I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Molta notte di una donna
Molta notte di una donna è una preghiera
tra le rocce e gli animali. C'è silenzio.
Nell'inchino piccolissimo e continuo
lei sale luminosa come un uomo
raccolto nella gioia di venire
cantando nel respiro meraviglie.
Un andare con i passi trasparenti
in uno spazio immobile al pensiero
dove i chiari dentro agli occhi sono macchie
di avi che si tengono per mano.
Una luce nella luce di uno stare
sapendo che un Dio tace
__________________ cosa accade.
Id: 70014 Data: 05/02/2024 11:18:29
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Ogni coppia è un angelo
Se alza tutto l'universo in un ricamo,
sulla pelle un pulviscolo di segni,
ogni coppia è un angelo, io credo,
la spirale che dolce si raccoglie
quando tornano alla tana gli animali,
che rilega le teste dei bambini
con le braccia che scintillano di storie
fra la carne di tutte le risate
l'idioma è il solo schiocco fra le labbra
sprofondate nella mandorla del mondo.
Così è l'angelo
e ogni volta che va via
con le ginocchia nere dell'infanzia
ha celebrato un altro giorno nella stanza
degli uccelli che dormono tra i fiori.
Id: 69888 Data: 19/01/2024 23:40:17
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La grazia della cenere
___________ Un solo lume
___________ oscura tutto il mondo
___________ Tu lo rischiari
Un ceppo di quercia
la conca del vino
perché domani era il giorno del pane
dei bimbi bendati intorno al camino
a batter le molle per le sorprese-
con l'Ave Maria sopra le labbra.
Per nonna era il giorno dei resti
del fuoco
alla terra, nel buco al campo del grano,
un piccolo pugno per le tempeste.
L' ultimo scampolo, il benedetto,
andava a riporlo in un luogo segreto.
Lo riaccendeva al grandeposto
per dare forza e chiarezza alla nascita
dei suoi germogli, i bachi da seta.
con il ritornello di narinzemi:
"Al mare lascia le sue maree,
ad ogni stufa un largo d'aria
e a noi la grazia
di questa cenere"
Id: 69872 Data: 16/01/2024 21:19:30
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Haiku
Unpanecaldo
taglial'invernoametà
Epifania
Id: 69801 Data: 06/01/2024 21:10:51
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Nell’umida coppa dell’ epifania
Disciolta la mussola coi resti del pino
ora arde il ceppo dei dodici giorni -
la calma è il passato nella tormenta
fra l'hora lunga del nostro velo
e il libro d'ore, antica vigilia.
Il respiro maggiore, il grande assente,
fiorisce da solo come una rosa,
la saracena non genera, nasce,
e il suo favore, che tu chiami profumo,
trapassa le cose poi si disperde
e, non senza prima averci sfiorato,
si chiude di nuovo in altro sonno.
Una sola fiammata nel piatto per cena
dove la luce non serve alla vista
dissolve l'ombra nel buio degli occhi
cantando un adagio prima del volo
nell'umida coppa dell'epifania
con la stessa dolcezza del biancomangiare
quando sgorga dal seno per un bambino
Id: 69788 Data: 04/01/2024 21:33:13
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Io ti starei in pancia , figlio mio
Io ti starei in pancia,
figlio mio,
appoggiata al cuore sacro del tuo nome-
con lo sguardo stupefatto e senza peso -
giacendo indistinguibile e morendo
come l'agrifoglio per la quercia.
E’ mattino pieno nella notte
dove andrei se avessi voce
per Natale
non conosce tregua nel respiro
la mano che bisbiglia e ricomincia
dal silenzio al rosso della festa.
Lo sguardo nudo
che solo porto in dono
è una luce rovesciata piccolissima
che ti sente deglutire
ad ogni passo
per essere ogni cosa
quando cresce.
Id: 69687 Data: 21/12/2023 23:43:13
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Il silenzio e sacro vuoto del Natale
Saremmo morte senza l'ombra del dolore
che ci ha messo sulle spalle le montagne,
che ha condotto dalle celle della vista
ai monti benedetti le ossa cave.
La strada danza nel piccolo salterio
del fiume di portata e la sua voce
va nel respiro quieto che ha un bambino
quando dorme nella stanza accanto;
ripentendo siamo salvi al posto giusto
siamo mondi ancora insieme
siamo casa
di una giumella semplice che attende
il silenzio e sacro vuoto ____
____________ del Natale.
Id: 69594 Data: 06/12/2023 00:32:43
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Come va con il dolore. bellaluce
Come va con il dolore, bellaluce?
Solo resti di aridi grigi e fennec.
Cade meno di un millimetro di pioggia
su questo viso che non piange
tra i licheni sofferenti è la bianchezza
della molta sabbia,
un vento forte.
Tu sai dov'è il principio di un'iride dal nulla
ancella e testimone di altre terre;
basta solo cantare all'indietro
segnando le corde per nodi.
Così corre la faglia, lungo la crosta,
dove vanno a finire le cose
se nell'urna più leggera che conosco
vive un mareaperto tutto in fiore.
Id: 68763 Data: 01/08/2023 11:13:39
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Trenta petali ( haiku )
Le perle azzurre
non raggiungono riva
Un'ama piange
~ ~ ~
È solo l'alba
Sfiorita ogni rosa
prima del sole
~ ~ ~
Come sprofonda
in un mare impotente
ogni radice!
~ ~ ~
Mille occhi spenti
sotto il cielo stellato
in fondo al mare
~ ~ ~
Trenta petali
La Damascena è nuda
nell'agonia
Id: 67839 Data: 03/03/2023 22:46:44
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L’assoluta
Lo sanno le sue mani dove sono,
dove sono nate le farfalle
tra i pezzetti di una mela luminosa
piena di grazia e simile a un vapore
che il silenzio ha formato nella bocca
quando preme per tornare con il seme
sull’albero da cui si vede il mare.
Lo sanno le sue mani dove sono,
e come sono nate le farfalle
dalle vene luminose degli sposi
per condurre insieme i loro anelli
a far l'amore con l'essenza del linguaggio
anteriore ad ogni lingua sulla terra
per tornare coi lumini sulle dita
nella dimora preferita, l’assoluta
con la fragilità che io immagino degli angeli
quando spostano tra i fiori un buio d'aria.
Id: 67801 Data: 26/02/2023 21:26:52
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Molta notte di una donna è una preghiera
Molta notte di una donna è una preghiera
tra le rocce e gli animali. C'è silenzio.
Nell'inchino piccolissimo e continuo
lei sale luminosa come un uomo
raccolto nella gioia di venire
cantando nel respiro meraviglie.
Un andare con i passi trasparenti
in uno spazio immobile al pensiero
dove i chiari dentro agli occhi sono macchie
di avi che si tengono per mano.
Una luce nella luce come stare
sapendo che un Dio tace cosa accade.
Id: 67702 Data: 05/02/2023 20:02:50
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La candelora
Fedele al centro
insieme dilatata
vestale di ogni stanza
ancella dei ricordi
trema la tua luce
e tutto il mondo trema
se la tua fiamma è in fiore
anche l'acqua va alla gioia
Tu sai morire bene
ritirandoti nel sonno
dove la rosa attende
fino alla nota pura
la candelora.
Id: 67690 Data: 03/02/2023 09:24:20
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Noi crede
Noi crede al riflesso sulla vera dei pozzi,
quando rotola via con gli anelli dell'acqua,
al bambino che posa la mano per terra
per dire rimani al grandeposto.
Noi crede nel viso che si magenta
quando offre la stanza più disadorna,
al buco scavato per dare alla luce
il bisso che lega le figlie dei gelsi.
Noi crede alle ciotole
quando si spezzano,
perché si affidano a un nuovo sorriso.
Alla mesa, noi crede, al terriccio, alle albere
che chiudono il seme, protetto dal gelo.
Noi crede nel verbo abbacinare,
quando entra nell’aria mentre ti scrive
della voce che viene dalla celesta
mentre sprofonda con tutte le ossa
nella fiamma che torna dove fa buio.
Id: 67679 Data: 01/02/2023 12:18:28
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La grazia dei resti
Un solo lume
oscura tutto il mondo
Tu lo rischiari
Un ciocco di quercia, la conca del vino.
Domani era il giorno del pane
dei bimbi bendati intorno al camino
a batter le molle per le sorprese-
sulle labbra dorate l'Ave Maria
l'Ave Maria del Ceppo.
Per nonna era il giorno dei resti
del fuoco, il suo grandegiorno;
una buca al campo del grano
un piccolo pugno per le tempeste
e l'ultimo, il benedetto,
riposto in un luogo segreto.
Lo riaccendeva per dare forza alla nascita
dei suoi bachi da seta.
Al mare le maree, ad ogni stufa un largo d'aria
a nonna il miracolo della cenere.
Id: 67567 Data: 15/01/2023 00:43:47
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La noce d’oro
Sei venuta nel sonno senza sogni
fasciata di nero e d’azzurro.
Le spalle coperte dal vento.
Resta ancora un lembo alla Certosa
una strada sottile
nel giardino del corpo
con le rughe gentili e le mani
ultimo segno di religione.
Quanta calma nel petto conduce
dove i nomi hanno mesi bellissimi.
Diventa un pane
dietro il velario
la tua Noce d’oro.
Amina Narimi
Cristina Campo diviene invisibile nella notte tra il 10 e 11 Gennaio 1977.
Vive nella terra della Certosa di Bologna.
Oggi sono stata da lei.
"…Credo del resto che questo tempo di prova sia una cupola inarcata su tutti, sia iscritto infine nella carta del cielo che dovremmo veramente, per durare, tenere tutti la mano,
con pensieri di luce.."
Cristina Campo
Id: 67553 Data: 11/01/2023 19:10:30
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Una sola giumella apre gli occhi
Nessun ricovero al boscovecchio
disadorne le stanze nel freddo.
Una sola giumella apre gli occhi
offrendo il miele dell'aria;
nel mantello l'annunciazione
di tutta la primavera
e sull'isola al centro del cuore
il più grande amante, il sole.
Anche tu, gigante della brina,
ti sciogli in tenerezza,
se non osi nemmeno sfiorare
l'ombra lunga della sua coppa -
lì dove ha preso rifugio
il benandante dal petto rosso
e nella sua timida bocca
cinque rune del biancomangiare
per profumare la sposa.
Id: 67533 Data: 07/01/2023 23:25:42
*
Arde il ceppo per dodici giorni
Arde il ceppo per dodici giorni.
Lunga vita al cedro!
Un limone andaluso
brilla al centro
di un arcobaleno
invisibile.
Id: 67523 Data: 05/01/2023 22:43:35
*
Prima del sole e con gli occhi bassi
Prima del sole e con gli occhi bassi
carezza il vischio che non tocca terra
pianta un'albera per il nuovo nato
e con le mani ferite dal ginepro
con l'amaro dei suoi frutti sulla lingua
fa un rametto nella stalla per le bestie.
L'amore non può chiudersi
come impara a fare una ferita;
la morte piccola
che ha preso l’anno vecchio
è il nostro frutto
in cui ha avuto amore,
e quella grande
che ci portiamo dentro
è la sua luce
che va bevendo il succo.
Id: 67491 Data: 01/01/2023 20:43:08
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Eccomi
Così raro vederla alla finestra.
Nulli i suoi piedi, i polsi leggeri
di chi tiene l'inferno per sé
e dona agli altri la luce
il passo di chi è tornato a casa -
tutto raccolto nel lieve tremolio
di una lampada
compagna della soglia -
appena il sottovoce di un adagio,
la sua grazia,
segno puro e nudo di una mano
bianca, tra nota e nota,
nel ritirare dal freddo il suo plumbago.
Se la più debole delle radici la trattenesse -
uccello dell'anima -
come a una chiamata
la risposta all'indaco sarebbe un solo
eccomi;
un dire per l'ascolto
un volto che prega
di rifletterne un altro
nella polvere del pozzo
invisibile al suo principio.
Id: 67383 Data: 13/12/2022 22:30:19
*
Un raggio lieve
Un raggio lieve
tocca la brina e il fiore
si apre alla gioia.
Nell’adagio di un’hara accogliente
sono mani che accolgono un pane
ogni volta che il fiato risale
dove aderisce la luce.
Id: 67352 Data: 08/12/2022 19:27:52
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Ogni luce nel petto dell’uccella
A Luc Laudja
Un autore di questa casa luminosa
che si è reso invisibile in questo tempo
dove rimane prima degli occhi
Ogni luce nel petto dell'uccella
tra i verbi all'infinito
voleva: partorire -
con la stessa mano aperta di un bambino,
le sue gambe
quando spingono nell'aria
in cerca dell'uscita fra le cose.
Quella stessa mano si è raccolta
dove la voce è il gesto del respiro
sulle nostre ginocchia coronate.
Amina Narimi
Id: 67216 Data: 20/11/2022 00:47:53
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Stellario e umile custode
Stellario e umile custode
la tua mano vuole solo respirare
sporgersi nel vento se cammini
con l'alba dilatata in fondo agli occhi
eseguire i cruciali della cura.
È la spirale del nibbio a dare vita
dove hai disteso la famiglia -
il luogo naturale di tutte le partenze -
un posto buono per restare:
le fontanelle aperte sopra il capo
e il tuo mantello da montagna
saranno il buco nero
quando s’inclina
nei coni della luce.
Id: 67203 Data: 18/11/2022 09:05:35
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Ogni coppia è un angelo
Vanno ancora insieme i due sorrisi
in una sola e lunga lana azzurra -
benandanti i loro piedi
antichissimi cervelli silenziosi
sprofondati nella neve;
sui capelli d’argento una canzone
" nasceranno dal tacere sulla felce
due fiori, senza fiore, ricongiunti
perché un bimbo sta scrivendo sulla terra
ogni coppia è un angelo
che ascolta" .
Id: 67190 Data: 15/11/2022 21:04:22
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Anche qui, di notte, arriva la pace
Calme le sue ossa
inesauste nel'attendere.
Anche qui, di notte, arriva la pace -
sacerdotessa dei fiori -
esile e tremolante apparizione
pronta a sparire a spostarsi.
Anche qui, di notte, arriva la pace
il pasto azzurro
nell'angolo sacro della casa
latte per i calmicchi
via lattea per gli uccelli.
Questa la forza questo lo scandalo,
il canto ininterrotto del suo fumo bianco
sulla soglia dei due mondi
sempre umida del cuore.
Questo puoi fare
nella stanza più disadorna
pietra e carne -
scolpendo un ederlezi dal dolore
abbeverarti del suo primo sale.
Id: 67163 Data: 13/11/2022 17:25:35
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Rayuela
Una barca piena d’acqua poi l’azzurro
dei fiori misti a foglie con il vento
di una mano sopra ai fianchi, al mio risveglio.
Dove il nocciolo del suono ricongiunto,
nella ghianda che precede le parole,
camminava con la voce rilucente
nel miracolo salato del tuo mare,
apre ancora la sua carne il mattutino;
vita e nome sulle labbra come figli
di un’ estate che accompagna la salita
sul bisso innamorato dell’autunno-
con un filo di acquafitta dentro agli occhi
come l'imperfezione del tappeto
che dona il vuoto sacro alla rayuela.
Id: 63965 Data: 07/09/2021 23:00:22
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Meryem Ana Evi
È salita celeste
la leggerissima
come una felce che sta per fiorire
sulla collina degli usignoli.
Alla Pasqua d’estate hai toccato la roccia
del sonno sacro di quella bambina,
con gesti piccoli e silenziosi
il vuoto magnifico della sua tomba.
Sulle spalle del muro bianco di offerte,
discese adagio le nostre promesse,
si è nascosto il respiro dentro il salterio.
Id: 63808 Data: 16/08/2021 08:32:01
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Nella rocca splendenza dell’hara
Io credo tu sia un benandante
per donare così tanto flutto
tra le palpebre adorne di sale.
Io credo tu sia un benandante
che ha mangiato le notti col cuore
per aprirsi nel giorno più bello.
Non so altro della tua grazia,
so che porti acquabuona al mio fiume,
alle more raccolte nei fossi.
E lo dici senza una voce
lasciando tremare le mani.
Nella rocca splendenza dell'hara
il tuo nome genera l’ombra
come fa ogni albero grande
quando tiene le cime nascoste
nella giumella del cielo.
Id: 63802 Data: 15/08/2021 07:50:09
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Se conoscere è fare l’amore
Se al profondo dolore di un pianto
fai seguire un grido di gioia
il suono rimane lo stesso
generando la voce più bella.
Dall’esistenza alla vita
è un gran giorno anche la notte
se conoscere è fare l’amore
oltre il muscolo largo e sottile
che separa l’addome dal petto.
Id: 63429 Data: 13/06/2021 17:33:33
*
Il suono antecedente . . . l’avverbiale
Tenemmo fermo il petto alle ginocchia,
per scambiare l'appena immaginabile
che prepara la prima glossolalia,
ricostruendo immagini per gradi
per luogo di ferite e di servizio,
nel viaggio più notturno. Nella gola
mutammo il nostro carcere in un germe,
in un agnello liquido e fecondo,
ricettacolo, infine, benedetto
nostro compassionevole gemello.
Per pudore, con un fremito, tacemmo
che nel verde del sinoplo vive il rosso
dell'uccella nascosta dentro il seme.
( Se ci passi sopra gli occhichiari
puoi sentire ancora le incisioni della selce, trasmesse dal respiro,
sulla roccia amante dei licheni.)
Fu allora che spruzzammo,
_____________ con la bocca
come piccoli strumenti per il fiato
che s’accordano l’un l’altro da principio
al suono antecedente
l’avverbiale.
Id: 63205 Data: 18/05/2021 10:04:52
*
Benedetta giumella delle carezze
Ferita sacra il tempo che resta
nel corpo stellare
___________ la valle è sospesa.
L’eco risale di un lento respiro
l’altezza di un'albera,
___________ il peso di un pane.
Non c’è più nulla di misterioso
nella tua assenza. Nei giorni ventosi,
le rughe sottili della tua fronte
fanno rayuela,
disegnando una mappa
coi grani semplici del nostro anello
e sono ben più di un luogo soltanto
come era il papavero in cima alla rupe;
si scambiano il caldo dentro le mani-
le spose del tempo, della perfetta-
benedetta giumella delle carezze
con dentro qualcosa che accade che dura
per quel destino che chiami sorriso.
Acconto a quei pochi centimetri sacri
si è arrotolata tutta la vita,
la sua sorgente, il cordone d’argento
per l’ultimo eccomi
e antico principio.
Id: 63178 Data: 15/05/2021 10:49:29
*
Nella casa del pane occorre fame
Conducevi il bestiame ai falò
il grande cervo alla sua sposa.
Nellacasadelpaneoccorrefame
e il frutto sacro delle ossa cave
sarà l'ultima pelle che si accende
della stessa speranza di Noemi
verso il canto tenerissimo di Ruth;
così la fragilissima che siamo
diverrà quel sasso morbido nel pozzo,
che rilegato al bisso del dolore
risale dal tacere delle piume
al sublime canto delle uova.
Id: 63043 Data: 01/05/2021 23:09:39
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Il vento solare di Lucy
Che vento solare Lucy!
Cercavi terra nata di recente,
con le braccia affondate nel lino
tra i verbi all’infinito,
più di tutto,
volevi partorire
con la stessa mano aperta di un bambino
le sue gambe
quando spingono nell’aria
lo scatto del respiro
in cerca dell’uscita fra le cose.
Id: 63037 Data: 01/05/2021 15:05:05
*
La sua prima voce di aprile
È un'erba sottile, non ama le altezze.
Così raro distinguerla al balcone
dove allietano l'ombra gli uccelli
di una veste che immagino leggera;
la sua prima voce di aprile
si confonde al tremolio del gelsomino,
come un nido che va alle sue nozze,
nell'adagio e tutta la grazia
del chiaro che dona ai miei occhi.
Id: 63027 Data: 30/04/2021 10:38:50
*
Col bisbiglio di una piccola ederlezi
Col bisbiglio di una piccola ederlezi
confuso tra la corsa ed un inchino
mi raggiunge il suo sorriso sotto casa
al centro esatto di ogni settimana.
In quell'unica notte dai fiori dormienti
una luce infantile magenta il mio viso
sul terrazzino la stessa canzone
che benedice il plumbago in silenzio.
Id: 63016 Data: 28/04/2021 23:58:33
*
Obbedisco
Obbedisco -
Il fiume copre il suono della voce
di una coppia che prega radunata
intorno al pane sbriciolato per i pesci
sul mantello verdechiaro di una pozza.
L'ingenuo movimento delle labbra
della donna inginocchiata mi commuove
quando un largo d'aria l'accarezza
sollevando il velo dal suo capo.
Una rosa sulla fronte prende vita -
all'improvvisodibellezza,
abbassogliocchi:
una piccola conchiglia si è confusa
col fiume di portata e la sua luce,
mutata in linea_alba,
copre il ventre.
Id: 62993 Data: 26/04/2021 22:30:44
*
Dobbiamo essere meravigliosi
Dobbiamo essere meravigliosi
traslucidi fino a divenire
nebbiolina argentata in mezzo alla luce
dell'occhio oltre la tela,
trasparenti, uccelli nell'uccello
con le antenate di ogni passo, nostre orecchie,
che si librano nel ventre di una madre
visitata dal sole nella bocca
che nell'ora più preziosa dell'incontro
col midollo del suo utero splendente
ripete chi non perde la sua vita
non fa salvo quel respiro che si versa
sulla soglia sempre umida del cuore.
Id: 62958 Data: 22/04/2021 22:56:30
*
il sonnoazzurro
Dove è imprevedibile l'incontro e solido il silenzio dove prego come un morto appena nato noi ti aspetta per dire centomillevolte insieme
le parole più corte sulla terra.
Fra le stesse consonanti le vocali luce dopo luce sono nuove se ogni coppia è la rivelazione che ripetere è il trapianto dell’amore dove posare il capo ed una yurta con la ferita al centro del mistero
il sonnoazzurro che ci accarezza il viso che ripara il nostro pozzo benedetto.
Id: 62895 Data: 15/04/2021 22:44:05
*
Il vuoto meraviglioso
Con le braccia lievi,
le mani appena inclinate,
sfioravo l'alburno celeste
fra la terra del boscovecchio.
Il bambino si è ritirato
dentro il mantello di rose
la radice della madonnina
per la semina della sua luce.
( Ho pregato tanto ai suoi piedi pulendo il suo volto dal fango,
il bambino dai sassi appuntiti;
strofinavo la veste, i suoi fiori,
pregavo finché luccicava
mandando il mio viso alla gioia. )
Oggi il vuoto meraviglioso
della sua piccola tomba
magenta una lunga preghiera
in una lacrima sola.
Id: 62869 Data: 13/04/2021 09:23:04
*
La casa respira, chiude gli occhi e ringrazia
La casa respira
chiude gli occhi e ringrazia.
Al centro del corpo le lacrime hanno
la veste azzurra coi fiocchi di neve -
bambini di luce che portano in giro
i riccioli neri fra i baci del vischio.
La casa respira
chiudo gli occhi e ringrazio
le linee profonde del tuo palmo chiaro
l'invito a fare custodia del pane
e muto il canto del biancomangiare -
nella penombra delle mie mani
la perfetta più esatta e dolorosa
la china per sempre sul tuo respiro.
Nostra vigilia e tana d'uccella
farò l'anno nuovo, sul tuo libro d'ore
passando le dita a vicenda negli anni
con l'hora lunga del nostro velo
finché una bambina entrerà nella gola
dal bosco vecchio
______________ andando alla gioia.
Id: 61583 Data: 01/01/2021 14:17:56
*
Oltre le cime
( ... )
sembra soffrire anche lui,
il cielo,
ha sciolto i capelli nerissimi
nel più intimo dei luoghi di una madre che ha perso la sua luce
e oltre le cime
si raccoglie nel lucido mistero
di un grande uccello che attraversa il mare
col respiro quieto di un bambino
quando dorme nella stanza accanto.
Id: 59872 Data: 20/08/2020 09:38:54
*
Due ombre sottili di ogni colore
Il tuo vento leggero ha sospinto i miei passi nell’anno nuovo del pino rosso, dei suoi germogli pronti a salire con una candela in fondo al cielo.
Ognuno avanzava indivisibile da un senso largo di religione; un’unica immagine era presente, vissuta e insieme tutta natura: due destini nel bosco che fanno la legna, due ombre sottili di ogni colore, con un semplice adagio sopra la bocca: come è stretto, qui, dove ci amiamo e il silenzio posa, con cura, i suoi semi –
come sposi gemelli che vanno ugualmente e con piedi diversi accostando la luce, a manciate, in mucchietti, infine montagne, per salvare il magenta al sorriso divino fra le ossa cave dei loro bambini.
Id: 59618 Data: 28/07/2020 15:26:03
*
Il vento favorevole sullerba
Quando il vento è favorevole sull'erba
accompagno nel pratino la mia sposa
e ti amo ogni sera fedelmente.
Non è solo una voce che viene
nella gola raccolta a splendenza
vive l’ombra di quella bambina
che sta sulle punte, nell'hara
una nuvola carica d'acqua
nel momento di offrirsi alla terra,
la profonda dilatazione
da una lingua infantile all'infanzia
del suono più antico del mondo.
Con la luce di chi vive al buio
è questa lunghissima vena,
fra il sesso e la compassione,
che dona il suo corpo all'amore-
facendo di lui un sacerdote
fra pozzi di suoni e destino.
Id: 59536 Data: 21/07/2020 08:43:53
*
Un rivolo sul capo
Non è mai stato lento o maestoso
il suo passo verso il mare,
fragile torso di neve,
con i suoi resti con le sue ali.
La credo un angelo
fra i cespugli neri,
uno che cade,
nel cristallo più sereno
del dolore.
Una vertebra si sfila dal silenzio
di questo mese caldo del congedo
tesse un bozzolo sul viso
con paziente ostinazione
l’ultimo toccarsi
- carnale e delicato-
è un nodo della luce
un rivolo sul capo.
Id: 59507 Data: 18/07/2020 13:43:49
*
Come fa un mattutino al sì di Maria
Una bambina ha fatto rayuela
al centro dell’hara, la nostra mandorla.
Brucia la polvere delle domande
rinfresca le bende posate sugli occhi;
la sua postura è un acconsento
il grembo aperto nelle sue mani.
Un albero solo mantiene la schiena;
così è la fiamma di una candela
che accende da sola le altre sorelle,
una segreta che libera il cielo
che scende a bagnare le fontanelle
con un’onda di riso, di bestie e pianete
per ogni corona sulle ginocchia.
Ho pianto insieme alla resina d'oro
del solo albero lungo la schiena,
passando le dita a vicenda negli anni
per la viabella chiamata dolore
e quando la gola si è stesa per terra
alzando la neve dal libro d’ore,
un ederlezi fra le giumelle
ha deposto le uova nella buca profonda -
come fa un mattutino al sì di Maria.
Id: 59387 Data: 10/07/2020 00:58:23
*
Il sigillo dell’angelo
Credi davvero che l’uomo, da solo, abbia inventato la ruota e gli attrezzi, o le ceste intrecciate? Lungo i pendii rotolavano pietre e i pettazzurri tessevano nidi prima di noi.
Forse entrò un angelo, un antenato, da un’albera o un orso, dentro la vita posando un’immagine, al centro del cuore - la più duratura -poi piano scomparve dietro l’amato mistero di Huldra.
Fu come un’aria nel pane che lievita, un fuoco che illumina un punto preciso tra la mano e la pietra che viene scolpita?
Io credo al sigillo che abbiamo impresso tra il labbro di sopra e la conca del naso, al lento inchino di un vento sottile che tenne acceso il lume votivo tra il volo dei pesci distesi nel cielo e le uccelle bagnate dall’onda del mare
dove i bambini, nostri gemelli, scesero in cima alle ultime voci con una lacrima, sola e perfetta, restituita agli occhi chiari.
Id: 59365 Data: 08/07/2020 12:42:37
*
Mia lucida madre fra i girasoli
Ti guardo piccola mentre cammini,
vicino alla casa delle formiche
bisognosa di un luogo tutto concreto
di un corpo abitato che sia visibile.
L'intera realtà è così delicata-
e tanto pesante l’immaginazione-
se la trattieni fra le tue mani;
non esiste un confine
quando succhi le dita
agli anelli ancestrali con dentro dei soli
col fiato benevolo
che viene dagli alberi
chinando il capo di sera in sera.
Mia lucida madre fra i girasoli
ti seguo leggera e innamorata
dei fragili azzurri dei nuovi capelli.
Id: 59338 Data: 05/07/2020 21:55:47
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Benandanti
Dalle radici si fanno grandi i rami.
Ma quando vanno in cielo troppo presto
non c’è nome per la madre che rimane
nell’ascolto dell’alburno sempre vivo-
non è un orfana o una vedova- io credo
nello stabat che rimane, che acconsente;
loro sono insieme pietre dure
e uccelle che si alzano nel nulla
sono semplici giumelle queste madri
che fanno un nido folle per la gioia
del più piccolo respiro della polvere.
Io le chiamo benandanti
e se ti accosti
la sillaba mancante è l’architrave.
Id: 59318 Data: 04/07/2020 11:51:49
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Con lenezza e devozione
Con lenezza e devozione tra le andane del fieno di maggio la preghiera si è fatta improvvisa come il pianto di un bimbo che cade;
un crepuscolo appena di versi, un respiro inconscio e dolcissimo che la luce non vuole turbare fingendosi in mezzo alla nebbia.
Solo questo rimane di lei, Il fresco sopra la bocca, e l’amen più primitivo. Con la nostra cinigia negli occhi
abbassati e sommessi, fratelli, faremo ritorno al capanno e finita l’estate saremo insieme a tutte le Pleiadi
saremo ciò che Noi vede nel suo riverbero muto dove l’inno e il più sacro lamento vanno insieme alla gioia.
C’è qualcosa di sempre accaduto nel raccogliere i semi di felce
per lasciarti un rametto di vischio.
Ho trascorso tutta la notte dirimpetto alla tua casa,
tra il fico, di là dalla strada, e l’albero antico di Giuda,
per recitare la storia, la storia sacra, del riso.
La voce dei nostri figli, lungo il cammino del sole,
era tutta selciata di stelle - le prendevamo a bracciate,
traboccavano dalle giumelle,
per fare crescere l’erba, le tue cantalupe e le rose.
Ho visto perdere sangue al sambuco lungo il sentiero
e tornata al capanno la quercia obbediva già all’agrifoglio.
Id: 59153 Data: 21/06/2020 16:13:01
*
Margotta
Nessun rumore più nessuna dispersione,
un alleluia dedicato al semplice,
da non sapere gli ultimi colori dello spettro
per l’onda troppo lenta che hanno il blu e il viola. Solo il rosso immaginato era presente
nel volto meridiano che brillava fino al limite di ogni trasparenza :
la maestà degli avi e quel sorriso
portavano le tracce della notte-
così vicina alla fiamma originaria che precede con un filo ogni respiro- legando insieme il sonno con la veglia
ai confini dell’uomo che ho intravisto ricondurre a un solo tratto la parola- una margotta con la terra naturale percorsa dai suoi occhi in pieno volo al luogo di ritorno nella pace
diventare ciò che ho amato nel principio-
a cosa vive nell’impronta fresca la sua mano penetrando nell’ambra dell’origine.
