I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Pile di cieli e terre
Pile di libri, cataste appese al cantonale – i tanti cieli sulle spalle per la festa della notte. Si intersecano nuvole e alcune volano verso altro oblio per mano avida. Atlante resta accanto ai tuoi sogni di terre, fedele dove il respiro è carezza su una lama di vetro e il poeta un arrotino.
Id: 61582 Data: 01/01/2021 12:50:03
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Der dai’ raich*
Fossi lastra di marmo nero le vene d'oro scintille della luna nella notte che non passa la notte fonda di latte in cielo. Fiati di mòchena appiccano il sudore delle stelle: venga il tuo regno Regina – all'alba. Venga il tuo regno. Qui ancora tremano le capre senza stalla e queste labbra chiedono perdono. *venga il tuo regno, in lingua mòchena (minoranza linguistica nella zona del Trentino dove la meravigliosa etiope Agitu Ideo Gudeta, barbaramente assassinata, risiedeva)
Id: 61581 Data: 01/01/2021 12:41:02
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un varco al plesso
un varco al plesso in alito d’autunno- senza riparo Ispirato al dipinto “Ultima escursione" di SHITAO
Id: 54954 Data: 13/10/2019 12:23:02
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la stringo in petto
la stringo in petto la rossa melagrana- se farà giorno Suruc, città curda in Turchia al confine con la Siria, è la città del melograno, ed è attualmente vittima dei bombardamenti turchi.
Id: 54953 Data: 13/10/2019 12:20:28
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La sorte malandrina
Saldi al contado nell’Apulia mia tiravano a campare due compari, un asino per uno in sorte ria. Assenti in quelle lande i lupanari ogni anima sperava che la notte desse la stura a sogni e altri ripari. Passati i tempi bui del nulla a frotte sembrò la sorte uno di lor lambire. In sogno gli soffiò su per le rotte d’inganno d’Ostro in modo alle sue mire. - In tale posto recati per l’oro con le bisacce e l’asino - il suo dire. All’alba già sbuffava come un toro che spifferò all’amico quell’arcano perché con l’asino s’unisse al coro. Ma questi infastidito dal baccano negò l’aiuto e sentenziò: - se intende sull’uscio la fortuna molla il grano. Tratta la bestia a sé levò le tende promessa ch’ebbe parte del bottino. Con gli asini a cavezza e senza mende alfine giunse al posto del destino. Qui trovò un fosso largo come un guazzo ricolmo sino all’orlo d’oro fino. Scie di diamanti gli occhi a mo’ d’un lazzo e con le mani concave a saccate empiva le bisacce in un gavazzo. Le bestie tosto gravide e sbassate ungevano il fulgore della luna di ragli supplici, d’urla impetrate. Presa la strada inversa, in una cuna da un tremito fu scosso l’omarino quatto vi si appartò dietro una duna col ventre sazio d’aria, brama e vino. Ma poiché in blocco ahimè fu costipato le bestie avanti mossero al vicino. Appena giunto al ciglio trafelato degli asini non v’era alcuna traccia né del malloppo tanto sospirato. Quelli con tutto il peso sulla faccia sì tanto sporti all’uscio del vicino che a lui restò la feccia e la vinaccia. Trasposizione in versi di una omonima fiaba popolare dal libro Fiabe pugliesi scelte da Giovanni Battista Bronzini e tradotte da Giuseppe Cassieri, Oscar Mondadori, 1983.
