cuscini per sognare l'eternità, per sognare la viltà di un attimo di illusione. E la cenere si disperderà nel vento, e le tenere carni vibreranno come un violino sotto i colpi di un archetto sapiente, vibreranno profonde come colpi di grancassa. Oggi l'azzurro ruggisce nel mio petto, oggi per me l'infinito è il brufolo sulla tua gota destra, oggi per me l'eternita è la trota nel fiume che pescherò e mangeremo con la selvaggia ferocia di bestie affamate.
Id: 52602 Data: 11/03/2019 20:55:49
*
Sospeso
SOSPESO Su, animo mio, non cadere ora. mentre il sole indora il mondo e sullo sfondo il cielo azzurro rende questo quadro profondo e spirituale … e anche se l’Amore è un bimbo capriccioso che mette sgambetti qua e là, che non si accorge del dolore e di faccia nel fango bramoso ci fa cadere e poi va, fugge lontano … e se la Morte ha in una mano un dolce nero e silenzioso e nell’altra uno schiaffo duro, madre austera, che alletta e poi punisce, e ogni suo bimbo, colpevole e timoroso, aspetta su quel suo uscio oscuro perché sa che non appena imbrunisce prima o poi dovrà rientrare … e anche se la Vita è un mare sconfinato nel quale naufragare è semplice, con le maree, con le sue onde, e su questa nave di nome Umanità il capitano comanda, lo sguattero si nasconde per non lavorare, stanco della sua stessa viltà … tu, animo mio, non cadere ora, mentre il sole indora il mondo, e anche se su questa nave affondo tu vola via, gabbiano volitivo, la Poesia sarà la tua casa al di là di ogni nuvola.
Id: 52574 Data: 09/03/2019 13:11:53
*
La nostra Via Crucis
LA NOSTRA VIA CRUCIS Scenderò su di te come un'ombra nella notte profonda, fuggendo fra un raggio di luna e l'altro. Scaltro come la morte sarò il vento gelido che ti accarezza e ti fa rabbrividire, languire nel terrore evanescente di un faro che d'un tratto illumina la tua finestra quasi assopita, nel dormiveglia dove il vero e il sogno combaciano. Sarò il fischio nel tuo orecchio che rimbomba quando il silenzio piomba nella stanza e l’orrore cala sull’anima. E per te il lenzuolo sarà tremendo come un sudario e il letto ti sembrerà una bara che ti vuole inghiottire, e le mura ti sembreranno terra nella quale stai per soffocare, dalla quale non puoi fuggire. E tutto, tutto ti parrà vano, profano desiderio di niente, menzogna della mente, gogna eterna anche fosse per un solo secondo. E il dolore che proverai sarà talmente profondo che amerai anche il ricordo di un filo d erba che brilla di verde al mattino, di un cappuccino disgustoso che ti brucia la lingua, e rimpiangerai ogni attimo dove un uomo ti ha calpestato il cuore, uno schiaffo di tuo padre o la carezza di tua madre, rimpiangerai uno schifoso geco che corre su un muro e una zanzara che ronza nel torrido Agosto... ogni profumo, ogni rumore, ogni pentola o piatto che sbattono in cucina ti sembreranno Mozart che intona una marcia alla turca, e marcia non ti parrà una mela ma gustoso anche il verme, quando le calde acque delle terme nelle quali ti rilassi sembreranno gelide come passi nudi nella neve. Rimpiangeresti tutto questo se solo anche tu, come me, porgendo le orecchie oltre ogni nuvola, sentissi quanto atroce sia questo oscuro silenzio, quanto sia sconfinata questa nera croce che ci pesa sulle spalle.
Id: 52531 Data: 07/03/2019 10:26:33
*
Selvaggio
SELVAGGIO Lasciami ruzzolare come un masso ubriaco dalle cime della pazzia fino all’abisso della valle! Lascia il tuo scialle volare nel vento come una vela che querela porti sicuri: le onde non possono essere rinchiuse fra i muri. E quando la mia vita perderà un’altra pagina, spero tanto che sia macchiata di birra e di vino, di amore e mirra: non mi importa se sangue o lacrime saranno l’inchiostro … Versi, donatemi l’oblio! E se di notte, fra il chiostro d’alberi scuri dove s’ampliano i sensi, nel mio incedere sarò il fiume possente che scorre nella foresta, lascia che dispensi l’ardente natura quel che dura da un’eternità in noi. All’alba coglierò un ramoscello che sarà la penna con la quale scaverò una poesia nella terra. Verso la città i vecchi tetti fumano come pipe di vecchi marinai sempre pronti a pescar donne con le reti delle storie del mare: amare spiagge, mostri, nulla placa la bocca di questi squali assetati di salmastri inchiostri. Mentre si dipana il nero, voglio raccogliere quella foglia per arrotolarne la mia doglia, poi l’accenderò con un raggio di sole per sciogliere l’infinito nel nulla di una nuvola di fumo. Consumo la mia vita respiro per respiro, verso per verso. Ho appena visto un sogno scappare in una tana come un leprotto impaurito … fuggiva forse da me, aveva forse percepito che volevo mangiare come un lupo inferocito? Lasciami steso qui: voglio viaggiare a pieni motori in questo nulla sconfinato come una nave nel suo andare su un oceano in tempesta! Quando sarà finita la mia festa mortale? Fai palle di carta delle mie poesie, e come fossero i miei occhi, verso la fonte, verso la fonte, ti prego lanciali lì lontani, più lontani, oltre l’orizzonte, lì dove stelle infinite ardite brillano come lucciole impazzite.
Id: 52524 Data: 06/03/2019 15:20:37
*
Il fango.
L FANGO
Solo e pensoso qui rimango, con gli scarponi nel fango senza alcun ombrello a proteggermi da questa nera pioggia dei miei pensieri. Funesta brama m'assale mente austera sfoggia la luna il suo spettrale Sorriso, mentre il vento stona come un flauto incapace. Anima mia, quale rapace ti ha strappato, lacerato, fatta a pezzi come una poesia sbagliata da gettare nel cestino? Quale divino respiro potrebbe mai soffiarti in questo fetido sacco di immondizia, in questa immonda sporcizia che cola merda e sofferenza dai suoi pori? Anima mia non sei Né vela né aquilone, Ma polvere che vola nel bisbiglio del vento, Giglio marcito Di questa arida terra. Non esser avida, speranzosa, non illuderti nella velleità: la felicità è l'illusione Degli stolti. Anima mia, ho creduto che la poesia ci avrebbe Accarezzato con comprensione, Come una dolce madre Che tutto sa del figlio. Anima mia, ho creduto Che il muto infinito Mi avrebbe sussurrato Almeno una volta, Almeno una volta Parole immense come stelle, Ma il suo silenzio Mi ha ricordato Che nulla esce fuori Dal vortice eterno Di questo buco nero. Anima mia, ho creduto Che il fango sarebbe Andato via scrollandomi Le scarpe, ma è andato Il tempo in cui ho creduto.
Id: 52512 Data: 05/03/2019 14:07:21
*
Una bottiglia di vino.
UNA BOTTIGLIA DI VINO Quante volte ho barcollato Come un ramo nel vento O come una barca nella burrasca Per poi sdraiarmi Nella vasca per annegare Nei miei sogni E soffiare i miei pensieri Come bolle di sapone Verso il cesso … Ma cos’è, la vita? Una bottiglia di vino che finisce subito. E dubito, dubito sempre!, che Dio sia così buono con i buoni e così cattivo con i cattivi, che i rivi dell’inferno siano colmi di anime penanti e che le nuvole siano piene di angeli inneggianti così tante noiosità. Zio Satana ha sempre Dimostrato onestà, ci ha dato i sorrisi infuocati e amiche con il caldo fiato, ci ha dato una soffice perdizione e il buio dove la nera canzone può sussurrarci la sua melodia proibita. Ma cos’è, la vita? Una bottiglia di vino Che finisce subito. Non c’è nulla di divino In un cane sbudellato Sull’asfalto, che sta lì, chino come un feto a marcire al sole pronto per fiorire di vermi e mosche, e noi, qui fermi, come statue di carne nell’eterna attesa che il tempo ci sgretoli come pane raffermo nelle mani di un vecchio sdentato. E’ infermo il mio cuore, lo ammetto: affoga nel suo inchiostro e la penna non è una buona fune per fuggire da queste nere sabbie mobili, da questa infinita discesa verso il nulla. Ma cos’è, la vita? Una bottiglia di vino che finisce subito. A volte è bella Un’ora che leggera Vola come un colibrì Scintillante fra le verdi Foglie senza doglie E senza timori, inabissati nel silenzio dell’infinito, quando il sole abbraccia il mondo come una rossa coperta ed esperta la lepre nella fossa fugge per fuggire i predatori … per poi arrivare alla sera, dove la luna si tinge di magnolia e il cielo è una veste succinta di seta nera pronta a ricoprire la luna di gelida sensualità, di omertosa voluttà, pronta a posare ammiccante come una cantante su un palco buio, illuminata da un solo riflettore. E così le ore, i minuti E i secondi che vanno Giù per la gola: questo consola il nostro stomaco assetato. Ma cos’è, la vita? Una bottiglia di vino Che finisce subito, un sospiro sospeso fra le nuvole e l’abisso.
