Si scrive così, a biro. Così. Punto.
Ho riletto ciò che ho scritto da poco e mentre ascolto la canzone di Jovanotti & Company (che credo abbia rubato alla colonna sonora de “Gli Aristogatti” della Disney) mi spavento.
Occhio, non è paura, è spavento.
Quello che leggo mi sorprende e mi fa felice
ma anche un po' burrosamente triste.
Non ricordo quegli attimi
seppure ci metta tutto quello che mi porto
nello zaino viola dei ricordi.
Rileggo. Lo hai scritto tu? -mi chiedo-
È buono. È bello. Penso mentre prendo coscienza della realtà.
Il cielo ora è ancora greve.
Ha però smesso di buttare giù quelle lacrime pungenti
e ammantellanti.
Il vento ha ripiegato nel suo buio senza fine
ed il cielo attende un nuovo squasso
per dannare i vivi sulla terra
(e per bagnare le tombe dei morti che già si è portato via tra un librare fantabuono di respiro (il respiro))
Tutto tace ed ora niente ha parvenze rosa e turchesi
di vita propria.
Passano sulla strada orgasmi meccanici di automobili
non costruite dal Vento
ma da davanzali di futuri sopra le nuvole.
“Scrivi per noi”, mi hanno chiesto più volte.
Non so se sono in grado di farlo.
Forse sono miope.
MA PER DIO ora ci proverò.
Rischio di credere di creare un sorriso, una speranza.
©Martin Palmadessa - Maggio 2019
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