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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)
Ti ho incontrata con il sole nella testa, con il guscio delle ossa malnutrito, fra la bellezza religiosa del tuo tiglio che portava i vostri pollini lontano.
“ O Signore, concedi a ciascuno la sua morte” è stato il primo verso che ho lasciato, fra la calce rosa dei tuoi fianchi, eri ancora grata di esser viva, mentre davi il consenso alla tua fine, come un’albera al suo frutto quando cade. È lì, dove ho posato le carezze,
accompagnando l’odore delle lacrime nel dolce tremolio sopra la schiena, per una comunione- come a mamma con le bende calde sopra il male- fra il colore consumato di una vita e le lunghe astinenze dell’inverno- per arrivare più lontano e far ritorno a quel Natale, che ci ha tenute insieme, con la tovaglia splendente su una tavola di ruderi e di assi tumefatte - fra i doni, un antichissimo trenino, girava con la giostra dei cavalli, un carillon, che ti ho lasciato in dono, nascosto come un Dio nella montagna.
Era tutto naturale, il grande freddo-
per sua natura cavo- nella pancia, faceva compagnia ad ogni orecchio, come chi resiste al gelo ormai per sempre.
Il tetto è divenuto quell’aperto che ti leggevo nell’elegia di Rainer, e l’apertura musicale del celeste, su queste piccole ginocchia coronate, è la tua mano, oggi, che riposa fra le stanze di altre mani, sussurrando la Melodia ungherese in si minore cantata da una giovane domestica- Nel congedo, al tuo ultimo silenzio
ti scrivo con la mano di una donna che strofina sulla pelle dolorosa la tua voce d'oro, e stupefatta mi lascio attraversare dalla pioggia della piccola morte fra le braccia.
- Questa lettera, già lunga, finiva proprio qui, eppure lascia ancora che domandi come ha fatto il tuo tiglio a sostenere calmo e fiducioso tutto il peso, l’immenso di una casa tanto gialla? Come ha saputo orientare le sue curve lungo i vicoli del legno, e respirare seguendo i muri, le loro forti spinte, ripartire l’aria giusta con la luce assicurando nuova linfa ad ogni ramo?
I miei occhi hanno visto solo questo, non appena si alzava un po’ di vento, la celebrazione delle nozze, nello spazio offerto dalle foglie, tra la casa e le ali degli uccelli-
l'invisibile del bisso che rimane la figura, che non mi sta davanti, ma alla fonte, un’iride, la pianta, la radice prima della vita, che tutta la giustifica, in un soffio.-
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