Id: 52422 Data: 27/02/2019 10:55:39
*
Se tu sapessi
SE TU SAPESSI Se tu sapessi cosa è la Poesia per un Poeta, quanto pesa di dolore e di pazzia ogni parola come pietra sulle sue spalle e che di scialle colorati adorna solo l'abisso e la malinconia ... riveste d'oro le cornici di un quadro tetro e per metro della felicità ha solo i versi che dispersi molto spesso fuggono come topi nelle fogne ... se tu sapessi cosa è la Poesia per un Poeta, mai chiederesti quale sia la meta del mio cammino, non mi chiederesti perché guardo un pino solitario e innevato come un rosario bianco e invecchiato, non mi chiederesti perché sorrido compiacente alle tombe e son felice nelle spente notti di Febbraio. Se tu sapessi cosa è la Poesia per un Poeta, non ti darebbe grande meraviglia vedere un uomo che bisbiglia al mare, vedere un uomo che cerca d'amare il buio oltre le nuvole.
Id: 52338 Data: 21/02/2019 21:16:18
*
Carezza
CAREZZA Ti accarezzerei come una fiamma una foresta, scivolando nella festa del tuo verde come un serpente corallo fra le foglie in ballo nella brezza di Settembre. Ti amerei, come un avvoltoio ama le carni dilaniate della sua preda mai cacciata, e nuoterei nei tuoi pensieri come uno squalo nel sangue, ubriaco di fame e di tornare nell'abisso. Ti abbraccerei, come le lame di un boia il collo del condannato, come una bara che in un fiato nel suo stomaco di terra ti divora e butta giù.
Id: 52308 Data: 19/02/2019 20:46:07
*
De profundis clamavi
DE PROFUNDIS CLAMAVI Gigantesca, come il mare, in te la mia anima pesca abissi sconosciuti, muti attimi di immensità. Lascio i crocifissi d'oro e viltà agl'uomini che cercano l'eterno in un perno di ferro che s'apre e mostra solo panche e un po' di acqua sporca in un lavacro. In te tutto quel che è sacro non si vede, è nascosto, mosto dell'anima, piede nell'ombra. Con te ho dormito sdraiato sulle nuvole, cullato dal vento come una vela che di sera leggera sfiorava le onde, come una prua che di sera leggera fendeva il buio, spada di legno. Il tuo disegno non conosco. Nessuno lo conosce, forse solo le cosce di una donna che danza fra i miei incubi, che con i suoi occhi brillanti mi osserva, stelle orbitanti attorno a un buco nero. Ti prego, aleggia fra i miei versi come cieli tersi in un malinconico Gennaio. Ti prego, fertilizza le mie rime come concime per le petunie: il dubbio, il vino e la disperazione hanno bruciato questa terra ed i miei pensieri son contadini incapaci di far fiorire anche solo un verde germoglio. Questo foglio è un pozzo senza fine, e sulle pareti ha spine, roveti inestricabili che non mi fanno risalire: sono intrappolato come una mosca nella fitta tela di questo dolore. Ti prego, Poesia, dammi solo una parola, anche una sola che mi illuda, che la mia anima nuda trascini nel vento.
Id: 52276 Data: 15/02/2019 10:49:41
*
Confutatis Maledictis
CONFUTATIS MALEDICTIS
Giorno dopo giorno, notte per notte, nello scorno e nel dolore vago, randagio cane o spezzato spago, in quest'ora di più furiose lotte. E verso il nulla così m'addentro: un verso, una bara o una croce di questo buio che mi porto dentro non hanno trovato alcuna foce. E guardo il mare, guardo il cielo, altare di nuvole ed onde, cade poi lo sguardo su quel tuo velo che qui mi separa da quelle strade, finestra, dove un tempo, con zelo, speravo, credevo! Cosa accade?
Id: 52250 Data: 14/02/2019 09:26:57
*
Una poesia qualunque.
UNA POESIA QUALUNQUE Amiamoci come cani, ruggendo come leoni fra i milioni di fili d'erba, selvaggio letto con la luce o l'ombra come lenzuolo. Scolo un Bourbon e scrivo una poesia che sia madida di sudore ed affanno, del tuo ansimare e del tuo urlare intonato come la regina della notte. Non me fotte più nulla dei versi ipocriti e delle strofe al miele di questi mediocri pennivendoli del 21° secolo. Io sono un animale, un cinghiale inferocito, un rinoceronte impazzito, un felino ferito che si lecca la zampa dopo la caccia allo gnu. Non cerco alcuna gru per le mie rime... si alzeranno quando saranno polvere nel vento, o lo sarò io. E sento, sento in me una rabbia furibonda, un'onda irrefrenabile che vuole divorare il bagnasciuga. L'oceano si sta impadronendo di me. Terminata la poesia ti sveglierò, egoisticamente ti sveglierò, e ti scoperò ancora fin quando la mia ira non diventerà lira, un accordo dolce come un usignolo. Mi scolo un oceano e poi mi consolo con qualche verso ubriaco di disperazione. Questa vita è una canzone tediosa, mi ha stancato. Sono stufo di questo secolo di poetucoli da 4 soldi che si ficcherebbero la penna su per il culo anche solo per un applauso, un raglio di un mulo. Sono stufo di questo secolo dove abbiamo tutto non avendo niente, dove le stelle son spente e accese le luci, dove le bocche arrese sono quelle dei veri. Dentro di me ruggisce un uragano e non si può contenere con una boccia di vetro. E’ tetro il mio pensiero, ma tu, da questo albero nero, cogline i frutti, i rutti, le oscenità, le radici profonde. Ti prometto che un giorno caverò dal cielo una galassia e te ne farò una collana spaventosa e terrificante, una margherita ombrosa e infinitamente pesante, tale che si spezzerà il tuo collo delicato. E già so che domani mattina avrò dimenticato tutto, ogni divina ambizione di scrivere una poesia qualunque, ispirato da una sbornia qualunque. Lascia questo foglio sul tavolo, Grazie.
Id: 52238 Data: 13/02/2019 11:40:07
*
Il nulla
IL NULLA Lì dove mi giro, il Nulla. In una culla piangente che ancora incosciente non sa che il peggior pianto è silenzioso, il Nulla. Nell'amoroso bacio di due teschi innamorati, nelle vele lontane sui fiati oceanici, il Nulla. E pensare che un tempo, animo mio, ogni verso era una droga, ogni strofa un'estasi e fra due morbidi versi penzolavano i fulmini. Ma ora siamo inciampati in questa pozzanghera di fanghiglia e vermi, la nostra chiglia sì è incagliata fra questi scogli e nei brogli di questa rete siamo finiti, pesci senza speranza, danza senza musica. E lì dove si nasconde il vero, nel nero sussurro del silenzio, o nelle feste sgargianti fra seni e sorrisi violenti l'ho trovato: il Nulla.
