La mia capacità di gestire il verso è frutto di lunga e paziente ricerca della parola, del suono, dell’armonia. I versi vengono dettati, poi segue il labor limae. Il percorso poetico è un cammino; taluni potrebbero considerare le mie prime poesie più acerbe rispetto alle altre (chissà di quanti però incontrano il gusto), ma si tratta di un’acerbità limpida, sana, spontanea, derivante direttamente dall’ispirazione, unica e sola padrona. Ho sentito dire, per esempio, che son «è brutto». Ma se è lì, lo giurerei, è perchè lì deve essere; se è desueto ben venga... non è scolastico (termine che non si può associare alla poesia), e oggettivamente sostengo, «non è oggettivamente brutto». Lo stesso Pascoli[1], tra gli altri Maestri – unici ad avere la parola – forse, sarebbe daccordo con me:
Ma da quel nido, rondini tardive,
tutti tutti migrammo un giorno nero;
io, la mia patria or è dove si vive;
gli altri son poco lungi; in cimitero.
A tal proposito, come aneddoto stavolta sui significati delle immagini liriche – per coloro che invecchiano contando le sillabe dei versi e si dimenticano delle umane e poetiche cose – Domani è un componimento che parla d’amore, di rivincita, di resa dei conti. Un uomo che scopre d’amare, attraverso il sogno e i suoi poteri spesso rivelatori. E poi, «domani», uno specchio che va in frantumi, le stelle si riflettono in esso ad indicare il destino. Ma è solo un’interpretazione, la mia; a il lettore il compito di emozionarsi e di ritrovarsi nei versi, quindi, di elaborare una propria interpretazione. È questo, dunque, il fine ultimo della Poesia.
Infine, vorrei dire, che il confronto tra poeti sì è importante; e chi vuole, fabbrichi pure un suo teatrino, dal sipario nero, con gli echi rimbombanti dei suoi versi. Siamo poeti. Chissà non lo faccia anch’io un giorno. Ma non impolveriamo la poesia, vi si posa sopra già tanta polvere (dovrebbe essere questa, a mio parere, la conseguente responsabilità di un esclusivo dono); importante davvero, e goduria, è invece leggere i poeti. Cercare, ispirarsi, migliorare, o meglio, marciare.
[1] La lirica di Giovanni Pascoli è Romagna, vv. 49-52.
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