L’eremo dove ti appartavi
giovane donna
lo conoscevo:
casolare stonacato
col tetto spiovente
di tegole rosse,
con muro scalcinato
e i vetri delle finestre rotti.
La stanza dove meditavi
giovane donna
la conoscevo:
pochi metri quadrati,
basso soffitto di canne umide
con due sedie di vimini e un tavolo tarlato,
corone di pomodori appese a seccare
su di un’asta di legno fissata al muro.
Il posto dove sedevi
giovane donna
lo conoscevo:
vicino alla finestra,
d’estate o d’inverno,
a fissare l’alba e il tramonto,
la pioggia e il sole,
noncurante degli anni che passavano aridamente.
Lì, in quel posto dove sedevi,
in quella stanza dove meditavi,
in quell’eremo dove ti appartavi,
ti ho conosciuto giovane donna,
e con te ho conosciuto l’agonia,
la sofferenza e la gioia di morire
pronunciando a chiare lettere
la parola AMORE.
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