Id: 52201 Data: 10/02/2019 15:32:45
*
Alla Notte
ALLA NOTTE
Notte, lenzuola Di seta nera, Unica vera tela di un saggio Pittore dove solo un raggio Di luna cade, cola Come il colore bianco Ad olio... Coprimi notte, Dal tuo stesso gelo, Baciami notte, Velo da alzare come un burka Che sotto nasconde Una donna bella e dolce Come il mistero. Il nero è il colore della mia anima, con sfumature sul grigio. Li dove non c'è rumore Non si può sentire il dolore. Li dove non c'è colore Invece ci son tutti, dai più belli ai più brutti. Notte, nero sacco Di immondizia che Ha dentro l'universo Intero... o forse no. Dove la butteremo La spazzatura Quando non ci starà Più dentro? Notte, accarezzami con le tue mani nere fatte di dolci incubi O sogni feroci, purché io dorma, purché gli atroci pensieri si assopiscano anche se su cuscini di pietra. S'arretra la mia anima, teme il tuo bacio come fosse quello di Giuda. Cruda e la vita Per chi teme, Per chi spreme ogni attimo per trovarne la poesia. Coprimi notte: La mia anima trema Come un ramoscello Nella tempesta. Coprimi notte: ho paura che l'alba mi annoiera' ancora.
Id: 52158 Data: 07/02/2019 09:33:55
*
Estate
ESTATE. Oh sole, ardi le chiappe sode di quella turista sprovvista dell'italiana malizia, della profana Avarizia d'amore e di lusso. Vorrei toccarle, come un prete il tabernacolo, morderle delicatamente con le labbra come un'ostia morbida e solubile, come un volubile attimo. Se lei sapesse quanto mi bolle il sangue fuggirebbe come inseguita dalla lava D'un vulcano, come un agnello Da un lupo. Ma io son cupo, sole, per me il bello si nasconde nell'abisso di un dirupo, in un crocifisso arrugginito che brilla alla tua luce D'oro e di sangue. E langue l'animo mio, langue nel terrore, si nutre dell'orrore, e cade sull'onda Che s'infrange sul bagnasciuga, sulla ruga della vecchia sdraiata a riva, sulla carne viva Di una spigola scuoiata Finita non si sa come Sulla sabbia asciutta. Sole, ardi le tette Di quell'americana, rendile rosse come Due mele succulente: voglio accontentarmi Di quel che la gente Comune s'accontenta. Togli dalla mia testa l'eterno e l'infinito, togli le stelle e le galassie, togli l'inferno e la poesia, la magia del tutto col niente, del costruire un mondo con poco inchiostro. Un verso è un mostro che divora l'anima, un leone che ti sbrana le viscere fin quando Non lo liberi dalla sua strana Gabbia di paura e sbando. Sole, ardile il ventre ti prego, fai brillare il mare di una stupenda illusione, fai si che la tua canzone Di luce e immensità Sì propaghi come un'orchestra Di fiati e violini alla finestra di un carcerato! Fra queste sbarre d'ossa Mi sento soffocare, In questa camicia di forza Fatta di carne e disperazione Sto per impazzire! E non so se ardire la morte sia una cosa giusta, se la frusta del Diavolo sarà più rovente di questo Tuo raggio che odio come il cavolo al posto del gelato. È un soffio leggero questo nero Che mi porto dentro, un soffice vento pronto a spingermi non appena il piede Metterò male sul ciglio Dell'abisso. E nulla valgono i bagliori, le feste E la canzone di questa stagione rovente, nulla vale fin quando non arderai Le chiappe di quell'americana e le renderai rosse e dolci come un cocomero ad Agosto. Quante donne Hanno fatto mosto Della mia anima, pestando il mio orgoglio Con piedi luridi di terra e convinzioni, di ragioni e ruvidi pensieri le loro labbra Sempre pronte A proferire. Ma è estate, sole, ardi come mai Hai fatto prima! Ardire, questo è il problema! Nessuna rima Fra mare e orizzonte Riesce a placare Questa tempesta Che sta devastando La casa della mia anima: niente placa Questa funesta brama Di fulmini e tuoni Che danzano Come amanti Al loro primo ballo! E tutto non varrà niente, sole, finché la mente Mia non desidera Quel che desiderano Gli altri, finché i buchi neri E le galassie balleranno Nel mio cranio Come uranio in una bomba, come vermi in una tomba, In questo mio dolore chino, finché non mi accontenterò Di un fiore ma vorrò il giardino
Id: 52111 Data: 02/02/2019 16:11:42
*
Mirabilia
MIRABILIA Non sapremo mai se nei boschi Dei sogni conosceremo Un albero dai frutti dolci Come il silenzio. Penso ancora a quel vento Che faceva cigolare i rami, quella terra sotto la mia schiena, quel cielo nei miei occhi, la bocca vuota ma felice. Fra le foglie si nascondeva il sole, e dal mio promontorio la musica del mare mi cullava come una imbarcazione fra le onde sconfinate. L’immenso si nascondeva fra le cose, i fiori si chinavano al vento come tanti sudditi che si chinano al loro padrone. Temerario, non avevo paura Di affacciarmi dal precipizio Sul mare, di vedere il sole che si rifletteva e faceva quella distesa un letto d’oro dove vedere assopite le proprie angosce. L’infinito si stagliava Sotto e sopra di me, e come un gabbiano i miei occhi folli volavano verso l’orizzonte, incuranti, verso il ciglio del mondo, sperando di cadere in un sogno. E non volevo altri miracoli, se non il cielo nei miei occhi, la bocca vuota ma felice.
Id: 52069 Data: 29/01/2019 11:58:36
*
Pasqua a Dachau
PASQUA A DACHAU. Cristo per noi non è morto. Anche a noi cinge il capo Un recinto di spine. Non è risorto Il Signore negli occhi spietati dei latrati dei cani tedeschi. Teschi non vedo, ma ovunque scheletri. Feretri e canti per noi sono la cenere e i pianti dei dannati, i fucili urlanti come penne dai comandi disperati. Divenne in noi colpa la colpa di altri. La nostra polpa, le nostre viscere non nutriranno il ricordo dei cari, ma solo la terra. In questa serra di sangue Non crescono fiori, ma dolori e malattia. E dell’umana follia E dei suoi quadri insanguinati, Siamo le ultime vittime, gli ultimi silenzi disperati.
Id: 52030 Data: 26/01/2019 13:14:57
*
Il silenzio del mattino
IL SILENZIO DEL MATTINO Con le braccia aperte Come ali nell’azzurro sento il vento Scivolarmi Addosso, Sento la fresca carezza Del sole mattutino. E dopo aver aperto Le finestre la tua pelle, Pesca prelibata, Assaporo. O come ristoro Il mio pensiero Quando col mio dito Ti scivolo sulle schiena Come la rugiada Su un petalo succoso, Quando col mio dito Ti scivolo sulle gambe Come un rivo Nei boschi. I foschi pensieri, Per un attimo, Sembrano svanire, Solo per un attimo. E mi sembra di udire Le nuvole. Mi sembra di udire Il prato, il mare e il vento E le loro parole Incomprensibili. E un'estasi Ed un'illusione Così potente che vorrei Fosse eterna, Ucciderei per far si Che fosse eterna Come il buio galattico. Guarda come sventolano Le tende, Sventolano come bandiere Che rendono fiere Intere nazioni. Ma per me, Mia Venere, Tu sei la mia nazione, Tu sei la mia fierezza, Tu sei la mia magione, Tu sei la mia interezza, Dolce, gigantesca e stupida Come un mare piatto, Un coatto desiderio Di vita. Come splende il sole, Come brilla e fa risplendere I fiori, gli alberi e le cose, Come profuma Di assoluto Questo muto mattino dove a stento Si possono udire Solo il mare, le nuvole E il vento.
Id: 52017 Data: 25/01/2019 15:04:04
*
Tramonto nella tempesta.
TRAMONTO NELLA TEMPESTA. Che desolazione che mi dai, Tramonto! tutto langue e si affievolisce come un fiore che marcisce e a cui la tempesta non fa sconto: fulmini, grandine, vento, dolore … tutto si spegne e perde colore, tutto decade, tutto si piega e l’infinito orizzonte si nega dietro questo spesso muro nero. E alle onte mortali qui presenzio: un cane fugge la pioggia, un pero si spezza e s’infiamma, e licenzio l’animo da questo eterno mistero mentre tutto si avventura al silenzio.
Id: 51993 Data: 23/01/2019 20:02:25
*
Ballata per la poesia.