Id: 54910 Data: 08/10/2019 16:37:12
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disfacimento
siamo macchine senza più revisione lanciate al massacro e balziamo troppo allegri a bordo, con le gomme che stanno già per scoppiare al volante si alternano nani senza mani che nemmeno tentano di arrampicarsi su spalle più solide in putrefazione d’urto scricchiolano le porte dai cardini secchi e seminano retroguardie in crosta di smalto sulla terra arida, che il contadino è stufo di possedere la zappa prende ruggine nella teca di una latrina e l’aratro è incastrato nella mente piatta di un professore i sedili rosicchiati dai topi continuano il loro sporco mestiere con le molle che sfidano culi d’acciaio, attracco a sdrucite strisce di gommapiuma, come pesci d’aprile il cambio lasco, in folle perenne, lascia che il carico proceda a rilento in mezzo all’ombra d’ulivi lebbrosi e si scende verso il mare del sud, trascinando il rumore di latta a graffiare quel che rimane di asfalto, a zittire il frinire molle di timballi, tra le ultime foglie bruciate dal sole come in viaggio di nozze con la sposa puttana in grembo un bastardo che non sa dov’è meglio piazzare e lo sposo coglione, con un crisantemo nell’asola rosso vermiglio, rubato al cimitero dei sogni dalla bocca di un poeta vigliacco si sobbalza in buche riparate alla buona con cadaveri di coscienze corrotte e la notte è a un passo dal ciglio e si tiene lontana soffiando aliti di peste sulla cenere spenta
Id: 54909 Data: 08/10/2019 16:32:08
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è il dopo che è vuoto
è il dopo che è vuoto quando manca l'odore del tuo viso acquietato e le mani ti cercano secche d'aria tesa la notte arranca su ogni pietra che è spenta come stella morta
Id: 54314 Data: 01/08/2019 12:40:07
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Conferme implicite
Scusate se il poeta chiede conferme implicite come alimenti del suo continuo erodere il dubbio al consumarsi dentro e se si apparta in terra smotta e ignora ogni riparo. Scusate se si spezza il ramo cui s’avvinghia se non può offrirvi l’acqua dal calice svuotato se non può dirvi più parola tratta dal sacco che l’incurva né darvi un bacio da labbra tumide. Scusate se è beffato dal vento che si cambia e picchia nelle fosse di polvere, se è steso a bere lacrime di prato rigonfio di tepore a sfiato d'ombra se è senza sangue lo squarcio del pugnale.
Id: 54313 Data: 01/08/2019 12:21:23
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La porta nel tumulo
La fronte fredda Sul coperchio di zinco Che scivola nell'urna. Il graffio della spatola pareggia La malta A saldo delle fughe. Il marmo Rimbomba Nel vuoto del buio E come a casa Bussa Alla porta nel tumulo. Ora corri Corri e sorridi, sul viso più traccia d'alcuna ferita. E ti senti chiamare Da lontano, dal cielo Dall'erba che scintilla di sole Dal rosso della terra d'ulivi Dal vento di mare Sulle canne piegate Dai pampini già saturi D'una promessa d'acini Di negramaro. È la mamma! È la mamma! È la mamma che chiama!
Id: 52702 Data: 20/03/2019 18:35:18
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La notte s’è portata via ogni cosa
La notte s’è portata via ogni cosa solo un languore muto sulle labbra aperte al pianto mio, dentro la bocca cornice secca di veleno e l’anima s’è persa, appesa al sogno di ciliegia rossa nel ventre sazio di dolore. Inutili le mosse e le sequenze inedite dell’anca, i baci molli che trattengo sull’orlo del dirupo, la seta delle mani nel ricordo che mi trascino appresso a quel profilo d’acqua sorgiva, d’estasi che sgorga. Rifiato sul lenzuolo insonne e mesto e un faro da lontano prende il buio.
Id: 52701 Data: 20/03/2019 18:33:42
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Dopo Natale
Dopo Natale le luci per le strade sugli alberi, le case i mesi freddi, anche di luce colore assente domina la neve che si asciuga. Il passo si fa stanco calpestio di sogni come acqua a terra che sgorga dal pluviale.
Id: 52477 Data: 02/03/2019 11:41:26
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Tre haiku #GiornoMemoria
* dal firmamento- il pianto senza lacrime di stelle d'oro * sempre più luce sui petali sommersi- dirada nebbia * valanga all'uscio di strada per l'inferno- resti la neve
Id: 52025 Data: 26/01/2019 09:28:26
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raggio di bile
raggio di bile- d'incapace calunnia tinge la luna
Id: 51969 Data: 22/01/2019 13:16:21
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Arresa al brivido
porta i balocchi amore dolce sarà la semina sul campo arresa al brivido berrà tutte le nubi la tua brace tra mille strette d’alabastro e mille mani su ogni poro e mille bocche su ogni spazio
Id: 51920 Data: 19/01/2019 16:20:36
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Il cinema del vento
Mentre leggi, la luce da sinistra si scontra lì negli occhi e s'apre a quella che scende dal soffitto in diagonale, disegna a destra una finestra ovale che ti proietta il cinema del vento. L'inverno sulle foglie, i rami sciolti e le cadenze d'un meriggio lento all'ombra di torture, come volti di nostri torti e densità di palpiti di morti, stracci vivi e una parola che danza al tuo singhiozzo. Gira un mestolo per dilavare il grumo secco in gola.
