L'insalata atterrata a piene mani
contro il grugno strusciata e, appena sotto
gli zigomi, impastata sulle guance
a lavarcisi la faccia: allo stato
animalesca nei modi anomala
dipinge paesaggio umano col corpo
mimando smorfie del colore delle
polpette biascicate, ristraziate
poi con patate ristampandole fritte
a sostegno di pieghe di labbra
tristi e sottili lembi di ferita
come chi, ricco da schifo, è fatto assai
al punto che non ci avrei mai creduto
non l'avessi vista sballarsi co i miei
di occhi, il cibo azzannando ingorda cagna
persino ingurgitando tovagliolo
di carta, tranne poi sputarlo pasta
per poi riprenderlo carne. Ingioiellata
lei, senza pensiero altro che la propria
di disperazione: quella che abbassa
grigia le ciglia d'eroina tirata
a naso; le palpebre appesantendone
a piombo d'ironia lama affilata
galante a ghigliottina d'egotico
torpore di cigno morente grido
dolore quantico decapitato
bulimico.
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