Id: 58928 Data: 06/06/2020 16:23:34
*
Aman
Basta un nulla per vivere, aman, e cammini assorbendo la luce di un minuscolo astuccio di vaio, rilegato dal capo alle mani - tefillah per le preghiere.
Mangeremo chicchi alla morte, con le labbra in un piccolo chiostro, che sostiene altri mondi, in scintille;
chi le ha viste adagiarsi e volare, per quel poco di tempo più lungo, fra migliaia di ossa e di resti, assegnavano un posto a ciascuno, e ciascuno suonava una nota
fino a quando si sono voltate con la grazia leggera di un canto, scomparendo per piccoli inchini, verso il più grande amante, nel sole.
*
La forma causativa del verbo "aman" in ebraico
significa "fare stabile, rendere sicuro, rendere fermo"
da cui deriva il senso finale di "prestar fede, credere.
Id: 58900 Data: 04/06/2020 12:08:22
*
La mia maestra è un’albera
La mia maestra èun’albera
e il suo nido un pane che lievita un fuoco nell’aria. È una fontana di luci sottili con la pelle secca e i nodi alle mani piene di strigoli raccolti al gran posto, il più segreto del boscovecchio.
È un fazzoletto, la mia maestra, con un elicriso appena accennato- che risalendo per gli alberi canta al ramo potato di un nuovo fiore;
ma quando s’inchina davanti alle fragole allarga il silenzio con piccoli gesti fino a sentire il loro respiro.
La mia maestra nel viso è un bambino, che chiede alla mostra di un Caravaggio per farne dono all’unica figlia- e te lo dice con le ossa cave schermendosi dietro alla brezza sottile che ha solo un sorriso quando magenta.
La mia maestra ha due gocce azzurre prima degli occhi, e come un miracolo sono discese dai pettazzurri, con le mani di rondine, sopra il capanno.
Id: 58740 Data: 25/05/2020 13:23:02
*
Al suo posto esatto cera una lacrima
Al suo posto esatto c’era una lacrima.
La morte si vive se come un sole
si porta nel più profondo di sé
lo strazio immenso, se diamo alla luce
la stessa madre quando si apre
perdendo il suo sangue meraviglioso.
L' osso fedele è il chiaro del bosco
nella foresta che adesso riposa.
Tu veglia il suo corpo.
Ci vorrà molto bisso
e il volto guarito; con la tua voce
sussurrerà, nell'orecchio più debole,
dove è il principio dell’arcobaleno.
Tutti i bambini sanno il mistero
dell’angelo che, prima di nascere,
ponendo un dito sopra la bocca
imprime il ricordo di un nome solo,
un piccolo seme, tra il naso e le labbra.
Se sfiori il contorno della fossetta
trovi un puntosplendenza delle sue ali
lui ti confida che un tempo toccò
la fiamma, i suoi bordi, per poi gettarsi
con tutto il corpo nel fiore degli angeli,
nell’identico istante dell’ultima foglia
dell’ultimo albero
__________________al grandeposto.
Versando alla terra lacrime folli
saremo le spose del nostro sorriso,
di una trina perfetta, che lascia passare,
come una spugna, fra i vuoti, la luce.
Id: 58566 Data: 13/05/2020 22:56:13
*
È una madre il rossovivo e l’acquabuona
Si confonde col dolore mentre sale,
ma è l’odore del terriccio appena nato,
se l'invito viene su come un tesoro,
dai frammenti delle ossa, luminoso;
la sorgente è il nostro albero disfatto-
e il cuore, del gigante che si spezza,
un’acquabuona, nel lavoro che conduce
a quell'aurora che noi chiamiamo fissa-
è una madre,
accovacciata dentro il petto,
e malgrado il forte vento la scompigli,
la giumella dei suoi petali rimane
il rossovivo
_____ che la pioggia non scolora.
Id: 58509 Data: 10/05/2020 22:22:43
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Nella luce delle mani capovolte
Dove tieni asciutte le tue cose, intorno al tuo carteggio levigato, parola per parola sfioro il bordo.
I vicoli del legno, le sue vene sono piccole candele che prepari per parlarmi e ogni sera, fra le pieghe che hai sepolto meglio, c’è un sentiero, di un’acqua che va accanto per istinto.
Lungo il fiume di portata non c'è punto che non veda la tua vita, il suo riparo, dove sbuca una piccola cappella, tra lo spazio che viviamo e il nostro mondo- sono braccia del tuo acero in preghiera, con le ali del mio tiglio tese in cielo- un minuscolo groviglio di radici;
è solo un nido che prepara le sue nozze, nella luce delle mani capovolte.
Id: 58430 Data: 05/05/2020 23:05:49
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Sarà solo poco di più
Un velo inaspettato è il nascondiglio del mio viso che magenta mentre arrivi salmodiando una piccola ederlezi
tra una corsa e l'inchino va il passo fra l'ultima luce e la casa la tua mano è nel riso, e la sola che sa benedire in silenzio l'odore argentato dell’erba con lo sguardo concorde. Io credo sia il volto di sempre il miracolo
e se c’è un paradiso che attende sarà solo poco di più .
Id: 58333 Data: 29/04/2020 21:09:52
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Pesach
Ci hai narrato del poeta che viaggiava impastando le parole per guarire. Che ne è stato dell’annuncio, del suo corpo? chi non ha saputo fare insieme della pelle con la sua resurrezione?
Lavarsi non è un gesto quotidiano? e il battistero non è morte che rinasce? I suoi gesti di passaggio e ogni cura non fanno sangue alla particola, o nel pane, ma nella voce, che rialza, che ci chiama: il suo volto luminoso è la postura, l’abbassarsi, servire chi è piegato-
così è la donna, che celebra il suo Dio, che si solleva, benedetta, dentro il sabato, proclamando la parola, stupefatta.
Che coraggio a mettersi per strada al canto di Myriam, col tamburello!
Oh! non è fulminea la liberazione- viene piano, dal basso, la celesta- guarda Lazzaro! esce ancora rilegato.
Risorgere è un lunghissimo affidarsi è chi mette dentro al tempio ogni suo bene, chi rompe l’alabastro e dello spreco fa il bene più prezioso, e in gran silenzio è chi ti accompagna come sposa all’ultima stazione, da principio-
portando il suo profumo, all’infinito, nel largo d’aria : il meraviglioso, di chi comincia a respirare dal battesimo, sepolto nella morte di Gesù.
Id: 53129 Data: 20/04/2019 19:34:58
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Le azzeruole #GiornoMemoria
Venivano su le prime azzeruole e tu, tu arrivasti alla stazione. Credevano fossi morto, Tonino.
La vita smette di morire se ricordi il sapore dei frutti dimenticati, del melo che sa di limone, l’odore del rosmarino, della cotogna, del sorbo, la buccia vellutata di una susina. Non dimentico, quando perdesti gli occhiali, i più antichi ghiacciai nel mare degli occhi.
Nessuno è distante- se scrivi- ovunque protegge qualcuno le case svuotate, i boschi,le piazze, se qui tutto è minuscolo a un grammo dagli occhi trafitti.
Id: 52059 Data: 27/01/2019 23:57:12
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Babij Jar #GiornoMemoria
Id: 52035 Data: 26/01/2019 19:38:49
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Rayuela
Quel luogo che ora tace, la mia casa,
come chi ha protetto un fiore tutta notte, è la neve della gioia verso l'alba
per la piccola rayuela che ha saltato
dalla sua cipressa al tiglio : un anno intero fra gli anelli delle chiocciole e dei bruchi-
annodando filo a filo con le mani le albere del sole ai vecchi nidi, un perpetuo sulla lingua, i suoi amori, con la grande nevicata della luce.
Id: 52006 Data: 24/01/2019 19:21:51
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Siamo stati angeli nell’acqua
Siamo stati angeli nell'acqua,
piccole stelle dell’alba, quando ancora le viti erano muschi, farfalle di mare che andavano alla deriva sbattendo l’azzurro dei piedi tra le onde del sole seguivamo il ronzio genitale dei nostri delfini i click sordi delle stenelle in amore nutrendoci degli errabondi, i mangiatori di luce- di notte facevamo buon conto della neve marina.
Più di tutto amavamo i verdazzurri, centomille in una goccia di sale, e i nostri capelli luccicavano a giorno.
Quella notte, la grande notte, seguimmo una forma di lacrima che andava a deporre le uova. Ohh cosa stavamo vedendo nella buca profonda di sabbia, bambini! Stretti nella preghiera ci fermammo per ordine delle mani fino a farli sparire.
Il mare si calmò, con l’anno nuovo, minuscoli pastori cercarono l’uscita puntarono al largo verso l’acqua nera portando sul dorso come faville. Fu allora che le albere presero a far luce, che ci contammo le ossa, una ad una, passando le dita a vicenda negli anni, finché una bambina prese a salire, con le giumelle educate all’amore, le nostre timide gole per terra
alzando la neve dal suo libro d’ore come fa un mattutino all’Ave Maria.
Id: 51738 Data: 04/01/2019 11:13:09
*
L’acqua nascosta nel piccolo melo
È l’acqua nascosta nel piccolo melo lungo il sentiero di Battedizzo che in una ciotola di pino argentato ha impastato col riso i nostri natali.
Ora è un vangelo fiorito sul capo di quella donna che porta la neve agli animali del boscovecchio, con la stessa dolcezza del biancomangiare quando esce dal seno per un bambino.
Cercala, è sempre, nel ventre dei fiori, dai buchi degli alberi falla venire alla tua bocca, con tenerezza- così fa lo speco con la sorgente, o la montagna quando una nuvola le posa sul capo il breve mantello :
l'orgasmo è nel canto del loro incontro il primosale che sgorga dorato nell'umida coppa dell'epifania.
Id: 51694 Data: 30/12/2018 15:38:06
*
La fragilissima
Mi hai insegnato tu la fragilissima
scrittura sopra i tronchi in verticale,
per salire dalle voci impercettibili,
con le rune delle file primitive,
e a tacere, un anello dopo l’altro,
conservando delle cose le figure.
Trema ancora perché possa rivederti
all'ora delle nascite e rimani,
come fanno le stagioni e il bianco appare,
tra due ciotole di riso, per Natale.
Id: 51611 Data: 20/12/2018 10:07:49
*
Più di un giungere soltanto
Tu la conosci bene,
lei chiude gli occhi
nel nostro riposare-
come un petalo di rosa,
posato sull’anima,
che sale,
che deborda dal suo stesso azzurro-
e, prima che la respiriamo,
torna in sé, senza interruzioni.
Non puoi tenerla nelle mani,
è più di un giungere soltanto,
qualcosa di legato a un lungo canto,
ma come se cantasse coi capelli,
o col suono dei legnetti alle caviglie,
tutto quello che si nascondeva
nella valva di conchiglia
accostata al suo orecchio.
Id: 49474 Data: 27/06/2018 20:18:20
*
Pianete
Muta forma il destino di una donna
se ha mangiato con i lupi del dolore:
come onde di pietra spinge i fianchi
al caldo della casa e l’ossatura-
sia caverna, o l’asse di una danza,
a salvare dall’assenza ciò che geme-
rende il tratto vivo del paesaggio-
imparando a respirare dalle nuvole,
a irrorare le sue vene dentro il fiume
e ogni muscolo con l’albera del pane.
Sul giaciglio magro di Proserpina
sono storie di ginocchia per la sera,
ma ottanta mondi dietro le sue mani
ricamano pianete con il bisso -
alle spalle del tempo, incancellabili,
vibrando nel profondo della luce
nascosta tra le corde del salterio.
Id: 49150 Data: 05/06/2018 09:11:01
*
Saliva celeste come un ricamo - Videopoesia
Saliva celeste come un ricamo
dall’altro lato della sua vita.
Saliva lucente insieme alla medica
con grazia, leggera, con piccoli inchini,
alzando il polline di una canzone
e le dita infantili, in una preghiera.
Ora che l'albera, quella più antica,
nasconde il cielo, con le sue fronde,
non c’è un solo punto che lei non veda,
svolgendo il rotolo, tutta la vita-
il vicino_lontano e il lontano_infinito,
quando si leva, al chiaro, la voce,
quando ritorna, prossima a sera,
sulle corone delle ginocchia-
con lunghi respiri sul primo taglio
illuminando un luogo preciso,
tra il labbro di sopra e gli occhi neri,
come fa un verbo, quando è al suo posto
fra le parole, del ringraziamento.
Id: 49125 Data: 03/06/2018 22:55:00
*
Noi
A due passi da quando disegnavi
la lingua che hanno i fiori, dei neonati.
Insieme basta poco a riconoscerla -
un cantore di ritorno sulla barca,
la cipressa alla falesia, e il fiume Reno-
nelle otto direzioni, è dentro il vento,
il bisso che ora muove le montagne,
e il lago, pieno delle cime,
sembra sciogliersi in cascate, nelle gole.
Se viene colta, è un tratto nel respiro,
la piccolezza del rossore sopra il viso,
nel suo raccoglimento, nello slancio,
mentre si apre sul cammino in carne e ossa,
obbedendo, come solo fa un pennello,
alla danza impercettibile dei piedi,
nel luogo della sacra emanazione,
la coppia polare e la sua forma,
nel qi finale, quando trascolora,
fra la nebbia e l’aria limpida del monte,
un paese di foreste, che scompaiono,
al pari delle vele in mareaperto.
Non era certo la tua mano sul costato,
il bilanciamento del polso sopra il seno,
o la tensione di ogni muscolo del braccio,
era il nostro movimento ripetuto,
il sottile, quel partecipe al respiro,
che vibrava, con la mandorla, di luce
all’interno ancora umido di un vaso-
nell’alternanza così nell’apertura
Noi continua a ricevere e a donare
il nostro alito e l’inchiostro sulla carta.
Id: 49079 Data: 31/05/2018 01:11:06
*
Ridursi è gioia
Pochi decimi di efa e un grano nuovo,
nella ciotola di biada, al primo anello.
Ridursi è gioia
da quando mi hai insegnato
a carezzare come un salice il suo fiume,
che tacere non è fare del silenzio,
ma la fonte di uno stare doloroso
nel più intimo dei luoghi che ha una madre,
quando ha perso la sua luce oltre le cime,
e si raccoglie nel lucido mistero
di un grande uccello
_______________ che attraversa il mare
con il respiro quieto di un bambino
mentre dorme nella stanza accanto.
Id: 48981 Data: 22/05/2018 17:26:43
*
Gli occhi delle case
Con cosa spingi il buio fuori dalle stanze
con gli occhi soli o tutto il corpo insieme?
Dischiudi sempre adagio le persiane?-
sono gli occhi delle case
e benedetto il giorno, sia
impercettibile la mano -
se passa la bellezza e gira lenta
la linea dell’aurora va al respiro
tu lo sai,
se alzi piano gli occhi delle case.
Id: 48979 Data: 22/05/2018 17:13:23
*
Biancobaleno
Presi parte al suo corpo silenzioso -
con la schiena incurvata nel lavacro
girava le sementi con un braccio,
e una mano posata a trattenere
i seni ancora gonfi per il latte -
nel più semplice disegno di unità.
Cominciava dalle orecchie la sua storia,
premendo con il verso non formato
sull’esile membrana del risveglio,
la carezza, percorsa dallo sguardo,
sui muscoli, le ossa, infine il soffio,
con il tratto- già presente nel suo cuore-
di chi alza una spirale e si trasforma
per fissare il colore nella pioggia.
A memoria nasce intatta la visione -
hai mai visto una lepre quando inarca
la sua vita contro il rosso della sera?
non il semplice contorno di una forma,
- in piena regola sarebbe un tratto morto-
la corrente che la muove, la prolunga,
l’attraversa, poi scompare - questo dico,
un chicco di orogiada che germoglia
nel polso chiaro e vuoto di un bambino,
penetrando le sue dita con il bianco.
Per giunture segrete la splendente
riverbera l'anello del creato -
confondendo i sei colori dell’inchiostro
la montagna, inchinata come un mare,
con le onde, divenute i suoi alpeggi-
la veste, e nel pieno della luce
l’arcobaleno che si mostra_
_si consegna,
tra il venire e lo svanire fra le mani,
dove scende ancora mondo sulla carta,
e d’improvviso sorge qualcos’altro.
Disegno Antonella Schiralli
Id: 48937 Data: 19/05/2018 19:25:25
*
Le sorgenti di Betullia
Cosa hai fatto, voce?
In alto, sulla gola,
con la veste della grande penitenza
occupi le sorgenti d’acqua di Betullia.
Tu preghi, lungamente,
alle porte del Sasso,
offrendo al fuoco il legno delle ossa.
Tale è la legge del miracolo,
il vuoto, l’unione, e tu,
in basso, semplice.
Al posto giusto -
è un refolo nel petto che ti avverte,
il passo, che lento gli somiglia,
avanza, vicinissimo a trovarti,
così potente
da partorire luce,
con quel modo che fa tremar le cose
in una lingua segreta ad ogni altra.
Id: 48909 Data: 17/05/2018 17:08:28
*
Al suo posto esatto c’era la luce
Al suo posto esatto c’era la luce.
La morte si vive, e come un sole
si porta nel più profondo di sé
lo strazio immenso, che diamo alla luce,
la stessa madre quando si apre
e perde il suo sangue meraviglioso.
L' osso fedele
è ancora la luce
della bambina con le giunchiglie
nella foresta, che adesso riposa.
Tu veglia il suo corpo. - Ci vorrà molto bisso ?
< Non occorre saperlo. Rimani in cammino.
Con la tua voce e la mano guarita
l’alba, che il canto diffonde, rischiara
ben oltre ogni sole.>
Sussurrerà nell'orecchio più debole
dove ci sta conducendo la danza?
Lo so che i bambini sanno i misteri,
che viene un angelo, prima di nascere,
che pone un dito sopra le bocche
lasciando a ricordo di quella sillaba
un piccolo seme. Tra il naso e le labbra
sfioro il contorno, mi tocco, sprofondo,
ma quando saremo, dentro la runa?
< Spazzando con l'anima davanti alla porta
del nostro amato, diverremo l'amante.
Una farfalla con l'anima anziana
sussurrerà nelle orecchie più giovani
dove ci sta conducendo la danza,
ogni punto di luce delle sue ali -
dirà che un tempo toccò lievemente
la fiamma, i suoi bordi, per poi gettarsi
con tutto il corpo nel cuore profondo,
in volute dorate, nella danza aurorale
sui petali rossi e unirsi vermiglia
per bere il calore dell'antica parola-
nell’identico istante dell’ultima foglia
dell’ultimo albero al proprio posto
versando alla terra lacrime folli.
Saremo le spose di quel sorriso
dagli occhi immensi che dice: mi ami!
finché divenga una trina sottile
che lascia passare tra i vuoti la luce,
affidandoci un corpo, solo e leggero,
per il girotondo fra le giunchiglie
dove i più piccoli danzano nudi
a mani aperte, aperte a grembo
permeabili al canto
dell’uccello intravisto
sui triplici fiori del nostro lillà.
Id: 48855 Data: 13/05/2018 19:44:36
*
Il doppio cuore custodito nella pancia
- Viene piena di profumo una famiglia
se ci abbassiamo adagio con la sera
le palpebre che entrano nei sogni,
bisbigliando siamo salvi, al posto giusto,
mondi ancora insieme. Siamo casa,
tra il respiro più pulito che conosco,
che nell’ordine fa crescere le rose,
nel riandare col sorriso verso il centro,
dal grembo luminoso che hai dischiuso
alle nostre ginocchia coronate-
È così che mi portavi dentro maggio,
come un’alba che si leva tra i colori
delle bacche di ginepro e di lillà.
Nina- mi dicevi, col tuo corpo-
quando vai a fare i fiori sulla rupe
apri tutto il grembo, lentamente,
all’amorosa ondata sul tuo seno-
in montagna c’è più tempo per le rose
mentre al mare il tempo è un passalento.
Quell’isola di luce impercettibile
che senti e non sai dire, che risuona
chiara nelle viscere , indivisa-
fino a perdere la sacra intimità
col luogo solitario che più ami-
è il vuoto che si riempie al mattutino
di un profumo ancora inconfessabile,
un alveo di parole per la sera
col sapere delicato di farfalla
che si unisce a nozze con i fiori.
Solo allora è visibile il cammino
che dà ordine al paesaggio nelle stanze,
lo spazio dove un’anima pronuncia:
Passa, tu sei pura- e il tuo respiro
sarà un lago di calma mentre scrivi
delle braccia dorate sulla terra,
di come godevano al calore
vibrando nel profondo della luce,
prenderai ancora il volto che avevamo
e il doppio cuore custodito nella pancia.
Id: 48737 Data: 05/05/2018 12:52:48
*
Per essere credo, nati due volte
Fu quella sera di temporale,
e tutta bagliori giravi da sola.
Ti ho preso per mano e abbiamo intrecciato
il girotondo infantile dentro alla pioggia,
una danza intima insieme alle rocce,
un passo carnale con tutto il cielo,
per essere credo, nati due volte.
Il lamento sottile di una cerbiatta
vicinissima al parto ci ha fatto fermare
allentando la stretta, e ricchi di pianto
ci siamo distesi. Prossimi a lei
tu hai mosso le labbra solo per dirmi
mi ami … poi senza aggiungere altro -
con la mano guarita dall’acqua marziale-
hai colto una fragola senza guardarmi,
come se avessi scoperto un tesoro,
attendendo la nascita sopra il mio seno,
su un letto di erica impregnato di terra
col viso argentino di chi sta per cantare
l’offerta del sole, scintilla purpurea
dell’umile primula intorno all’anello
quando si accoppia con l’universo.
Id: 48702 Data: 02/05/2018 21:12:33
*
Nel chiaro interminabile degli occhi
- è difficile vederla alla finestra
e anche la sua musica è sottile,
devo accostarmi e fare pace tra le braccia
per accogliere nel lieve tremolio
il passo di chi è tornato a casa.
Ma quella sera usciva dalle stanze
l'inatteso di un adagio e la sua grazia,
dal grembo, dal sangue, dall'ascolto,
nel chiaro interminabile degli occhi.-
Disegno Sofia Rondelli
Id: 48680 Data: 01/05/2018 13:32:09
*
Il vento cammina sopra la terra
Il vento cammina sopra la terra
sull'urna, il tuo volto, le nostre mani,
dal ramo innevato ai fiori di tiglio.
Un’Ederlezi, toccata dall'aria-
che era in me, prima degli occhi,
la cosa più intima e certa - salendo
ha percorso l’intero di ogni mio canto,
dal provenzale allo stabat del cuore,
dalla voce dell'anima fino alla pelle,
con un passo compreso tra la corsa e l'inchino.
Fra l’ultima luce e la porta di casa
è la tua mano intorno ai capelli
che scopre che sfiora che trova nel taglio
materna letizia e la pena più grande
confuse. Nell’arco alberato di gioia,
in un punto indistinto delle tue spalle,
ho nascosto le ossa del pianto più bello-
dove inizia invisibile un altro sentiero-
volevamo tacere,
tra l'origine e il cielo
del nostro viso
in entrambe le mani,
il respiro aperto e illuminato
dallo sguardo concorde
all'ultima stella.
L'odore dei frassini ha accompagnato
un uomo e una donna al loro congedo -
nella muta promessa di un semplice sogno
che ha nome antico di damascena-
e quello che credo, alle loro radici,
ora sta tutto innanzi a noi.
Id: 48655 Data: 29/04/2018 14:09:45
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L’incontro
Un respiro solo ci separa dal corpo, mentre canta : sono verso tra la femmina che esonda e si protende nel suo maschio, dirimpetto, e viceversa Un esodo, è tutta la scrittura- le bibbie in movimento, il benandante- che cammina con il manto quasi albino per scoprire il velo e rivelare, come dice il verbo, al doppio cieco.
Rimanendo esposti alla visione dell’incanto, senza divorarlo, sconfiniamo nel convento di una pelle che si muta in isabella e palomino, con le orecchie, le antenate di ogni passo, che si librano confuse nel destino del ventre di una madre- calamita, la medica che ha fame della pioggia, per far dono di altra vita. Ed è la prima ad uscire allo scoperto dalla grotta ospitando il seme lucido nel vuoto iscritto nel suo corpo, come un Dio-
quando cerca, sul filo della voce, il suo amato dal volto inconosciuto danzando fra pascoli e deserti per l'ingenua meraviglia di intrecciare il nudo e la splendenza dei suoi occhi. Nel cedimento all’estasi più bella
non altro, con la lingua delle messi, che un odore di verbena sull’altare di betulle, fieno greco e ribes bianco - come il canto di qualcuno che ha nel seno tutta l’aria immaginata- che trabocca in sacrificio, nel perfetto di chi brucia totalmente per offrire in una danza il midollo del suo utero splendente - che ha nome antico di misericordia -
fino al rosso genuino del contatto, alla saliva che illumina l’incontro, e, dolce più del vino, la sua pioggia.
Nell’ora più preziosa ci tocchiamo con le mani che vanno nel profondo, allo spiraglio della mandorla di luce, dove i nostri templi sono aperti visitati dal sole nella bocca e tra le gambe, è il nuovo nato, che si allunga combaciando le porziuncole di pace
in giardini di acqua e sangue, terra franca, che riluce e ci fa mondi, benedetti nell’eterna eucaristia. Dei nostri corpi
è questo il desiderio di consegna? come il volto cristallino di un morente che si affida al proprio cielo silenzioso? o il neonato inerme alla sua terra?
Le acquenostre - che perdita stupenda!- se consegnano in un riso l'impotenza sussurrando: chi non perde la sua vita non fa salvo quel respiro che si versa sulla soglia sempre umida del cuore.
Disegno Sofia Rondelli
Id: 48552 Data: 22/04/2018 15:59:31
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Le ali della nostra casa gialla
Ti ho incontrata con il sole nella testa, con il guscio delle ossa malnutrito, fra la bellezza religiosa del tuo tiglio che portava i vostri pollini lontano.
“ O Signore, concedi a ciascuno la sua morte” è stato il primo verso che ho lasciato, fra la calce rosa dei tuoi fianchi, eri ancora grata di esser viva, mentre davi il consenso alla tua fine, come un’albera al suo frutto quando cade. È lì, dove ho posato le carezze,
accompagnando l’odore delle lacrime nel dolce tremolio sopra la schiena, per una comunione- come a mamma con le bende calde sopra il male- fra il colore consumato di una vita e le lunghe astinenze dell’inverno- per arrivare più lontano e far ritorno a quel Natale, che ci ha tenute insieme, con la tovaglia splendente su una tavola di ruderi e di assi tumefatte - fra i doni, un antichissimo trenino, girava con la giostra dei cavalli, un carillon, che ti ho lasciato in dono, nascosto come un Dio nella montagna.
Era tutto naturale, il grande freddo-
per sua natura cavo- nella pancia, faceva compagnia ad ogni orecchio, come chi resiste al gelo ormai per sempre.
Il tetto è divenuto quell’aperto che ti leggevo nell’elegia di Rainer, e l’apertura musicale del celeste, su queste piccole ginocchia coronate, è la tua mano, oggi, che riposa fra le stanze di altre mani, sussurrando la Melodia ungherese in si minore cantata da una giovane domestica- Nel congedo, al tuo ultimo silenzio
ti scrivo con la mano di una donna che strofina sulla pelle dolorosa la tua voce d'oro, e stupefatta mi lascio attraversare dalla pioggia della piccola morte fra le braccia.
- Questa lettera, già lunga, finiva proprio qui, eppure lascia ancora che domandi come ha fatto il tuo tiglio a sostenere calmo e fiducioso tutto il peso, l’immenso di una casa tanto gialla? Come ha saputo orientare le sue curve lungo i vicoli del legno, e respirare seguendo i muri, le loro forti spinte, ripartire l’aria giusta con la luce assicurando nuova linfa ad ogni ramo?
I miei occhi hanno visto solo questo, non appena si alzava un po’ di vento, la celebrazione delle nozze, nello spazio offerto dalle foglie, tra la casa e le ali degli uccelli-
l'invisibile del bisso che rimane la figura, che non mi sta davanti, ma alla fonte, un’iride, la pianta, la radice prima della vita, che tutta la giustifica, in un soffio.-
Id: 48535 Data: 20/04/2018 00:30:50
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Dammi da bere
Un velo di Ninive copre gli occhi sulla strada della nostra samaria, forzando il mio respiro nell’apnea, nel frangere di sassi il grano nuovo che ha diviso il sangue dei fratelli, partorendo sale nero. Intorno al pozzo con altri occhi, e altre mani lacerate, mi fermo a ricordare il girotondo che ci ha cresciuto insieme. Nel deserto
come un morto appena nato, io ti aspetto dove è imprevedibile l'incontro e solido il silenzio, dove prego, quando il passo ombreggiato che ti annuncia, come seguendo orme senza suono, rende questo luogo smisurato il più intimo e privato, alla mia vita. Con la semplicità di un sole apparso
spezzando la mia voce , mi domandi con le parole più corte che conosco: dammi da bere, ora, mia sorella.
Dammi da bere- ti rispondo- sono vuota fra la polvere di casa, sradicata, con un grido in mezzo al petto, sono sola.
- Tra le stesse consonanti le vocali luce dopo luce sono nuove e ogni coppia è la rivelazione che ripetere è il trapianto dell’amore-
se nell’attesa più profonda siamo acqua che ritorna nella brocca, coniugando il mareamaro di un dolore cristallino, dove posare il capo ed una tenda, nel sacro cedimento e l’abbandono del corpo, consegnato al proprio sangue.-
Nella quiete del sorriso ci spogliamo di ogni sicurezza- andando nudi con la stessa tenerezza di un bambino che respira nella pancia la domanda da portare sulle labbra- la sua sete- di buona compagnia e benevolenza,
che nella muta si trasforma al dito per fare dell’incontro gli sponsali, delle nostre debolezze il testimone che tiene in mano la ferita, che ci salva. Con il dono che attraversa gli assetati
diveniamo quella casa smisurata, una fontana d’acqua, il cedimento del respiro nella mano, il sonnoazzurro che ci accarezza il viso, che ripara con altre acque il pozzo benedetto.
Id: 48481 Data: 15/04/2018 23:49:25
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la bionda meraviglia, albere uccelle fiumesse
Accanto al mormorio che so del mirto, quando luccica di squame a primavera sul verde tenerissimo dei rami e quello scuro, in cima alla nughedda, c’è la bionda meraviglia che si spoglia della mandorla materna nella luce e tutta la collina è solo attesa del fiore della felce, l'invisibile, che sale come un grappolo di cielo. Con la semplicità di un fontanile
se la rosa dura il tempo di un destino
non può fare a meno di trovare il fondamento il sacro scambio che rilega il suolo amato con i larghi d'aria - rivolta in sé e a un tempo tutta offerta al bagliore della carne, che dischiude- Nel profumo che rimane imperituro
“ sbaglieremmo a chiamare sempre Madre questo succo? Questo latte che ci dice della fonte, di una promessa antica mantenuta?"
La luce che mi permette di vedere e la figura che io vedo chiara coincidono con gli occhi che si chiudono come una testa Khmer in abbandono...
Basta la tua mano di bambino, nella veste azzurrocenere dell'isola, ad aprire una ferita nella rosa, ricoprendo questi colli dei tuoi fiori.
