Pubblicato il 06/03/2019 15:20:37
SELVAGGIO Lasciami ruzzolare come un masso ubriaco dalle cime della pazzia fino all’abisso della valle! Lascia il tuo scialle volare nel vento come una vela che querela porti sicuri: le onde non possono essere rinchiuse fra i muri. E quando la mia vita perderà un’altra pagina, spero tanto che sia macchiata di birra e di vino, di amore e mirra: non mi importa se sangue o lacrime saranno l’inchiostro … Versi, donatemi l’oblio! E se di notte, fra il chiostro d’alberi scuri dove s’ampliano i sensi, nel mio incedere sarò il fiume possente che scorre nella foresta, lascia che dispensi l’ardente natura quel che dura da un’eternità in noi. All’alba coglierò un ramoscello che sarà la penna con la quale scaverò una poesia nella terra. Verso la città i vecchi tetti fumano come pipe di vecchi marinai sempre pronti a pescar donne con le reti delle storie del mare: amare spiagge, mostri, nulla placa la bocca di questi squali assetati di salmastri inchiostri. Mentre si dipana il nero, voglio raccogliere quella foglia per arrotolarne la mia doglia, poi l’accenderò con un raggio di sole per sciogliere l’infinito nel nulla di una nuvola di fumo. Consumo la mia vita respiro per respiro, verso per verso. Ho appena visto un sogno scappare in una tana come un leprotto impaurito … fuggiva forse da me, aveva forse percepito che volevo mangiare come un lupo inferocito? Lasciami steso qui: voglio viaggiare a pieni motori in questo nulla sconfinato come una nave nel suo andare su un oceano in tempesta! Quando sarà finita la mia festa mortale? Fai palle di carta delle mie poesie, e come fossero i miei occhi, verso la fonte, verso la fonte, ti prego lanciali lì lontani, più lontani, oltre l’orizzonte, lì dove stelle infinite ardite brillano come lucciole impazzite.
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