Id: 51853 Data: 14/01/2019 12:36:16
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Perché non io?
Perché non io sotto il lenzuolo gonfio d’osceno, offeso sangue? Perché non io martirio d’asfalto in polvere d’alba? Perché non io nel cielo liso di marmo, senza scampo? Perché non io spiffero del mondo e preda del caso? Perché non io nel marcio dell’inferno di sole putrefatto? Perché non io in quelle lacrime di ghiaccio e solitudine?
Id: 51818 Data: 11/01/2019 15:18:52
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Capodanno
Vorrei stringere ancora l’aspro del tuo seno prima che il tempo di quest’anno triste si divori il torso e dare un morso nella tua bocca molle di te nell’ora della fine per morire al caldo del tuo sangue. E te che come dentro rocca impenetrabile asciughi l’ombra e il fiato che s’addensa erodi ossa, stremata e gli occhi al vento soffochi le grida abbracci labbra e cielo di pioggia chiara, a passi di nuvola serena.
Id: 51704 Data: 31/12/2018 18:25:33
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La gola doccidente (Gola)
S’ingozza alla sua mensa la gola d’occidente seduce labbra ai calici d’argento con lingua di diamante. Dentro la cerchia rosa, con mani di cristallo si cuce addosso un abito ornato di magenta. Fuori s’assozza la calca di fanghiglia l’incavo gonfio di fredda pioggia nera.
Id: 51637 Data: 23/12/2018 11:34:52
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Mare dinverno
mare d’inverno- dentro le barche pendule le nasse vuote frizzo di spuma- l’onda gonfia da nord punta la riva solo una vela bordeggia all’orizzonte- la notte incalza
Id: 51234 Data: 11/11/2018 18:26:53
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Resta un bacio di ruggine (Avarizia)
serrata stiva empia di foglie d’oro- non passa il sole per l’inverno perenne resta un bacio di ruggine
Id: 51233 Data: 11/11/2018 18:22:13
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Nel lamento dei morti
Non è lo stesso il buio sulle lapidi bianche del nero che torce la schiena dei vivi come diverso è il sole che muove i colori dell'erba tra le crepe dei marmi. Occhi aperti dal tempo vigilano croci spuntate e l'olezzo dei fiori inchinati alla terra nel lamento dei morti.
Id: 51155 Data: 05/11/2018 09:31:56
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Preme la vita
“…prima il dolore, poi la giustizia e infine il senso. Tutto il resto è caos.” Ian McEwan, Nel guscio, Einaudi 2017 Preme la vita da prima sente il mondo che annaspa dalla carne s’infetta. E preme dal suo guscio nell’acqua ché sta sempre più stretta, stanca d’esser parte che sente sciaguattare nel chimo. Nell’anelare d’imbrattarsi nel fango freme dentro madre assassina, sa di rose e veleno che condanna e che l’ama. Non si strozza alla cima non rinuncia a passare per lo stretto al dolore e al sapore dell’aria.
Id: 51123 Data: 02/11/2018 18:25:31
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Lontana madre
Un altro due novembre senza mai il sorriso di un fiore sul tuo marmo lontana madre decomposta ormai nel fiume di memoria già in disarmo. Il tempo eterna le sentenze crude del palpito di un cuore in agonia ricuce cura fa l’anestesia trapianta e asporta da chirurgo rude. E franto per congiungermi all’oblio che ti nasconde madre, al guscio aspiro della dimenticanza nel tuo stringermi al sole nudo al bacio di un respiro al bagno nel tuo pianto senza tingermi di grigio e allo svanire in un fruscio.