Se una morte mi accogliesse in questo istante troveresti sul mio volto il tuo paesaggio, la stessa compassione e il santimbraccio tra le albere le uccelle e le fiumesse.
Id: 48367 Data: 08/04/2018 19:13:18
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L’acqua nascosta nel piccolo melo
L’acqua nascosta nel piccolo melo è come un vangelo fiorito sul capo- che ad ogni curva si muove stupito di quella donna che porta la neve in mezzo alle scapole, e tutta la terra distesa sul petto del firmamento -
con la stessa dolcezza del biancomangiare quando esce dal seno per un bambino. Dicevi così, del bene più alto, che è simile all’acqua quando discende, che in una ciotola informe e dorata ha impastato le stelle ai nostri natali. Le parole non mentono, era il tuo canto, fioriscono il verde di primavera : se l’acqua discioglie, così rilega- se ammorbidisce i tuoi lunghi capelli, fa gli occhi chiari in ogni vivente- nei luoghi più bassi. Dimora la vita
nel ventre dei fiori, cercala sempre, nei sottovasi, dai buchi degli alberi porta alla bocca, con le tue mani, come una radice, la sua tenerezza, come uno speco con la sorgente, o la montagna che sfiora una nuvola, se le posa sul capo il suo breve mantello.
Per amore e per forza Noi è l'acquabuona che danza negli organi dei nostri corpi, l'orgasmo è nel canto del loro incontro il primosale che scende bagnato nell'umida coppa di una poesia.
Id: 48332 Data: 06/04/2018 23:17:42
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La casa dell’angelo
Immensa e illuminata, come ieri l’ombra delle nostre spalle unite tra il vento e l’acqua del torrente, è la tua casa, il lunedì dell’angelo, fra le ossa incise e dipinte sulle piccole uova rumene che ho nascosto fra l’erica e i cardi.
Coi capelli raccolti all’indietro,
per ascoltare col viso l’alburno della betulla bianca al cancello ho mescolato i miei piedi alla luce del sedano bruno tra i rovi, raddrizzando una giovane pianta che ancora tremava di neve- dove la terra si è smossa
dove si è aperta la ferita, troverai una chiocciola, in dono, e un sassobambino che gioca- con lucide vene di fiume, fra le braccia dell’altalena- che sta crescendo, al ritorno.
Id: 48281 Data: 03/04/2018 10:23:24
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Il profumo della passione
Ci hai narrato del poeta che viaggiava impastando le parole per guarire. Che ne è stato dell’annuncio breve, di quel corpo strappato dalla storia? Chi non ha saputo fare insieme della pelle con la sua resurrezione? Lavarsi non è un gesto quotidiano e il battistero la morte che rinasce? Il passaggio i suoi gesti e ogni cura non danno sangue, nella particola o nel pane, ma nella voce che rialza che ci chiama; il suo volto luminoso è la postura, l’abbassarsi a servire chi è piegato, la donna curva che celebra il suo Dio, che si solleva benedetta dentro il sabato, proclamando la parola, stupefatta.
Quanto coraggio per mettersi in strada per accogliere in grembo la mano protesa fino alle acque, al canto di Myriam che col tamburello fa festa, diritta. Non accade fulminea la liberazione- viene piano dal basso, la saliva celeste, con le sue piaghe incancellabili- come ogni morte, mai immediata, se Lazzaro esce ancora legato, e potrà camminare, sciolte le bende,
risorgere allora è un lungo affidarsi? È una donna che mette tutta l’offerta nel tempio, due spiccioli, quello che ha?
Mancavano solo due giorni alla Pasqua e Marco racconta di quando a Betania entrò una donna, da Simone il lebbroso, con l’alabastro di nardo purissimo- che ruppe versando l’unguento prezioso fra un gesto solenne e insieme di cura, il più intimo forse, le mani sul capo di quel giovane uomo seduto più in basso ( lo spreco fu grande, si disse alla tavola dove nessuno pensava alla morte)
col grande silenzio di chi ti accompagna a un lutto- un tacere che riempie la gola di tutto l’amore che aveva da offrire: cancellare la puzza di morte alla tavola preparando il suo corpo, come una sposa.
Porteremo sul petto all’infinito i segni al costato ai piedi e alle mani, ma è nulla la morte verso il profumo, il suo largo d’aria meraviglioso, se quella che sembra una tomba soltanto è il principio bagnato di resurrezione che rende possibile a un’altra vita il coraggio di scrivere di avere udito una voce nel vento la stessa poesia di chi ha ripreso a respirare dal seme disceso dentro la terra-
un dolore cristiano che non fa morire, che ci accompagna e lento si immerge nel battesimo sepolto nella morte di Gesù.
Id: 48262 Data: 01/04/2018 13:45:44
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Chi attende ha nel petto una rosa
Chi attende ha nel petto una rosa che alla vibrazione della luce si affida, come a una mano- dicevi- Col minimo dolore necessario la tua parola oggi è nel profumo- sulla parte del viso che ha raccolto il miele, insieme all'erba per i daini, di un piccolo miracolo del fiato- il volo breve che attraversa il fiore: le mie mani si aprono e tu sulla porta, fresca di pioggia, togli ancora l'ultimo fiocco di neve, dalla mia fronte, portandolo adagio alla bocca.
Riparti così, nella veste magenta, con un pezzo di pane e il sorriso avvolti nella ninive. Al ritorno nasconderai con un canto il sudore nelle coppe dei gelsomini.
* ninive è una mussola, una garza imbevuta d'acqua,
che si usa per avvolgere i germogli delle piantine
e proteggerli dal sole
Id: 48184 Data: 27/03/2018 16:12:40
*
Ederlezi
Ho messo insieme il tuo piede
leggero,
nel labirinto di mille,
e una notte,
la bianca e perfetta di reti
invisibili, pietre, e gli erbari,
sull’isola al centro, che amo,
dei piccoli fiori di melo.
È tutta qui nel farsi preghiera,
la spinta che diffonde, quando è ora,
nel goccio di saliva trattenuto
negli occhi, divenuti come frutti,
nella coppa, che raccoglie la sua origine
circondata dai due fiumi, e primavera,
il ventre di una madre, come tante,
nel corpo di un minuscolo che viaggia
coi bambini di Ederlezi sulla schiena
il gira gira stupefatto e consonante
alla lingua dei bambara con lo schiocco;
< Oh! Ridiamo come stessimo pregando
come faccio nel vuoto del mio letto
alzando il fango che dorme nella luce
fuori dal torace, allo scoperto >
Ed ora vieni, minuzia di una stella,
mentre vado a fare i fiori con il dorso
carico di latte coi colori
nella gola fino al buio, della sera
riportando il segno di una lacrima,
quando appena visibile cammina,
sul buco di dolcezza della yurta
da cui riparte il bisso luminoso
lo spiraglio che moltiplica l’amore
nel continuo movimento di un miracolo
che a comporre la sua voce va alla gioia.
Id: 48053 Data: 21/03/2018 13:05:46
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Tu sei un luogo, padre
Tu sei un luogo, ora, padre, hai un orlo Il grappolo d’oro è di nuovo un vigneto nella sua terra scura il tratto cieco intorno al bianco la memoria della luce.
Anche oggi nevica e il lieve ricamo che trema sulle betulle sono il tuo gesto, io credo, il dono del ridere dei nostri angeli con le ali ripiegate verso terra, i passi di chi è arrivato a casa,
e alberi, tanti alberi sono tutta la donna che canta con un filo all'orizzonte c'è mio padre.
Id: 48007 Data: 19/03/2018 16:35:39
*
a capo chino
Ti ferma la bellezza, muta coi luoghi e nel tempo? è una scoperta o il luminoso del creato che si muove? Con quale parola più di ogni altra puoi dire : l’equilibro la proporzione l’eleganza forse il suo fascino, la grazia ? Dal verbo congiungere, in greco, che dai diversi fa una cosa sola, nasce l’harmonia.
< Una pronuncia così aspra per una casa piena di dolcezza ! > Se la futura sposa di Cadmo venne alla luce dall’amore e la guerra, non rimane ferma la bellezza e non è solo movimento..
la più grande tempesta fra parole e mutezza, tra il silenzio e il tacere, fra la pace e il dolore. Una esperienza che fa bene che fa male che ti salva, che ti perde, che ti compie- il buono della Genesi, la verità di Keats? sono le sorelle per cui è morta Emily la salvezza di Fëdor la rovina dell’ Elena bellissima, l’abisso del ventunesimo fiore del male?- se il volto di Cristo è il più bello dei Salmi, se nei Canti del servo Isaia gli nega splendore-
è qualcosa di tanto più grande di me, di più forte, il tormento che avvolge che mi lascia sconvolta e felice piena di male, p i e n a di m a l e e una gioia che non so dire mentre strappa la pelle alle ossa che mi porta così lontana da me..
e non è il punto d’arrivo
il principio, l’estasi, è il colpo che muove il mio corpo, che trema che danza concorde la stessa passione che muore e ritorna, sublime, con le sue mani vuote, accanto ad una statuetta ricongiunta, per dire solo grazie a questa grande sera
a capo chino solo grazie.
Id: 47994 Data: 18/03/2018 18:43:01
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Lultima casa
Ho messo a dimora l’ultima neve ai ripostigli di creta, al boscovecchio, per l'adagio più bello dei mesi lungo le pozze dei cervi . Ora la pioggia batte sul carro nella pentola grande di riso e sulle ginocchia sento cantare le ruote, nel tragitto silenzioso verso il sole, nell’orecchio debole del fiume-
la musica che sta in una mano è un sottile anello rosso la prima stella e insieme l’ultima casa.
Id: 47961 Data: 17/03/2018 09:19:53
*
harmonia
Spinge rallenta spinge e respira - risucchia il ghiaccio da queste mani una macchia un puledro il sobbalzo celeste fra le zampe lunghissime tinte di rosa. Danza il tuo piccolo, trema ubriaco dalle orecchie ai nodelli così sottili.
Sia lode!...
sia l’acqua, sia l'acquacalda di una placenta che scende dall’hara il tributo il suo lago, meraviglioso, per quanto silenzio riempiva le mani bagnate di rosso profondo granata.
Diastole sistole inspiro ed espiro- un piccolo cosmo che dentro si espande, che si contrae nelle piccole oasi a raccogliere linfa lungo il cammino. Così ci uniamo e creiamo distanze amichevoli e monadi universali folli e concordi nello stesso progetto che ricongiunge ogni cellula nostra. Oh madremia, sei stata tu? fatta di abbracci di tempo di cure?
Inizia dall'erba < dicevi > la luce innamorando lo sguardo interiore che adorna il suo capo, affidandosi al suono, muovendosi accanto come una donna nell’andirivieni al balcone in penombra scostando le tende come una neve coi piedi nulli e i polsi leggeri. Facendo strada sulle ginocchia
è un lungo viaggio fatto di adagio, con mille foglie dentro le orecchie, l’interno morbido delle parole, la commozione dei frutti maturi; la parola nascosta è una piccola casa che dondola il legno, ridendo a ogni cosa anziane cicogne, le sillabe dolci. Se metti le mani a giumella tra i fili, se posi il respiro che nasce dal timo, col ventre raccogli il profondo del verde il primo sorriso che nasce alla vera chiarezza del viso che sfiora la luce
segui tua stella < ripeti > è la tua anche se è tanto più grande di te, seguila amina, e scrivi per sempre
la parola armonia con l'acca davanti
con lo spirito aspro che muove all’insieme i tuoi piccoli arti, con le ossa cave.
Id: 47771 Data: 08/03/2018 23:48:05
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Kaddish
Un pieno di sole non scompare ovunque vadano i suoi raggi a sbiadire nella soia. Durerà con il viso acceso per soffiare le foglie di abacaba sulle braci scaverà una buca nuova e l’altra mano- bagnata con la cera dell’ipoh tra la canfora e gli incensi fino all’orlo delle uova degli struzzi, sottoterra- un giacimento per la fame;
proteggendo i nostri pozzi, come un’Ama con le perle sui fondali, scenderò verso di te talmente fradicia da sembrarti più un uccella che tiene a bada mosche dalla taiga alle montagne. Ed ora habibi,
posami la bocca sulla bocca bisbigliando tutti i nomi della neve- dove si fatica a camminare quella dura, o portata qui dal vento, sapremo quando cede sotto i passi se rimane, per essere bevuta, e la più adatta, per costruire casa-
dove le foche vanno a respirare, sarà come recitare il nostro Kaddish.
Id: 47738 Data: 07/03/2018 12:43:39
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Levando appena il capo
Id: 47735 Data: 07/03/2018 11:45:57
*
Dukkha
È tutto bianco il miglio per le uccelle.
Dukkha.
La neve avvolge
le promesse dei fiori
e i loro anelli.
< Scrive in punta di piedi>
Nevica ancora.
Due corpi vanno nella neve
come un veliero,
ben caldi, vicini.
Ricamano passi
nel grande mare
si bagnano ridendo
dove qualcosa sta per nascere:
fiocchi, un soffio fresco.
S’inchinano con cura.
Mangiano la neve,
con un ardore misterioso. E tu
tu sei di lato tu guardi il mantello
mentre si allunga ai loro piedi
una pozza di luce,
minuscole fiaccole,
assolto il campito,
la guarigione.
Id: 47664 Data: 03/03/2018 19:52:49
*
La tua mano
Ferma alla stazione delle immagini non c'è punto che non veda la tua vita piena di grazia simile al vapore di un silenzio formato nella bocca, quando preme per tornare con il seme sopra l'albero da cui si vede il mare-
la contrazione, l'estensione del suo grembo,
la morbidezza del disegno, e come muove le pigne luminose con le dita nella neve, al fontanile, tra i vestiti, sopra il masso dell'isola feconda
del ferro della vita: è la tua mano
che si sporge come un semplice bambino dalla cima dell'ultima parola portando lungo i lati della labbra l'acquabuona da ripetere accucciati con le nostre antiche dita in mezzo ai frutti.
Id: 47620 Data: 01/03/2018 19:24:42
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Dove gli alberi ascoltano
a D.P.
Al di là del dolore è una luce la tua pelle che cammina riparata dando un nome a ogni poesia. I passi restano, dove gli alberi ascoltano.
Id: 47563 Data: 27/02/2018 18:08:17
*
Aleph
Tu che sei sola, con i tuoi tre segni- di ogni lettera trascritta la più piccola,
quasi di chi invita al pentimento-
in questa terra non perfetta
sei tu l’orecchio, forse, nostro piccolo re?
Se per dirti basta fare del silenzio con le labbra dischiuse alla corona, inciampando nell’aria della gola, da lì, hai fatto entrare le sorelle,
tra i sentieri più nascosti di ogni fiume, quelle parole e l’anima nel petto? Sopra il capo - nostro Signore, principe, infine sposo- i nostri capelli sono le tue corna?
Oggi ho immerso il viso nella pancia di una donna, con dentro un bimbo di appena pochi giorni. Ho sorriso per tanta commozione, immaginando di sentire il nucleo rosso dei globuli nuotare come uccelli. Scomparirà la noce d'oro già domani, nel midollo vocato a cancellare
che nelle ossa c’è il ritiro dell’alef, la clorofilla che si scambia in rossovivo.
- Nel dramma di Caino, quel suo nome dice un nido, come quello nella mano di Giacobbe, per guarirne la ferita. Se nel verde del sinoplo vive il rosso la muta del respiro è il testimone che reso tutto il ferro torneremo alle radici degli alberi che siamo?-
Mi raccolgo intorno al tuo ombelico, al mozzo della ruota, alla sorgente di ogni movimento, a una preghiera. Vorrei, all’emergenza della neve, fermarmi qui con te ancora un poco, ma sono troppe le domande che ho rivolto ad una lettera che vive senza suono.
Ritorno giù in paese con letizia, a mangiare l’erba bassa e i cereali, a preparare la Pasqua delle rose.
( w.i.p. da : " il viso che magenta " )
Id: 47561 Data: 27/02/2018 15:51:20
*
Biancobaleno
Incomincia con le orecchie la sua storia, scendendo in fondo al ventre di ogni padre
col neonato sul capezzolo, che preme l’esile membrana del risveglio. Il verso non formato è la carezza, che dovrà percorrere la mano, dal riflesso dello specchio fino al volto.
Mi sono amata tanto, per amare-
ho leccato il sale del suo sesso
mi sono vista fiume e alveo vuoto e ancora acqua fra le vene dell’ulivo- con il senso doloroso delle uccelle quando covano nel ghiaccio i rami duri al grido delle foglie di oleandro.
Ma la risaia è immensa, oltre il cuore c’è un bambino con il capo nella luce che spunta dal cotone della gioia che risale le rapide del fiume
cantando come fa il biancobaleno a venir fuori ricurvo di bellezza.
Fotografia da " Home" by Yann Arthus-Bertrand
Id: 47512 Data: 25/02/2018 11:46:01
*
il pino solitario
Il pino solitario. Un sentiero di uccelli. La pazienza di coprirsi con la neve respirando dai talloni tutto il peso dei nidi, a centinaia, sulla schiena- ascoltando il corpolungo fra le ossa mangiando il lupo universale con le stelle.
Dalla shin di Cassiopea al peccato originale in quale plaga della notte- mi domandi- e chi sarebbero gli apostoli del sole senza luna? I glifi e la tua lingua per le favole e il destino? Hai mai visto un’asterisma
per un essere terreno?
Le migrazioni degli uccelli costeggiano la striscia che fa latte, se a uno chiudi gli occhi perde il filo del firmamento, in volo, dentro al cuore. Se nello scricciolo fatato c’è una mappa, nei tuoi occhi primitivi è quella stella per parlare con il mondo, e dirsi: accanto. Ancora prima di ogni verbo
sapevamo del telaio, delle case, che la luna percorre, le sue stelle, in una notte, e un mese, per la rivoluzione, col filo lungo del silenzio, che tende luminosa nelle notti, come le sorgenti ai grandi fiumi, inavvertibili.
Id: 47457 Data: 22/02/2018 17:02:11
*
Tu sei il qi dell’ultimo verso
Sei tu la corona alle ginocchia un'ala, nell'ala, che chiude il nido. Sei i bambini che mi scortano al mare le impronte, lo zefiro, dei cinque uccelli la casa vuota e la sua lampada l'inverno che cura la mia montagna il villaggio vicino, con gli anelli di fumo sei l'eremita e chi torna al mercato.
Sei la fatica di passare la ciotola sotto la neve, sei tutte le fiabe
dentro il coraggio di una rayuela
sei l'abse, la piena, la primavera trascorsa con chi non distingue la pioggia dal fiume un pesce dall'acqua, se vola nel cielo. Sei chi magenta il viso alla sposa
tu sei il qi dell'ultimo verso il benedetto ringraziamento.
Id: 47424 Data: 21/02/2018 12:52:36
*
Un vento favorevole
Là sulla cima qualcuno si addolora. Se la casa traboccasse di fiori l’uccello azzurro in lontananza
gonfierebbe nel petto i profumi ?
( Mi chiedo se curi ancora i tuoi bachi da seta.) Da noi è nato un nuovo pinocchio, dalla casa di ogni regalo. È così commovente, fra i libri più cari - come la pioggia alla quercia dello stabat, sui pini slanciati, invece, ci faceva sorridere. L'ho rivestito con i fogli del domenicale, solo un lembo di stoffa, il tuo rosamacchia, per l'abbecedario. Si guarda intorno così stupito, come se cadesse dalle nuvole il magenta che mi colora il viso, quando lo accarezzo. Ha le fontanelle aperte, sai? una traccia lieve sotto il cappello per sentirti arrivare fin qui, nei due bracci del fiume, come un ruscello, sopra i frutteti del cuore.
Ci vorrà un vento favorevole
ad asciugare i suoi occhi, per stare nella luce
che la luce scopre.
Id: 47373 Data: 19/02/2018 19:30:59
*
Al silenzio
Al grido di un'uccella m'inginocchio
in fondo al campo, dietro al mirto, povera come non sono stata mai, senza nome. Tu, dall'altra parte, mi vieni incontro, uguale- la nughedda fra le mani e un dolore comune- al movimento delle rose sulla porta di casa:
una curva, la pianta, il suo fiore nell'aria. Siamo raccolti in questa stella in un albero che si spalanca al cielo, a un’onda, che sorge, prende la luce, e riaffonda nel mare, al silenzio.
Id: 47216 Data: 14/02/2018 20:41:26
*
Una foresta appena nata
È solo umano, dici, separare i vivi e i morti, solo umano. Questa la trasformazione? Imprimersi la terra dolorosa e divenire quelle api trasparenti che posano al riparo il latte d'oro dalla perdita?- La casa e il fontanile, la baracca per dipingere di babbo, la cassetta per i merli ai ripostigli della neve- L’amigdala dei padri è nostro mantello?
Il vaso umano il frutto e il grappolo, la speranza? Ti ho lasciata andare via proprio ieri sera, e tu sei tornata indietro, in una notte, come quell’amica alla radura portando in mano doni antichi, dal di dentro. Sul tuo fiato trema, la mia mano, più vicina al piccolo seme ridente-
se il caldo del sole
che avverto in preghiera è il mite fruscio di ogni radice il peso dei passi alla fontana, le piccole ombre ricche di voci.
Ubbidiente al bruno splendore della tua forza, al mantello nel vento della tua lamentazione, sprofondo, nell'infinita richiesta di questo silenzio, e respiro, respiro come una foresta appena nata.
Id: 47138 Data: 11/02/2018 19:51:35
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Stellario la tua mano, il tuo mantello
Uno stellario, la tua mano, che vuole solo respirare, tutto qui, sporgersi nel vento che viene, se cammini, con l'alba dilatata in fondo agli occhi- tacere, fra gli alberi, tacere gli alberi bianchi di neve o di fiori. Io credo. Sul rossochiaro del tuo dito
ho imparato anche a dormire- tra il luccichio delle ginestre e l'immobile travaglio di quel masso- con le curve della voce, la spirale del nibbio, a dare vita, dove hai disteso la famiglia e un posto buono, per restare il tuo mantello.
Id: 47132 Data: 11/02/2018 13:46:11
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Silenzioso compagno
Silenzioso compagno, la nuvola e il mio laghetto, il tuo mare e questo pianto, sono l'un l'altro, al ponte del mezzo mestolo:
ci laviamo la faccia nel nostro catino, quel poco d’acqua che resta va insieme, versata dal ponte, al suo fiume, perché possa raggiungere il fondo della cascata, intera, trova quiete nel cadere. Così
fra le tue dita già bagnate d’inchiostro, ha vissuto ogni poesia, prima degli occhi, per uscire dal suo mantello naturalmente, come una pianta quando buca la terra, e il suo fiore, che vediamo cadere soltanto quando il vento è finito-
o l’uccella siberiana, prima che smetta di piovere, perché ha il canto dei fiocchi sotto la neve, di qualcosa di nuovo che cresce fra loro.
Immagine Daria Petrilli
Id: 47101 Data: 09/02/2018 21:12:01
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La piccola rosa camuna
La vita comincia con un nodo, quel piccolo cerchietto all’ombelico continua fra i capelli, tra le reti e le tue vele, alle corde di montagna, con i fili di sutura, per fermare il nostro sangue, o i viaggi di un tappeto. Se vuoi piangere, sta in gola, per sorridere, a un anello.
Risalendo un fiume sacro, con due donne che cantavano, mi ricordo di quei nodi che facevano alla corda per il tempo che scorreva, per non perdersi al ritorno.
Ho posato un nodo piano
l’ottavo di febbraio, al salice in giardino, e quello per domani, di babbo andato via, lo intreccerò alla ginza, all'albera in preghiera- a due rami in matrimonio ed ai suoi piedi, nuda nasconderò la rosa,
la piccola camuna-
Se un giorno passerai dentro al boscovecchio posa la tua mano fra le sue coppelle saprò che hai ritrovato il principio al nostro filo, il bisso d'acquabuona che ci sposa al cielo.
Id: 47081 Data: 08/02/2018 20:00:27
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Il salmo della neve
-Le prime luci
Il salmo della neve
Per stupirsene-
E tu? Annoti ancora i moti delle lune? Gli scatti della luce, quando va sugli alberi? Ti chiedi appena sveglio come fanno a sollevare ogni frutto sulle cime? C’è chi semina i fiori delle felci-
questo mi rispondi e non ti fermi dal centro del tuo cuore fino al limite- anche l’ossigeno esfolia tutto il ferro portandolo alle briciole, come sa una lama, ma quando incontra l’idrogeno che ama...
tu, come una sposa, tu ti bagni- come una sposa che va al suo matrimonio - qualcuno è infelice perché mescola, nient’altro ottenendo, solamente soluzioni, senza legare gli elementi in uno nuovo - con l’acquabuona che nasce. Fra le gambe
da quel momento cominciò a vibrare la tua membrana tesa cielo a cielo, facendosi piccola e dopo dilatata, con il ritmo che diede vita a una danza.
-Dov’era l’aria, che cosa ti avvolgeva se respiravi senza alcun respiro? Chi ti proteggeva? Era di notte?- Un oceano celeste, tutte le membrane confuse alle stringhe tinte di oro rosso.-
Era l'ardore profondo a brillare, il germinale bambino di luce, che offriva calore al suono universo formando l’impronta indelebile e chiara da così lontano, per poi ritirarsi in quel punto, il più piccolo, da equivalere al massimo grado di ogni estensione.? Così nacque il fuoco, da questo calore e, dopo, la luce, che adesso mangiamo? Con una parola un’onda una voce, così è dei colori di tutte le piume che sono ancora rinchiusi nell’uovo, nel corpo nero di un arcobaleno-
le gocce i globuli i punti, una perla,
la nube squarciata da quella luce, la tua fornace in perfetto equilibrio si è dilatata andando all’amore, che ancora viaggia nel suono più antico, portando i semi dai primi nidi in cui l’universo ha preso a riunirsi.
E' questa danza che schiaccia l’oblio, il suono che resta della tua voce- che definisce la forma alle cose riportandole insieme dentro l'origine di quelle stringhe confuse alle brane fino al pulviscolo dentro la gola
e dentro la pioggia -tutta indistinta-
un’ombra soltanto, se può proiettarsi sopra le mani, che stendo, bianchissima, un residuo speciale, come gli anfratti della mia casa, che un lume soltanto può rischiarare, se sono vicini a quella tenue fonte di luce, fino al confondersi delle falene-
per ritornare alla vita assoluta
al principio silente, a vibrare di nuovo nell’hara del mantra, al fondo di un amen
nella dolcezza del suono immortale delle due curve dell’ Oṁ che sorreggono il bindu riunito in un unico punto su di un velario, ostenso, per sempre.
Id: 47033 Data: 06/02/2018 22:12:32
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Naftalì
< Naftalì >
Se batti con la voce sulle labbra di volta in volta la casa è costruita.
Per questo hai disteso una cortina, un patto sacro, sulle nostre membra nascondendo la tua isola nel centro? Tra gli uccelli e i filatteri delle albere
per dire tutto insieme quel che vedo ho dato un nome al passo con la cerva, laggiù in fondo, dove va il suo respiro- prima degli occhi e della voce, la segreta-
Ora è chiara la pronuncia nella gola, chiara come la tua mano benedetta, mentre sillabo nell'aria : Naftalì- si dischiude da ogni lato della bocca la rosa delle valli più profonde-
come un sabato o il dolce capomese al grido antico di una partoriente- da quella luce nascosta esce un raggio che riallaccia i legami con la gioia-
Questo fa nel pomeriggio una preghiera, il mio canto dei gradini a bassa voce, quando penetra la tenda con la nube. Dove tu sei, di volta in volta, nostra casa
non posso dire <Naftalì> se non cammino se non vado con lei a cercare l'acqua.
Id: 46969 Data: 03/02/2018 20:17:51
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Lascolto del fiore
Si apre piano
la lunga tenda gialla sopra il giardino. Porto al cuore le mani, piccole spinte e una sola parola per dire la pelle-
toccando il tuo viso le braccia la schiena e il tuo sesso- s'innalza nel cielo, bello semplice azzurro; un giovane albero è l'ombra leggera sotto il fogliame, un uccello sacro, sul muro della mia stanza.
Tace l'immaginazione.
Ti ascolto, come quel fiore arancione
che ha sentito il mio desiderio, e si è dichiuso,
come fa il bene, silenziosamente.
Id: 46896 Data: 30/01/2018 13:30:43
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...se tu segui tua stella
Se tu segui tua stella non puoi fallire a glorioso porto
Divina Commedia, Inferno, Canto XV versi 55-56
Seguo la linea quando scompare dietro una curva - come il tornante che offusca la cima salendo gli dei e sembra di scendere- l’intima stella, più grande di me. L'ascolto obbediente mentre l’acqua finisce e l’ultima legna è sul fuoco a bruciare il brillio naturale la carne del soffio, la sua direzione. Con le ossa nell’aria lo stesso cammino
nell’oscuro dell’abse mi insegna a vedere dove il silenzio non sta senza verbo, a tenere un diario, a scrivere lettere mi inchino, confusa - Di fronte a che cosa tu fai riverenza? A chi ti inginocchi?-
Assentendo alla vita, io credo, soltanto se chino il mio capo, cadendo vicino al verde nel vero alla sua primavera al suono che fa sentire che “ vr” dispone nell’aria la pioggia dei fiori che l’acqua raccolta nel cuore a giumella offre al pensiero e alle mani il sapore
dal basso continuo, andando alla gioia se dalla terra imparo il respiro.
Scultura Georg Kolbe
Id: 46857 Data: 28/01/2018 15:16:14
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Rayuela
Quel luogo che ora tace, la mia casa, come chi ha protetto l’aglio tutta notte, è il rosso della gioia verso l'alba per la piccola rayuela che ha saltato dalla cipressa al tiglio- un anno intero fra gli anelli delle chiocciole e dei bruchi, annodando filo a filo con le mani le albere del sole ai vecchi nidi, fino a sentire sante le ginocchia al pianoro dei dormienti, in cima a Bàdolo- e un perpetuo sulla lingua, i suoi amori.
Una perla di buio, al boscovecchio, ha cresciuto la preghiera di incontrarli, aprendosi in un fiume di portata, per contenere l'immenso e lo splendore di una coppia di daini - come gli angeli, quando entrano negli occhi con un canto
e dentro agli occhi, mite, fanno piovere la grande nevicata della luce.
Id: 46795 Data: 25/01/2018 18:10:15
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Nel graduale che ci spoglia fino al salmo
Un vento vivo in assenza della pelle, di volta in volta con il gesto delicato della luce quando va intorno agli alberi, mi lascia immaginare dove sei
con i brevi movimenti della linfa, se bisbigli una parola, la più lunga, tenendola nel cavo delle mani, quel più di ogni giorno che rinnovi
nel tragitto silenzioso verso il sole- così se tocchi un fiore e la radice si muove come un cuore benedetto
all’incontro dell’amore e il ribes bianco dì loro che ti amo in cosa che vedi nel graduale che ci spoglia fino al salmo.
Id: 46662 Data: 19/01/2018 21:11:41
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Un angelo ci serve e ogni notte
Un angelo ci serve, e ogni notte, come un osso leggero ama volare alla festa degli azzimi e le rose, per offrire la prima comunione, dove gli uomini riposano le mani.