BALLATA PER LA POESIA A volte vorrei scrivere di albe incandescenti, ardenti amori di folli Sentimenti, di passioni spezzate, erosioni della roccia e del verso. Ma mi son perso, anima mia, perso in questo nero silenzio in cui solo la brezza A volte le foglie fa tremare... Poesia, salvami Da me stesso! Confesso, terribilmente confesso che ho sognato Per un attimo l'eternità, di indossare un cappotto Di luce che mi proteggesse Da questa Siberia dell'anima! Ed esanima la mia penna, dottoressa sapiente, questo spirito in rigor mortis Con un bisturi ancora Più gelido, fatto di metallo E disperazione. Poesia, salvami da me stesso! Confesso, confesso che ho sognato per un attimo l'infinito, un ruggito indomabile come l'oceano in tempesta, una festa di stelle, di galassie e comete, sete di oscure fonti, pure come gli squali E i fondali più tenebrosi. Ma nulla, nulla ho trovato, se non acqua di cesso! Poesia salvami da me stesso! Confesso, terribilmente confesso che ho sognato la morte, l'illusione della pace, per fuggire questa brace sulla quale la mie carne di maiale sta trasudando grasso e angoscia, nel cui passo fatale ho sperato di cadere in un sogno di angeli cornamuse e dolce vizio, E non in un precipizio. Ma è stupido un uomo Che spera, ardentemente Spera. Poesia, salvami Me stesso! Confesso, confesso di averti sognata poesia, mente il vento sfogliava L'azzurro come un libro Immenso e profondo, E non nascondo che Per un attimo ho tremato, sperando di leggere una sola parola, Anche solo una parola! Ma è stupido un poeta, stupido come Un bambino, non si Consola se non con Il latte della madre. Poesia, salvami Da me stesso!
Id: 51938 Data: 20/01/2019 15:53:33
*
Se mi cercherai
SE MI CERCHERAI Se mi cercherai, cercami dove fiorisce un ruggito selvaggio all'ombra di un faggio, di un olivo o un tulipano, li dove s'infrange un'onda come una bionda che irrora la gola di un povero assetato. Se mi cercherai, cercami dove una penna lacera l'aria come un cavaliere indomito, li dove il vomito diventa un oceano di disperazione e dove è il nero canzone e canto un veliero, dove l'infinito si frantuma e la luce consuma fino a diventare tutto, dove un rutto è melodia e un verso uno schiaffo dolce e tormentato come Saffo. Se mi cercherai, cercami dove lieve come un lenzuolo è la morte e la neve pesante come bianchi macigni, dove i cigni starnazzano e si ammazzano per un raggio due stelle. Se mi cercherai, cercami dove tutto ebbe inizio, dove per sfizio palle di atomi hanno iniziato a danzare nel caos.
Id: 51917 Data: 19/01/2019 11:34:12
*
Furia
FURIA Cos'è questo sentimento che mi divora dentro come una iena un cadavere ancora caldo? Mi logora, sbrana il pensiero, saldo al mio stomaco con i suoi canini affamati, insaziabili. latrati di sangue emetto da questa gola animale, da bestia selvaggia che ha per collare e guinzaglio la cravatta e per gabbia una giacca, un sorriso. O come sono inviso all'uomo, come disprezzo il duomo, la casa ed il bar, le cortesi maniere, le stupide preghiere e le sere fra tediose parole di questi uomini di cartone. Canzone mia, il tuo nutrimento sia sempre il sangue! Lascia a queste bocche ipocrite il caviale ed il gourmet, lascia loro il te e le brocche di vino francese. Per noi maiale ed il vino campestre con offese E maleducazione, sorprese per noi anime Complesse! Lascia loro queste parole di seta e velluto, questo riso di peste, ossuto corpo di muse violacee ed oscene. È altrove la meta del nostro cammino, altrove i nostri occhi si posano lì dove si sposano le stelle ed il buio, lì dove ruggisce indomito il romito canto del vento.
Id: 51884 Data: 16/01/2019 17:56:09
*
Il ragno
IL RAGNO Io ti invidio, che non conosci il terrore del gelo delle notti solitarie, quando l’orrore assale la mia anima come una nera pantera che si fionda da un albero sulla preda. Così certa, Anthea, amore mio, tu non conosci gli scrosci dei fiumi dei boschi oscuri dove cammino cercando stelle riflesse nelle acque di questo Stige, cercando la salvezza dallo schivo e fatale pensiero. E vivo, in quest’ebbrezza Oscura che mi esalta E mi abbandona, che opprime la mia anima come una pistola sulla tempia. E nulla mi consola, neanche il tuo corpo e il tuo sorriso malizioso, neanche la poesia che, come un ladro bastardo, mi ruba ogni giorno di un pezzo d’anima, che mi mostra il mare e poi vuole affogare nel suo immenso ogni mia maledetta frustrazione. Io ti invidio, che non hai mai sentito quella canzone tetra che promette che la fossa sarà riposo e pace, che mi ricorda che tace il dolore lì dove tace il cuore, lì dove tace l’umanità. E tu sai, sai perfettamente, come avrei dato la mia vita solo per esser chiamato “poeta”, per scrivere una strofa d’acciaio, un verso di diamante, una rima devastante come un uragano. Ed a volte ci penso, lo ammetto: accetto il mio petto come un tronco secco per gettarlo nel camino e riscaldarmi in questo infinito gelo, per scongelare il triste pensiero … ma questo fuoco nero non riesce neanche a riscaldare le mie parole! La penna trema Nelle mie mani Come un fucile ad un cadetto In guerra, come un ramoscello nel vento di Dicembre. Non te lo nascondo, mia dolce mosca: a stento potrò andare avanti ancora, a stento potrò guardare questa notte fosca senza provare disgusto in questo angusto anfratto di dolore. La malinconia È una tirannica regina Che ha per scettro Follia, fame ed angoscia. E le lame del pensiero Hanno tagliato le mie vene, la mia carne, come fosse burro, e hanno riempito la coppa di questa puttana del mio sangue avvelenato, del mio sangue disperato. Io ti invidio, perché tu non conosci il Dubbio, che si attanaglia, si nasconde come un ratto, che sguscia fuori dalla sua tana e squittisce fastidiosamente, e del banale formaggio non lo farà cadere in trappola, non mi permetterà di ammazzarlo e di gettarlo in un cassonetto per non rivederlo mai più. Non ho più poesia Nelle mie corde: il fumo, il vino e la disperazione le hanno logorate, corde di violino usurate, dal suono osceno. E mi dimeno, come un pazzo con la camicia di forza, ma mi legano fili invisibili, ragnatele indistruttibili, ed il ragno sta per venire a prendermi, sta per divorarmi.
Id: 51862 Data: 14/01/2019 19:12:12
*
Solitudine
SOLITUDINE Notte che sogni, notte che vai, notte che sussulti, notte che in lai contorti le sorti urla il tuono al mare increspato … come il fiato di una donna ansimante la brezza mi accarezza l’orecchio e lo specchio mi mostra la parte più bella di me: la sagoma buia di un sogno oscuro. E caparbio e duro Con penna e carta Provo a contenere Fra due lettere Il cielo inferocito, fra due versi l’infinito andare di questo tempo convesso, e in una poesia me stesso.