Id: 51109 Data: 01/11/2018 13:56:59
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Fiore di cactus
Si schiude il nido molle odor di luna come quel fiore ha petali di fiamma le stille della notte sulla cruna hanno cavato pietra entro la sciamma. Ora che il sole irraggia la laguna investe il chiurlo sulla dura bramma e per la cappa ritta verde bruna non si frappone più alcun diaframma. Fiore di cactus giallo rosso prugna asperso di rugiada ti coltivo e sopra al desco colmo la mia brocca per quell’unica notte in cui la spugna dentro la forra - grato d’esser vivo - annego come il nettare la bocca.
Id: 51099 Data: 31/10/2018 18:09:39
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Magnete
Silenzio m’è rumore e assorda il vuoto insonorizzato dell’anima sospesa. La scorza recido di un pertugio e l’occhio vi precipita da turba. Nella nebbia magnete sei per la mia bussola.
Id: 51087 Data: 30/10/2018 20:02:05
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Lamà Sabachthani Askatasuna!
Lamà Sabachthani Askatasuna! Non sei per chi t’invoca non è per te per me la fuga dal cilicio è àncora foras te exita polve de ceniza scura penombra che trita a strati visi vuoti monosillàbi che grida nell’assenza. Lamà Sabachthani pendant la guerre vivant enfant avec mon rêve avec mon rire sur la rive droite de ma pauvre tête. Mon doux enfant si tu tombes ainsi parmi ses feux ta mort sera la mienne.
Id: 51079 Data: 29/10/2018 21:56:41
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Novembre
Triste s'annuncia In un dolore intimo Al freddo ultimo autunno. Morte ti vive dentro E dura come pioggia Rumore di novembre Odore dell'inverno. Passi per viali spogli Elitari e silenti Rigagnoli di tempo Sentieri che rifrangono Estati di memoria Mare luminescente. Primavere lontane Risorgono un istante E l'attesa è nel vuoto.
Id: 51062 Data: 28/10/2018 09:41:55
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Scandito un tuo riverbero
scandito un tuo riverbero nell’incedere deserto ogni atomo immerso in bozzolo di piume mi è tregua nello sforzo
Id: 51061 Data: 28/10/2018 09:33:39
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Sei quartine erotiche
il viso tuo in penombra è come un prato dove ha attecchito a cumuli dispersi la luce della neve che ha spogliato il cielo ormai digiuno a trattenersi sulle mie labbra notte e tuo tepore di voglie appese al tempo dilatato spazio feroce, madido languore ostia che scioglie un brivido assetato la vita ti sussurra rude in bocca di pietra dentro l'urna il graffio cieco colma d'ardore che ogni lato tocca e asperge rorida dell'onda un'eco all’alba gronda di rugiada il fiore straziato dalla tenebra d’un fiato franto dal buio un petalo si muore da stelo inflesso al morbido sostrato tracima il fiume dalla cava, strazia pareti esauste, palpiti di gogna delta che stringe alla violata grazia arresa e complice alla bisogna e poi venire tu mi senti piano per me che mordo la tua voce acerba per te che - amore - sguazzi nel pantano e colmi vuoto come vento d'erba
Id: 51047 Data: 26/10/2018 15:13:40
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Come le foglie in fumo al precipizio
E’ l’emersione tattile di un demone quell’occhio vigile e segue il vento. Arranca senza fiato vittima come le foglie in fumo al precipizio.
Id: 51045 Data: 26/10/2018 11:51:08
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Ramo di glicine
Disseto ossari d’idee corrotte. Rampica incavi ramo di glicine come la corda tesa dal buio.
Id: 51030 Data: 25/10/2018 11:05:40
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Ai pastori rumeni a Castelrosso
Raggiunto il bosco è il cielo il suo riparo azzurro ancora intatto brilla vivo quando il respiro fa tremare un faro e il sale brucia il sonno del sollievo. Sente il sicuro lui, la furia spenta nel fumo nero al letto di metallo nel sangue del fratello al cimitero di Castelrosso, al prato del pastore. Poi il nero-solo-nero come il cielo e come i guanti stretti sul bastone. Nebbia che cade - punta di un macigno - la madre che gli tira giù il cappello. Lontano inverno, la carezza cede al vento e buio il bacio che ha strozzato.