Ascolto il riso che rinnova l’acquaviva di quel messia che serve capovolto, come un diacono radioso, alla sua mensa, i prescelti, divisi fra domande su chi fosse il più grande dopo lui. Quanta tenerezza in ogni angolo, ai piedi del suo credo, per gli amici. Simon Simon...quanta fatica per farti diventare il nome Pietro, sotto il vaglio del grande divisore, come il grano. La fede è una cordata
anche per Dio. Ascolto il batticuore,
mentre prega, per la fede di suo figlio,
e che confermi i suoi fratelli, convertito.
L’ascolto nel vangelo tenerissimo di Luca
quando supplica di armarsi di una spada,
di vendere ciascuno il suo mantello-
così prezioso che anche dato in pegno veniva reso al debitore per scaldarsi ad ogni notte. Ascolto come dormono i compagni, sfuggendo dal dolore, mentre l'ombra si allontana tra gli ulivi, e a un tiro di sasso, si inginocchia- ripetendo nel deserto a un filo d’arco il grido di una donna al suo neonato-
E' l’agonia, la vera lotta per l'amore, del sudore che gli scende dalla fronte. Non è l’Adam che raschia sulla terra,
e il rosso del sangue che lei beve non è forse di Abele, suo fratello? Dove sei stato?
Solo questo conta, domandare :
dove sei. Tu li hai svegliati,
quando Giuda era vicino al segno pervertito, che colpiva, senza spada, l’alleanza con un bacio.-
L'ultimo sguardo di quella notte estrema è stato per il giovane Simon- l’ultimo appiglio tra gli affetti, rinnegati a una ragazza senza nome per la via, rubando, oltre al futuro, il suo passato- più di quanto lo possa un tradimento- col suo sguardo dialogò, l’ultima volta, fino a quando non divenne il nome Pietro, in mezzo al pianto, mentre lui spariva verso il sinedrio che mutava le parole, e da Pilato, con il suo nuovo amico, che gli pose quella tunica vistosa, quale re, dimenticando la giustizia.-
Padrenostro, chi c’era alla salita? Se a uno straniero fu ordinato di seguirti - con le stesse tue parole per Simon- ti seguì, fino alle croce, col suo nome e le tre donne appena in lontananza tra la folla di lebbrosi e prostitute. Ti sei voltato, per il rumore sopra il petto di tutte quelle peccatrici, oltre le mura, con le parole della profezia. Sei giunto in cima chiedendo ancora tempo, e nel tempo del perdono sulla croce, di nuovo satana ha tentato la discesa del tuo corpo, come un tempo sul pinnacolo.-
A scendere è stata l’ora sesta, improvvisando il buio dentro al giorno sconvolgendo la natura per tre ore, fino all’ultima consegna del respiro, che ha portato il nuovo Adam a compimento. Mi fermo su chi guarda gli occhi chiusi di chi ha reso l’anima, Gesù: il centurione, e una folla di spiantati, i conoscenti, le donne e quel Giuseppe del sinedrio, l’obiettore di coscienza, che prese il corpo e lo raccolse nella sindone posandolo al sepolcro. Il giorno dopo è già sabato a quel tempo di Gesù.
Di Gesù è il sabato dolcissimo per entrare nel ventre della sposa che stava preparando i suoi profumi , per il passaggio di quel soave odore, delle donne sul corpo dell’amato; nella pasqua è già domenica, al tramonto, se le stesse, testimoni della morte, lo vedono nel vuoto - del risorto credere è vedere, amore mio, accompagnando l’amato dove muore-
hanno tanto camminato insieme a lui, per servire come apostole l’annuncio, ricordando agli increduli che un Dio è sempre nuovo nei doni che ti offre- così alla coppia dei discepoli per strada, che riflettevano sulla fine della storia- troppo giovani per ricordare la promessa tramandata dai profeti, il compimento- eppure si è accostato, giungendo a casa loro, spezzando ancora il corpo sulla tavola, lasciando agli ultimi il riconoscimento. E poi sparire- non prima della supplica al suo Pietro, con le mani e con i piedi di un amante che rimane in carne ed ossa fra il calore delle membra- Non credeva stupefatto per la gioia..! Finché le labbra ripresero a mangiare la sua pasqua benedetta con lo sposo.
Hai dovuto amare così tanto per farci camminare come al buio. Ed ora, dopo tutti questi anni, sei tu
l’accanto che vediamo nell’angelo ogni notte, che ci serve?
Id: 46591 Data: 16/01/2018 18:23:18
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Il tocco di una piuma sul tamburo
Si muoveva sulla curva della luce di un vento piccolo, disteso fra l’anello e il bianco inizio di una liturgia- nella baia tra il seno e le tue spalle, fluiva nel silenzio reso grande da un cadere che la teneva accanto al suo pregare, e per tutta la lunghezza niente più l’avrebbe sollevata dal calore radunato nel suo centro.
Ed ora che la storia, ricongiunta, vive tutta nel segno di una mano, quella vera, che si sogna mentre piangi, c’è qualcosa di inudibile nel suono- come solo fa una piuma su un tamburo- che oltrepassa la pelle, quando trema
la visione in fondo agli occhi che rimane, dopo il tocco inavvertito, la passione.
Id: 46546 Data: 15/01/2018 15:52:06
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Un buco è tutto per la luce
Benedetto dall’esistenza, e dal suo peso, l’oceano pur immenso resta calmo, tra le infinite madri della terra, facendo boschi nuovi di ogni onda, spingendo sulle palpebre le mani nel luogo più profondo, il più elevato, per sbucare nei polmoni di un fratello con l’odore delle lettere del pane. Dove l’acqua va nel bianco e si ritira
attaccheremo noi al seno la sua voce, la coveremo come un fuoco, a cielo aperto, muovendo l’aria, e fosse solo un goccio, la saliva, è quello che ci serve, per la limpia tra il sambuco e il falso pepe, a risalire i pozzi insieme al canto del più piccolo respiro della polvere -
perché tutto è una ferita, e un buco è tutto per la luce.
Id: 46500 Data: 13/01/2018 20:58:38
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Noi crede
Noi crede al riflesso sulla vera dei pozzi, quando rotola via con gli anelli dell'acqua, a un punto d'unione, al cuore del petto Noi crede alla veste che ancora indossiamo degli stessi bambini, nel piegare la notte, Noi crede, ostinata, alla sola preghiera che viene in silenzio per tutto il giorno
Noi crede al magenta, nella sua offerta, al buco scavato per dare alla vita quel bisso che lega le due campanelle, che suonano insieme il nome armonia Noi crede alle ciotole fatte di creta, alla mesa, alle foglie, e in cima, alle pietre, che chiudono il seme, protetto dal gelo
Noi crede nel verbo abbacinare, quando entra nell’aria mentre ti scrivo del mistero passato sopra le labbra, alla voce che resta del suo celeste, mentre sprofonda con tutte le ossa nella fiamma che torna dove fa buio.
Id: 46487 Data: 13/01/2018 10:19:01
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La sua mano
Il confine è ancora la sua mano, e lo sguardo origina dal buio. Basta un’eco, appena il tempo di passare, che un occhio solo già distingue il nido.
E qualcuno è proprio qui che trema- nel luogo dell’origine del grido di quell’albera- non le cime azzurre o le apicali delle sue radici, a tremare è il corpo che sta in mezzo, più modesto di un servo o di un padrone- dove passa l’alburno con la sete,
come fosse il concerto di tre angeli, quando sconfina in una viola sola.
Disegno Antonella Schiralli
Id: 46437 Data: 11/01/2018 17:25:39
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Come un fiume una lacrima soltanto
Come un fiume una lacrima soltanto mi sfiorava con il canto, in madrelingua, delle donne che corrono fra i lupi, tanto il peso era ai fianchi della casa che mutava la forma del destino, confondendo nella storia la magia delle zampe bianche come un giglio.
Era il Capodanno delle bestie, e in pieno petto disegnavi coi colori dell’onda di Hokusai, sull’Ararat, con tutto il peso della luce quando preme tra le ali e gli alberi dell’anima_
ogni favola è piena di ginocchia, salvate in fondo al mare, con un sogno che sale lentamente poi si dona,
fino a sorgere la carne per la carne_
che scivola dall'occhio di chi sogna come un fiume in una lacrima soltanto.
Dipinto di Antonella Schiralli
Id: 46388 Data: 09/01/2018 19:49:29
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Nel sonno senza sogni
Sei venuto nel sonno senza sogni, fasciato di bianco, e col nero hai confuso i tuoi pesci alle uccelle. Con le spalle coperte dal vento
quanta calma al risveglio, mio sposo, capovolta nel solco di luce, dove i nomi hanno i mesi più belli, nel giardino del corpo, e la fame, il lentissimo bacio che porta, ora è un pane, scambiato nel ventre, con la tua noce d’oro, che sale.
Dipinto Escher, Cielo e acqua
Id: 46322 Data: 07/01/2018 17:31:37
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il bambino di luce
C’è nella tua mano la purezza di una danza religiosa, fra la riserva delle dita, il tremolio, un movimento proprio alla verginità, e un guardare lontano da se stessi, una mano che segue da sola il cammino, e va paurosa, ferita, di nuovo contenta, va, profondamente, sotto il volto di una casa, che sta sopra di lei come una stella, che non osserva, soltanto risplende.
Stamattina ho disegnato i fogli bianchi del libro d'ore che mi è giunto per Natale, obbedendo al nostro orecchio debole, come una cosa alle leggi profonde. Poi è salita di nuovo la luna e ancora una volta sono andata dagli alberi - non distingueresti le mie mani, ora, prolungate nei polmoni, dal tuo canto. Dalla conca benedetta delle neve
ho preso a casa tre bacche gemelle sdraiate sul pino dormiente, quello argentato, per donare al presepe dei piccoli magi.
Al vecchio tiglio ho lasciato un haiku del bambino di luce, in fondo alla pancia, nel suo mantello l’annunciazione.
Id: 46299 Data: 06/01/2018 22:09:52
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Nel credo tu entri verdeluce
Dove si trova il quarzo che ricorda
di rimanere sprofondati come neve
ed innalzarsi nel credo che noi è
più grande di ogni angelo, tu entri
bevendo silenzioso al nostro ventre
come una parola che hai compreso
nella porziuncola di pace verdeluce.
Id: 46277 Data: 06/01/2018 15:28:40
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Quando vai a fare i fiori
Cosa vedono i tuoi occhi quando vai a fare i fiori, la porta stretta di una retina dove s'inginocchia il cielo?
Come ride, una parola, che ti muore, ancora prima, quando vuole disegnare
il suo respiro?
Se congiungi il campo di una lacrima, da cui riparte il filo, alla radura, che appena visibile cammina, nel continuo movimento di un miracolo a comporre la sua voce, va alla gioia, con il riso, come fosse una preghiera.
Id: 46252 Data: 05/01/2018 18:20:49
*
Fra lintimo dellacqua, una celesta
Quel rosso che ti appare in controluce è una veglia solamente, un obbedisco, mentre il fiume mi ricopre come neve, con lo stesso respiro che conosco delle bestie, nel tepore, quando è buio.
La folata di vento che ti porta arriva a toccare per la grazia lo scintillio della risata, la mano stessa del miracolo, sul fuso della dita. Nel vangelo mai fermo, che stupisce
con tutto ciò che si oppone alla morte, la ferita più profonda che si allarga, sul mio viso, fertile, è la pace- la gioia di portarti sulla bocca, nel buco più divino del midollo- dove entra ogni notte quel bambino sulla barca celeste. Come un santo
nell’erezione di Moseh oscilla ancora, con la testa nell'arca delle madri, allo splendore delle nostre contrazioni, facendo delle vertebre un dipinto- del bimbo rosso, tra i giunchi che si allargano, il passaggio di ogni porta- e la parola, con la spinta che diffonde quando è ora, fra l'intimo dell'acqua, una celesta.
Id: 46212 Data: 04/01/2018 19:29:42
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Nel lungo viaggio della voce
Assimilo nel buio la tua luce, piano piano padremio- ne ho fatto un cuore come cibo, ripetendo: sarà un uomo il primo a entrare in casa, l’anno nuovo, o almeno la sua voce, insieme all’aria- dove siamo rimasti senza braccia ho tenuto fede alla promessa.
Se avessi tolto prima la cornice ti sarebbe apparsa nel perimetro la tela con il colore originale dello sfondo, il rosso vivo di una cocciniglia, nel ritratto di cenere e silenzi, l’addome magro, sul volume di preghiere.
Sei stato, tra le lacrime serene, una stradina per l’anticipo del vento, nel lungo viaggio della voce dentro casa, la prima, nella stanza dei tesori.
Id: 46177 Data: 03/01/2018 20:17:22
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Come un frutto, come casa tua
Ti scrivo da una cella silenziosa,
senza quasi un alito di vento,
nel movimento delle mani è già domani,
e il suo grazie, nella notte, fa il tuo nome.
Lasciamo che tutto accada ora,
come vuole ricadere l’anno nuovo,
come un frutto, come casa tua.
L’amore non può chiudersi, come impara a fare una ferita. La morte piccola, che ha preso l’anno vecchio, è il nostro frutto, in cui ha avuto amore,
e quella grande, che ci portiamo dentro, è la sua luce, che va bevendo il succo.
Id: 46107 Data: 01/01/2018 19:07:41
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Fra il mattutino e un’Ave Maria
La casa respira, anima mia, chiude gli occhi e ringrazia; il suo palmo è chiaro le sue linee profonde al centro del corpo le lacrime hanno un vestito azzurro e i fiocchi di neve coronano i piedi come fratelli di latte. Conosci l’albera che ride con me
i bambini di luce che custodiscono gli angeli e il ramo del vischio che porta in giro le gemme. Più dolci della felicità I tuoi riccioli neri rivestono ora i bianchi misteri dei colli, le pietre, le case, i nostri sassi, le forme sante del pane; tanti piccoli sentieri bianchi che si intrecciano fitti per poi svanire nei buchi amati dell’albera del noce, dal letto di morte alla sua infanzia resuscitando la bellezza delle madri vissute secondo la carne, in un alito, nella forma chiusa di Adamo, una tana da uccello.
Lì, dentro il tuo libro d’ore, farò Capodanno, seguendo il vento lieve delle tue mani educate a vicenda, all’amore, guarderò a lungo ciò che mi feriva delle tue ferite più profonde, contando le ossa ad una ad una, le parole che danno un grande freddo.
Pregherò per loro, stanotte- e fin d’ora domando perdono se chiamerò mio sposo ogni verso, compagno e fratello, passando le dita sull’inchiostro a migliaia di anni, sul ragazzo luminoso che discende verso il grande lago - a capo chino, fin quando la bambina che contieni colerà nella mia gola il nuovo anno, con le mani del nostro saluto e il più grande congedo, riuniti
come sappiamo accadere ogni giorno fra il mattutino e un'Ave Maria.
Id: 46074 Data: 31/12/2017 11:34:43
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Benedetto il tuo Natale
E sai come attendere tu, camminando con gli occhi, la voce nel petto come fosse una stanza, per vivere ancora colma di luce. -
Posso solo raccontarti di quel poco intravisto per bagliori nel mantello- la santità del movimento, non il detto, ma ciò che ho ascoltato riponendo le sillabe bagnate sotto l’aria - abbandonata alla dolce eucarestia, ho condotto per te ogni preghiera, e mangiando alla tua bocca contagiosa, è nato il mondo, da cui nessuno torna.
Fedele al passo che matura il pane sei tu la grande morte e il mio risveglio, chi cerca e chi è cercato in te è scomparso, se ogni giorno ricomincia dalla stessa pozzanghera di pace trasparente, dove il cielo si rispecchia ed il tramonto indugia con la luce nel miracolo del suo laghetto azzurro verdemare.
Ed ora posso rannicchiarmi silenziosa come un germe tutto intero che si affida al tremore più solenne della terra sussurrando benedetto il tuo Natale
Id: 45906 Data: 23/12/2017 13:02:48
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se avessi voce per Natale
Così ti starei in pancia, figlio mio, appoggiata al cuore sacro del tuo nome, con lo sguardo stupefatto e senza peso-
giacendo indistinguibile e morendo prima di raggiungere il tuo verbo. È mattino pieno in questa notte dove andrei se avessi voce per Natale, con la mano che bisbiglia e ricomincia dal lembo di silenzio che mi avvolge, prendendo a poco a poco intensità, il corpo nudo che ti restituisco-
nell'immensa luce rovesciata, per sentirti deglutire fino al canto perché tu sia ogni cosa quando cresce.
Id: 45852 Data: 20/12/2017 20:49:08
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Madremia
Un indugio il colore delle sillabe, l’accento è un ritardo, e il culmine, nell’andamento claudicante del respiro; non è la cima dei monti all’orizzonte, o la profondità delle foreste, sono le pagine di un erbario remotissimo, dove ti metti con la lingua, per tacere.
Eppure un suono vibra, flebilmente, mentre porto l’acqua nel torrente in secca, se raccolgo i panni, quando taglio legna, io ti sento, nel silenzio, che disponi i tuoi rami con i fiori, al centro del mondo.
Nessun grande cielo a luccicare sulle colline di sasso, solo un andare tra fango e terriccio, da un sorgente a quell’altra- un ciuffo d’erba grigia, scie di nebbia che sfumano i contorni del mio semplice vestire, rendendo radioso l’odore delle pigne che hai bagnato - le cose si conoscono tra loro si frequentano il fontanile del tuo sentiero, la cerva da un solo fianco mostrando cosa appariva come un velo -
Il te bollente Mentre sorge la luna intiepidisce
Non il suo riflesso quando sfiora le labbra
Tanto da tacere già dentro la parola fra le maglie che si aprono per fremiti riassorbite sulla pelle, così chiara da non potersi trattenere in un pensiero- un semplice barlume lascia il posto al suo riflesso, e nel miracolo salato il cavo d’onda diviene un nuovo pieno- Madremia,
ho rispettato il giuramento da soli cinque giorni, sul focolare il minimo colpo farebbe cadere i ceppi, e le braci conserverebbero ancora la forma che ti ho promesso, cadendo, e in più la luce. Domani sei nata e il tormento si placa di colpo, come sotto il tiglio, quando ci respirava e si accostava a noi, per un lungo momento, aiutando i nostri fiori a schiudersi, indicando il sentiero possibile dei caprioli, il rifugio, la dimora dei girasoli per la raccolta dei semi. La speranza. Non è certo la morte ora a impedirci di credere all’eternità di ogni minima cosa, al suo nome - io credo- a ogni luogo dai mesi bellissimi, ai bambini qua e là, donne e fiumesse che si scambiano ricordi di albere e poesie improvvisate, con lacrime raccolte nel tutto della gioia, ad ogni tornante delle nostre braccia-
Da ogni fiore la promessa del frutto L’ultima brina
Lo spostamento immenso del freddo è questa onda che s’inarca da cinque anni fino al semplice tratto di schiuma, in migliaia di vite, stanotte, la nostra lingua,
la veduta di alberate ed un vapore annidato nella foschia che si disperde. Se oggi dico “ mi ami” e rispondi “ anche tu” , sbucano i verbi come la vita stessa se ripeto saltimbraccio, per amarti più veloce, magento, nel sorriso del tuo nome, senza aggiungere altro, Silvana.
Il te scaldato e il fuoco tutta notte Quante le veglie
Tengo in me le ceneri e il ricordo del freddo.
Id: 45724 Data: 15/12/2017 10:44:36
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Fiume di portata
Quando il mio vuoto cristallino accoglierà la tua lucente propensione saremo ancora maschio e femmina. Soltanto
le lingue azzurre nelle bocche che si baciano, fra la pioggia di saliva più celeste, faranno insieme di ogni coppia un angelo, del vapore un fiume di portata-
staccando in fondo ai reni una valanga trasportata dal torrente del magenta nelle falde più profonde per sgorgare al centro esatto dell’orecchio, immacolato
avremo il sole nella testa, e il nostro anello, conservato al dito come in un ciborio, allatterà l’immagine e il suo angelo, la sigizia benedetta che è in amore.
Id: 45524 Data: 06/12/2017 21:07:14
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Sul sentiero dell’amore per Duino
Ti ho sognato al molo di Trieste
cercando un libro di poesie sopra il banchetto, e sul sentiero dell’amore per Duino che leggevi sottovoce le elegie
con l’odore delle rose nevicate che alla decima scioglieva in mezzo al petto l’umidità dei nostri occhi e quella luce il lamento in un giubilo dorato.
Id: 45504 Data: 05/12/2017 21:57:36
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il senso della luce
Con quale pace si raccolgono le foglie le ultime, nel freddo, intorno ai rami, hanno il movimento di una madre che ha mangiato tanta terra con il sole, con le ginocchia piantate nella medica
lasciando poi che cadano le vesti nel suo più veroposto, nella yurta.
Ha il senso della luce, una ferita, la piaga luminosa del congedo, se la tagli rifiorisce, lacrimando l’indomani è una foresta che si alza, per invitare un angelo ad entrare
nella stessa posizione di riposo che avevano alla nascita i germogli.
Id: 45480 Data: 04/12/2017 21:06:04
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Nel sonno del tuo nome
Dov’è che ti fa male per Natale
alla corona delle tue ginocchia,
o alle preghiere? Tu lo sai.
Eri certa del fulmine alla vita,
se ti sei divisa il petto in lunghe ali.
volando via dall’isola con Elba,
dai più morbidi rifugi color rame,
a cercare luce asciutta e vento forte.
La tua dolomia ora è un giuramento,
sulle pareti scure, che protegge
un albero nell’albero, e in silenzio
resistono gli anelli della volta
ai ripostigli della neve sopra casa.
Ti sentirò arrivare da lontano,
bagnata del celeste di mio padre,
portando bende calde, affonderò
nel sonno del tuo nome, mia silvana.
Immagine Jeanie Tomanek
Id: 45432 Data: 02/12/2017 11:44:30
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Il peso delle donne senza nome
Pronunciando Mosè dici l’ostetrico delle Miriam che lo hanno messo al mondo, dal grembo naturale al suo cestello, è vocazione il nome, di Pietro di Simone, un compito preciso la chiamata, come sulla terra, la promessa, c’è il soffio di Giosuè e poi Gesù -
e tutte quelle donne che continuarono a seguirlo
compagne del morente, che è ancora vita, senza nome, loro che “Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole.” le donne non chiamate, donne laiche, oltre il masso, rotolato via con il timore, le apostole degli Apostoli, madri testimoni della morte, della sua deposizione, di chi risorge
con quale nome? Chi non esiste è grande peso.
Nell’acqua amara dell’amniotico rimane ripetuto il nome di Maria, non altro quasi, dal ventre pieno al vuoto della tomba. E fosse solo questo, basterebbe
il coraggio della prima, a costo della vita, nel domandare all’Angelo la via; o quello dell’ostinata scavatrice sulla torre, la prima donna ricomposta nel suo corpo- non è un caso, proprio lei, di Magdala la possibilità di essere chiamata col suo nome nel luogo più preciso di ““Maria!”
“Rabbuni”- anche tu ti sei commosso
fino al pianto, nella casa di Betania, per tirare fuori l’uomo e farlo alzare,
con un grido. Chi non esiste è un peso che farà dei piedi una maestra, dello scarto un tempio esatto nell’accogliere il viandante con le orecchie-
due volte solo hai accusato la tua sete con un imperativo, sulla croce, e, davanti al pozzo, alla straniera- a qualcuno che non c’è, la macchia nera di Samaria, che hai assetato domandando acqua, e lei, nel ministero dello svuotamento, ti ha sposato. Nessuno mangia più da quell’incontro nessuno beve altro che l’amore,
celebrando la più vera eucarestia. Nel punto luce che riconsegna la bellezza
coloro il ventre d’acqua nel deserto dipingendo la donna cananea
col verdemare dei suoi occhi glauchi, la fenicia che seduce con i cani riconoscendo un pane buono nei frantumi. Verde anche la dramma, e chi la cerca al lume
per la prima comunione; con il rosso del sangue del tabù, l’emoroissa, la più lebbrosa degli infetti, senza chiesa, e bianco il tocco delle mani sul mantello. Col celeste dell’azzurro di Maria coloro il primo figlio di una donna senza Abramo, la sua rivoluzione per il mondo.
Tengo il giallo per la fine, della vedova,
una macchia di sole abbacinante, la perfetta- fra i dottori seduti ai primi seggi c’è il suo cuore, e tutto ciò che ha una poesia.
Id: 45330 Data: 26/11/2017 18:11:15
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Con la semplice preghiera di un papavero
Volevo compensare la paura del neonato
spiegando il grido che fa tremare l’aria quando esce dalla notte, nella luce i piccoli polmoni, le sue ossa.
Non senti che sei l’uomo nella donna, il riso di una madre al suo bambino? Nella pena del travaglio l’agonia non è miseria, ma l’odore che fa un giovane terriccio appena nato dalle foglie morte- l’invito all’alito sincero viene su come un tesoro-
nello strazio che si apre e perde sangue nel parto di tuo figlio. Non fermarti, non fermarti che per continuare il balbettio, per ricomporre ogni frammento delle foglie che hanno brillato prima di finire. Al punto di incontro delle fonti, ai nostri piedi,
la sorgente è un albero nel suo disfarsi, e il cuore, del gigante che si spezza, un’acqua pura, il lavoro di una vita nel suo andare a quell’aurora che noi chiamiamo fissa.
Con la semplice preghiera di un papavero-
che malgrado il forte vento lo scompigli, mantiene nei frammenti dei suoi petali il rosso intenso che la pioggia non attenua,
-raccolgo le mie cose nel silenzio e zoppicando, verso l’alveare, ti ripeto : c’è un liquido vermiglio che per sempre alzerà il velo ai nostri occhi;
siamo un campo rifiorito di lavanda che a forza di morire per l’essenza si veste fino a perdersi in un blu del tutto senza peso, fra i colori, e attraverso i suoi vuoti, con la luce, si unisce alla terra più leggero, come solo una porpora sa fare quando si distende su ogni petalo.
Così mi corico al fianco di ogni sera dopo avere ripetuto il girotondo con le stesse parole, ed il tuo nome, per cadere sopra il campo, dove ride l’invisibile colore, in mezzo a noi
Id: 45145 Data: 16/11/2017 19:55:36
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Negli occhi fa la neve
Non fai altro che nascere ogni giorno svolgendo e dilatando la mia vita ti scrivevo con la cenere negli occhi
se per sempre metto insieme i nostri nomi amina con aman e poi narimi;
anche adesso che negli occhi fa la neve, bisbiglio siamo salvi, al posto giusto, che attraverso corre ancora quel bambino, col respiro più pulito che conosco
se i nostri nomi antichi messi insieme si pronunciano col suono di domenica.
Id: 45144 Data: 16/11/2017 19:27:50
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Nel vivo della carne io magento
Giravi intorno al pozzo senza posa, perché il sentiero ripetuto sotto i piedi esplodesse nella strada non percorsa, dove il grido perfetto di ogni stella ha la stessa posizione delle braccia. A farsi largo tra gli indugi delle mani
è ancora in vita il tremore del miracolo, e ogni volta che sorridi nel silenzio, l’amore rende un chiaro di continuo. Io sto bene, e so piangere di gioia, dove l'acqua scava lenta sulla pietra un lamento, poi un canto, un alleluia, e quando tace dove va, seguendo il cervo-
nel vivo della carne io magento, come un rosa cedevole di luce, per morire nuovamente sul tuo cuore- al prossimo tornante dell’aurora.
Id: 45073 Data: 13/11/2017 20:19:23
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Tu, la terra destinata, tu che vieni
Riaccendo il lume antico e, a costo della vita, ammutolisco, tra i nodi del respiro.
Le parole intanto vanno alla tua voce da principio. Ti aspetto, mi raggiungi. Ti sfioro, prendo tempo. Ti rilascio.
Posso dire solo ora < siamo insieme> mentre seguo con le dita la tua scia, con l’orecchio l’eco dei tuoi passi, per tornare al mio barlume, benedetto- trafitta e poi nutrita dal mistero di questa religiosa solitudine che fa brillare il vuoto. Lungo i fianchi
trattengo, come aria, il presagio e il tuo disegno, la traccia che riposa sull’argilla della nostra calda vibrazione e più modesta epifania- le morti , quelle piccole, tra un respiro e l’altro, ci hanno mostrato come tornare vivi, complice lo sguardo tripartito dell’apnea, tra il mattino la fiumessa e la tua casa:
vascelli, con l’amore ad ogni porta tatuati sulle stelle alle pareti, e al nostro corpo. L’uscita rimane respirare attraverso la fessura, sulla soglia, per ricevere semplicemente il buono ridente del tuo viso, che prende favola, sereno, nel largo dell' azzurro. Dove tutto affiora-
tu, la terra destinata, tu, che vieni dai millenni di un rebambino biancosale, tu, piccolo messia, con cicatrici di cristallo-
la tua voce adesso è tutta la poesia le mani pure, il libro aperto, la dorsale dal ventre al cielo. Della pietra rosso sangue distendo la sua spugna alla marina completamente nuda. In stato d’amore
il tuo manto ci ricopre con immensi occhi nasce il passato e la sua vena, sacra: la trasparenza del grappolo, la terra salva contro il freddo, e l’acqua, che risale chiara, dice gioia, da ancora più in alto, in pace sulle labbra illuminate. Anche stanotte
da lontano mi sei seduto accanto, se ti volti indietro mi sei dentro.
- Claudia Sogno, Boscovecchio, 26 Ottobre 2017 -
Id: 44798 Data: 26/10/2017 21:41:13
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Lei carezzava le piante con il sesso
Lei carezzava le piante, con il sesso
delle parole più corte sulla terra, districando i fili lunghi dei capelli con latte di riso e madrepore lucenti; inginocchiata ripeteva una preghiera
dalle radici al centro di ogni fiore.
In un respiro ho raccolto le sue lettere
nella pozza verdemare preferita con i piedi a penzoloni nel colore per vederla piantata fra le zolle mentre allatta le verbene, a seni dritti la sua acqua che risale con dolcezza nel ventre di qualcuno che lei ama-
e tra le ossa cave del suo credo
la linea alba che mi fa volare.
Id: 44631 Data: 15/10/2017 20:00:49
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Primo sale
L’albero ha già superato il vento scurendo di colore il nostro corpo, con la parola bene ed il suo opposto, sera- non la carne, celata nel profondo, oltre il verde di tutti i suoi frutteti- un coagulo d’acque scure in una coppa e la forza, di un amore colossale, trattenuta al principio della vita.
Ora so che siamo due-
le due acque che vanno in matrimonio-
che siamo nudi, se la pelle dà alla luce che fiorisce - quando sorridiamo alla stella più lontana, e il filo d’oro, che discende sulla lingua, ci raduna come primo sale.
Dipinto di Paola Collina, tratta dalla collezione Spoon River, 1991
Id: 44534 Data: 07/10/2017 22:11:37
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Prima degli occhi, a Inniò
A Pierluigi Cappello
Il tuo celeste è giunto a Inniò, La terra dei bambini di Luce,
Come te
Prima degli occhi
sei l’ immensa luce rovesciata
di una fiaccola al cuore delle spalle il grande albero che ora sta cantando di un lungo viaggio
nella stanza delle voci -
di come entrasti dalle vene luminose
per tornare coi bambini sulle dita
a congiungere ogni cosa
quando cresce nelle movenze appena
dell’alburno..
