FRA ANETO E CINNAMOMO
Dove mai troverai la pace uomo
che di ogni umor di vita prosciugato
dentro al deserto viaggi verso un posto
in cui non c’è nessuno che ti aspetta?
Non qui fra l’ombravento che accarezza,
come un’essenza colma di dolcezza
la tua pelle riarsa e stanca
di quella vuota terra troppo bianca:
questo è solo un sollievo che scompare:
per un istante hai smesso di cercare.
Non fra i glifi inintelligibili
tracciati da antichissimi scribi
parole altrui, che una cupola getta
in cerchio in alto su un tempio composto
a celebrare una donna al passato
ricordando in turchese e giallo cromo.
Quelle parole no, non ti riguardano
e il decifrarle solo ti ritarda.
Dove troverai mai ciò che ti manca?
Chiedilo a lei, pellegrina perduta
lei come te dentro al mondo caduta,
se per caso nel suo e nel tuo viaggio
appare a entrambi lo stesso miraggio.
Forse lei ha qualcosa da offrirti
se il tuo bisogno non ti copre gli occhi
e ancora riesci a vederla e la tocchi.
Se un giorno mai la incontri fra la gente
folta al mercato lascia che a colpirti
immagine isolata ed evidente
come da tutto diversa e più pura
nell’intrico di vesti e viola e gialle
sia più della figura l’andatura.
Insegui l’ondeggiare delle spalle.
Ora rincorrila, subito, presto,
Fra gli odori di aneto e cinnamomo
Fermala, senza alcun pretesto,
chiedilo a lei, anche se con lo sguardo
ancora chiuso, accecato dal sole.
Parlale ormai, da uomo schivo e tardo,
di a lei le tue balbettanti parole.
Lei forse sa, lei forse può. E’ con lei
e nel tuo viaggio verso lei che tace
che tu sei diventato quel che sei.
E’ lei che infine può offrirti la pace
quale che sia, foss’anche solamente
quella di chi non cerca ormai più niente.
Di chi non cerca ma invece riscopre
una parola ormai dimenticata
ciottolo strano che la spiaggia copre
scheggia di voce dal mare smussata
E non sapevi di averla perduta
come chi guarda e non riesce a vedere
o uno che ha sete ma non sa più bere
quasi l’acqua gli fosse sconosciuta.
Chè lunghi e vuoti sono stati i giorni
Di cui il deserto ha cancellato il conto
Stando all’addiaccio o sotto yurte o tende
Forse è arrivato il tempo che ritorni,
Quella parola, forse ora sei pronto:
E non più solo: qualcuno ti attende
Entrando in lei come si viene al mondo
Dirai: “Così, ecco, è così che era”
Tirando su come da una miniera
Quel po’ di te che era rimasto in fondo
Ma se quaggiù fra cinnamomo e aneto
Lei non dovesse oggi palesarsi
Cercala ancora con cuore più lieto
Sarà domani, chi lo sa, può darsi.
Quin SamarkandeRomaLug17
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