Id: 51029 Data: 25/10/2018 11:02:19
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Magari è solo un’ancora di pace
Magari è solo un’ancora di pace insonne protensione al circolare gravida notte spesa nel vivace lenito àmbito, mai regolare. Incede nel legame, si frantuma anelito d’inversa rotta intriso come uno stento all’apice si tace. Consuma stame e dentro ha una petunia idea di luce spenta nel piattume odore di limone soffocato.
Id: 51028 Data: 25/10/2018 10:59:34
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baratto la tua indifferenza
baratto la tua indifferenza al mercato dell'artificio la tengo stretta lungo le strade dell'inferno
Id: 51002 Data: 23/10/2018 16:48:01
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Quel sorriso che saffida
Quel sorriso che s'affida mi trafigge e l'uccido con l'oblio.
Id: 51001 Data: 23/10/2018 16:46:22
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Mi è amico il ramarro (Accidia)
Mi è amico il ramarro, fedele nell’ozio di sole sul greppo, che inquieto si torce a bugna di calce in cumulo a nervi d’oblio. S’inerpica fermo appeso al fioretto dell’orto e cuoce trafitto nell’occhio, da spina di seccia. L’insidia si cela nell’erba dell’ombra, in anfratti attende la biscia e al cielo pulito si fissa ne mima il respiro e il colore, ingolla sostanza di ruggine e miele: un bacio feroce s’incanta di brivido, beve. L’ardore è dipinto sul gozzo e il morso disvela l’errore, ridesta dal sonno un labbro d’autunno. Il muso del sauro protende deciso alla serpe che cova nel buio: si sfalda in mano la rosa con l’indaco e l’oro del drappo. Come il sole - statua che scalda lontano - lui pesca nell’animo umano sua esca una spugna su tutto sul tempo che cessa poi l’amo trapassa la gola del mostro, conquista la quiete perenne d’impulso e vive in un guizzo.
Id: 51000 Data: 23/10/2018 16:44:57
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La lista
Lamentazione, ruvido rosario tra dita intirizzite d’umide navate, scandita prece elettrica del prete calvo con nenia pingue. Grani di sangue anemico, martirii di sale e coltri nude al gelo delle stelle, pietre feroci nel posto del cuore. Il cielo ha visto iridi in catene e il mare il bianco d’occhi precipitare al fondo, erigere il calvario il peso del rifiuto. Rantolo dai vetri nebbia nomen nescio di vite rese oscene nell’imbuto del mondo.
Id: 50873 Data: 12/10/2018 20:50:57
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Bosco in autunno (Tre haiku)
* un cielo denso- attorniano formiche lago di foglie * appare appena dai rami spogli il sole- ombre nell'ombra * decolla un sogno di foglie di betulla- e muore il vento
Id: 50818 Data: 08/10/2018 22:30:19
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Dentro i corpi
Imparare a vedere dentro i corpi non nei corpi sodi e integri non nei tanti corpi che sono stati sani o malati e sono morti appena apparsi come gabbie in divenire e in disfacimento materia esecutiva della sorte delibera sociale livello e addestramento al disperare. Vedere dagli occhi senza patina se non si vede e fa paura perché apertura e abisso il palpitare la mossa d’ali vedere senza pelle ardere un fremito di carne viva l’attimo di luce.
Id: 50799 Data: 06/10/2018 18:04:21
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ombre di nubi (tre haiku)
* il vento torce catene sulle piaghe- trema la luce * l'occhio del cielo anticipa la notte- ultima resa * ombre di nubi- cerca riparo un passero sotto la gronda
Id: 50798 Data: 06/10/2018 17:47:00
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Lodore della luna
L'odore della luna è bianco come neve senti la polvere nell'aria lieve. Il sangue si raggruma svapora e ti fa smunto, alla deriva d'un'altra notte.