Id: 44441 Data: 01/10/2017 16:02:22
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La tua voce apre la porta a tutto ciò che può benedire
Tu che non mi hai dato nulla, dici,
nell’andare e venire,
con gli occhi puri
di un bosco che si alza,
la tua voce apre la porta
a tutto ciò che può benedire-
più riconoscibile di una madre
tutto è amore, nel solco della giada
la bava della pinna,
il vapore che si leva dal tuo bisso
come in piena,
il filo d’acqua che discende
fra le dita,
calde maestre delle mani.
Prego, poi mi bagno
come un pescatore nel suo mare,
mentre penetra il mistero,
porgendo alla sinistra
l’ultima terra del profondo,
col rigore, con la forza della carne.
Allevata nella coppa del tuo hara
è salita col respiro una bambina,
dalle caviglie fino ai reni, in una danza
si è fatta sottilissima, poi sciolta-
non altro, nella luce del tuo corpo,
non altro che un orecchio.
Mutare generando un atto magico, è morire ?
Nelle acque della crescita lei canta
saltando la sua corda, per restare
un lievito, soltanto? - Se si volta
nella spira del tuo soffio, io la vedo,
resa l'anima, che muta-
nella spada di ferro più lucente
aperta la sorgente sopra i fianchi-
liberando i nostri morti
con la vita. Si precipita nel viso,
come un sale dentro il pane,
in un'albera le ossa, e ogni vertebra
è l’anello che si sfila dalla bocca
un nodo di energia, la vera stella,
la congiunzione estrema, l’unica,
io credo,
fra il silenzio e la parola,
benedetta.
Id: 44321 Data: 22/09/2017 10:59:47
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Nel buio che immacola il respiro
Anche al buio prego di mostrarmi una strada, alla radice del tuo nome di ritornare dove si era stati a preparare doni e meraviglie
alle nuvole, da cui ricevi luce, le stesse che ti offrono la pioggia del silenzio che viviamo insieme, di indovinare il luogo preferito del lampo di carbonio, sulla pagina,
leggero come l’aria, inafferrabile, all’orlo della tunica, ai tuoi piedi, dove il remo affonda con dolcezza disteso al centro di una piccola foresta
e quando sento risuonare il riso unito alle mie doglie da principio seguo il lume dentro la tua voce nel buio grande_
che immacola il respiro.
Id: 44259 Data: 17/09/2017 15:13:51
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Il sonno delle piante
Gli uccelli in stormo o una fila di formiche
sanno che il principio fu nel verde-
e appena al terzo giorno-
se nel becco c’è un ulivo, terre emerse,
per piantare l’ebbrezza nell’asciutto, e con un gesto libero succhiare la radice con la bocca e i piedi in aria-
il tuo sesso è tenerezza sulla terra
sembra fermo, ma cammina come gli alberi -
dove un buco li ferisce viene nuovo un ramo, se gli offri la talea, propagando il suo giardino, ancora uno,
sui viticci gli apici e i germogli.
Un chiamarsi insieme che innamora
le parole più sottili delle piante
quando fanno odori in aria come rune mostrandoti l’amore, o la paura,
dai capelli i fiori bianchi per le api
fino al rosso così amato dagli uccelli
E il nostro seme, per amore,
saprà andare lontano dalla pianta
all’acquabuona ?- In qualche parte dello spazio c’è altra luce
che ogni notte accende le radici
che solleva le foglie come mani
per rendere invisibili i suoi figli,
nella stessa posizione di riposo
che avevano alla nascita i germogli-
con un un dito sulle labbra e gli occhi chiari
a ogni congedo recitare una preghiera ?
Il sonno delle piante è un testo sacro
che s’immerge nel fiume della vita
che si corica, benevolo, ai tuoi piedi,
bagnandoli, quando tutto intorno è quiete.
Id: 44177 Data: 12/09/2017 22:44:52
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Samech
Ho preso fra le mani il tuo respiro lo stabat sul confine dove il guado attraversa le vocali come i lupi con l’aria nella gola, e solo dopo la esse primigenia di Samech -
lo sfregamento, il soffio nel canale della lingua che spinge le pareti _ il lento entrare _ pulsando nei condotti dove andrà il tuo nome a rimanere l’erezione dei suoi angoli a vantaggio delle curve nella pancia - come ancella
attorno ad una i _la consonantica la corrente d’aria che commuove decomponendo il prisma della tenda
picchiando contro il ventre crea spazio
permettendo la durata con i semi
delle nostre antiche dita in mezzo ai frutti.
Id: 44146 Data: 10/09/2017 19:57:12
*
In una sola carne
Il corpo aveva perso l’equilibrio
la giusta posizione delle spalle
andava per discorsi e non parole.
Mi hai detto falle insieme, sulla soglia
fila il suono dell’estasi col sacro
e i due diventeranno in un respiro
in una sola carne il coito d’oro
di un ventre che commosso va alla gioia.
Per la violenza del grido liberato
ricadde nuovo il piombo nel bacino
passando fra i tessuti un filo rosso
e al limite del riso, la mia voce-
dove gli assi fanno croce umana-
colò il vermiglio, a poco a poco, dal cinabro
al centro della pancia, stupefatto,
lasciando che soltanto con la luce
il corpo si schiarisse, a suo riposo.
Id: 44136 Data: 09/09/2017 20:30:34
*
Acquafitta
Vita e nome sulle labbra come figli
che camminano in rilievo colmi d’echi
di un’ estate che accompagna la rincorsa
con un filo di acquafitta dentro agli occhi
salita per le braccia dell’autunno
tra le costole e il respiro farsi vento
benedetto sull’isola più sacra
apre la sua carne il sì assoluto
di una mandorla di luce trasparente
con il bisso di smeraldo la sua voce
nell’adagio più bello conosciuto
Id: 44103 Data: 07/09/2017 13:27:49
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Una stanza speciale
Saliva celeste in ogni suo verso, come su un ramo che vuole sbocciare, nel mare purpureo di questo ricordo una stanza speciale, chiamata silenzio, che dava le spalle al fascio di luce- entrava chiunque, uno alla volta, chi aveva bisogno prendeva del cibo
allungando la vita di un seme dormiente
poco lontano, appena discosta
una donna minuscola come un respiro sfilava dal sesso del proprio compagno il filo invisibile di una promessa- saliva celeste, posandola piano,
sul bianco lucente di una parola,
così tanto profonda da poterla tacere.
Id: 44089 Data: 06/09/2017 13:36:52
*
Il bimbo rosso
C’è pace, sulla porta che si apre,
nel buco più divino del midollo, dove entra ogni notte quel bambino che esce con la cenere negli occhi,
e non tocchi ancora tutto dell’amore. Con le luci capovolte della pelle abbiamo avuto ben seicento anni di millemila matrimoni nella pancia
fino al frutto che mangiammo. Siamo noi, gli stessi pesci, nell’arco della nube, e nudi come mai insieme ebbri.
Nell’erezione di Moseh oscilla ancora.. -
Non fermarti nell’arca delle madri spingi con la testa fino al nome, facendo delle vertebre un dipinto
del bimbo rosso, tra i giunchi che si allargano, l’uomo verde, il passaggio di ogni porta, penetrando nella tenebra finale-
con la stessa lingua che è la nostra.
Id: 44069 Data: 05/09/2017 11:40:19
*
Stupro ( Lo stupro di e .. )
Sei caduta ancora, e non eri sola.
Chi guarda solo è più pericoloso
di chi fa male ad altre vite sulla soglia
Chiamalo violenza non amore il suo silenzio,
le sue mani troppo grandi per linguaggio,
quando prende il tuo vapore dalla bocca,
come fossero le labbra di Claudel-
e ti fa dire che eri sola e sei caduta
dalla sedia, dalla tromba delle scale,
nell’oblio. Si scrive come “ ricordarsi”
la parola “maschio” in lingua ebraica;
ricordare della parte femminile,
il buco madre,
di un infinito cosmo popolato
che ci fonda, madrenostra da sposare.
Ricorda e
che “sel’a “ non è la costola, ma il lato,
l’altro lato della luce, che ci è data,
di una tenebra infinita alla radice
capace di brillare se compiuta
posando bocca a bocca i nostri cieli.
Non morire al niente nel silenzio, e,
se il perdono fa salva la tua vita,
la verità le annuncia tutte, con un soffio.
( Work in progress )
Id: 44050 Data: 03/09/2017 23:18:16
*
Nel mondo accanto
Basta un niente Un sopracciglio chiaro il quarto di una noce che diviene azzurro mentre canti le sue parole intorno ad un giardino e un minareto che perfora il cielo tra lunghe spine bianche e fiori gialli rifiorisce il mondo visto. Senza luce
sto venendo a casa nostra con la voce
lungo piste d'asini selvatici non avremo oggetti da scambiare
sul gran posto solo una preghiera- che quasi non ti accorgi della gioia quando sbuca in cima ai pozzi e sei nel foro al punto del principio di altri canti- con le ossa come vasi d’oro
di qualcuno che ti cammina accanto.
Id: 44018 Data: 01/09/2017 20:57:55
*
Acqua marziale
Separata dal mare da un tombolo fine di ciottoli e ghiaia, dal sale, protetta, con diversi strati d’argilla, l’acqua dolce si è fatta profonda, e in quel punto, il mantello del mare, tradisce il chiarore della sorgente marziale.
Ai piedi del costone, in tramontana, è giunta fino all’isola del cuore, ai suoi bambini, al fontanile al secchio giallo alle tue ossa, per bagnare la montagna, e i cinque frutti, la nostra felce, dirimpetto al sasso.
Sapere la tua mano di ritorno
sul loro capo come fosse casa mi offre pace, e l’acqua la parola che aspetto, vicinissima alla gioia, tra i fiori ciechi della felce amata.
Claudia Sogno
30 Agosto 2017
Id: 43998 Data: 31/08/2017 10:04:35
*
Lucida e stordita
Il punto di partenza della voce è fermo.
Rimane il secchio d’acqua che ti porto la vibrazione del legame. Rimane la sete
in un sottile movimento lungo il taglio
degli occhi di betulla che ricordo
c'è sempre qualche luce se l'aspetti-
se ti metti inginocchiato sei più grande se risplende un pianto nudo, un solo verso fessura l'infinito e rifiorisce
la speranza- è un libro fatto d'aria in cui le note della voce fanno tana illuminando il gran silenzio mentre sale lucida, e stordita, una poesia
Id: 43987 Data: 30/08/2017 12:34:08
*
Se ci tocca come fa uno sposo
Non c’è polvere, nel coraggio, né paura nella fame, consegnando al buio il nero, per eccesso della luce, il suo splendore.
Saremo lontani dall’ottava elegia, dall’accosto, la rimembranza, quando avremo colmato a misura lo scrigno? - All’aperto e di rimpetto
sarà un refolo negli occhi che ti avverte- se ci tocca come fa uno sposo, e tanto giorno, infine, nel respiro- dove vive solitaria una preghiera,
o un passo, che lento rassomiglia all’odore delle mani senza corpo, quando stanno nell’involucro di argilla, con la lingua, segreta ad ogni altra, di una luce che ancora non esplode.
Id: 43977 Data: 29/08/2017 18:19:35
*
Genet.. che lacrime sono le tue
Genet, che lacrime sono le tue?
Hanno rinchiuso il tuo volto, le mani,
fragile e donna, bisognoso. Il tuo lottare
hanno lasciato fuori, la dignità delle urla,
una conchiglia annegata in una carezza
Genet, senza storia il tuo corpo.
La sporcizia mondata fra la pelle più bianca.
Ohh Genet…! che lacrime sono le tue!
La nazione festeggia
sei presentabile, ora,
idratata, alla luce,
in pace.
Genet ha perso la voce e le valigie
in mezzo alla piazza
per quante sorelle sono state toccate
dallo stesso biancore ogni notte
nella sua terra, senza consenso,
con una carezza.
“ dai non piangere!” è una violenza
Work in progress
Id: 43940 Data: 26/08/2017 18:22:05
*
Riunendo il corpo come fa un anello
Hanno preso le tue lacrime dal sangue
lasciando nuove rose intorno al volto un nuovo nome sul quale camminare con un nevaio di bambini sulle spalle.
Se ne potrebbe, non si può, dire di più, dai buchi profondissimi degli occhi, quando le mani cercano di aprire dei mondi impossibili tra i palmi, per trattenere l’acqua che una bocca, da una riva all'altra, ti ha donato.
Nel passaggio stretto, rallentando, puoi solo accendere candele, farti piccolo, traverso le montagne
è allora che vedi il donatore, nel vento bianco di una grande pagina, il bere silenzioso al suo confine dell’uomo da cui uscì il mattino. Cantando all'indietro una poesia
si è piantata una tenda nel midollo, - chinando il viso, inconosciuto, senza peso- e grazie a lei ti riconosce il mio profondo,
se oggi chiude il cerchio, e quasi tace
che a notte viene e si corica ai tuoi piedi
riunendo il corpo come fa un anello.
Id: 43913 Data: 24/08/2017 00:02:01
*
Albere uccelle fiumesse
Alla pozza delle tre madri..
mi commuovi ancora le mani
le dita, ognuna,
come albere uccelle fiumesse
Se ci passi sopra le dita tutto rinviene,
dove vanno a finire le cose,
le cose sante, le mani accoglienti.
Albere uccelle fiumesse,
un piccolo gruppo di tuniche azzurre,
nei cinque luoghi della bocca,
e tutto è in fiore;
la mescolanza d’erbe nella gola
gli oli santi nel palato e sulla lingua
la dolcezza dell'acqua quando brilla.
Con le lettere inclinate, sulle labbra,
messe in luce,
ricadeva in azzurro qualcosa
dalla mia testa
dai piedi salivano schizzi
per unirsi al centro dell'hara.
Un’estasi, ferma nel corpo,
svelava il volto fiorito
di nostro figlio,
nel mantello breve di luce,
l’universo nascente il suo nome.
Ripetevo preghiere
per respirare, io credo
nell’ora che oggi chiamiamo
della doppia luce.
Id: 43887 Data: 22/08/2017 11:54:27
*
C’è altra luce
Un'acqua limpida mescola i sapori
dentro il cesto nero. C’è altra luce.
Un pescatore taglia le sue cime
con i denti infila gli ami.
Le mani calme emergono dal buio,
un canto a bocca chiusa.
Difficile non piantarsi nel suo cuore,
con un muscolo infinito, nell'ascolto.
C'è calore_
che trapela ai bordi
dei suoi cespugli rossi,
un borgo intatto, la processione delle luci,
le pezze bianche a notte,
tra i sentieri stretti dell'estate
_una lievissima sorgente di calore
nel buio immacolato,
che gravita, che bagna~
dove il tempo si ferma velocissimo,
a caccia dello strappo,
con la forza misteriosa che diffonde
tra la lingua di ogni giorno
e le sue mani.
Id: 43864 Data: 20/08/2017 13:09:49
*
In un piccolo perpetuo
Ti sento vivere al centro del frutteto spostando appena l’aria col respiro, il ricamo argenteo sulle vene delle mani, abbandonate fra le pigne, come fossero il principio di una pianta,
a voce bassa, dei semplici bambini che si sporgono nel nulla, ad occhi chiari, dalla cima dell’ultima parola con un dire lungo i lati delle labbra in un piccolo perpetuo “ sono insieme”
Id: 43808 Data: 14/08/2017 13:37:28
*
acquabuona
Devi avere sofferto così a lungo per accogliere tanto flutto aprendo la notte in un giorno bellissimo fra le pupille adorne di sale
se con le mani a giumella porti l’acquabuona sulla soglia delle nostre piccole urne, come un nido alle sue nozze.
Altro non so. Da quel giorno
la nostra casa semplice respira come un grande albero che tiene le sue assise nella luce.
Id: 43795 Data: 13/08/2017 13:15:10
*
A capo chino, nella luce
Ti scrivo dalla mia porziuncola di pace,
una pozzanghera di pesci verde mare,
che amo come un ramo carico di neve.
Il mistero della gioia è tutto qui,
dove la terra finisce, come ieri,
quando l’ombra si allungava sulla pietra.
Mi sono seduta accanto. Ho riposato,
sognando di raggiungere il tuo lago,
una barca piena d’acqua, poi l’azzurro.
E’ volata la grandine sul letto
fiori misti a foglie con il vento.
Il sole della sera, il mio risveglio,
la luce bianca sul lenzuolo nuovo-
una mano sulla spalla che ti stringe
in pace. Sono andata verso il fumo,
che sale dalla terra se la pioggia
è penetrata fino in fondo. Sul pianoro
mi sono inginocchiata, per pregare
fra i girasoli, come me, a capo chino-
come fossero figure ad occhi chiusi
mansueti ed obbedienti. Nel silenzio,
protetto il capo sotto i loro volti,
lasciando si bagnasse, con lentezza,
ho pianto-
con lacrime, leggere, nella luce.
Id: 43750 Data: 08/08/2017 22:54:07
*
Tanto è preso il cuore da visioni
Come un fiume in pieno sole scende l’acqua.
Come chi dorme sfiorato sulla spalla
annuso le mie dita e ti sorprendo
a fare il bagno in mare coi bambini,
gli uccelli-pesci legati con un filo
all’ombra delle nostre spalle unite.
Accarezzo i miei capelli e siete onde
le più piccole che vi stanno intorno
Tanto è preso il cuore da visioni-
così il nocciolo del suono si avvicina
ponendo come il seme di una pianta
tra gli uccelli che s’incrociano gridando
sulla barca stretta degli amanti
vanno e vengono in respiri i nostri occhi
inumidendosi le dita di altra luce-
in un calco che precede le parole,
finché la lingua si tocca col palato
nel verso del sorriso conosciuto.
Scintilla allora il volto della barca,
il dondolio che cammina nella voce
diviene l’andatura dei miei piedi,
e il largo d’aria che fa scendere la pioggia
un vortice di gioia profumato.
Mi fermo, mi siedo qui, vi guardo,
e ti raggiungo nel miracolo salato.
Id: 43733 Data: 06/08/2017 17:00:26
*
Con gli occhi dell’origine
Hai portato nutrimento ai nostri figli,
una lingua viva e tanto ferro,
polvere azzurra sull'orlo del fuoco,
qualcosa tra il cibo e la respirazione.
Ora tutto è pronto alla saggezza
della notte cosmica per mare-
una manciata d’anime di terra,
con il peso derivante dalle altezze,
la memoria dei ricordi e dell’oblio-
come una luna uscita da acque fonde
per dilatarsi chiara in mezzo al cielo.
Calore aria minerali acqua.
Fra le poche gocce bianche del tuo seme
e le cose piccole non c’è più spazio,
il colore vi attraversa insieme,
quasi fosse il filo del racconto
la parola che apre come riso
le mani e le gambe in un respiro.
Con gli occhi ancora pieni dell’origine
la luce che hai raccolto si trasforma
in sangue che scompare tra le vene,
le fessure antiche del tuo sasso,
il nostro verde, le pigne. Alla cima della croce
mentre la tua barca si allontana,
allargo le braccia più che posso.
Dalle spalle sgorgano due lacrime
nella mano sola di un bambino,
il cui volere è semplice. L’amore
ci condurrà a tutto ciò
che venne dopo
.
Id: 43687 Data: 01/08/2017 10:23:42
*
Il canto delle ali dorate
... a Mammet
Ai suoi piedi nascono fiori
con l’intensità di un primo amore,
la luce del fuoco.
Come un’acqua limpida,
la mano del calore,
cola sulle mie spalle
brillanti di cenere.
Una figura potente, come il sole
vuole sbucare fuori
dal ventre della montagna
e uscendo dalla bocca
si posa inaspettata
sulla lingua, forte, urgente.
Con il grido di una pianta
strappata dalla terra
qualcosa viene ad aggiungersi alla sua luce
qualcosa dentro la pelle
che fuori ha il suono
dei figli del crepuscolo, della vita
qualcosa che non si può paragonare
a niente di vissuto-
una forma di tempo, una durata.
Ma non era tempo, non era durata.
Aria
era aria che trasudava gocce somiglianti
alle loro forme madri
dal calore la forma
dalla forma il movimento
dal movimento i colori, dai colori
il sapore e insieme odore. Odore.
Ho accolto la neonata,
l’auriga che ogni notte si rinnova
dalle acque notturne in cui è rimasta assopita,
che nell’ultima ora ha lottato, con amore.
Nel singolare arrestarsi di ogni movimento
ha fatto nuovo qualcosa di antichissimo
partorendo ciò che è vecchio.-
Una volta era già in alto, io credo,
non c’è parte che non ritorni nell’anello
sempre più in fondo. E da ultimo
saremo nel punto più basso- dicevi-
del nostro fiume poi lago e ancora mare,
luogo di morte luminosa, finché l’acqua
non si sollevi in cielo
come vapore,
per ricadere in pioggia...
“ Lo spirito e la sposa dicono:
Vieni. E chi ode, dica vieni. Chi ha sete, venga
Chi vuole, prenda in dono l’acqua della vita “
Versando seme vivo fra le ombre azzurre,
meridiane dei morti,
si è accostata, mammet,
con un lieve ronzio
simile a quello prodotto dalle ali
dello scarabeo.
Il canto delle ali dorate
mi ha permesso di riconoscerla. In quell’istante
si è posata come una egretta sacra
sul mare
un guscio sono divenuta. Un giorno
due giorni molti giorni cinque anni. Oggi
la luce del giorno illumina
l’ombra del sole, l'Elba,
che abitava sotto l’albero dell’acqua-
Non la comprendevo, ma sapevo di Lei
che cresceva.- Non è accaduto nulla, dici,
e tuttavia si è prodotto un soave ed ineffabile
mistero: io sono uscita dal cerchio che ruota
toccando il tuo fiore alla sommità dell’albero
le ali, che tornavano. Verso la sua stella
siamo uccelli d’oro sul ramo delle luci,
utero della chioma fiorita,
silenzio
delle sue profonde radici.
Id: 43639 Data: 27/07/2017 18:11:57
*
Hara
Ripeto il tuo nome come sigillo
mentre sale alla gola la parte nascosta
di tutto ciò che è manifesto
ripeto il tuo nome, nel giro dei rulli
delle preghiere, nell’acqua che scende
dalle tue mani sul sasso, la felce
e una giovane pigna confusa alle altre.
Il tuo vento serale illuminato
spinge lontano dal tempo lo sguardo.
Nel reciproco scambio del nostro calore
il corpo riflette immagini e vita
riverberando nei piccoli grani
che il verbo conoscere porta nel ventre
la mano, in ebraico, come una mussola,
e aggiungendo una lettera, alla sorgente,
apre la breccia, divina per gli occhi:
il dito di Venere sfiora la testa
e quello di Giove la cistifellea,
il medio, Saturno, lo spleen della milza,
con l’anulare, il dito del sole,
mette l’anello al tuo fegato santo,
il mignolo infine si lega col cuore.
E tutta la Mudrā è solo al principio
di quando portavi una piccola mano
a una sposa, d’argento, promessa e sul muro
della sua casa coloravano mani
bambini lucenti per il matrimonio.
Risalgo il sentiero, seguendo il calore
tra le piccole chiavi delle clavicole
varcando la soglia del pomo d’adamo,
il prisma di suoni, i suoi colori,
sotto la lingua, dove è custodito
cosa avvenne negli inferi. Ecco i gradini
i pioli e la yurta. Un corpo intero
contemplo nel viso fra le mie mani;
ripetono i piedi, le orecchie, i tuoi passi,
e gli angoli curvi delle mandibole
le amate ginocchia. Mi piego al respiro,
a pregare il mediano, la sacra colonna,
il tuo naso è la schiena che lenta accarrezzo,
posando l’amore sopra gli zigomi
le piccole ali, i nostri polmoni.
Negli occhi, al principio, trovo il tuo cuore
e un nuovo bacino sopra la fronte
fino ai capelli, i tuoi reni, ti bacio
le radici celesti distese nell’aria.
C’è un matrimonio nel viso, concorde
la nostra bambina dentro la culla,
nel corno d’amon, si è arrotolata
al cervello più antico fra le sue madri,
la dura e la pia; e uno splendido ragno
bagna ora la tela, il santuario di fuoco,
con nodi vitali- tra i giovani fili
si scorge nell’ombra madreperlacea,
dove ondeggia una pigna ricca di nero,
al ritmo solare la bianca sostanza,
si espande nel buio in corona radiosa
fra i suoni degli organi e nomi di membra.
Una lingua di gioia cola nell’hara,
dalla cima dell’albero tinta d’azzurro
alla piccola mandorla, orlata di luce,
nella stasi più grande del nostro Sabbat.
Id: 43579 Data: 22/07/2017 23:40:27
*
Grazie a te
Calò profonda la notte turchina.
Appena un lampo
trasse per me antiche cose,
figure dagli occhi chiusi,
e un senso largo di religione.
Non seppi fare altro
che lasciarle affondare
di nuovo. Laggiù
era presente un’immagine
-prima di essere vissuta-
chiara, tutta in una volta: di Noi cresciuto discendendo, come si va nel bosco per la legna, a fare anima. Nella casa d’infanzia
ricordo vivo il puro sapore che si levò al mio tramonto, con tutta la forza che avevo, nel suo mare di fuoco, mio figlio.
E quelle parole…
< Com’è stretto qui dove ci amiamo >
Splendeva il guscio, come una ghianda
al principio della sua vita.
Divenni, a quel tempo, una madre notturna,
integrando l'ombra, per non ucciderla,
trasformata, e perfetta, da un sonno profondo?
< Un uomo da solo non può
salvare il divino della bambina. Per questo hai mangiato la carne
del suo fegato, in abbondanza,
dove si accumula in luce tutto il compiuto
fino all’ultima goccia di pan-kréas,
ogni carne della bellezza,
fino a guarire i tuoi occhi ;
non è soltanto una νέκυια-
io credo- nel caldo dell’ombelico,
con l’anima immersa nel sacro
del rosso inesorabile. >
Come gemelli che vanno
con piedi diversi,
uno di terra l'altro solare, che si allungano insieme
verso il cono più alto
e il basso dell’ombra ?
< Da un luogo inaspettato, o da una minima fessura, può scaturire l'acquabuona che ci sfama, la radice di mandragola che apre
le stanze sigillate del tesoro.
Il miracolo che fa che ciò avvenga
ha nelle mani qualcosa che brilla,
la sua ombra è quella bambina
che cresce, in mezzo alla gola,
dove branchi di animali come un fiume vanno verso i pascoli seguendo
il percorso amorevole del sole,
poi ripartono. > Grazie a te
in questa immagine,
più lunga della vita,
il nostro seme vola,
fra gli stessi alberi,
ad accogliere la luce.
Id: 43508 Data: 15/07/2017 23:02:30
*
La riconoscerai dall’amore che ti porta
Semi dormienti, germogli assopiti
prima degli occhi, e la carne
di un chiarore inesprimibile.
Così bassi i nostri corridoi
che gli invisibili
dovettero contorcersi
in forme mostruose
per passare al di qua
Credi davvero che un uomo da solo
abbia inventato la ruota e gli attrezzi
o le ceste intrecciate? Le pietre
rotolavano lungo i pendii,
e gli uccelli tessevano nidi,
pescavano. Il mondo
è fatto di verbi, io credo
non veda il ramo l’oriolo,
ma dove posarsi, il gatto, nel vuoto
del sottoscala, un nascondiglio
per non essere visto. Così dappertutto
sbocciano in canto le informazioni
dei padri e le madri universali.
In mezzo agli odori di un luogo speciale
l’angelo entra, comeantenato,
dentro una vita, da un albero o un orso,
posando l’immagine al centro del cuore-
la forte, la duratura-
quando si volta e piano scompare.
dietro l’amato mistero di Hundra
tra il legno un frutto e il suo fiore
puoi toccare un sentimento,
chiaro, fulmineo, tutto completo
il suo come. Lasciarsi vedere
è benedire, io credo,
ricevendo lo sguardo,
tu sei : come stai-
comeun’aria nel pane che lievita,
e il fuoco che illumina solo
un punto preciso e non altro,
tra la mano e la pietra,
quand’è scolpita. A suo tempo
il sigillo dell’angelo, impresso
tra il labbro di sopra e la conca del naso,
col lento inchino di un vento sottile,
tennero acceso il lume votivo
fin dove i bambini, nostri gemelli,
scesero in cima alle ultime voci
con una lacrima, sola, e perfetta.
Tra il volo dei pesci distesi nel cielo
e le uccelle bagnate dal cuore del mare
ci convoca nuova la trasparenza,
restituita ai nostri occhi irrigiditi,
si leva da chi tace, un solo verso,
" la riconoscerai dall’amore che ti porta"
come sta un verbo in mezzo alle parole.
Id: 43385 Data: 03/07/2017 13:22:19
*
L’albera del noce
Coi falò della gioia non puoi scendere a patti
È nel vortice del caos che dimorano
Gli eterni miracoli
Ho seguito la sua voce
lungo i vicoli del legno-
come fosse una figura,
il puro velo di sale e d’argento
la forma della veste,
parte del tuo viso-
e una lunga ferita sulla mano,
fino ai piedi dell’albera del noce.
Il livido passava da un essere a quell’altro,
da te a me-
con quel suo grado di nerezza quasi blu,
come un manto che generando ombre
dona profondità di comprensione-
definendo i nostri corpi, volti al bianco, sulle pietre umide, ubriache,
fedeli a tutto l’accaduto.
Con un’altra sfumatura
la polvere si alzava dalle schiene come fiori ai bordi di un sentiero,
nel dramma della luce, la più lunga,
mettendo al mondo noi, un nuovo nome offriva il proprio seme alle radici.
Latte perle cenere ossa e ancora latte.
Chi nasce è un bambino immaginato
nell’ invisibile che porta tra le mani
i frutti del buio delle ghiande-
un viaggio nell’aria che si apre,
la muta della carne in un respiro.
che penetra nel vivo dello spazio,
trovando calda in lui una sorgente:
un’albera soltanto, che mantiene
nell’acqua perenne la sua schiena,
che si acquieta, sul fondo della gola,
alla notte minore, e per bisbigli,
nel continuo vedere che chiamiamo
le terre rivoltate benedette.
Id: 43313 Data: 26/06/2017 18:51:26
*
La sillaba mancante
Nelle radici si fanno grandi, i figli,
ma quando si ritraggono nei tronchi
troppo presto, non c’è nome,
per la madre che rimane.
A sentirli ancora tra le fronde
sono l'anima e le mani,
e dire mani è dirle aperte a grembo.
Le copre un abito di lana, dalle sferzate dei loro padri_dei
fulminati di mercurio, quando vanno nel profondo petto.
Stanno solo passeggiando sull'impronta
del più piccolo respiro dell’ardesia,
con l’imene intatto dei neonati.
Altari rasoterra o benandanti
loro sono insieme pietre dure
e uccelle, che si alzano nel nulla, scavando per la gioia un nido folle
in cerca delle acque. Senti il vento, per ogni singola parola ritrovata,
negli infiniti contrari del visibile,
luminelli gli occhi vivi, se ti accosti,
la sillaba mancante è l’architrave.
Id: 43209 Data: 17/06/2017 21:44:32
*
Se conoscere è fare l’amore
Riesci ancora a piangere?
e.. dove attingi la tua voce
dove sei arrivato?