Id: 51838 Data: 13/01/2019 13:27:02
*
Il treno inarrestabile
IL TRENO INARRESTABILE Mi avventuro, treno sfrecciante, Fra queste terre sconosciute, e lì dove mi giro vedo prati verdi e campi e serre, e fiori lussureggianti e coltivatori stanchi. Molto spesso Mi accosto ad un fiumiciattolo, e vedo papere starnazzare e pescatori gettar la lenza a caccia di un misero pasto e vedo il sole brillare nelle acque e di notte galleggiare qualche bianco pallone perduto come una luna da un bambino disattento. E quando il cielo è spento Cosa vedo nelle grandi città Nelle quali passo Quatto quatto Sperando che salga a bordo Qualche donna benpensante Che poggi il culo Sui miei duri sedili Per andare a cercare Il nascosto amore Di lenzuola segrete! La mia rete elettrica Mi porta sempre Nuova energia, e mai posso fermarmi, però, a guardare effusioni d’amore tanto eccitanti quanto proibite … e allora sulle ardite rotaie non spezzo mai il mio cammino di ferro e continuo nel mio andare a caccia di nuovi e inusitati luoghi di qualche inaudita cittadina di mogli bramose e di mariti distratti. Ma non posso fermarmi, sempre a caccia di anfratti più oscuri dove la vita mi mostri qualche dolce e tremenda visione. E molto spesso ho visto Ciò che gli uomini Pensano di vedere Nei loro sogni più arditi: ho visto albe fiammeggianti trasformarsi in brillante azzurro fino a divenire buio ancora, e poi stelle brillare più del sole mentre lucciole intingevano le loro ali sdraiate nell’erba illuminandosi all’amore … E ancora campane Risuonare nell’etere opaco Fra preghiere disperate A caccia di una tavola Oltre la tenda azzurra Che si trovava innanzi Gli occhi loro. E denti volare E zigomi fracassarsi Come bicchieri di vetro Mentre ragazzi Urlavano come scimmie A caccia del loro albero Dove arrampicarsi E dove poter rovistare Nella pelliccia Degli amici qualche pulce gustosa E succulenta. Molto spesso ho visto Morire un uomo Che aveva per letto L’asfalto E per coperta il cartone E ho visto Ladri attendere Come lupi Con una zanna In mano Dietro un albero Qualche innocuo Passante Per mozzicargli il portafoglio. E ho visto giovani Vomitare come cascate La loro disperazione E ragazze perdersi Fra molte braccia Irsute a caccia Di un abbraccio D’affetto che il padre Non gli ha mai dato. Ma io non mi stanco, l’elettricità scorre nelle mie vene e ancora cammino col muso di metallo in avanti come la prua di una nave fra i colpi di un mare in tempesta, fra giorni che si sopiscono nelle bore raggelanti delle terre del nord, fra la rugiada delle foglie che brilla nelle albe delle terre del sud, nella pioggia incessante che ossida la mia carne … non ho paura che un giorno il tempo farà di me una carcassa di ferro da gettare in qualche buio magazzino o liquefatta in qualche forno infernale, finché l’elettricità scorrerà nelle mie vene potrò correre fra boschi bui o svettare su una montagna fiancheggiando un mare scintillante sempre a caccia del capolinea, lì dove lo spazio e il tempo si dissolvono come polvere, lì dove, nascosto a tutti, il cielo si ricongiunge alla terra e zampillano a fiotti le eterne feste delle albe fiammeggianti e dei turbinii delle tempeste.
Id: 51786 Data: 08/01/2019 20:34:04
*
Il nero altare
IL NERO ALTARE Al tuo nero altare, Poesia, ho posato le mie viscere. d’ogni fiato ed ogni verso, d’ogni parola, lettera o rima, di tutto quel che concima il mio corpo come il cibo ed il sangue, come la merda e le ferite, delle più ardite orchestrazioni che il mio pensiero abbia mai suonato vagando oltre i cieli, sospeso nel buio dell’universo sconfinato … ho fuso per te, alchimista inesperto, amore e morte, pazzia e saggezza, magia e trucco, metalli rari che in quest’era di idioti son destinati ad essere nient’altro che la cornice di una scimmia urlante ignara del circo pagante in cui si pavoneggia, impregnata di squallidi profumi e adornata d’oro e stupidità. Altre volte ancora scarnificherei la mia stessa pelle per farne tovaglia del tuo altare, altre volte ancora ucciderei mia madre pur di sentir brillare le fanfare non appena mi avvicino al tuo marmo gelido, bello e insensibile. Mai a nessun Dio mi sono genuflesso, a nessun tabernacolo, nessuna croce mi ha spinto a piegarmi se non quella penna masticata e quel foglio sul quale ogni giorno non mi resta che scriverci col sangue. Langue la mia vita, ma tu no: eterna e insensibile come il Tempo, al tuo nero altare controverso si inginocchieranno gl’uomini, gli Dei, il sole e l’universo!
Id: 51752 Data: 05/01/2019 11:23:27
*
La nera coperta
LA NERA COPERTA Magica, come la notte, Avvolgimi di una nera coperta E portami lì dove aperta Una finestra Mi mostri la luna. Fragile ginestra, La vita è una minestra Insipida ed il mio sangue Non è un buon sale Con il quale condire Questo insensato morire, Vivendo. Un giorno, forse, la poesia Tornerà ai suoi antichi albori, Quando gli allori Erano brillanti corone E prone le stelle si piegavano Come muse alla sua penna Pronte a farsi dipingere In tutta la loro maliziosa grazia. Ma quel tempo non è oggi. Oggi cerchiamo più tempo Sprecando il tempo. Oggi è prosa, oggi è una rosa Che ha sul suo stelo merda, E non petali. Ma tu, magica come la notte, Avvolgimi in una nera coperta E portami dove scoperta Come una donna La galassia mi mostri I suoi segreti, Senza pudore! I versi sono preti Ai quali un poeta Deve confessare tutto, Anche se non crede, anche se non vede Che buio nel buio. Muoio, muoio vivendo! E svendo la mia anima al diavolo ogni giorno Per un po’ di fuoco Che mi riscaldi Da questo gelo eterno! Anche l'inferno È meglio di questo purgatorio Di silenziose penitenze, Di questo dormitorio Dove anime si assopiscono In limbici sospiri, In giri di lenzuola. La vita è una scuola Dove i maestri Morte, Amore, Dolore e Pazzia ci insegnano, Con sguardi di scorno, Che tutto brilla, fino alla fine del giorno. Ma tu, magica come la notte, Avvolgimi in una nera coperta E portami dove esperta Concedi ai poeti, malati, pazzi e disperati, I fiati dei buchi neri, Il verso lirico di una particella Nel vuoto, Il respiro dell'universo ignoto.
Id: 51702 Data: 31/12/2018 13:16:58
*
La rosa di vetro.
LA ROSA DI VETRO Tu non sai Cosa mi hai dato Con le tue calde Cornamuse ed i flauti Di vento e nuvole Nei quali ho sognato, Ho sognato come Uno stupido bambino! Son alieno a quest'era Di muse di plastica, Di spastica brama Di vivere, insensatamente. Ma la mia mente, La mia mente è un uragano, Un piano di note folli, Di colli di bottiglia Spaccati in una rissa. La mia mente è un'orgia Di disperazione e tulipani, Papaveri e arancione voglia di dipingere La velleità. E la viltà è l'arma Dei caduti, Liuti di cartone, Canzone di polvere, Strofa di rovere E maledizione. Tu non sai Cosa mi hai dato, Un fiato fra gli affanni Delle sigarette E della ragione, Un piatto di pennette Al salmone Nei quali ho dimenticato Di essere chi sono. La poesia non mi ha Tirato fuori dal caos Imperscrutabile Di un battito di ciglia, Di una danza di buchi neri. La poesia non mi ha Tirato fuori dai tremori Di un vento di Dicembre, Ed a stento riesce A coprirmi con una coperta Di versi e di parole. Tu non sai cosa Mi hai dato In questa tempesta Silenziosa, in questo Buio immenso Che non mi ha mai Svelato niente! Sono un demente, Lontano dal genio Come un profano Dall'occhio di Dio. E mio è il dolore Di veder le stelle E provare ancora Un'immensa tristezza, Pezza per pulire I cessi di un pub. Tu non sai Che amarezza si prova Nell'alcova sognante, Dove piante rigogliose Marciscono perché Mai le ho innaffiate, Perché nell'errate Poesie ho soffiato Il loro ossigeno puro! È duro il pensiero, Come un macigno Al piede sull'orlo Del fiume, Come piume perdute Da un'allodola qualunque. Dunque, comprendo. Tu non sai Che comprendo Buchner, Majakovskyi e Rimbaud, Che sono pronto A mollare tutto Per l'illusione dell'illusione, Per un rutto dopo Un buon pranzo, Per un avanzo di cielo In un'alba opaca, Per una lumaca succosa. Tu non sai Ma una rosa di vetro Ho raccolto, Spaccata e tagliente Come un coltello da carne, Come un orpello della mente. E la donerò, la donerò Con pazzia A qualsiasi donna Che sorriderà Alla mia poesia, che tremerà Per un mio verso Perso nel buio.