Id: 50238 Data: 22/08/2018 19:12:21
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Un sasso sul ferro sciolto
Com'aspettasse di fondersi al greto al prato asciutto, cenotafio dell'umana ragione. Ora è sepolcro d'immense lapidi sconnesse, Atlante rotto e polvere celeste. È tutto imploso in quel volo di morte come nebbia a nascondere il nulla perenne strato su strato col cielo in pianto. A noi un pensiero, lasciare ciascuno un sasso sul ferro sciolto. 17 agosto '18
Id: 50197 Data: 19/08/2018 13:06:31
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Legittima difesa e...alleluia!
Ora la notte qui non è più buia la illumina il riflesso della canna di quest’arnese, sporta come zanna che aggetta fiera dalla fitta tuia. Fino al tramonto a salve si può armare a chi vi turba il grotto sulla fronte non c’è che digrignare arcate smunte o ancora l’altra guancia rimostrare. Ma appena il sole cala all’orizzonte disintegra sorprese anche presunte. Se d’uno spillo acuminate punte minacciano un pericolo imminente sappiate che v’assiste l’esimente: legittima difesa e… alleluia! C’è già la legge, ancor non scritta bene e in caso di legittima reazione a un’aggressione ingiusta e contestabile non c’è poi da scontare grosse pene se la difesa a offesa è proporzione - con quella attuale e questa inevitabile - e la reazione è l’unica pensabile. Però questione vera e assai spinosa è la non netta proporzione, cosa più ambigua, perché il giudice s’abbuia. Ma se la differenza è rilevante tra male inflitto e male minacciato - laddove l’arma punti i fuggitivi - non c’è esimente e scatta l’aggravante. Ma che il far west sia almeno scongiurato che detti sempre il giudice i motivi e che soltanto in casi tassativi si possa rilasciare una licenza per tirar colpi ed allentar la lenza in questi mari mondi troppo bui. Ballata costituita da una Ripresa di quattro versi seguita da tre Stanze (ciascuna composta da due Mutazioni e una Volta), nello schema classico ABBA XYZ XYZ ZWWA.
Id: 49704 Data: 13/07/2018 19:05:09
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Ab aeterno
Mondo nel mondo per un futuro ab aeterno dell’uomo in sospensione criogenica. Vuote corsie di porte linde chiuse sotto terra, spazio neutro d’immagini sognate alla morte. Pareti in proiezione di tracce paure iterate. L’angelo narra ascolta la voce, il senso del suo pensiero in egocentrico cielo - sopra Berlino. Dove si va è un mondo terso alla poesia negato - tutto s’è trovato ogni stento rimosso. Tutto è risolto e tutto si sa non si immagina nulla perché già immaginato. Il viaggio è in controsenso: sospesa in guscio l’attesa del trapasso dalla morte alla vita, fuori dalla storia - matematica pura. E anche l’affresco - ora qui - di tecnologia che si sta dipingendo con il passo spedito è crosta d’effimero raschio d’intonaco, sniffo di polvere nera è tentata evasione, assenza di gravità. Torni la storia il dubbio che martella la pietra che precipita. Riprenda lo scavo su ciò che si ignora. In questo s’annida il cammino in questo guardare sui prati in questo stupore di foglie di sole. Riprenda a sognare la testa a scordare le cose a scoprirle da dentro. S’inverta la rotta in sane paure con mostri in agguato e limiti da superare. Si torni a soffrire l’orizzonte di morte il mistero infinito dell'uomo. Poesia ispirata al romanzo ZERO K di Don Delillo, Einaudi, 2016
Id: 49703 Data: 13/07/2018 18:59:16
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Estate (in tre haiku)
* morde la sabbia le corse dentro l'onda- asseta il sole * ombra d'estate- il salice consuma ansiti alterni * sera d'arancio- anche una barca in secca traghetta sogni L'ultimo dei tre haiku si è classificato 1° nella sezione haiku nel 3° Bando Internazionale di Poesia 2017, Veretum
Id: 49434 Data: 24/06/2018 09:54:03
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Fosse noia mortale che sappressa