Dove attingo la mia voce
è dove sono giunto
Animamia
alla vita al piacere al riso.
Il neonato si consolidava
nell’incanto della voce,
bolla di respiro e insieme suono,
il qi al centro del mio hara,
Appena sotto l’ombelico,
dove l’apnea resiste a lungo
come si sta in piedi?-
Vibra! - Mi hai risposto -
al di qua della lingua,
dimentica parole, nessun coagulo.
Soffia l’ideogramma con il ventre.
Fin dalla tua venuta al mondo
se al dolore profondo di un pianto
fai seguire un grido di gioia
il suono rimane lo stesso
generando la voce più bella-
E' un gran giorno,
dall’esistenza alla vita,
se conoscere è fare l’amore
oltre il muscolo largo e sottile
che separa l’addome dal petto.
Lassù ho tremato, cadendo
per tirare il filo di lana
uscito dal foro al cestino
- all’ovile del suono-
poi salendo come una pianta
ho ripreso a cadere,
tra gli armonici gravi di una persona
e un bambino che indugia agli acuti.
Due vie sono le voci, aria e radice,
mio piccolo cantore-
il duale apparente si risolve
nella triade occulta che Noi ama:
il serpente sputa il veleno
nella coppa in cima al bastone
risplende l’albero di Jule
fiorisce nuova la noce.
Non c’è canto, sai, che non sprofondi
in terra, per essere celeste
forza del grido di un piccolo d’uomo,
come il più benevolo dei tuoni,
e arco umano teso non ancora-
per impregnare la freccia con il qi;
il silenzioso il turgido divino
risuonando con tutte le sorelle
indietro in basso nella parte alta della bocca
dove tutti i suoni prendono il suo posto
come l’acqua nel vapore - se lui canta
fino alla vigilia della morte
per rendere il respiro nell’accordo
del fondamentale, in altre onde,
onde più sottili, in animali
è uno sgorgare calmo e maestoso
il capovolgimento di una stella,
la rotazione del bacino mentre vibra
per cantare nel giubilo il non detto.
Id: 43169 Data: 15/06/2017 13:54:36
*
Myanmar
Dopo la battitura dell’oceano
nel sesto giorno della quindicina chiara,
all’inizio dei monsoni e la semina del riso,
veniva col frutto dell’albero di bel
[ suo seno e primo sposo ]
con ghirlande di tageti, poste ai piedi,
veniva Myanmar.
Lei era lassù,
scendeva dal freddo insieme al fiume
senza fretta. Lui non fece in tempo
ad accorgersi del suo indugiare,
che era già oltre.
Immediatamente capì di averla raggiunta
troppo tardi in un altro corpo.
In un altro corpo se la trovò di fronte.
La sua pelle sapeva di limone
quando il salice dell’arpa lacrimò
sul timbro della voce, proprio sesso,
nella forma di lingam.
Fu un sibilo soltanto,
misura di lago, dove adagiarsi.
L’obbedire la fecondò,
divenendo contorno la figura
il negativo spiraglio di salvezza,
la porzione più chiara
del loro anello.
Id: 43148 Data: 11/06/2017 23:45:47
*
Tefilláh
Basta un nulla per vivere, aman,
barche leggere.
Tu camminavi assorbendo la luce,
doppia, solitaria,
in minuscoli astucci di vaio
legati al capo e alle mani-
culle di fiori, ho creduto,
tĕfillīn per le preghiere,
più tardi- אָמָן,
mangiando chicchi alla morte
come si guarda un bambino.
Per quel poco
impiegavi tutti i tuoi fili
sospesi nel vuoto-
le migliaia di ossa, i resti dei pasti,
i pezzi sottili d’avorio
imbevuti della sostanza segreta,
le molte aperture-finestre
e le volute, ogni Voluta,
da appoggiare nell’aria .
Sapevano andare, sebbene ciechi,
con labbra dolci nel piccolo circolo
dove un colore più intenso
reggeva altri mondi in scintille;
li ho visti adagiarsi e volare,
sul silenzio della tua festa,
nella parte cava della follia,
verso il grande amante sole..
Sapevi che avrei annotato figure?
assegnando un posto a ciascuna,
col valore musicale di una nota
insieme tutte si sono voltate
con la grazia leggera di un canto.
Affondavano lente,
per piccole vertigini,
in un profondo inchino.
Sono venuta qui, a danzare, alla pieve del pino
oggi che il vento è così forte
Id: 43037 Data: 02/06/2017 13:07:17
*
Eravamo lievi
Fu l'ordalia dell'amore
la pervicacia della follia.
Vuoi sapere di più del colore
dell'acqua fulgida e cupa
sulle ferite?
Se una cabala cieca e perfetta
ci ha reso sottili
o il filo teso di un angelo solo,
legando alla terra
il nostro stato d'amore?
Eravamo lievi, questo so,
confusi ai nostri sessi primitivi,
come giovani fiori verso l’alba
del rosso acceso, dalle antiche ombre
se alzi il bordo, sotto i fili d’erba,
tra l’oro della polvere e il salgemma,
le ali ripiegate intorno al seno
sono ancora fradice di luce.
Id: 42961 Data: 27/05/2017 20:04:21
*
Albatros
-Pochi decimi di efa e un granonuovo,
nella ciotola di biada, al primo anello.-
Ridursi è gioia, nell’arca di uno spazio,
da quando mi hai insegnato a carezzare
come i salici nell’acqua, e lentamente,
se nella continuazione si riflettono,
che i corpi sono lampi di sistemi.
Quando tutto viene avvicinato
io sento soltanto la tua voce.
Non è tacere, il mio silenzio,
ma la fonte di uno stare doloroso,
per riceverti-
nel più intimo dei luoghi
che ha una madre-
se cammino dal leone nell’acquario,
per cadere, finalmente,
nella veglia che mantiene il sogno fresco,
quando, oltre le cime, perde la sua luce.
Da parte a parte
non sono più individui,
il sale, il bianco, e il velo,
riaccolti nel lucido mistero
di un grande uccello
che attraversa il mare
col respiro quieto di un bambino
mentre dorme.
Id: 42889 Data: 21/05/2017 23:49:07
*
Il turbamento dell’annuncio
( è un refolo negli occhi che ti avverte, il turbamento dell’annuncio, il tu iniziale e il passo, che lento gli somiglia, avanza vicinissimo a trovarti, così potente da partorire luce con quel modo che fa tremar le cose in una lingua segreta ad ogni altra.)
Tenemmo fermo il petto e le ginocchia per scambiare il suono sacro del sinonimo, che prepara la prima glossolalia, con una eucarestia nel vaso d'acqua, ricostruendo immagini per gradi, per luogo di ferite e di servizio, nel viaggio più notturno, nella gola mutando il nostro carcere in un germe, in un agnello liquido e fecondo, ricettacolo, infine benedetto nostro compassionevole gemello.
-Con un fremito, tacemmo, per pudore, che nel verde del sinoplo vive il rosso, della voce, sua ruah, e il nostro uccello dotato per il canto, ben nascosto. Fu allora che spruzzammo con la bocca i primi segni dell’amore rilegato.-
Spingendo con le dita fino in fondo puoi sentire le incisioni della selce, trasmesse dal respiro, sulla roccia, con le ali superiori rosse e grigie, il bisso arrotolato alla conchiglie
e ai nostri organi lucenti, dirimpetto, come piccoli strumenti per il fiato, che s’accordano l’un l’altro, da principio, al suono antecedente, l’avverbiale.
Id: 42847 Data: 17/05/2017 21:11:26
*
~ La Genèse
II -
Risalgo nel candore del cunicolo,
col rituale della stoffa sulla tegola
mi insegni che c’è spazio, ed io ti ascolto.
Lo splendore della voce va negli occhi
e ad ogni nota corrisponde un posto.
Con qualcosa che somiglia a un cerchio
lo splendore della vista va all’orecchio,
creando il tempo e.. per la prima volta,
lo splendore dell’udito va allo spirito,
portando dentro il cuore il tuo respiro
e lo splendore del respiro al primo soffio,
dilaga nei polmoni di un neonato.
Id: 42799 Data: 14/05/2017 12:41:58
*
Un buio daria
Viene ancora tra gli alberi la sera
un'altra lingua, quasi nulla, appena un vento,
se sussurro che Dio ti benedica
con la fragilità
che io immagino degli angeli
quando spostano tra i fiori
un buio d'aria
Id: 42791 Data: 14/05/2017 00:10:25
*
La tua voce - ri.veduta
I-
Produce quasi un suono il tuo respiro,
un tessuto che proteggi con la voce,
fra la pelle l’abito e una casa,
come fosse una pretesta,
o un segreto bordato di rosso,
il colore dell’uomo. Della sua vita,
al limite del corpo, con un mantra,
prendo in mano il più piccolo dei fili.
Da principio solamente le vocali,
come i lupi;
molto dopo, con l’aria nella gola,
la lettera che spinge con le punte,
che scava l’impronta dove andrà
ad espandersi il tuo nome con samech,
portando l’erezione in pieno-canto,
attorno ad una i, la consonantica.
I
Tre volte racchiusa nella pelle
in un abito e la casa, testimone,
si accompagna ai mestieri, la tua voce,
la pretesta, bordata di rosso,
colore dell’uomo. E della sua vita
negozia il passaggio una squadra,
"una chiostra fine di perle",
ultimo baluardo, o corona,
nella sacra cripta del palato,
lungo il filo del setto divisorio,
ricongiungendo l’estratto di vermiglio
alla speranza, sull'orlo del battista.
Con un mantra, prima di parlare,
al limite del corpo, e timorosa,
prendo in mano il tuo piccolo respiro.
Da principio solamente le vocali,
come i lupi.
Molto dopo, con l’aria nella gola,
la più vicina a quello grande che conosco-
lo sfregamento del soffio nel canale
la tua lingua che sospinge con la punta
le pareti, in pieno-canto, il lento entrare
pulsando nei condotti, il movimento -
scava l’impronta dove andrà
ad espandersi il tuo nome, con Samech:
la primigenia del tridente, l’energia,
delle pietre sulla stele di Mesha-
portando in seno alla sua vita
l’erezione,
attorno ad una “i” _
la consonantica,
ancella di tutte le vocali,
decomponendo il prisma lo steccato
della tunica di pelle, con la luce.
( Work in progress )
Id: 42767 Data: 11/05/2017 16:42:27
*
Sa me amala horo, horo kelena
Sa me amala horo, horo kelena
Sa come aprirsi nell'inferno
il canto degli angeli che amiamo-
risalendo lungo i pozzi con i fiori
per raggiungere la gola e dire ancora
same amala oro, oro kelena-
Le loro mani bianche danno frutti
nel buio che va dal primo vento
al caldo dei colori in tutto il corpo
sull’odore di un fieno che si espande
al grido amaro-dive!
dive kerena
alzando con i semi una canzone,
dal profondo della pancia, e lentamente,
come fosse il suo risvolto luminoso
tornare a trattenersi nel respiro.
Ederlezi, 6 Maggio
Id: 42718 Data: 07/05/2017 19:00:05
*
Nel cavo delle mani
Ci aveva condotti sul verde del fiume
la pura attenzione a un lamento infantile,
con le dita leggere di una preghiera,
rivolta al più caldo silenzio del greto.
Come in piccole orazioni, le ferite,
ridevano, sprofondate nella luce,
avanzando di ritorno alle radici,
col voto di non cogliere mai fiori.
Un canale di biancore percepito
nella sua immisurabile portata
fu il sì assoluto all’ultimo dei viaggi,
congiungendo i loro palmi al solo centro
di una lingua imparata da bambini-
e tenne fede a una consegna di silenzio,
la più straziante di tutte di tutte le scintille,
al principio della vita.
Poi scomparve
dove tieni asciutte le tue cose,
parola per parola. Tocco il legno,
intorno al tuo carteggio, levigato,
e tra le pieghe, che hai sepolto meglio,
c'è la gioia di un fiume di portata,
dell'acqua che va accanto per istinto,
con tutto il peso assunto nelle altezze.
Tra i giunchi che si allargano
i tuoi occhi
sono piccole candele che prepari
ogni sera, per parlarmi. Non c'è punto
che non veda la tua vita
un riparo, una piccola cappella,
tra lo spazio che viviamo
e il mondo accanto -
le fronde del tuo salice in preghiera
con le ali del mio tiglio, tese in cielo,
sotto terra e in pieno sole fanno insieme
un minuscolo groviglio di radici,
ricongiunte nella luce degli anelli
come un nido che prepara le sue nozze,
nel cavo delle mani capovolte.
Id: 42693 Data: 04/05/2017 20:21:13
*
Ambra..
Pregai tutta la notte nel libro d'ore.
Seguì una mattina molto limpida,
un viso chiaro.
Forse non mi sentì. In principio.
Poi vennero le cose,
le cose buone,
nella sacca per le offerte,
la montagna, una cascata, l'albero
e i quattro nobili.
Con l'anima coperta di paesaggi,
da un altro luogo,
non avrei visto i fiori sottoterra,
come un giorno che spunta
dal nero puro all'acqua.
Da lontano, non altro che così,
ti sei offerto.
Nell'incertezza benedetta del vangelo,
ora, posso dirti solo come luce,
nell'estrema povertà originale,
e come va,
nel patto doppio del crepuscolo
lungo i vicoli del legno,
l’ambra, che tiene il fossile
con la nostra veste da bambini,
compresa nel suo grembo.
Id: 42503 Data: 21/04/2017 19:34:23
*
Sulla lettera iniziale di Pesah
Sulla lettera iniziale di Pesah
corre un piccolo gruppo di tuniche azzurre,
torce luminose con cappucci d’oro,
e tutta l’età del mare,
bocca a bocca
chiude la tenda un panno morbido di lana.
Una coppia prega, dentro,
si raduna come un pesce,
tutta in fiore, fino al seme,
per l’offerta di conchiglie
e le tre madri. Nella gola
mescolanza d’erbe, di oli santi
nel palato, e sulla lingua
come un canto,
lo stesso del sale quando brilla
sopra i denti,
consonanti inclinate fra le labbra.
Parole sorelle, messe in luce,
di pochi decimi di efa
e un grano nuovo,
al centro della stanza,
come allora
-eravamo nuovi e tutti insieme
antico suono,
nello stesso luogo delle bestie,
a cospargere il secco di rugiada,
fin giù, alla benedizione dei granai,
con una ciotola di biada e al primo anello
il nostro orecchio sulla pelle degli aranci-
con lo stesso sangue,
fa di me la tua mano,
spezzando i vasi rossi dell’ultimo raccolto,
io sono insieme-
e obbedisco,
mentre il fiume copre il suono della voce
sul fuso delle dita, alla tua grazia
-
seppur sfiorando il nulla,
sono insieme,
e la tomba è vuota.
Id: 42442 Data: 17/04/2017 13:11:49
*
Sulla creta dei sentieri
Discendo poco a poco nel ricordo,
che la luce scopre a balzi, come ora,
sulle nostre ginocchia separate,
quando è raro sentirti respirare.
È una mandorla la macchia sul destino,
e l’unica che veglia senza lume,
che resiste alla spinta verso l’alto,
danzando fedele alle sue leggi.
Un lieve salmo ti protegge il cuore
-anche se a stento so che te ne accorgi-
per come tace dove va morendo al niente.
Levando nuova luce sopra il viso
vedremo insieme compiersi, in un angolo,
l’anello primigenio, il nostro fiore,
congiungere la notte col suo latte,
risorto sulla creta dei sentieri
Id: 42388 Data: 13/04/2017 20:43:19
*
Nella casa del pane
Conducevo il bestiame ai falò,
nella casa del toro,
il grande cervo alla sua sposa.
Mi portavi dentro maggio,
con le bacche di ginepro e di lillà
nell'orifiamma impuro della chioma,
e, aprendo il grembo dei colori,
penetravi con audacia,
palpitante di io sono
Aman
Se tocco con le ceneri la bocca,
così limpida diviene la memoria,
e la voce rifiorisce dalla terra
mangiando il vino più profondo del pensiero-
il femminile cinge il forte
verso l’osso,
per andare al centro della rosa
rompendo il guscio al mistero dell'estate
-Nella casa del pane occorre fame,
come linfa dopo ogni regressione
nell'occulto dell' inverno. C’è un Sabbat
nella partenza di Beltane,
che anticipa l’aurora:
da un’altra altezza si può amare
prendendo ancora il volto
che avevamo.
Id: 42264 Data: 05/04/2017 10:46:55
*
L’altra voce fra i respiri
Scorre nel libro
il sale per le arance
E il nuovo anello
Verrà il freddo e l’alburno
assorbito dal cuore
E' l'anima dell'aria
ciò che resta,
una movenza appena
dell’alburno
l'altra voce, mentre parli,
l'altra voce fra i respiri-
vibrazioni / pietre/ padri,
prossimo e signori
alberi e ancora umidi
cieli sotto l’acqua-
della sposa,
il suo altro lato, nel midollo.
Poi sparì- in un’assenza
come impossibile.
“ Ricorda il pianto del flauto
quando si separa dalla canna”
canta Rumi. E io piangevo-
sul piccolo cuore, custodita,
tanto da accorciare il tempo
implorando: “Segui il fiume.
Le vene lungo il greto
saranno i rami.”
sapendo di pregare.
Ho bevuto con i morti,
perdendo vita, e tu-
in un piccolo posto
fecondo di piedi,
nel mare di sale e noci d’oro-
tu, sia benedetta,
nel perdono che mi offri
con le stesse lettere del pane,
e di una danza.
Id: 42225 Data: 02/04/2017 23:31:21
*
Il tuo piede leggero..
E’ giunto insieme il tuo piede
leggero, nel labirinto di mille
e una notte, nella città di rame,
bianca e perfetta di reti,
in mezzo al deserto, invisibili,
fra le pietre gli erbari e le stelle,
con un filo di bisso, per vicoli e piazze,
fin dentro alla stanza più buia
sull’isola al centro del cuore.
Come rami di una famiglia
di piccoli fiori di melo
abbiamo messo radici nell’aria,
tacendo fra gli alberi, e unite
carezzato con l’oro il minotauro.
Id: 42108 Data: 26/03/2017 23:53:32
*
Dove siamo rimasti
Assimilo nel buio la tua luce,
te la offro come cibo,
ripetendo: io-te,
il desiderio di contatto,
di pulviscolo, uno sguardo,
dove siamo rimasti
senza braccia-
Se avessi tolto prima la cornice
ti sarebbe apparsa nel perimetro la tela
con il colore originale dello sfondo,
il rosso carapace della cocciniglia,
dove tutto si trasforma e viene fuori
lo splendore della vista, nel ritratto
di ceneri e silenzi, fioriture,
una stradina verde per l’anticipo del vento,
l’adagiarsi di ogni lembo, e solo dopo
l'arrivo delle mani, dappertutto,
il lungo viaggio delle voci
avanzate di ritorno, le scoperte,
gli accostamenti alle pareti,
le praterie, il tuo volto,
nella stanza dei tesori -
gemelli muti con l’addome magro
addormentati sul volume di preghiere.
Appena fuori i nostri corpi
la sera è l’abbozzo
di un’ala che cresce,
braccia,
alla luce di domani.
Id: 41994 Data: 19/03/2017 14:29:37
*
Tu vieni prima degli occhi
Tu vieni prima degli occhi-
alla comunione di ogni giorno,
nell’oscurità che nessuna luce cancella,
invisibile e definitivo,
così come è lieve
abbandonare il seno
di una buona madre,
o come l’albero, che s’impone
senza un motivo calcolabile-
sprofondando nel vasto mondo,
dietro minuscole palpebre
che uniscono due individui,
con i nostri nomi.
Anche solo per un soffio
ascoltiamo il principio,
questa cosa immensa che respira,
protesi,
beviamo silenziosi,
guarendo le parole,
senza suono né fragore,
appena il tempo di sorridere.
Id: 41953 Data: 15/03/2017 22:43:25
*
Nel lungo requiem del vento
..La mia Mammet è tornata
a prendere il suo Sposo fra gli angeli
nella notte del 9 febbraio...
Il grappolo d’oro è di nuovo un vigneto
nella sua terra grezza
il tratto cieco intorno al bianco
nella memoria della luce.
Tu sei un luogo, ora, padre,
ed hai un orlo
nel lungo requiem del vento.
Mi inchino alla vecchia foresta,
per amore e per forza,
alla voce calma di chi conosce senza giudicare,
alla sommessa melodia della tua serenità.
Questo poco di luce e la betulla
sono il tuo gesto, la grazia,
il dono di ridere dei grandi angeli
con le ali ripiegate verso terra,
composte di una dolcezza indifesa
e un diamante,
nascosto, profondissimo, dentro di sé.
Mi hai lasciato con i passi di chi è arrivato a casa,
nel mio tempo interiore, la tua eternità;
un silenzio sacro,
che non si interrompe neppure quando parlo,
fino a non distinguere più il tuo viso
da quello di mia madre,
l’uomo dal bene o dalla sua sposa,
l’inno e il lamento,
montagne nuvole ombre più scure,
e alberi, tanti, tanti alberi.
Un immenso paese riposa in me,
nell’addio e nell’incontro,
l’eterno
di queste ultime nozze
giunte al principio.
Id: 41507 Data: 13/02/2017 21:19:10
*
Perla di buio
Un piccolo perpetuo la tua casa,
perla di buio, nel bosco.
In quel vuoto della pelle è stato il vento
a spogliarmi, fatto grande, e una preghiera
di lettere inclinate sulle labbra,
con la cenere negli occhi che conosci.
Un fiume di portata mi era accanto,
un lembo raro, in fondo al tuo giardino,
e la polvere dei fiori, già raccolti.
Nel canale di biancore immisurabile
niente è troppo piccolo, se ami.
Nulla so di più del tuo calore,
se non che per la prima volta
sono sola. E ti ringrazio
di questa nuova vita, senza tempo,
dello splendore che avverto oscuramente
nel tuo nome antico. Poi mi perdo,
fedele all’invisibile ritorno,
piccola abbastanza non ancora
da sostenere tutta la tua luce.
Id: 41185 Data: 23/01/2017 21:10:20
*
il capo di un bambino nella luce
Ho inginocchiato gli occhi al tuo vedere
la pagina piegata nel mio libro,
mentre pregavi ai fianchi di una barca,
tra i nostri passi appena disegnati
come lucidi animali nella notte,
per codici sottili di linguaggi,
nell’urgenza di ascoltare, dentro il soffio,
le tue mani ancora colme di frammenti,
quando prendono la vita, risvegliati,
nell’invisibile arteria della grazia.
Tra la ruota, il cerchio, e la sua croce
in questo canto puoi sentire come corro,
se mi muovo sulla curva della luce
di un vento largo, che si erge tra l’anello
e il bianco inizio di una liturgia.
Tutto si compie all’altezza delle braccia,
nella baia, tra il seno e le tue spalle,
con le dita innamorate, e voce a voce
ci scambiamo una magia di primavera.
Eppure io sono felice e tu distante-
nel silenzio che fluisce reso grande
in un cadere che ci tiene accanto-
e se una mano, inavvertita, fra le membra,
si posa a terra, come fosse un volo,
nel suo pregare, e per tutta la lunghezza,
non vive nulla che la possa sollevare.
Come un frutto quando è maturo, e cade,
in lei è andato ogni calore, radunato,
come brezze nei cespugli, o nell’estate
il grande freddo ai ripostigli della neve,
accumulando tempo, in piccole orazioni.
Ora è nel ventre un coro d’acque in piena
dove la vita aumenta nei polmoni,
nel continuo movimento di un miracolo,
è il capo di un bambino nella luce,
pieno di grazia simile a un vapore,
quando stringe fra le mani come sogni
i pezzetti di una mela luminosa-
ripiegati come l’ll foglio di quel libro,
nella pagina più amata- ricongiunta.
Id: 41046 Data: 15/01/2017 15:09:54
*
Ti rendo grazie e canto della sera
La voce si trattiene,
nell'aria piccola,
tra due frassini bianchi,
all’imbocco del vialetto -
discreti e a malapena
ci si accorge che esistono
per come lasciano passare
la luce che li investe.
Le spalle coperte dal vento
dietro di me
ad unirsi un poco, e grande
lo spazio creato dai rami,
tesse il nostro anello
come un’oecophylla nell’alzarsi,
e inginocchiarsi tra le foglie,
accostando tra di loro i lembi,
con una goccia di seta sulla fronte
che tiene insieme i nidi tra le cose,
dandogli sollievo
in un rosa pallidissimo, carne
nascosta nel nulla delle pieghe labiali,
lasciando al centro un altro mistero,
dove finisce la bordura.
Verso un pascolo incolto,
oltre gli alberi-lupo,
solo un alito resta,
dai granai alle clavicole,
come fossi contenuta
in una invisibile tazza da tè,
-o un grappolo d’uva
con una mente d’inverno-
mentre l’odore si espande
dalle sue profondità, come nubi
sfiorate lievemente dalle messi,
quando si aprono a coppa-
tra il pane di radici dell’albero
e la sua noce d’oro
incidendo i nostri segreti
sulle minuscole tavole dei semi,
per sopravvivere all’inverno,
come un bene pronto al volo,
ti rendo grazie,e canto della sera.
Id: 40970 Data: 12/01/2017 19:48:43
*
Dove i nomi hanno mesi bellissimi
Una strada sottile
quanta calma nel petto che rischiara
dove i nomi hanno mesi bellissimi,
che crescono seguendo la via lattea
tra le ali e gli alberi dell’anima.
Sono petali bagnati di visione,
con la parola aperta delle cime,
dove dentro vi corre quel bambino,
la sua mano aperta, con la rosa,
le sue gambe, che spingono nell’aria
lo scatto del respiro, nel salire,
in cerca dell’uscita, tra le cose.
E non dura più di un lampo
nel morire
la tragedia della giovane paura,
tra il bosco ed il suo viso.
Poi la musica soltanto, la più viva,
a quell’ora lo incorona, e va alla gioia,
oltre i margini segnati, in un istante
toccando, col duro della terra,
il ricongiungersi al fantastico dei passi.
Col moto delle lucciole sui piedi,
è un viaggio che mi porti,
in un gesto, trattenuto, come sacro,
qualcosa tra le mani, che si bagna,
di ritorno, con la tua saliva lenta,
per toccare, dove non si vede,
il polso quieto di ciò che sta sul fondo-
nel ruotare delle ossa, con la forza
che annida tutto un cielo dentro al seno,
dove cresce la tua pianta. Come mondo
mi hai offerto un largo d’aria,
nel buio lucido e ospitale dove noi
è veramente nostra sposa,
ora che sa come cadere
ai piedi del suo piccolo padrone,
nel profondo bambino, dove andiamo
ripetendo, ad occhi chiusi, sono insieme.
Viene incontro, in cerchi che si allargano
per radici silenziose, come calda,
la nostra mano, nell’intimo,
cercata,
tremolante di luce ci rivela
bagnati di terra, a lungo, e da vicino,
con le braccia larghe di un mare benedetto,
di essere ricevuti, come isole.
Id: 40907 Data: 08/01/2017 23:14:33
*
Nel velo più bello al suo dolore
L’amore non può chiudersi,
come farebbe invece una ferita.
La morte piccola,
che ha preso l’anno vecchio,
è il nostro frutto,
in cui ha avuto amore,
e quella grande,
che ci portiamo dentro,
è la sua luce,
che va bevendo il succo.
Nel velo più bello al suo dolore
con un soffio al cuore io ti canto
una parola senza riparo-
presa viva-
nel gorgo delle forze
il più antico, all’indietro,
e sacro. Al separato
occorre avere detto sì,
un sì assoluto, per poterlo amare,
dove si trova il quarzo che ricorda
di rimanere sprofondati ed innalzarsi
come neve,
in attesa del credo che Noi è.
Più grande di ogni angelo,
tutto parla, tutto è animato,
nella porziuncola di pace,
dove beve silenzioso al nostro ventre,
come una parola che hai compreso.
Id: 40842 Data: 06/01/2017 12:21:38
*
Buon Anno, anima mia
Ti scrivo, da una cella silenziosa,
senza quasi un alito di vento,
con un piccolo dolore,
nell’amore. Mi smarrisco.
Nel movimento delle mani
è già domenica, ed il suo grazie,
nella notte antica del tuo nome,
come ali, nell’aprirsi. E poi riposa,
dentro il ventre colmo di mio figlio.
E’ là che siamo entrate,
tra le tue profonde e assorte mani.
Ci hai raccolto.
Lasciamo che tutto accada ora,
come fosse un fuoco grande tra le cose
e noi. Coperti dalle ombre,
noi, la terra, farci culla. Anima mia,
tutto è già dentro, e tu, lo senti
come vuole ricadere l’anno nuovo,
come un frutto, come casa tua.
Guarda come ci raggiunge,
come si intreccia nelle mani
che germogliano del suo futuro,
e il ritorno cresce in lui
verso la gioia. Viene,
caldo del nostro sangue,
come una gemma.
Id: 40772 Data: 31/12/2016 23:22:24
*
Nell’ora delle nascite
Conosco l’ampio dorso del silenzio,
quando sporge nella sera, il suo colore,
e quando s’inabissa lentamente
nella calda giumella delle mani.
Dal così pieno nasce una parola
che si sussurra pronunciando Amen,
come fosse il suo risvolto luminoso
propagando a fondo lo splendore
ogni gesto trattenuto dal principio,
tornando nel respiro una poesia,
come fosse già accaduto prima,
coprendo tutti i suoni della terra
nel parto di un bambino che ti ascolta.
Così, tu, mi hai insegnato, per parlare,
a scrivere sui tronchi in verticale,
tra il paradiso delle voci impercettibili
e in cerchi, per colonne primitive,
un anello dopo l’altro. Nel tacere,
allargando gli occhi chiari, siamo insieme,
maturando per nascere tra i fiori,
ricordando come un’anima all’aperto
custodisce delle cose le figure-
la montagna per le ossa e il bosco vecchio,
sono gli occhi, e le cime la chiarezza
dei buchi dentro il legno e gli animali.
Parla ancora chè io possa rivederti,
come fanno le stagioni, e il bianco appare
trapassando da un albero a quell’altro,
in un respiro lento dimmi “ amore”,
e tutto si avvicina per Natale,
finché una lacrima compare nella neve
facendo come un arco e ricadendo
tra due forme di pane lievitato
con pochi decimi di efa, e un grano nuovo
sollevato al centro della stanza,
tra le nostre ombre di portata,
è un sorriso, che viene, non in sogno,
ma nell’ora delle nascite, e rimane.
Id: 40711 Data: 25/12/2016 01:19:07
*
Il viso delle origini
"Καi o Λόγος σὰρξ εγένετο καi εσκήνωσεν εν ημiν"
Vangelo di San Giovanni (cfr. 1, 14)
Sei venuto a piantare una tenda,
nel sonno senza sogni,
al centro della corona irriducibile,
un vincolo disfatto in petali,
come sacro frammento,
tra la sposa e tutto il resto,
preludio al bordo della casa.
Origine di nozze e sacrificio,
nell’angolo migliore della mia capanna
spargo la tua voce, il buon odore,
la recitazione del nome, e vivo,
prima che arrivi
con la grazia del mantello sulle spalle,
lo sgomento di fronte a ciò
che nell’invisibile si vede,
appena attinto col respiro.
