Pubblicato il 13/09/2010 20:46:09
Sebbene sia richiusa su se stessa, di tanto in tanto occhieggia come una luna piena stendendo le sue membra nei letti sfatti di una locanda -leggere lenzuola di cotone o fiandra grezza- appena profumate di lavanda. Piega le labbra in una smorfia che svelerebbe un sorriso -se solo fosse audacia sua compagna- Invece è un timore stretto in seno che ferma le carezze col pensiero mentre rimesta sabbia la sua mano nella macina di eventi ormai lontani. Morde, sputa e morde ancora a denti stretti -non è gentile aprir le fauci- e di nascosto assaggia poco quanto niente. Sbadiglia sommessa ritrovando vigore nei cerchi effimeri di un cielo senza sfondo. Forse non è un canto quel che concede a volte -è solo una preghiera- ma dalle sue corde tese si leva a tratti un suono che scioglie in miele l’ugola e alleggerisce il petto del grave peso di un mistero.
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