Id: 51686 Data: 29/12/2018 09:42:35
*
Pioggia
PIOGGIA Ti ho cercato, lì dove l'inferno arde di una fiamma nera ed inesauribile polverizzando ogni speranza, lì dove danza il caos ed il mare in burrasca, lì dove il canto casca fino a diventare un urlo di disperazione. Ti ho cercato lì dove le nuvole ed il cielo turchese si mescolano con divina passione, lì dove il vento accarezza le gardenie, i girasoli ed i tulipani, lì dove i soli brillano di infinito splendore, lì dove un colore diventa sgargiante come un coltello, lì dove un pennello cattura un atomo. Ti ho cercato in un goccio d'inchiostro, in un pulsante su di una tastiera, su una scogliera scintillante dei mari del sud, in una Bud o in un vecchio libro ad 1€ sulla bancarella di qualche povero che racimola qualche spiccio, nel riccio di qualche donna colma d'amore, nel dolore di un caro inghiottito dalla terra e dalla polvere. E’ così, poesia, che ho capito, che ho appreso: mi sono arreso e ti ho vista scivolare per un attimo, per un secondo, come una goccia di pioggia sulla mia anima.
Id: 51678 Data: 27/12/2018 19:38:47
*
Memento
MEMENTO Quanto ricordo il placido Andare del mare cullante E Le vele spiegate tirate Dal vento! Ero stupido e giovane Come un orango Danzante Al selvaggio tango D’amore. Non conoscevo l’orrore Del silenzio e il dolore evanescente di una luna opaca. Il mio cranio Era una cloaca Di vino, sogni e pazzie, le mie poesie scazzottavano fra loro come marinai in taverna alla ricerca dell’oro di un vascello inabissato in mari profondi. Ad oggi, se ripenso A quei giorni, rimpiango l’idiozia e la magia di un puledro indemoniato che nitrisce al vento! E’ andato il Tempo, acerba primavera che da verde mela matura e s’infiamma. E’ andato il Tempo, fugace vampata d’estate che ti accalda e fa languire. E’ andato il Tempo, petali d’autunno che cadono leggeri. E’ andato il tempo, gelata corteccia dell’inverno eterno. E così, così finiremo In questo infinito Mare nero: naufraghi nell’universo.
Id: 51651 Data: 25/12/2018 13:39:57
*
Rime a cazzo.
RIME A CAZZO A te, che vuoi provare il sentire di un poeta, che vuoi modellare la creta del mio spirito con le tue mani Dolci e delicate, che non hanno Mai sfiorato merda, neanche per pulirti Il culo. A te, che vorresti Sentire il mare Che ti si smuove Dentro nei suoi uragani Ma che non senti altro che un piccolo sciacquone Che vorticoso Porta nelle fogne La tua urina. A te, che divina, nel tuo ampolloso incedere, vuoi far credere di essere speciale, come se caduta Dalla tua astrale Dimora fossi a noi Venuta, bellezza Irraggiungibile. A te, regalo questa Pezza con sopra Qualche verso e qualche rima fumosa, questa pezza bucata Dalla cenere di una sigaretta, sporca di scarpetta Nel pomodoro E di vino rupestre, ricordo del campestre Idillio dove ti ho scopato la prima volta Approfittando della tua Ubriacatura. E lo so che leggendo questa Poesia rimarrai Nobilmente scandalizzata Dal mio linguaggio gretto, onesto e leggero. E so che citeresti Antichi latini o greci, ricordando la purezza della forma dei loro testi, la solennità dei loro versi; ma anche a Orazio E Catullo giravano I coglioni, forse a Catullo Un po’ di più. E non me ne frega Più un cazzo della gente, io scrivo per me, egoisticamente per me: la poesia è diventata Uno specchio Dove mi vedo Più scarnito, più stanco E svogliato, annoiato dall'uomo, galvanizzato dai buchi neri, dai blazar e dalle tempeste Elettromagnetiche; vorrei morire e rinascere fulmine, un fotone in un fascio di luce, una truce valanga che svanga il presuntuoso Alpinista a caccia di adrenalina. A noi uomini non basta Mai chi siamo, cerchiamo sempre di più, un tocco in più di colore Sul quadro, una forchettata di più Nel piatto di spaghetti … Anche se siamo sazi, solo per ingordigia. E non sopportiamo Una giornata grigia, cascasse il sole. Ognuno abbia Ciò che vuole, mia brillante duchessa; l'ubriacone la bottiglia, il drogato la siringa, il credente la sua croce, Il suo Corano o il Gonzo ... Lascio all'uomo il suo culmine. Ma io, io vorrei rinascere Fulmine vibrante Nella tempesta, goccia d'oceano Che si frantuma Sugli scogli Schiumante di rabbia E potenza, veemenza Naturale. Vorrei rinascere pugnale, per esser estratto dalla guaina E conficcarmi come un dente Di lupo nelle viscere Di un condannato. Vorrei essere un fiato O un violino pronto A suonare Mozart, pronto a vibrare nell'aria sciabolando Come una spada Brillante e invincibile. C'è chi cerca Gloria eterna e fama, c'è chi cerca denaro o un rogo d'amore, Nella maledetta poesia ... Ma io cerco solo un sfogo, uno sfogo per questo tormento Che mi porto dentro, Fastidioso come una mosca E doloroso come un pugno Nello stomaco. Non cerco la Tosca O il Macbeth, non cerco l'Everest, La catechesi del verso ... Quindi non rompere I coglioni e prendi Queste rime a cazzo. Lascio all’uomo il suo culmine, lascio all’uomo i versi di seta e le strofe di velluto, ovunque egli si perda, in un anacoluto o in una dieta di parole, e mi tengo la mia merda.
Id: 51620 Data: 21/12/2018 11:50:13
*
Ballata del buio
BALLATA DEL BUIO Il buio mi ha colto, ed io non ero pronto. Troppo spesso Ho bramato la morte, non lo nascondo: un infinito silenzio di nubi morbide come un’ovatta pronta a tamponare l’emorragia di queste mie esistenziali ferite. Ardite le mie rime Accarezzano l’abisso E i miei versi, o i miei versi!, sempre di più si stringono come un cappio attorno al collo, un cappio di maledetti pensieri sempre più stretti e soffocanti! Il buio mi ha colto, ed io non ero pronto. Son pochi gli uomini Su questa terra Che possono comprendere Un Poeta … pochi possono comprendere che egli vede l’arancio delle note di una chitarra, il profumo di una parola, l’amaro sapore di un quadro triste. Pochi possono comprendere Che becchino crudele sia il foglio bianco, e che pala efficiente sia l’inchiostro, lupi affamati pronti a scavare con i canini l’animo nostro fino alle budella, fino al fegato e allo stomaco. Il buio mi ha colto, ed io non ero pronto. Ho vissuto albe incandescenti, fiammanti amori, candide ebbrezze, fulgide illuminazioni, cupi giorni, notti profonde, tristi baci … ma mai, mai e poi mai, qualcosa per me avrà più importanza di guardare l’universo e perdermi come una vela nell’oceano. Il buio mi ha colto, ed io non ero pronto.
Id: 51603 Data: 18/12/2018 19:46:20
*
Orione
ORIONE Sono avide d'azzurro Oggi le vele, Ed in un sussulto Del tramonto Le onde si infrangono Come docili carezze, Come lembi di fiamme Che accarezzano Una foresta, Come una lama Il collo prima di far Cadere la testa. Ed anche io, vela ubriaca, Corro verso La curva dell'abisso Per cadere nella notte: Non so cosa troverò Dall'altra parte Ma è sempre meglio Di una fragile tempesta. Non mi importa Della pioggia o dei fulmini, Scaverò con il timone Un verso nell'oceano Sulle rotte di Magellano, E danzerò come Una goccia d'acqua nel tifone Del Pacifico A caccia di una stella Mai trovata. Chissà su quale Isola esotica cadrò Alla deriva, Li dove è viva L'Antica alba E le labbra delle donne Hanno il sapore della terra, Mentre Madonne Vestite a stracci Scambieranno abbracci Per qualche Moneta Con marinai ubriachi. E nei rauchi canti Delle taverne unirò Lo scricchiolio Della mia chiglia Che ha affrontato Iodio e schiaffi Dei neri marosi Delle acque profonde. E ubriaco di pioggia, Di sole e di sale, Mi riaprirò ancora Al vento, Pronto a farmi Sospingere verso il Maestrale ed i porti del nord, Dove impetuosi I fiordi ci osservano passare Insieme a fiori di ghiaccio E puma dalla pelle ocra. E mentre fuma, Il vecchio nostromo, Come inonda di tabacco E vecchie storie di mare Le intere brezze! Amare, amare giornate Mio scafo di cristallo! Abbiamo cercato Nella Senna, nel Tamigi E nel Nilo il filo Trasparente Dell'eternità, E quante volte, In piena notte, Ci siamo persi Sotto Orione, Cullati dalle maree ... Scivolando verso Oriente su onde di seta, Navighiamo nel sakè E con la prua puntiamo Ancora le tigri dell'Africa, Dai canini affilati E dalle pelli ferocemente Screziate. E così, lentamente, Scivolando da un’alba ad Un tramonto, veloci Come fulmini, Scafo mio, Mi aprirò affinché il vento Ci porti sempre Li dove il sole ruggisce E dove il buio avvolge L'anima come un mantello Di un mago infinito. E lì, sempre li il nostro ago, La nostra bussola Indicherà la via: Li dove il sole ruggisce, Li dove di notte, prua a vento, Sventolando inerme Sotto Orione, sotto stelle amare, il mondo svanisce Nella canzone del mare.