-Nei mesi dei morti ritornano
altre voci,
nei mesi invernali delle fiaccole,
la sola continuità è il suono
della lunghissima vita,
in un segreto a cui è rarissimo si alluda
nella sacra comunione delle notti.-
Sei venuto nell’estremo Nord
con ciò che avevi di più antico
e legato ad accadere, il ricordo
di un attimo prima di nascere,
come portassi delle vene
nel palmo delle mani.
Qualcos’altro succedeva
tra il buio e il soffitto di legno,
in minuscoli brividi,
qualcosa di ultimo recava alla sua foce,
il dono di un uomo che divenne fiume,
tra l’uno e l’altro anello, acqua dell’amata,
dopo essersi aperto il passaggio
bagnando le assise delle montagne,
uscito dalle gole dell’amore,
nell’ondulazione di una valle,
leggendo, nelle vertebre e la pelle,
il viso delle origini.
Chiuso nello scritto
qualcosa in te respira,
più grande del tuo fiato,
un canto sceso nella notte
fin dove non sapeva di arrivare,
un nuovo passaggio di luce
nella sua carità indicibile.
Il mio interno è nelle tue ossa,
nelle tue ossa cave, aman,
finché il cielo discenda a toccarci
mescolando le pelli alla terra
con la fragilità che io immagino
degli angeli
quando spostano tra i fiori
un buio d’aria.
Id: 40689 Data: 22/12/2016 17:04:21
*
Il canto degli angeli di Aleppo
Sa come aprirsi nell’inferno
il canto degli angeli che amiamo
muove l’aria ancora e cova un fuoco
dal goccio di saliva tra gli spari
risalendo lungo il pozzo un fiato caldo,
oltre le catene dei guardiani
contendenti la conchiglia dei midolli,
per raggiungere la gola e dire ancora
la morte è troppo poco per sparire…
Con le ali ripiegate del ricordo
apriremo la yurta in fondo al cielo
leggendo sul labiale il nostro nome
saremo una farfalla dentro il fiume
dal fango stretti per ricominciare
costruiremo nuove scale con le mani
da uno strato di pelle con l’argilla,
per alzare ancora con la penna
lo splendore del grano e in pieno sole
per l’unione delle forze canteremo
un ederlezi come fosse il suo natale.
Id: 40666 Data: 19/12/2016 23:51:43
*
La linfa più intima e le lacrime
Guarda come si dispongono le foglie
raccolte intorno ai rami a sera,
senza sapere chi di loro è amante,
e, senza fiori, il nettare che cola
come il sonno in una casa
sulle lenzuola bianche di bucato.
Una colonia di formiche,
o gli uccelli in stormo
sanno che il principio della terra fu nel verde
dell’euglena- al terzo giorno appena,
e solo il sesto noi,
nel prospero frutteto-
una minuscola alga verde,
con il moto di una madre verso l’altro,
nel suo ripetersi inesausto, fu respiro,
con le lunghe vene, il nostro.
-e quando la luce è stata poca
tra i sottilissimi flagelli
ha nuotato come un animale
fino in cima all’Ararat,
perduta a partorire, sola,
con le ginocchia piantate nell’erba,
ha mangiato terra e sole
pietre e costellazioni,
lasciando cadere le vesti a una a una,
nel suo posto vero, la yurta.
Altri hanno proseguito divorando
i loro simili animati
nelle ceste, con gli oggetti sacri.
Una scelta originaria e lenta,
di gioia, stretta nel poco
di moduli semplici insieme, e divisibili-
un cuore per ognuno, polmoni e tante bocche
di intelligenze, e sciami, nessun individuo.
Puoi mangiarla sai? Non è ferma l’anima.
Se l’amputi fiorisce, lacrimando,
se getti i suoi avanzi alle tue spalle
cresce un bosco.
Sfugge ai nostri occhi che si muove.
Ha il senso della luce, questo basta.
Ci accolse nel gesto abramitico
che invita l’angelo ad entrare
lasciando vuoto nella mente
il luogo puro, dell’ospite.
Da quelle nozze discende ogni dono
spinto alle bande del rosso,
al rosso lontano, fino al il blu,
all’ultravioletto. Tocca se puoi
le parti più giovani dello stello, i viticci
i germogli e il legno, sono gli occhi
piccolissimi,
persino gli apici hanno il senso della luce,
cercando il buio amato,
entro cui cade eterna la rugiada,
come un vento luminoso.
Si aprirà la visione sul confine
che chiude l’ultimo anello del tempo,
i fiori bianchi per le api,
il rosso per gli uccelli,
e il nostro seme andrà così lontano,
a riprendersi la vita, all’acquabuona,
innalzando il brillante delle foglie,
dal seno profondo, con le mani,
riunendole a preghiera
nella stessa posizione di riposo
che avevano alla nascita i germogli.
Nel sonno delle piante
io bevo l’acqua del tuo sguardo
d’uomo
la linfa più intima, e le lacrime.
Id: 40506 Data: 04/12/2016 14:40:19
*
Alla luce di domani
La luce indugia nel petto dell’uccello,
fonte di ogni canto. Ed è poesia,
fra il tenue bagliore e la scintilla,
nella ferita aperta la tua mano.
Fin sopra agli occhi, e poi ancora,
con rara bellezza, tanto amata,
come in cerca di parole corre giù
per una scala che porta verso l’alto
i minerali, con le scie d’argento.
Ed ora, abituata nell’assenza
di un movimento che comunque aspetto
come uno sguardo lento e prolungato,
in suo luogo tu hai divorato ogni sentiero;
ma, dietro l’ultimo strato di terra,
c’è dell’altro, che ferisce e medica
la nostra piccola morte, sempre nascente-
con le sue linee simili a chi sta per voltarsi
oscurando l’orizzonte con un solo
sfondo lontanissimo di pioggia-
teso, tra le nostre anime e la carne.
Ricordi cuore mio? Per raggiungerti
nella tua verità, potente materia,
sento svanire le forme appena strette
fra le mie mani, sino a rimanere
con l’essenza pura della nostra unione
di tutte le unioni, così trasparente
che non distinguo più dall’aria i versi,
le mie ossa dal tuo anello, il nostro viso,
e, raccolta in te, ripeto : alla luce di domani…
Id: 40307 Data: 19/11/2016 23:25:55
*
Eravamo lievi
Eravamo lievi,
accovacciati sui nostri sessi primitivi
come giovani fiori verso l’alba
illuminando l’intorno di erba verde
del rosso acceso dalle nostre ombre,
nella lingua semplice di uccelli,
e tanta rena nei palmi delle mani,
di tutto un cielo su, verso la vita.
Adesso che respiro, ora che salti
dentro ogni più piccola voce,
adesso che siamo fradici di luce
come fanno i caprioli quasi in cima,
stiamo nascendo, Noi ? Con le tue dita
se alzi il bordo sotto i fili d’erba
le ali ripiegate intorno al seno
si levano davanti ai nostri occhi
così a lungo. E silenziosamente,
candidi, nel buio
ripeteremo insieme ogni poesia,
con ogni gesto immaginato negli stretti
un largo d’aria disegnerà una promessa,
fra l’oro della polvere e il salgemma.
Più di ogni altra cosa
ci saremo inginocchiati,
pronunciando grazie, lucidi d’amore,
e, sottilissimi, sapendo di pregare
uno spazio per il fiato,
benedetto.
Id: 40238 Data: 14/11/2016 21:19:17
*
Il filo dell’acqua
Una vita piccolissima che geme
nel barlume, che raggiunge lo splendore
di un piccolo perpetuo sulla lingua,
le tue parole, immense, le radici
che portano le sillabe a legarsi
nel mio minuscolo infinito
di scarpe di montagna e tre pollici di legno
Un copricapo fiorito, una kufiyya..
sei tu, dal mare aperto, tu che vieni
con il bisso luminoso nelle trame
della mia veste grezza, di lana,
nel cerchio di dieci dita-
non so dire quanto piccola una cosa finisce nell’altra
e tutto cade insieme,
negli azzurri più freschi,
al centro della vita ,
dove giace col buio il tesoro.
Intorno alla vera
diviene un oracolo l’aria,
chiusa nel sogno, delle tue ossa.
Volteggiando entrambi piangeremo,
commossi dalla cima dell’ultima parola
la più grande, ricaduta dal cielo,
che lascia passare attraverso il suo vuoto
la luce.
L’intero miracolo riposa,
fedele,
nel più casto e lieve degli intenti,
accogliere il tuo anello con le labbra-
fra la tinta indelebile e stupenda,
che si trova nel papavero, purpurea,
e il fascio tondo del filo dell’acqua-
al principio della danza più lunga,
col ventre incollato alla terra
della nostra prima neve,
stupefatta.
Id: 40216 Data: 12/11/2016 13:20:03
*
Su papai biancu
Strofinava le parole sulla pelle come un latte mescolato con la frusta basta un'eco una reliquia per montare per vedere ancora chiari nella stanza paesaggi e desideri con le mani nominando quel che vede come un bimbo, ed ogni altra cosa intorno assente si addensava sopra il fuoco della notte,
risolta alla sua luce quasi nera, nell'acqua silenziosa delle piante rendendole visibile chi ama. Fiutava l'anima l'abisso mille volte nella mente la sua voce speculare- assecondava il ritmo delle dita versandole negli occhi un pane bianco il canto interno di una donna in pieno sole.
Come se le parole potessero commuovere le molecole del mondo ed ogni fossile sciogliendosi al calore delle mani risorgesse quasi a filo delle labbra, e con un velo d'aria solamente nella dolce ferita in fondo agli occhi, offrendo alla sua veglia altra acqua Fu allora che venne, che vibrando,
come chi tace una luce conosciuta, si incamminò nello splendore dello sguardo, per riportare il suono alla sua meta, strofinando sulla punta della pelle, in luogo delle sillabe e di accenti, su papai biancu e benedetto, liberando dalle mani della gioia, nel parto del suo nome il suo sigillo.
Id: 40153 Data: 08/11/2016 13:35:29
*
Nel tuo miracolo salato
Non ci sono libri sulla cima
a Monte Sole, non ci sono
altro che le nostre gole
e solo amorose leggere mani
quasi in sogno
tra l’antico bambino e i morti.
Chi è dentro? Chi si muove
di continuo come un bosco?
In uno spazio di canto e di esilio
magnificate dalla piccola statura
di un prato incomparabile
sono state a lungo in piedi
le nostre ginocchia coronate
a respirare il bene
del muschio indovinato
come una casa abitata.
“ Tu, quanti anni avevi allora?
-quasi in un responsorio, mi dici-
come te uno meno uno più di te-
nella tensione immobile
di un animale in muda-
Oggi vediamo con gli occhi delle foglie
cresciute, nel viaggio fino a terra,
con la meta al loro fianco,
dove i due mondi si scambiano segreti
avanzando di ritorno, impariamo
a trovarci." Ohh sì..
Dove tieni asciutte le tue cose,
sul tavolo, parola per parola
tocco, nell’arca delle madri,
il legno scuro, intorno al tuo carteggio
la prolunga di un’anima,
levigata dall’acqua.
Ed io, tu che sei Ora,
io, dall’altra parte del mondo,
sollevata all’ultima solitudine
ti mostro questa manica
nella quale è caduta la neve,
accanto ai pastori,
tra gli incolti meravigliosi attorno casa,
questo dolore che indosso come un filo
solo di perle, e, un passo avanti, Luca,
nel ghiaccio del sole che lo investe.
Silenzioso compagno
tra le pieghe meglio sepolte
conosci la gioia,
nel lento chiudere le palpebre
del fiume, la portata,
l’una nell’altra.
E tutto in accordo
in esse riposi,
nel tuo miracolo salato
nessuno sa fin dove accanto,
con i segni delle dita, poco a poco,
per radice.
Lì, cadendo, già trascorso
intravedo il nostro petto bianco
ancora in cima a Monte Sole.
Questo è tutto quello che sappiamo
dell’acqua che va insieme
con il peso assunto nelle altezze.
Saremo casa,
tra i giunchi che si allargano
e il nostro nome che contiene
il più antico benvenuto
nel sigillo del natale.
Id: 40121 Data: 05/11/2016 21:24:24
*
Prima degli occhi
Non è la stessa cosa, l’ora che viene
per affondare le radici
nella nostra parte umida, e tornare
nelle zone più profonde?
Ha degli occhi di carne
terreni fino in fondo
per avvicinarti al cielo.
Al di fuori di ogni linguaggio
mi soffoca il petto e non parla.
Canta. Poi tace.
Allora lo vedo, capace di Dio
che è nel grembo. Misericordia-
mi insegna- in ebraico ha la stessa radice
di cavità delle nascite, e in ogni momento
dobbiamo rispondere
di quello, che è in Noi-
con la cosa sposata, quella che ha peso.
Non chiamarla utopia il non luogo per essere,
nel sabbat primordiale ha lo spazio.
Di ogni respiro futuro
mangeremo il pane senza residui
e il sangue appena giorno
farà battere il cuore
sui due versanti della luce,
come una fidanzata.
Lascia che mi avvolga, ora, nel tuo sonno,
nel canto semplice e quotidiano, per sparirvi
dentro- prima degli occhi-
per ciò che brilla nella lontananza
di quello che stanno per dire le parole
Nel poco che giunge. Mi rannicchio qui,
il più vicino possibile al prima della nascita
della respirazione, al soffio, alla possibilità
di parlare. Danziamo ora.
Di una lunga e ardente danza
il nostro corpo è verbo che ride, cantando
poi un giorno fino al silenzio,
per onorare il nostro non finire.
Tutto comincia là…
Id: 39945 Data: 24/10/2016 23:20:38
*
Come andare alla fine della neve
(..)
quando seguo le linee della mano,
come andare alla fine della neve,
sopra i monti, a benedire le sorgenti,
c’è un riparo, una piccola cappella-
tra lo spazio che viviamo e il mondo accanto-
dove le fronde del tuo salice, in preghiera,
e le ali del mio tiglio, tese in cielo,
nel paradiso delle voci sono insieme,
a bere l’aria sotto terra, e in pieno sole
un minuscolo groviglio di radici,
come un nido, sale alle sue nozze,
bucando il fiato come un minareto,
nella porziuncola di pace trasparente,
generando nuove linee sulle mani,
sprofondate nella luce degli anelli,
per cantare l'ederlezi dei bambini
...
Id: 39923 Data: 22/10/2016 23:32:34
*
Tieni le dita chiuse
C'è un grande vento qui, stasera
posso riempirne le brocche
come fosse una terra bianca,
una forza viva che rinfresca il volto
di gioia dolorosa. Canta e il moto
si propaga fino a morire e a farsi fiore
dove non ti eri mai saputo.
C'è un grande vento qui stasera e noi
la sua purissima aspersione, mi commuove
per la grazia delle nostre parole,
fra le tue mani calde, fatte per stringere la luce
per crescere i fiori. Solo ciò che è limpido
giunge come il primo respiro.
Non in sogno, ma nell’ora delle nascite-
caldo e confuso ti alzi,
avvolto nella nebbia,
non c’è punto che non veda la tua vita
alla fine della riga,
c’è sempre una lettera dilatata,
come lana pura apre l’amore-
Anche noi saremo,
il fiore che risale la pace
verso il giorno che abbiamo accolto
con le nostre ombre di portata.
Tieni le dita chiuse, ora, tieni le dita
tra il buio e lo splendore,
rifugio dei favi
e di altre vite ancora.
Id: 39876 Data: 20/10/2016 17:48:38
*
Nel breve volo di un bambino
Colpita e colpevole,
tra gli angeli e le bestie,
la nostra pelle più vera
canta sommessa
di tutti i segreti senza dimora,
e lentamente,
col viso lucido che dona un pianto
sfiora invisibile questa preghiera
è un gesto contenuto delle mani,
nella pace vasta dell’attesa,
e sacrosanta, come un calice
alla comunione
nel rifugio creato per te
sei tu il riparo, l’antica forza intatta
della fragilità che tiene insieme noi
nel paesaggio originario.
Prima degli occhi
accade che il sangue, affluendo,
nel breve volo di un bambino,
causi dolore,
quasi volesse trasformarli in vene
che irrorano il cuore, nell’ombra,
finché un battito giunge,
e in modo nuovo,
un iride dal nulla si china su di loro
Come il velo su una sposa
scivola una vita che sta in me,
nel luogo più riposto,
prende il nome di Noi,
da qualche parte,
dove immergere il corpo,
nel profondo
è trinità e siamo salvi.
Id: 39844 Data: 17/10/2016 18:40:35
*
Con un palpito leggero
I tuoi occhi sono piccole candele,
nel luogo separato dove vivi, una luce che illumina l’inverno, riposta fra le mani, come dono, prima di partire con l’estate.
Ed ora io ti ascolto nel silenzio che prepari ad ogni sera per parlarmi, tra la siepe e l'albero del noce
dove vado a raccogliere i miei panni. In quel vuoto della pelle siamo il vento, che non svela la distanza che ci unisce quando sorge in un indugio, e si fa accenno, poi scompare, con un soffio sopra i coppi, dove volano le drupe con un suono ruzzolando dentro il cesto tra i lenzuoli.
Aprendo il ponte breve di un respiro è la tua voce che ricanta fino al timo in un rito ogni volta che si muta con un palpito leggero, come in sogno. E tanto avviene, interamente, e altrove,
tra luoghi santi o foreste di betulle-
lo stesso uomo questo fiume e la sua sposa
dal principio, poi cedono sfociando
nel delta che scompare quando nasce
nell’aperto più profondo e nostro mare
Id: 39826 Data: 15/10/2016 22:50:29
*
Per quando tornerà una poesia
Conosco l’ampio dorso del silenzio, quando sporge nella sera il suo colore, e quando s’inabissa lentamente nelle profondità delle mie mani.
Dal così pieno nasce una parola
che si sussurra pronunciando Amen-
come fosse un suo risvolto luminoso. Per quanta cura c’è e discrezione- nel parto della voce che ti ascolta
attraverso l’estate della lingua,
propagando a fondo lo splendore
ogni gesto costruito dal silenzio- dal Principio che abita nel verbo, tornando a trattenersi nel respiro, come fosse giá accaduto prima, coprendo tutti i suoni della Terra.
Così tu mi hai insegnato per parlare a scrivere sui tronchi in verticale, tra il paradiso delle voci impercettibili, facendo poi ritorno alle fontane e scomparire. Come fanno gli alberi, in cerchi, per colonne primitive, un anello dopo l’altro, nel tacere,
allargando gli occhi chiari. Siamo insieme maturando per nascere tra i fiori
ci fermeremo alla stazione delle immagini ricordando come un’anima all’aperto custodisce delle cose le figure,
la montagna per le ossa e il boscovecchio, le cime sono gli occhi, e la chiarezza dei buchi dentro il legno gli animali
Parla ancora chè io possa rivederti, come fanno le stagioni e il bianco appare
trapassando da un albero a quell’altro, come noi, prima dei fiori. All’improvviso,
in un respiro lento dimmi “ pane”
e tutto si avvicina per l’inverno finchè una lacrima compare nella neve facendo come un arco e ricadendo senza dire Io, ma solo il nome,
per quando tornerà una poesia.
Id: 39801 Data: 13/10/2016 21:58:58
*
Dal fondo nel vuoto del cielo
Solo un ramo, da questa parte soltanto, è fiorito del grande battito del cuore. Noi siamo, da un lato e dall’altro , quel poco d’aria mossa nell’orecchio più profondo, con le mani che sanno dormire
dita con dita. Tra le foglie di un giovane erbario, un nascondiglio commosso alla luce disegna piena l’ombra di una culla, più di un volto. Prendi la mia mano, al pari delle ferite, e questa piccola barca di legno con le gambe affondate nella menta, camminiamo, come fanno gli alberi, come tornando verso casa, dal fondo nel vuoto del cielo.
Id: 39751 Data: 10/10/2016 23:34:14
*
E un luogo in più
Vedono un fiore
le farfalle notturne
In ogni luce
Il vecchio tiglio di fronte all'entrata
è l'ultima cosa,
ogni sera,
che mi accompagna
fra strisce di nebbia
e il lavoro paziente,
sempre incompiuto,
di ritrovarti gemello,
restituito e vero.
In ogni ramo
un paesaggio appena definito
nel movimento originario
è la tua mano,
che nasce e riposa
in un solo respiro
nel grande silenzio.
Quando tutto scurisce
imparo a vederti
nella bellezza dell'ombra.
E' un luogo in più
e un caldo respirare
si tramanda
della nostra assenza,
tra morti sottili e tanta vita
come dipingere dimenticando
di usare i colori
indicando in un punto col dito
il tuo viso.
L'estrema possibilità dell'amore, non credi?
Ti scrivo con tutto ciò che è minuscolo
trovando posto a ogni cosa.
Ecco il mio dolore, senza un lamento
fino al calore più intimo
di questa notte,
remota matrice che vibra
e compare
da dove siamo partiti.
Sei tutto quello che è qui,
basta voltarsi pochissimo,
per un momento, alla luce,
e la pianta risale l’argilla
e vi ritorna,
con lo stesso coraggio.
Ora sai come dispongo
della mia solitudine,
in religione.
Sotto il tuo volto,
che come una stella sta sopra di me,
profondamente, intatta e paziente
nel movimento puro e naturale
del buio.
Al confine della voce
là dove essa diviene
nuovamente silenzio
è l’ultima cosa, ogni sera,
dorata.
Id: 39661 Data: 06/10/2016 23:24:59
*
Con la cenere negli occhi
Non fai altro che nascere ogni giorno svolgendo e dilatando la mia vita, come dopo ogni distruzione.
Ti scrivo con la cenere negli occhi-
attraverso vi corre quel bambino- senza sapere che non esce, vivo se per sempre metto insieme i nostri nomi- amina con aman e poi narimi- viene piena di profumo una famiglia mentre ci abbassiamo con la sera le palpebre che entrano nei sogni, bisbigliando "siamo salvi, al posto giusto, e mondi ancora insieme. Siamo casa.
Tra il respiro più pulito che conosco del bene che precede la bontà preserverò i tuoi fiori. In ogni passo è natura sempre nostra figlia- il suo andare col sorriso verso il centro, dall’angolo del viso, con le mani.
Ed ora pianta le tue labbra nelle mie tra le mie ginocchia coronate.
Con la cenere negli occhi, ti ripeto "attraverso vi corre quel bambino", senza sapere che non esce. Vivo se per sempre metto insieme i nostri nomi amina con aman, e poi narimi.
Id: 39565 Data: 28/09/2016 22:54:50
*
Cè sempre qualche luce se laspetti
C'è sempre qualche luce se l'aspetti, se ti metti inginocchiato sei più grande se risplende un pianto nudo, un solo verso fessura l'infinito e rifiorisce la speranza. è un libro fatto d'aria in cui le note della voce fanno tana illuminando il gran silenzio mentre sale lucida, e stordita, una poesia.
Id: 39181 Data: 30/08/2016 22:22:19
*
Linea alba
Disponeva solo frutta sul tavolo in giardino,
ma, come se aggruppasse anche l’aria, con le mani,
radunata e pura. Nel petto dell’estate
un filo univa alla polpa i suoi gesti
in ogni intimo istante
un lucignolo appena un fil de la Vierge
tra il campo azzurro degli occhi
e l’ora della cena. Dal basso,
mentre saliva un paese intero
con le gambe affondate nella menta,
lei carezzava le piante,
con le parole più corte della terra,
districando i fili lunghi dei capelli
con madrepore lucenti, e, inginocchiata,
ripeteva una preghiera alle radici,
con il respiro, tra la salvia ed il cotone.
Tornando nel giardino del principio
se raccolgo, senza peso, quelle sillabe,
come un mazzo di lavanda per un dono,
nel lento esercizio delle mani,
la sento ancora piantata tra le zolle
che allatta le sue piante, a seni dritti,
e altra acqua, che risale, con dolcezza,
nel ventre di qualcuno che lei ama,
tra le ossa cave del suo credo,
la linea alba che la fa volare.
Id: 39070 Data: 20/08/2016 17:26:37
*
La giumella del semplice
Per accogliere tanto flutto,
tra le tue pupille adorne di sale,
devi essere un minuscolo infinito
che viaggia a lungo aprendo la notte
in un giorno bellissimo.
Altro non so.
Con la scia della tua grazia,
fra le dita strette e i palmi uniti
come un nido alle sue nozze,
ti porto l’acquabuona,
quel poco d’oro del mio fiume
per bagnare il castello,
l’odore di more prese nei fossi
e una lucertola, scolpita nel legno.
Tra le mussole dei sogni
mi togli dal viso i capelli,
e tutto è così perenne
sulle tue gambe,
brani d’ali giganti.
La giumella del semplice
-ripeti-
per tenere insieme le cose,
per le offerte,
dalla fontana alla bocca,
le nostre piccole urne.
Siamo stati angeli nell’acqua,
terra lenta,
resine e scorze dei pini,
alberi pieni di anelli.
Tra le pieghe della carne
poco prima della nona lunazione
delle braccia tese, mi hai promesso
i segni riuniti dei nostri Natali,
quelli più piccoli.
Ora la casa respira
come una perla vera
e sotto il sole
il tuo nome crea l’ombra
come un grande albero
che tiene le sue assise
nella luce.
Id: 38999 Data: 13/08/2016 22:45:59
*
Nei cinque luoghi della bocca
Se ci passi sopra le dita
tutto rinviene,
dove vanno a finire le cose,
le cose sante, le mani accoglienti
nella stessa culla di morti
e nature gemelle,
lo svolgersi delle volute,
con grazia,
nell’immersione divina
origina il suo nome. Sulla lettera iniziale
corre un piccolo gruppo di tuniche azzurre,
con cappucci d’oro
come torce luminose,
inginocchiate alla montagna,
con tutta l’età del mare negli occhi,
e una strada, che conduce al soggiorno,
nella piena di luce di ogni domenica.
Sulla cima buca il cielo
come un minareto
l’orecchio rivolto all’indietro,
le faville, la loro vibrazione,
le vocali. Su pascoli e castagni
chiude la tenda un panno morbido
di lana.
Con la testa contro le ginocchia
un uomo prega. - Si raduna,
scendendo nelle acque, come un pesce.
Si raduna, fino al seme,
per tornare, dilatato, nell’inchino,
tutto in fiore,
per l’offerta di conchiglie
e le tre madri. Una saliva santa
nei cinque luoghi della bocca,
la mescolanza d’erbe nella gola
gli oli santi nel palato, e sulla lingua
la dolcezza è nel canto
delle rose che fa il sale quando brilla
sopra i denti, al centro della stanza
la sua voce,
con le lettere inclinate, sulle labbra.-
Finché si specchia nell’occhio del neonato
l’Antico degli antichi tra gli sposi,
e le porte si aprono sul mare
come una sola e vasta foglia
messa in luce.
Id: 38953 Data: 09/08/2016 22:57:07
*
Fiume di portata
Fidandosi del buio dietro gli occhi si trovano bagliori come stelle quando la tua voce riempie il vuoto scavato per i fianchi nel palato un tutto che si tiene
tra la fronte
e il gran silenzio del tuo sguardo
sulla sera – E’ il nostro mondo, di toccarci con le ali, poi raccolte, sopra il tavolo in castagno, verso un lembo raro del giardino, fino al mare aperto. Una mansione, il prolungamento della casa, lungo il sentiero dei lecci secolari, fin giù alla distesa delle viti. Dove inizio a camminare-
coi fiori più selvatici, e l’agave che ti offro sulle labbra- è il mio posto, sui camini delle fate, che taglia tutti i nodi delle mani, e basta poco, per andare al faro ,alle tempeste coi resti delle mareggiate se nell’ambra fai bollire le tue reti, tra il fogliame del miobosco c’è l’odore di albicocche solo tue..allora salgo salgo sopra il noce. Per toccarti
ho legato con i rami un filo al piede annodato all’altro capo con l’azzurro, un principio che ogni sera quasi muore, poi risale con il giorno a copricapo, spruzzando sulla terra la tua voce, con i semi che può spargere una baia, arrivo dentro il fiordo che più amo e le vene sono un fiume di portata.
Id: 38843 Data: 30/07/2016 20:14:13
*
Con la vostra fronte di neonati
Il vento è con te, e con tale grazia,
più fresco dell’acqua nuova
là dove va ogni bestia libera
o un grande albero che sta per cantare
di un lungo segreto, nella tua veste chiara
e lunghe pieghe in punta di dita
divinità da ogni parte. Ti ho visto
tre volte nel volto, nascosta
nelle sacche d’aria del tempo anteriore
alla curvatura del mio cristallino,
puro, in calzoni e scarpe di castoro,
l’ornamento della tua sacca nera
dal lato delle cose di sempre,
il sillabario della tua favola. Più lontano,
a labbra chiuse, sotto il grande albero-
nel prolungarsi dei raggi della sera,
la brocca sospesa sul fianco,
con tutto quello che vi è d’immenso
e bambino nel canto- io veglio,
i tuoi fogli, ad uno ad uno la nostra ala,
per farne crete vive. In cammino,
alla fine del filo ci sei tu,
e uno zampillo, prima degli occhi,
fertile come fiumi, nella terra
aperta per l’amore. Cantate,
allo stesso passo, cantate
il riunirsi di una famiglia intera
di ali. Due esseri veri-
nel letto del vento,
la natura infine raggiunta
dallo spirito, che precede la brezza,
dopo avergli ceduto ogni cosa-
con la vostra fronte di neonati
al limite della felicità.
Id: 38814 Data: 27/07/2016 23:59:26
*
Al tremore più solenne della terra
Posso solo raccontarti di quel poco
intravisto per bagliori nei tuoi occhi
la santità del movimento -non il detto,
ma ciò che ho ascoltato, riponendo
le parole e i pensieri sotto l’aria
il soffio ed il respiro, abbandonata
alla dolce eucarestia. Così ritratta
Ti chiamo mio fratello, e ancora, padre,
piena di gioia e di capelli lunghi,
nella semplicità di una candela accesa
al chiaro dell’ignoto. Sono ora
tutti i nomi ed ogni forma ricordata,
scintillante a meraviglia. Dentro il cuore
ho condotto per te ogni preghiera,
ogni gesto del presente naturale,
mangiando alla tua bocca contagiosa
è nato il mondo, da cui nessuno torna,
fedele al passo che matura il pane.
Sei tu la grande morte e il mio risveglio,
chi cerca e chi è cercato in te è scomparso
ed ogni giorno ricomincio dalla stessa
pozzanghera di pace trasparente
dove il cielo si rispecchia ed il tramonto
indugia con la luce, nel miracolo
del mio laghetto azzurro come il mare.
Per gradi di visione altro non c’è
che verità accese dallo squarcio,
rannicchiata nella terra, silenziosa.
Strappando via all’ inferno un nuovo nome
ho condotto alla luce la follia
fra tori , vacche, e pioggia antecedente
alla ragione. Ed ora è grazie a te,
se luccica di sacro questa fossa
sulla quale poggiare il nostro arrivo,
l’ultimo punto di una contrazione
Dove hai posto la sposa e il bambino
risalgo alle corone, alle promesse,
leccando ogni ferita delle bestie,
per mangiare la polvere divina,
con i reni pronti a uscire nella luce
più sottile che lega il mio cordone
al mondo del divino ombelicale-
risalgo folle su due piedi infine vivo
come un germe tutto intero che si affida
al tremore più solenne della terra.
