Religione
Tengo sul palmo della mano questo
filo d'erba, tanto
in apparenza inerme
quanto imperioso, possente è il volere
che dalla terra gli ordinò
di alzarsi, che mi sembra
di stare al cospetto di un re;
e guardo ai semplici nidi tra i rami
con la reverenza che avrei
per le più orgogliose cattedrali.
E più di tutti i saggi
sa parlarmi di Dio
l'odore della terra quando piove,
il vento che come un bambino
fa festa e canta sul prato più magro
o in dorso galoppa alle valli,
il docile ronzio
di un insetto che agita
appena le sue ali:
lo sfioro e un riso vago
di sole tra le ombre di un pino
già lo ha rapito, non saprò mai dove.
*
Gli imperi degli uomini non durano
che un giorno, a confronto
col mandorlo che si riveste
di gemme ogni marzo sui rami,
e prima di bibbie e piramidi
nel bosco già il tordo
regnava, e la fiamma pura
dell'alba indorava le creste.
Cadranno altari e mura
eretti sulla terra, non si estingue
invece la fiamma che genera
le maree, brucia nelle vene
del vento e nelle tue, e un solo poema
compongono l'onda che scrive
con miriadi di lingue
rune sopra le rive,
la scia della cometa,
la goccia di pioggia che trema
sull'orlo di un petalo.
*
Più dolce, più solenne
l'alleluia dei passeri
di quello di tutte le chiese,
le nuvole issate
sotto la cupola del cielo
i soli altari a cui mi inchini,
la pioggia che bacia il mio volto
mi scrive sulla pelle
un salmo che nessun libro ha mai alzato,
e la traversata che compie
su un tronco la coccinella
ripete il viaggio
che scrive ogni stella.
La mia è la fede nell'erba che spunta
nei campi e in ogni crepa dell'asfalto,
non ho altro dio che l'alito che fa
aprire i fiori e cavalcare le onde,
credo solo in quest'umile, non scritta
religione del polline e del vento.
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La primavera − un impero che avanza,
magnolie e gelsomini i suoi avamposti.
Il mandorlo in fiore somiglia
a una ragazza al primo appuntamento,
agghindata impaziente per la festa,
o a una sposa e di piume
di cigni il suo abito è bianco.
Svetta dai cornicioni,
dalle crepe dei muri, a fiotti, erompe
straripa l'erba, sanguina
dalle ferite dell'asfalto e inonda
le vie, come il fiume del sole
dagli argini del cielo.
Un'arpa d'oro è nell'aria
sospesa, invisibile, e il vento
il suo mai domo suonatore folle.
Tenere e rosa l'albero di Giuda
come labbra di vergini ha le foglie;
presto cadrà scirocco,
le macchierà di sangue.
[ da Primavera, indomabile danza, Guglielmo Aprile, Oèdipus ]