Fosse noia mortale che s’appressa all’ombra stanca di parole vuote da briciole di sole fugga – in dote all’occhio – e travi senza voce tessa. Cominci il sorgere d’inverno cupo verso uno stagno di speranza imbelle con quella rosa fragile di pelle chiara, scavato un solco in un dirupo. Sento alla fonte ancora che zampilla remoto il tuo sorriso che non sciupo e bruci tra le mani come stella che nella terra arsa più non brilla. Del proprio sangue si disseta il lupo e stringe l’osso dentro le budella. Secondo sonetto sulla lontananza a rime incrociate e ripetute: ABBA, CDDC, ECF, ECF
Id: 49423 Data: 23/06/2018 12:08:40
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Lo sguardo si riposa
Lo sguardo si riposa entro una cresta in bagno d'aria, ove arde triste il pianto d’ultimo raggio torvo che ti desta e si nasconde. Sulla mano ranto- lo estatico di un cenno soffocato. Pulsano vene al collo perché s'oda il tremito lontano - un verso lato - come mozzata s'agita una coda. Di là s’attende in fremito la terra e frana che disciolga oasi al nulla. Ma tutto è lento andare e appena un fiato dichiara a lunga notte la sua guerra ogni legaccio sradica alla culla e dà sollievo al sangue del dannato. Primo sonetto sulla lontananza A rime alternate: ABAB, CDCD, EFC, EFC
Id: 49422 Data: 23/06/2018 12:05:58
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Il nero dentro
Una scritta sul muro del parco mi s’annida come un tatuaggio in petto, addensa nebbia che di te mi porto. E si imbianca la notte col fumo rimane solo un canto che trema sulle note quasi assenti dei passi. Non oso guardare in alto le stelle l’occhio s’ostina sull’erba lavata di brina e salta sui solchi dei cani nelle ceneri del trotto dei bimbi. E tu rimani anche tu assente tra le mie mani stanche di vuoto che s’asciugano ancora all’odore di te sul vestito. E m’affido alla luna al sicuro suo pianto di neve al rumore di pioggia che nutre il respiro dell’aria e vorrei fosse alba o notte più scura del nero che dentro rimane fuliggine di te ancora assente.
Id: 49385 Data: 21/06/2018 13:03:51
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Laddio
Una chimera nei tuoi occhi saturi di vuoto appare in lampo e si dissolve quasi un riflesso al buio del binario. Ma guance senza pianto m’allontana lo spazio che si muove e ancora il fischio ai timpani implacabile. Saluto dentro, ché non ti guardo scomparire solo la pioggia sulle mani in basso - tenaglie al finestrino e dentro il cuore.
Id: 49368 Data: 20/06/2018 09:33:53
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Di chi è la terra?
Di chi è la terra molle che resiste prona all'asfalto ruvido che bolle? Di chi è la terra lenta sotto i templi che è cardine a pilastri e fondamenta? Di chi è la terra offesa che raccoglie in grembo seme e sangue di tue rese? Di chi è la terra, verso che si scioglie mossa al tuo passo perso sulla neve? Di chi è la terra, seno di vagito denso di latte e madido al tuo freno? Di chi è la terra uomo d'Occidente, la terra che sorride alla tua fronte? È solo madre tua figlio obbediente o è vera madre aperta ad ogni gente? Il sangue tuo accolse alla dimora quando più lacrime mano non pianse. Ed ora che altro sangue grida sete rivendichi esclusiva al tuo recinto. Ora che mano acerba graffia pane sbuffi furore da gengive vuote. Ora che ventri gravitano luce spegni il cervello a danze di ragione. Perché sarebbe tua la terra idiota chi te l'ha data, chi t'ha fatto ardere? Chi è stato che t'ha reso così certo d'avere il petto gonfio da padrone? Chi t'ha riempito il collo d'ira infame chi ha chiesto di rivendicare piaghe? La terra è delle braccia che la scavano. La terra è delle fronti che la sudano. La terra è delle grida che la scaldano. La terra è di chi vi ha perduto sangue. La terra è di chi l'ha raggiunta in mare. La terra è delle genti che la amano. La terra non è merce che si serra dentro lo scrigno della propria pace. La pace non respira senza luce e il mare muore se spumeggia sangue.
Id: 49340 Data: 18/06/2018 10:58:55
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