Fosse noia mortale che s’appressa
all’ombra stanca di parole vuote
da briciole di sole fugga – in dote
all’occhio – e travi senza voce tessa.
Cominci il sorgere d’inverno cupo
verso uno stagno di speranza imbelle
con quella rosa fragile di pelle
chiara, scavato un solco in un dirupo.
Sento alla fonte ancora che zampilla
remoto il tuo sorriso che non sciupo
e bruci tra le mani come stella
che nella terra arsa più non brilla.
Del proprio sangue si disseta il lupo
e stringe l’osso dentro le budella.
Secondo sonetto sulla lontananza
a rime incrociate e ripetute: ABBA, CDDC, ECF, ECF
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