Id: 51577 Data: 16/12/2018 11:23:54
*
Locus Amoenus
LOCUS AMOENUS Un giorno sprofondai Nella tristezza Come il sole nell'orizzonte. Ardevo, Ardevo come Quella schifosa palla Infuocata ma ero piccolo Come il pallone ingenuo Di un bimbo che cade In un fosso o un fiumiciattolo. Rincorrevo uno scoiattolo Come un sogno Evanescente al mattino ... Cercavo solo di capire, Cercavo di capire Cosa voglia dire Morire ed amare, Amare da morire E morire per amore, questa frasi tanto Stolte quanto essenziali, Queste parole dolci E fatali, al contempo. Ed io ero giovane E forte come un pino Rigoglioso, ancora Non spezzato dalle tempeste E dagli inverni. Ancora non capivo, Non capivo nulla della vita E della gita in questo corpo, di quanto fosse caro Questo affitto Con il suo prezzo Di dolore e di malinconia, Con il suo prezzo di follia, disperazione ed orrore. E correvo nei prati, Calpestando i fiori Ed ammazzando Le formiche, le lucertole Ed i vermi, ridevo Delle bettole dove vedevo Gli adulti rantolare Come macchine ingolfate, Per dimenticare rate, Bollette e puttanate varie. Ed ero così immensamente Felice della mia infelicità, E non sapevo cosa fosse: la tosse della sigaretta Di mio padre, il canto Del gallo e l'erba tenera Che brillava di rugiada. E mia madre, dolce Come la luna, Nelle notti mi cullava Fra due nuvole, Ed a volte penzolavo Dal cielo come un fulmine. Ed al culmine, al culmine Del desiderio e dell'estasi, potevo anche credere Che Dio esistesse, Potevo anche credere che Cristo fosse Morto per me, Fosse risorto per me Dal sepolcro polveroso Come in un film, come in una strana fiaba O nel teatro di Mario, E che il sudario Fosse un magico sipario. E i venti di notte Risuonavano nel buio Come flauti di un'orchestra, e la maestra era una cattiva Strega da beffeggiare E da fuggire, Per non morire nei suoi Noiosi insegnamenti. Ed i tormenti erano Il non avere una brioche, Un abbraccio o il bacio Di una dolce bimba, Il cacio nella pasta O la mela che brillava di tedio e salute. E mute mai furono Le stelle, mai! Anche nei guai E nelle angosce, Non dovevo inabissarmi Fra le cosce di una donna Per dimenticare, Mi bastava guardare La vastità del cielo, Mentre mia zia Mi indicava l'Orsa Maggiore E l'Orsa minore, Mentre l'odore del latte Sì emanava per la stanza E la danza nel mio stomaco Attendeva solamente i biscotti. Ancora non comprendevo Il dolore di Salieri o di Tasso, Majakovskij, Baudelaire, Hoffman O Molière ... ancora non comprendevo Come sussurri dolcemente Una pistola nel cassetto Quando il letto Sembra una dolce bara Dove trovare la cara assenza, l'essenza di questo caos Imperscrutabile, L'essenza di questo Silenzio metafisico. Non comprendevo Ancora il dolore Del mare, che onda Dopo onda le amare Giornate spazza Col loro tedio, Non comprendevo Il dolore di una tazza Fracassata sul terreno, Che nessuno avrà cura Di ricomporre, Ma solo di buttare. Non comprendevo il dolore del vento.
Id: 51556 Data: 13/12/2018 22:13:55
*
Il veliero stanco.
VELIERO STANCO Oggi il cielo è terso, con nuvole bianche E gonfie come tette di una donna d'inverno. È eterno questo violino che riecheggia come le notturne maree, come le brezze fra le bianche azalee? Cerco la libertà In questo mare bianco Di nome foglio, in questo stanco veliero dell'immaginazione ... ma nulla mi placa, infinito! Infinita fame di tutto: d'amore, d'odio, di cibo, di incenso e birra, di tutto quel che possa inebriarmi di una dolce Illusione che sfibri questo maglione Di carne che protegge i miei organi, il mio cervello, Il mio cazzo, il mio fegato E i miei sogni famelici di squalo fra le alici, di salici verdi sui cimiteri. Che austeri maestri, i versi: ti insegnano che l'armonia non serve a nulla se non ammazzi nella culla, come padre snaturato, una strofa che è una scrofa Truccata da parigina. Ma oggi il cielo è terso, con nuvole bianche e gonfie come tette di una donna d'inverno. È eterno questo oboe che rimbomba Come un tuono fino alla sua tomba Nell'oceano? Oh penna mia, se solo tu sapessi Disegnare le curvature Dello spazio/tempo Per farci scivolare Una biglia che si impiglia In un piccolo buco Che mostri come il bruco Possa diventar farfalla, che mostri come balla il suo tango Quel bastardo di Dio con il nostro cervello, questa bottiglia Di poltiglia grigia Che berremo ancora, berremo fino alla tomba! Ma oggi il cielo è terso, con nuvole bianche E grandi come tette Di una donna d'inverno. È eterno questo dolore Che mi brucia l'anima come una costoletta Su di una griglia, che s'incaglia Come chiglia Nei bassi fondali Di questi secolo di cristallo?
Id: 51536 Data: 12/12/2018 08:05:22
*
Il Piccione
IL PICCIONE Come sarebbe bello Essere un piccione Che vola in alto sul bastione A caccia di briciole di vita E cagare in testa Ad ignari passanti Che amari urlano Maledicendo ogni piuma Del mio corpo goffo E paffuto. La mia casa sarebbe il cielo o un ramo, e camminerei Ogni giorno sull'asfalto Gonfiando il petto Per scopare una femmina Li dove madre natura vorrà. E se per dispetto un bambino Dovesse colpirmi con una fionda Sì nasconda perché dovrà fuggire Dalla tremenda ira del mio culo Che potrebbe colpire proprio Nel momento in cui il papà Gli comprerà il gelato Della cristiana domenica. Che morte da eroe Che mi aspetterà! Morirò sempre a caccia Dell'amore e delle briciole Forse schiacciato da un’auto, Forse beccato da un gatto O forse così, perché il tempo Lo vorrà. E quando il sole spenderà Il mattino dopo, Il mio becchino sarà uno spazzino Che mi getterà nel tritarifiuti Finché questo mondo Non mi risputi in altra forma, come un cesso o come navicella, come forma di grana, noce O come croce. In questo mi consolo: un'eternità sottoterra Per un attimo in volo.
Id: 51517 Data: 09/12/2018 21:22:49
*
Il nodo.
