C’è chi ha dato uno sputo al passato
in quei nuovi colletti inamidati
imbrattando la storia
ma forse non sa che da orfani siamo
proiettili verso un futuro ignoto.
C’è chi infiocchetta piccoli pacchi
trovati al mercatino delle pulci
con incarto lucente.
Così leggeri, trasudano il niente,
hanno sapore di smesso e ammuffito
però non dirlo ad alcuno ora che
si avvicina il Natale.
Che nei tempi di secca tante fonti
si sono prosciugate
non farlo sapere a Narciso
né a Icaro che il sole scioglie la cera.
Non raccontare alla Madre che affranta
piange, mentre stringe fra le braccia
la salvezza del mondo,
che s’ignora chi ha ucciso suo figlio,
che le spade sono ancora sguainate,
e la gente predilige Barabba.
Ma a cosa serve poi tacere se anche
il vomere, rivoltando le zolle,
porta al sole i lombrichi
nascosti, come quei cupi pensieri
che affiorano improvvisi a ogni tempesta.
Si potrebbe andare esuli altrove,
come d’inverno taluni pennuti,
verso qualche luogo incontaminato
e chissà, fluttueremo nello spazio
noi piccoli frammenti
e tra stelle e pianeti
vedremo questa nave alla deriva
nell’immane, immane universo
con tanti atomi frenetici a bordo
e avremo pietà del nostro destino
stringendoci in un abbraccio sincero.
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