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Versi Dell’Ossesso

di Domenico De Ferraro
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Pubblicato il 09/06/2018 17:40:29

VERSI DELL’OSSESSO

DI DINO FERRARO


Versi per caso nati dall’ossesso scritti nella vaga conoscenza di logiche infime. Versi nati tra forme ratte che si congiungono nel tempo nella avversa sorte di milioni di persone. Strofe sulla mesta ricorrenza nella gioia nel peccato che si porta via questo delirio di frasi e silenzi . Va il pensiero per valli ed oscuri letarghi che destano in noi il credo. Come giorni sempre uguali come nel vento del deserto. Tutto scorre nella mia storia tutto scorre senza fermarsi. Versi si formano nella voce che sale lenta et lesta fugge gemente nel vago ardore che indora l’aurora che fulgida appare ed immane cade nel suo delirio e spegne la Morta passione che ignara regna nel cuore e si sconvolta chiama a se la vita che le resta da vivere. Oh amene ombre e spiragli di luce che lungi per lidi luminosi sbocciano da semi e favole esoteriche chine di amorfe forme prendono vita come per incanto dalle mani di un piccolo dio .

Forse sono io che piango lungi da me vivo e dove prego che lesta venga la morte . Morte che lungo il mio delirio per ite vie e vette estreme , solinghi usignoli canticchiano la gaia canzoncina dei bimbi perduti. Morte provo, fingo forse mi beo di amorfe forme, perfette idee effetti di luce nell’eco di guerre che non finiscono mai.

Vedi forse credi di giungere a questo amore estremo , bagnato di brina , bagnato di oro che indora il dolore che finge credula ed arriva gioiosa nella mesta ricorrenza come fosse beata di se stessa di quello amore creato ti riempie il core. Son note amene consone al mio coraggio al mio destreggiarmi in vane forme e vani pentimenti che non so dove nasce in me tal rabbia tale orrore. Di tanta parte di tanto vivere sono signore di mille nomi e mille vite assai derise.


Son qui che soffro ,volo contro il cielo , che amor mi conduca in paradiso per vie belle ed eleganti per quartieri dormenti tra le mani di un dio che invade il mondo. Dormi figlio sugli allori mesti nella Gaia novella nell'accidia di un verbo che cade dentro se stesso , dentro questa storia che io narrai dopo aver percorso l’ade dopo aver percorso il mio tempo.

Fingo di vivere , di ire per oscuri lidi per giorni lieti in compagnia di un amore che si desta all’alba che si eleva nel vago dire che per estreme liriche eclettiche, consonanti e per casi oscuri fan di me un mostro tra gente dabbene. E provo orrore e provo pena per me stesso per ciò che sono per ciò che rappresento.

E muovo i miei passi sulla scia di un pentimento nella sorte che bigia ama il grigio ardore la metamorfosi di forme umane che si evolvono nel vano ardire. Nella gioia di un attimo ora sono io ora sono tanti e non trovo tregua ne ritegno ne delucidate eclissi che possono esimere l’essere dall’essere tali a come noi abbiamo sognato di vivere.

E nel bel mattino quando ogni cosa è conclusa quando per ore liete il nostro corpo ha provato l’estasi di un sesso amorfo fatto di forme erranti in lubrici lirismi,sulla scia di un dolore che si desta dall’inverno trascorso desta nel caldo sole d’estate. Io rinasco in Sofferti mattini si elevano all’idea di un mondo che lentamente va alla deriva che insegue un suo credo una sua personale visione di cio che si e di cio che siamo. E nella gioia nel viaggio che ci ha condotto oltre ogni credo ed ogni incontro che alla rinfusa ci ha unito, spiriti e corpi amici.

Versi futili che Fuggono gioiosi, bizzarri in vani ragionamenti in vano raggiunge il fine estremo quel fiume versi d’amore in infiniti silenzi ove si nasconde forse una pace che non ha occhi ne mani che verseggiano di ventimila leghe sotto il mare ed altre avventure che non ti conducono a nulla se non all’ossesso di se stessi all’estremo di un morire mite ed acerbo un morire per rime chete cretine che si spogliano all’alba nel bel mattino di una vita raminga ed amara moglie e figlia della mia età.

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