IL NODO Non vi è modo che io sciolga Questo nodo che mi lega A te, poesia. Fino agli orli Della pazzia Mi hai trascinato Con le tue mani Che odorano Di macinato, letame, gelsomino, fumo, erba fresca appena Tagliata ... E mi consumo, sdraiato su questo letto, nel pensiero più nero, il più vero d'ogni uomo solo con sé stesso, Che sa di esser solo nell'umida terra Dell'eternità. Ed io so che tu sola Potrai esser salvezza Per questo ateo disperato, per questo fiato spezzato ... entra nei miei versi di carne, nelle mie strofe fatte di fegato, viscere, stomaco e galassie, nelle mie rime, concime Di questo giardino Dove fioriscono Solo papaveri insanguinati, Girasoli già aridi mentre avidi i miei occhi Gemono ululati Verso la luna. La mia penna Sta per ammazzarmi, dea intransigente, dea spietata alla quale la gente, lo stupido volgo, ha sempre pisciato Sopra come il monumento Di un eroe qualunque! Ma io ti proteggerò sempre, con tutto me stesso, E ti custodirò nel cuore, Nel tuo feroce segreto, nel tuo atroce insegnamento. Concedimi solo un verso, uno soltanto, che sia il pianto di un futuro poeta, che sia la meta della sua penna e che guidi il suo passo, come per me Baudelaire o il dimenticato Tasso. Concedimi una lettera Fatta di fiamme o veleno, Un'altra che sia una carezza Dolce come il vento Nella calura estiva. Oh Diva, diva invincibile! Lascia che io beva Dal tuo ventre, Gigantesco come l'oceano, e che l'immensità Scorra come un fiume Nelle piume delle mie parole, Pronte a librarsi Come uno stupido uccello. Sarò pronto, pittore svergognato, a dipingere il mio pisello Che entra nella figa Come un torrente Che sfonda una diga, sarò pronto a disegnare Un cadavere putrefatto divorato dai topi Con zanne brusche, Un tempo anfratto, casa di un uomo, Ed ora di bigattini e mosche. Sarò prono a ritrarre Le nostre anime losche, In tutta la loro brutalità, in tutta la loro ferocia Di scimmie intelligenti. Sarò pronto a viver di stenti, Sarò pronto a tutto purché Tu faccia di me La salvezza di un disperato, purché io sia lo sconto Di pena d'un carcerato. Fai di queste fragili melodie Le omelie dei reietti, dei diseredati e dei bastardi, dei tardi e di tutti coloro Che fanno oro di un goccio Di luce, del truce respiro Che ci riempie il corpo Prima che sia la terra A Pesarci addosso Come l'universo, Eppure è solo un fosso. Mi consolo, Mi consolo col tuo violino Dolce come un gelsomino Bianco, ma son stanco, stanco del sole, Stanco dell'amore, Stanco del mare, stanco dell'infinito, Stanco come Sisifo Dannato, come il latrato Di un vecchio cane Che ha rincorso Rane e lepri Nei boschi, nei foschi sentieri Di questo ignorare. Ad amare son tutti bravi, ad odiare solo gli schiavi son predisposti, ma ad essere indifferenti, Indisposti alla vita, Sono veramente pochi: E’ a loro che guardo, A loro, gelidi Epicurei, Con occhio bastardo. Ma io so già Che non mi arrenderò, Perché sento l'eternità, Sento la musica Del vento scivolare Sull'erba come pioggerellina di Marzo, Come la mano di un amante Il seno caldo dell'amata, Come il vento una montagna. E già sento le scosse In questo petto, Come lava che stagna Sotto un vulcano, Come un tuono fuggito Verso gli abissi, Come il ruggito selvaggio Di un raggio mattutino. Poesia, Concedimi Un solo verso, O una sola parola, Consola questo tormento: Ho cercato di fuggirti, Ma non vi è modo Che io sciolga Questo nodo.
Id: 51509 Data: 08/12/2018 17:09:59
*
Il rivolo
IL RIVOLO Scivolo Come un rivolo D'acqua piovana Che s'incanala Nelle crepe dell'asfalto Per finire Verso le fogne Dell'umanità. In qualche Oscuro vicoletto Ho sfiorato il tacco Stretto di una puttana Che con il petto A balconcino Sì appresta A fare un pompino Ad un giovane Che vuole divertirsi Con soli 20 euro. Come duole Il buio sul mio dorso: Solo la luna S'intravede Fra le nere nuvole Nelle mie acque Quasi perdute! Tutto tacque Prima della pioggia, Tutto tacerà ancora. Quante macchine Mi passano sopra Per schizzare Un po' della mia acqua A qualche passante indifeso... Lo ammetto, è divertente! Forse è demente, Forse è infantile, ma non c'è nulla di vile In queste macchine giocose Che si beffano di passanti Impomatati e gli rovinano Il Dior o il Valentino, L'Iphone o il panino gourmet. E’ chino il ciglio della strada, La fogna e sempre più vicina! Ma non mi preoccupo, Non mi preoccupo per ora: Tutto tacque prima della pioggia, Tutto tacerà ancora. Come giovani donne In una notte di festa Ballano le foglie Nel vento di Settembre, E qualcuna sembra Già pronta a cadere Fra le mie braccia Acquatiche; Bere troppo non fa Bene a nessuno. Quante pene Avrà sofferto questa foglia Che ormai solca La mia superficie Con voglia indolente Come una nave Verso l'orizzonte ... Oh, nave tenace, Il nostro orizzonte Sono le fogne! La grande fornace Non incancrenirà, Non rinsecchirà La tua linfa: Sarai ninfa Del sottosuolo E potrai sfiorare Solo topi, cadaveri E merda. Chi perda non so, Non so a chi tutto Questo schifo crearlo Piacque: tutto tacque Prima della pioggia, Tutto tacerà ancora. La vedo già da qui La cascata nera, La graticola e lo scroscio, Moscio il mio scorrere non è: Delle spine e la rosa E’ uguale la fine, È’ uguale il lutto. Tutto tacque Prima della pioggia, Tacerà ancora tutto.
Id: 51430 Data: 01/12/2018 13:29:01
*
Colori
COLORI Un giorno mi svegliai Nel turchese, immerso in un giallo incandescente aprii i miei occhi striati come la pelle di un serpente, verdi e marroni, e guardai la corteccia bruna dei tuoi capelli. Sprofondai Nel rosso abisso Delle tue labbra Con la mia lingua Come un assassino Con la sua grigia lama Nel sangue della vittima. Un arcobaleno di fiori Si distendeva nel giardino, e divino pensai fosse l’esistere, il trasparente respirare del mio naso. Ha invaso la mia mente Quella sordida e opaca Follia degli specchi sporchi, appannati dal caldo di una doccia bollente dove io, esente dal guardare il bianco del mio corpo, ho sempre creduto di esser sano come il rosa. E’ vero che un giorno Il plumbeo bagliore Di una lapide Risplenderà Di un giallo girasole Di un raggio Fuggitivo. Ma io, mia Musa violacea come un ematoma, affogherò con la mia nave iridescente fatta di parole in un mare d’inchiostro, come ogni buon capitano sogna di fare. E’ un mostro, la vita, un blu scuro che si appresta al nero. Ed è per questo, ed è per questo … lasciami brillare come un ceppo di legno secco, folle e crepitante: giallo dentro, sfumando verso il rosso.
Id: 51376 Data: 25/11/2018 20:28:57
*
Valzer degli scheletri.
VALZER DEGLI SCHELETRI Cosa siete, voi che maldestri Danzate scricchiolando Come porte di case infestate Dai fantasmi? In questa stanza Miasmi mortiferi Mi fanno comprendere Che qui l’unica A festeggiare È la morte. Sorte beffarda vi ha toccato con il suo cancro, con il suo tocco oscuro. Cos’è questo luogo? La stanza di un ospedale, un cimitero risvegliato, l’anticamera dell’inferno? Eterno mi sembra Il tormento, dannati a danzare nell’aumento del vostro dolore. In quale momento Vi accascerete a terra, vi si spezzeranno le ossa come pane croccante pronto a nutrire il Tempo? Questo non so … Scheletri, che quadro maledetto ispirate alla mia penna! Siamo nulla al cospetto Del malvagio universo, sempre pronto ad inghiottirci come una voragine infinita nella quale, prima o poi, per sbaglio tutti metteremo il piede funesto. Danzate, danzate, danzate, lesto è il passo e nessun Dio lenirà questo martirio, forse solo la dea morfina vi illuderà della pace … chissà che stanza nasconde l’ultima porta, chissà cosa comporta accettare l’ultimo buio: danzate, scheletri silenziosi, leggeri come una nube di polvere, danzate nel dolore che rende deboli perfino i lai, danzate fino all’ultima porta, che dove ci porta non sapremo mai.
Id: 51313 Data: 19/11/2018 14:52:40
|