Id: 38491 Data: 03/07/2016 13:58:12
*
Un dolce di grano appena un chicco d’uva
Era il vento sul viso, puro velo di altra cosa.
Un dolce di grano appena un chicco d’uva
celavano il digiuno col sorriso
ed i capelli freschi, nel segreto oblio di me,
perché i tuoi piedi fossero leggeri. Mentre vieni,
rendo grazie per averti
riconosciuto e sposo. Tra le bestie
è il corredo che ti offro, nel baule d’aramen,
otto ettari a pascolo e castagni,
che la terra assorbe lenta, a mille metri.
Ho messo dentro i ferri con i chiodi,
i morsi dei cavalli, gli andalusi,
e quelli sardi più severi. Tra i filetti inglesi
le lezioni nel tondino a dei bimbi un po’ speciali.
Lunghi anni tra giganti così fragili per sangue;
per destino, ho messo dentro le mie braccia
e tutta l’anima
allungata fino in fondo al loro ventre
per tirare fuori il male. Troverai chi si è salvato,
e le zampe inginocchiate nel morire di chi non ce l’ha fatta.
Con le fattrici ho messo via il dolore del travaglio
fra le onde dei puledri appena usciti dalla pancia,
il mio volto madido di luce, le mani sporche della nascita,
di una bellezza che non sapevo dire. Nel fienile
ti ho lasciato i miei disegni asciugati nella paglia
e l’ora della cena, appesa ai ganci, in alto,
sempre dopo.. governati gli animali.
Sfiora i bordi della dote in pieno inverno
i passi lenti che giravano il pastone attorno al fuoco,
e una canzone nella testa, quella lunga
storia d’amore con inizio e fine nei mastelli
della crusca, la pioggia d’argento che cadeva
investendomi di avena. Sulle greppie
è tutto là, puro velo di altra cosa. Cerimonia,
per durare- con chi batte le ore della fame,
a una a una le conosco, ed ogni posa,
fra tutte, quelle di Zahir e Leila, e di Rebecca anche.
Nell’astuccio con gli intarsi ho conservato
qualche cosa di straziante
una gioia impronunciata, tradita sulla lingua,
da ingoiare come un’ostia sul lavabo.
Non conoscevo l’ederlezi, eppure l’avvertivo
nel muoversi dell’aria all’incontrario
quando mettevo al collo dei cavalli sanguisughe
raccolte ai bordi delle vasche, lucide di fresco,
all’acquabuona,
come le più belle perle al mondo da indossare.
Con che tormento attendevo quello scambio,
/ nell’immensa lentezza della grazia/
il sangue andava da un essere a quell’altro,
svuotando il male nel respiro verde, e le bestiole
al rossovivo della festa, quiete,
le ho riposte sulle pietre umide, ubriache.
Quante mattine ci sarò a montare a pelo la mia Leila,
con un laccio sottilissimo alle labbra,
usando il corpo all’alba come il sole. Mi affidavo
per ritrovare il branco sconfinato nella notte
chissà dove poi fermarmi e scivolare giù,
con la pelle più sottile che conosci; nuda,
tra i cavalli e l’erba, c’era qualche cosa
di grandioso, che ora chiamo sacro,
a quel tempo appena un girotondo, lo scoprirai splendente,
e al petto l’amuleto per la promessa della semina
per la crescita dei fiori a primavera. Godevo, sai?
Godevo, sapendo di pregare. Tra i raccolti
la polvere si alzava sulla schiena
formando un manto d’oro con Rebecca
che spingeva tra le spalle per tornare
a casa. Nell’angolo a sinistra del baule,
come fiori al bordo di un sentiero
ci sono le ninive-
le preghiere arrotolate nella mussola,
nascoste nelle pigne, per i morti-
lasciate andare nei buchi dentro gli alberi,
nel posto più profondo del mio luogo più nascosto,
ai ripostigli della neve, nella neve.
Potrai scambiare per incenso, se non sai
che la medica fasciata troppo stretta e umida fermenta,
il vapore che ti fa la nebbia agli occhi proprio adesso-
stava lì accucciato al cuore dei covoni, nel tepore,
a covare come un male- gli davamo il giro d’aria
con bracciate e giravolte dei forconi
per farlo splendere nel sole- l’ho tenuto,
per non dimenticare. Ecco ora,
come per raccogliere qualcosa che sai fragile,
tieni fra le mani la passione nelle ore della luce,
o, ai lati delle labbra, lo schiocco sussurrato
per insegnare a Zahir come fermarsi, con dolcezza
appena sotto c’è la commozione, a dorso nudo,
che mi prendeva a notte per l’odore lento
che saliva dalla stalla alla mia stanza,
come la più antica delle madri che controlla
che ogni cosa sia al suo posto. - E anch’io
mi sono alzata al buio per le scale
seguendo il borbottio che facevano i cavalli
ruminando o il suono ripetuto della lingua
che leccava i rulli con il sale appesi al muro,
i miei piccoli stupori.- Una ricchezza,
ora che ti vedo alla finestra
col ventre incollato a terra ti offro la mia mano
i nidi che sai leggere e un piccolo lamento
cucito tra i capelli, a ricamo del corredo:
di quando Lei spariva nel dramma della luce
mettendo al mondo un nuovo nome, e poi narimi.
Delle mie minuscole parole
ho sentito fame e sete solo allora
un vento le ha spezzate
in puro velo di altra cosa
sulla tavola dei Morti, come un pane,
indicandomi qualcosa nell’incontro,
un’acquabuona. Ai bordi della vasca
mi inginocchio con le perle intorno al collo,
un solo filo, che le rende grazie,
dalla notte all’alba, per gli anelli
scambiando la mia danza nella tua
un dolce di grano appena un chicco d’uva.
Id: 38338 Data: 20/06/2016 14:59:52
*
Al principio della vita poi scomparve
La pura attenzione a un lamento infantile
li aveva condotti sul verde del fiume,
con le dita leggere di una preghiera
rivolte al più caldo silenzio del greto.
Come fossero in piccole orazioni,
le ferite, sprofondate nella luce,
più e più volte in estasi ridevano, e correvano, drammatiche e festose, correvano e ridevano le gambe,
avanzando di ritorno alle radici,
col voto di non cogliere mai fiori nel cavo delle mani capovolte. Un canale di biancore percepito nella sua immisurabile portata fu il sì assoluto all’ultimo dei viaggi, congiungendo i loro palmi al solo centro di una lingua imparata da bambini;
e tenne fede a una consegna di silenzio la più straziante di tutte di tutte le scintille, appena pochi lembi di visione- non so dire quanto fosse piccola- al principio della vita poi scomparve.
Id: 38132 Data: 05/06/2016 15:52:33
*
Con l’acqua mi solleva dal silenzio
Nel giorno più lungo del mese
io sono insieme.
Accanto crescono gli alberi
più luce. Una volta
la scia del respiro di un bimbo
-poi l'acqua lo distese nel silenzio
per essere vicino ed invisibile.
Segreto e favoloso
traccia l'immagine di un volto,
sopra ogni cosa,
e lentamente il suo contorno,
lo splendore che scopre
attraverso lo sguardo.
Poso a terra la gola,
il sole e le vesti,
dove la pelle fa male,
e la sola preghiera che so
fra i panni ancora chiari
del lamento
s’infila con le ossa delicate,
lasciando ricadere come in segno,
tra il petto e l’aria, la polvere dei fiori-
il dono di un albero, inatteso.
Un lungo e nuovo filo va alla gioia,
tra le rose di maggio, e la sua corsa
con l’acqua mi solleva dal silenzio,
fedele metamorfosi ed amore
Id: 38063 Data: 31/05/2016 23:29:30
*
Con un solo e lento chiaro
Tenevo fra le mani due fascine e tu venivi per i vicoli del legno
con un solo e lento chiaro nei miei occhi.
Di quel gesto impercettibile ricordo che rese la distanza incalcolabile la più vicina al mondo sconosciuto, pieno di grazia e lacrime serene ai lati del mio viso, e lì soltanto.
Così invisibile rimane il tuo sapore risalendo come un gemito morente dai fiori mai nati sul palato, liberi di guardare un nuovo ventre; è un filo di bisso che mantiene le tue radici alle mie mani e sopra i fianchi il sacchetto delle strade, delle sere, e una volpe che si sposa mentre piove con il sole- E insieme i tigli d’oro non possono che questo, in fondo al campo, non altro che danzare l’ederlezi mandando scuri un soffio di bellezza nel buio che va dal primo vento, al caldo dei pensieri in tutto il corpo.
Come è semplice il miracolo che vivo, come gli angeli, va via prima del giorno. Un solo e lento canto mi vien dietro
per i vicoli del legno col tuo passo stringendo le fascine con dolcezza per il fuoco nella stanza degli sposi, il buco di calore per le gambe da tenere a penzoloni nella gioia.
Id: 37933 Data: 24/05/2016 23:27:23
*
Pasqua delle rose
Pasqua delle rose è venuta così,
a corpo nudo, sotto i resti della yurta,
l’odore di un bambino,
nella mia visione semplice,
dividendo la nostra stessa cura
intoccata e lieve.
Qualcosa si è volto di lui, si è aperto,
ha offerto il passaggio al morire del tempo
due giorni e ottanta mondi
il giro di distanza,
due forme di pane lievitato
con pochi decimi di efa
e un grano nuovo, sollevato,
al centro della stanza. - Col suo premio
eravamo tutti insieme antico suono
nello stesso luogo delle bestie
a cospargere il secco di rugiada,
con tutta la gioia sulle spalle
e i nostri bambini nelle bocche
che parlavano all’indietro
con una voce profonda, e perfetta
una tale bellezza attendeva il canto del grano
l’aratura dei campi la semina e noi-
fino alla benedizione dei granai-
quanto ridere, per i sentieri di giorni e giorni,
nella cavità prodigiosa degli sposi-
una ciotola appena e il primo anello
del vuoto posava l’orecchio
sul petto degli alberi- lo stesso sangue.
Con lo stesso sangue caldo
fa di me la tua mano-
spezzando i vasi rossi, il rito e l’occhio,
in modo indelebile al germe al cenno
al neuma- dell’ultimo raccolto,
la più debole voce che si leva
coprirà tutte le lingue. E tu,
visibile alla luce che solo il nulla descrive,
tu, con la stessa lingua,
respira,
a suo modo, canta.
Id: 37832 Data: 19/05/2016 16:00:12
*
Come un fiore ridotto alla gioia
Tacere toccando la terra.
Tacere,
sostenendo il silenzio i tuoi fiori.
Ho atteso
che tornasse il respiro
nel vuoto
che precede ogni tua voce.
E’ un corpo senza segreti
l’anima che ora ti offro,
nessuna forma che la torturi
nella stanza più intima.Un vento,
il suo bisbiglio. E' tutta la donna-
sulla tavola di cera dell’ascolto,
a gemere leggera, tersa,
-come un fiore ridotto alla gioia,
fino a togliere peso, nelle tue mani.
Come in grembo ad adamo
stringe il tuo seme con gli occhi
d’argento, il tuo yiddish nel cuore.
-All'origine che sola congiunge
il suo primo matrimonio alla preghiera,
stavi lì, brillando intero,
indicando un altro luogo,
in petto, un altro luogo
che afferrava la realtà
tutta la vita. - Un fiume nuovo
il tuo non esserci, gira nel ventre
adesso, continua a salire
con ostinata bellezza
come un coro di acque, in piena,
nell'argento dei polmoni.
In un profondo caldo
si raduna il fiato sopra l'erba,
si piega per la sera.
Reclino il capo, anche io,
spingendo indietro la saliva
entro, fedele, nel tuo silenzio sacro.
La terra aperta.
Comprendo che sei qui
dove la vita aumenta
se, respirando appena,
cola dalle parole che ti scrivo
più vera della notte la tua voce,
se, tra le aperture delle labbra,
il nostro riso si dissanguain luce.
Id: 37730 Data: 11/05/2016 13:24:32
*
Amina con Aman, e poi narimi
Tra l’ombra e lo stupore, in armonia,
non fai altro che nascere ogni giorno
svolgendo e dilatando la mia vita,
come dopo ogni distruzione.
Nell’interezza mi consegno, arresa
al dolore ben più grande del mio corpo-
mentre penetri nel cuore senza canti.
Ti scrivo con la cenere negli occhi,
attraverso vi corre quel bambino-
senza sapere che non esce, vivo
se per sempre metto insieme i nostri nomi-
amina con aman e poi narimi-
viene piena di profumo una famiglia
mentre ci abbassiamo con la sera
le palpebre che entrano nei sogni,
bisbigliando "siamo salvi, al posto giusto,
e mondi ancora insieme. Siamo casa.
tra il respiro più pulito che conosco
del bene che precede la bontà
nell’ordine che fa cresce le rose,
preserverò i tuoi fiori. In ogni passo
è natura sempre nostra figlia-
il suo andare col sorriso verso il centro,
dall’angolo del viso, con le mani.
Ed ora pianta le tue labbra tra le mie
tra le mie ginocchia coronate.
Con la cenere negli occhi, ti ripeto
"attraverso vi corre quel bambino",
senza sapere che non esce. Vivo
se per sempre metto insieme i nostri nomi
amina con aman, e poi narimi.
Id: 37609 Data: 03/05/2016 13:18:09
*
Restaci accanto
Mio Aman, Adam, e purissimo Amen
vivo e iridescente principio
che mi accompagna oltre l’inizio
di una vita intera con te,
ben più patendo e con passione
le nostre lingue si sono incarnate
fino a nascere Noi. In questo credo
si dia la trinità. Discesi
nel profondo di una coscienza
divenuta terza e trina insieme
un sacrificio.
Io credo che Noi abbia fatto qualcosa di sacro,
un nascondiglio commosso alla luce.
Ed ora non posso tornare da dove
ho mandato il vento nel mistero
della bellezza che nasce,
nello slancio a vuoto, che ha detto: sì,
alla fiducia, la grande sorella
senza ragione né prova.
Dove non giunge la comprensione
lacrima delle cose la mano
di uno sguardo, nell’anima,
a mezza costa,
l’ambra che tiene il fossile
dove il punto di partenza della voce
è fermo. Intriso di perdita
intuisco il soffio delle parole
per rifare ogni volta l’innocenza,
forse una vibrazione nel legame,
come fili d’oro tra le ferite
nidi, nel non essere, di grazia.
M’inoltro nell’ombra e molto di più
spingendo come una genesi,
spingendo il coraggio sull’orlo
col muso in avanti
risalgo dal sangue: la croce
è una stella,
abbandonata la spoglia ninfale
di questo dolore,
tersa e pulita nel vento fiorisce
nuova la voce.
Per raccogliere respiri vi è un segreto
tacere
di parecchie vite mano nella mano
ai piedi del nostro albero
- nel tempo di dedicazioni
a ricordare il luogo originario
di altro vento.
Unico culto la cura, i baci la liturgia,
nell’incertezza benedetta che suggerisce la ricerca,
nella grammatica da Maddalena,
fedele perché ama,
nel Vangelo mai fermo,
che stupisce a ogni curva.
Sì. La fede è itinerario,
è cambiare e ricominciare, seguire e camminare,
leggeri,
con tutto ciò che si oppone alla morte
come fosse un sesso aperto
e insieme
l’imene intatto, sulla larghezza del cuore
Restaci accanto.
Tutte le parole sono state dette.
Respirare è conoscere ora.
Nell’infinito intreccio di Indra
nel meraviglioso riflesso ch’è noi,
restaci accanto- amante e religioso
in mezzo a questa montagna-
in tutte le direzioni,
e sotto il pino, non sapere luogo.
Id: 37390 Data: 18/04/2016 09:58:13
*
io sono insieme
“Ogni sforzo aggiunge
un poco d’oro a quel tesoro
che nulla al mondo potrà carpire.”
Simone Weil
Vieni prima degli occhi. Questo lo sai.
È la domanda di bene
che ogni bambino rivolge
nella fiducia.
Guarda tu ora, e noli me tangere.
Io debbo proteggere il vuoto
mai posseduto. Ti benedico
perché non hai trasformato le pietre nel pane
che mangi ogni giorno. Sulla tua trama nera
è un ricamo quel rosso che appare
come fosse un esercizio, una veglia
alle energie più sottili. Obbedisco,
rimanendo in ascolto-
mentre il fiume copre il suono delle tua voce-
Obbedisco,
con l’alito che so delle bestie
quando si sporgono nel tepore della paura.
Tu avanzi
fino a toccare tutto quello che ci rimane.
Io sono insieme- ripeto-
tra le cose in movimento,
lo scintillio della prima risata,
la mano che diceva il miracolo,
sul fuso della tue dita, la grazia-
i nomi della luce sono qui
nel più sacro recinto illimitato
dov’è il sortilegio che chiama,
seppur sfiorando il nulla,
nell’instancabile enigma dell’eternità.
Un’iscrizione ricavata dall’albero, al fianco,
coltiva l’inverno della tua lingua
vegliando i semi la folata di vento.
Rinasce la voce.
Sei innegabile
nel sì finale alla passione che mi aspetta,
il lungo affondamento nel mio vuoto,
fino a sostituirlo con un principio luminoso.
Non saprai che ci sono ad amarti
come l’inizio del mondo,
il silenzio che circonda le parole
è lo stesso che precede l’azione e si spegne
nel possessivo profondo del “ mio
adesso”. Viene il mese crudele di Eliot
con ogni briciola di bene che è stata raccolta
nell’onestà della voce. Nuda,
vulnerabile ripeto il gesto di offerta :
“io sono insieme”-
e, ciò che più conta, la tomba è vuota.
Id: 37255 Data: 08/04/2016 19:05:42
*
Nel lunghissimo ora
Abitata dal verde
non ti nascondo la piaga,
luminosa,
la bestia santa
sul pudore della parola
invincibile
quando spunta il fiore
non può essere detta la grazia
che smaschera un Dio.
- quale veggente cecità
ti tiene prigioniero di ciò che sveli,
non potendo sopportare il peso della libertà
scegli la felicità
dimentico del sapore dell’intero.
Eppure la candela rimane accesa
in mezzo al più violento temporale
penetrando nella sua bellezza
fino al tempo del riposo. Colma,
assimilando il male dopo gli occhi
cammino ad ospitare il movimento
del pensiero. La grazia,
la grazia è il ritorno di ogni libertà,
quando non c’è più nulla da fare
bisogna essere, aman,
anche lavandosi con l’acqua sporca
ogni mattina
preservandosi puri
nel rituale del risveglio-
come un modo per aiutare Dio,
divenendo Noi
divini,
e cruciali, ovunque diffusi.
Incarnando la mancanza
ho tenuto tra le braccia nostro figlio,
nostro figlio morente,
mutando la nascita in deposizione
nel suo ultimo respiro ho urlato
“io sono madre”
rilanciando la vita
prima degli occhi-
dov’è radicale la forza del bene,
irreversibile.- Coli dalle dita
e dappertutto
rimani
dove il Canto risplende
nel lunghissimo ora
che sei
Id: 37165 Data: 03/04/2016 15:48:30
*
Pesah
Ben oltre c’è la vita,
la ferita più profonda che si allarga,
nel tuo viso fertile, e compiuta,
grido
che c’è pace, nella pelle
che si apre
la gioia di portarti sulla bocca
nel sentirti venire come neve
nel buco più divino del midollo.
E ancora non tocchi tutto dell’amore,
dei fili dorati che vanno dentro agli occhi,
dove entra ogni notte quel bambino
dove ti imploro- in mezzo alle acque,
alla casa, all’origine, nella vulva di Inanna:
“nel grembo di miele, discendi, ancora
sulla tua barca celeste ” E tu,
come un santo,
ti unisci all’amplesso, più sacro.
Quattro piedi, quattro muri nella casa
di quarantena, quarant’anni di deserto,
e per quaranta nel digiuno sei passato
in sette quarantene nel mio ventre,
dalla porta. Un’apertura in movimento
svegliando i cani i domestici e il giardino,
penetrando la foresta, per brillare,
dove ti eri addormentato, ti fai nuovo,
nella carne della sposa che ti sei
Con le luci capovolte della pelle,
con tutto il peso assunto nelle altezze
delle terre più profonde che hai solcato.
abbiamo avuto fin seicento anni
e millemila matrimoni nella pancia
fino al frutto che mangiamo, e siamo noi
le pietre, nell’arco della nube,
e nudi come mai insieme, ed ebbri
della Grande sera, al domani che ci canta
padri e figli,
senza paura della morte che è la nascita.
Nell’erezione di Moseh oscilla ancora
nell’arca delle madri spingi
con la testa, fino al Nome
nello splendore delle nostre contrazioni,
facendo delle vertebre un dipinto
del bimbo rosso, tra i giunchi che si allargano.
Nell’uomo verde, è la Pesah, l’uscita,
il passaggio di ogni porta, la parola
per parola, il tuo nome che contiene,
penetrando la tenebra finale
con la stessa lingua che è la Nostra
Id: 37051 Data: 27/03/2016 20:13:07
*
Fedele allinvisibile
La spinta che diffonde quando è ora
è tutta qui
se nel farsi preghiera muove l'aria
col goccio di saliva trattenuto
dal sogno di stanotte-
sino a rendere pesanti i nostri occhi
come frutti-
maternità tra l'intimo dell'acqua
e la coppa che raccoglie la sua origine-
le terre emerse è Noi. Mio sposo
...la mia Jebel. ti mostro, i suoi colori lungo il perimetro dei fianchi, circondata da due fiumi, una segesta,
mentre scende nella yurta coi suoi capelli d'oro silenziosa
ti racconto della casa
fatta come il ventre di una madre
con un corpo nomade che viaggia
sulla schiena errante senza chiodi
solo Geni che si baciano a raggiera
e una finestra in cielo pitturata,
una corona e come gioco il giragira:
consonante-vocale consonante-
“Fammi frusciante il Tamashek !
il verso nasale dei Tuareg, con l'ewè,
la lingua dei bambara, eppoi lo schiocco”
ridiamo come stessimo pregando!-
Ti celebro così dentro i paesaggi
come in fondo al vuoto del mio letto
nell’esatta simbiosi della gioia
madre dalla lunga voce-
fango che dorme nella luce
con tutto il silenzio fuori dal torace
della carne, allo scoperto. Amo.
Ciò che nasce non è altro
da questo uccello azzurro nei polmoni
con il dorso carico di latte
“Cosa vedono i tuoi occhi, Aman,
quando vai a fare i fiori..
la porta stretta di una retinadove s'inginocchia il cielo quando non arriva in cima ? la sua parte di luce
è quel prodigio
fedele all’invisibile
nel rosso della gola fino a sera-
una piaga battuta dal mattino
nell’urlo che viene,
la gemma che cerca
la lingua in un punto,
il suo latte,
solo quello può essere:
una parola che ride-
che viene a morire nel gesto
per disegnare un respiro
riportando il campo di una lacrima
nella radura da cui riparte il filo
che appena visibile cammina
sul buco di dolcezza della yurta
si espande e si contrae,
ti assorbe
lo spiraglio che moltiplica l’amore
nel continuo movimento di un miracolo
librandosi nel cielo come un figlio,
a comporre la sua voce. Va alla gioia.
Id: 36986 Data: 22/03/2016 16:08:48
*
Buoncompleanno poetamio
Spingeremo come simurgh primordiali le nostre upupe tendendoci le ali la nostalgia del Mirabile Ruah
Alle foreste di cedri abbiamo messo il vaso acqua e rose alla fine della neve, sul campo a benedire le sementi, nello stesso punto, sotto al cuore.
Ci siamo allontanati seguendo le linee della mano. Alle pendici delle Ande c'è un riparo,
ripetevi una terra sconosciuta, Yasunì..
Apri le mani e Vieni ! faremo sapone dalle bacche masticheremo foglie colorate fino ai reni giocheremo la rayuela con le rane più piccole del mondo.
Tocca ! sanno di limone le formiche e le scimmie fanno lana, più di tutto a Yasunì
gli alberi camminano sollevando le radici come braccia, seguono la luce per otto metri al giorno. All'infinito i nostri dolori li mangeranno i funghi a pasti brevi-
Anche se da lì non vedi fuori c'è un riparo nuovo a Yasunì e sulle nostre dita, cresceranno come nidi braccia nuove l'amore impiglierà nei rami a piangere di gioia dove vuole.
Id: 35870 Data: 19/01/2016 18:06:01
*
Rimani#SaveAshrafFayadh
Benedetti dall’esistenza e dal suo peso
tra le infinite madri della luce
con la forza della tua poesia
col buio che opprime il tuo nome
faremo foreste di colonne
spingendo sulle palpebre le mani.
Nel luogo più profondo il più elevato
tu sbuchi nei polmoni, mio fratello,
con l’odore delle lettere del pane
dove l’acqua nel bianco si ritira.
Tu rimani. Nell’impossibile morire
attaccheremo al seno la tua voce
coveremo un fuoco a cielo aperto
muovendo l’aria e fosse anche un goccio
la saliva, tutto quello che ci serve,
risaliremo lungo il pozzo per la via
del fiato caldo dei tuoi versi.
“ La morte è troppo poco per sparire
gli occhi luminosi di Shabani ”
Era questo il mio pregare e ancora
con le stesse garze d’acqua sopra gli occhi
difenderemo il tuo giardino, la tua casa
la poesia nel volto di ciascuno
nel più piccolo respiro della polvere
.rimani.
Ho sottoscritto la petizione il 26 novembre 2015: Libertà per il poeta Ashraf Fayadh
Id: 35718 Data: 13/01/2016 13:15:43
*
Sei venuta nel sonno senza sogni
"…Credo del resto che questo tempo di prova sia una cupola inarcata su tutti, sia iscritto
infine nella carta del cielo che dovremmo veramente, per durare, tenere tutti la mano,
con pensieri di luce.."
Cristina Campo
Sei venuta nel sonno senza sogni
fasciata di nero e d’azzurro.
Sono nascosti i fiori.
Le spalle coperte dal vento.
L’immagine si apre silenziosa
e resta ancora un lembo
alla Certosa . Dietro le parole
c’è una strada sottile, e sottilissima
nel giardino del corpo la tua voce.
Altra nascita tocca la schiena,
con le rughe gentili le mani
-dolce croce.
Lentissimo bacio-
come ultimo segno di religione.
Ti ho portato l’odore dei muschi,
e gli occhi confusi al risveglio
dal buio denso dei boschi.
Quanta calma nel petto
se danzi di nuovo
capovolta nel solco di luce
se circoncidi un fuoco
che rischiara e conduce
dove i mesi hanno nomi bellissimi
Come un canto all’indietro risale,
dai granai delle clavicole,
al centro del sole
diventa pane, dietro il velario,
la tua Noce d’oro.
Cristina Campo Muore nella notte tra il 10 e 11 Gennaio 1977.
Vive sepolta alla Certosa di Bologna.
Oggi sono stata da lei.
Id: 35631 Data: 06/01/2016 22:39:41
*
Lombra e la grazia
* Disegno tratto da : L'anima e lo sposo, Cecilia Fasser
Id: 35573 Data: 02/01/2016 22:28:13
*
Con l’estate a capodanno
Un recitato di preghiera sul trenino un calpestio di cervi claudicandi che hanno imparato Zingiriàn
avviene al caldo
con la testa di un bambino nella luce
stretto come il vischio addosso al pino_
la quiete che fa, s'adagia sul ventre come sognando_
siamo una coppia, salendo gli dei,
tra i pezzetti di una mela luminosa piena di grazia e simile a un vapore, che il silenzio ha formato nella bocca,
che ora preme per tornare con il seme
sull’albero da cui si vede il mare.
Sul pianoro dei tre pini c'é un amante
tra gli occhi luminosi degli assenti
e la lentezza della neve che gli offro
Lo sanno le sue mani- dove sono,
dove sono nate le farfalle,
nello stesso posto io rinasco.
Ti racconterò di come entrammo
dalle vene luminose degli sposi,
per la dimora preferita, nella mandorla,
per condurre insieme i nostri anelli
a far l’amore con l’essenza del linguaggio
anteriore ad ogni lingua sulla terra
per tornare coi lumini sulle dita
e il grembo d’oro con l’estate a Capodanno.
Id: 35547 Data: 31/12/2015 19:06:08
*
A Rainer Maria Rilke
Rose, oh reiner Widerspruch
Lust,
Niemandes Schlaf zu sein
unter soviel Lidern
Rainer Maria Rilke
4 dicembre 1875- 29 dicembre 1926
Non hai posto il viso mai lo sguardo
dalla parte della carne per qualcosa
che non fosse entrato nei tuoi occhi
nella solitudine ventosa delle balze
portando in te la grande morte
come invocazione di fertilità.
Porto ancora sotto il seno
la grazia del suo reiner,
lo amo come fosse vivo,
ma non è Lui che cerco
sul sentiero di Duino,
quel che ha visto senza palpebre
nei movimenti delle rose,
sottovoce,
alle fonti ultime e sommesse della vita
nel grumo di radici che beve il buio dalla terra
preghiera, se si vuole-
nell'interno indimostrabile del canto
sempre più invisibile
come uno che risorge_
alla fine dei miei occhi,
la cui anima si sporge
sul mattino.
Id: 35531 Data: 29/12/2015 20:48:14
*
Con la fragilità degli angeli
Due lunghe strade due figure nell'erba mi accuccio dove non sono mai stata
c'è una donna che sbatte la luce dentro un mortaio... al tramonto dell’anno la posso vedere- dall'altra parte del mondo
implorando la durata della notte che s'allarga nera sopra i fogli tanto più potentemente nuda
come la più lontana delle stelle, poggiando sui talloni quel che aveva nello sguardo
viene a dirmi che ritorna dove niente è più visibile- fra gli alberi
con la fragilità che io immagino
degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria
Id: 35493 Data: 24/12/2015 19:27:02
*
Dove ora riposano le rose
Un altro alito si tende come al nulla,
camminando dal presepe, al boscovecchio,
un piede dopo l'altro, si alza muto
sulle mani giunte come un vento
che lega ramo a ramo delle statue,
delle statue piccolissime di legno
dove ora riposano le rose
c'è un momento di calma luminosa,
che inginocchia fino a terra le carezze,
scavando nella grotta dei dormienti
il muschio che risale alle radici
del paradiso, fra un uomo e la natura,
che discioglie la brina nel calore
con l'adagio più bello che conosci.
https://www.youtube.com/watch?v=Les39aIKbzE
Id: 35457 Data: 21/12/2015 19:39:05
*
Dalla parte di Dio
Ti farò dormire in una poesia
nella mia preferita stanotte
camminando con gli occhi_
a piccoli passi
con le ossa esposte
nel presepe
ancora più leggera
di un pesce d’oro a velo d’acqua,
sarai il prolungamento di un respiro
nella più semplice delle cerimonie
_condotta da un fiore nel regno dei morti
per sentire calda la vita,
distesa dalla tua voce,
dalla parte di Dio.
Id: 35380 Data: 14/12/2015 23:20:33
*
Salām
Dove il miracolo dell’albero
sul nostro vicolo cieco,
reciproco e altero ? -
Vale la pena tutto lo spazio
la paura
di quello che può fare la montagna,
l’urlo del torrente
a sommergere le piantagioni
a spostare le strade.
Nel flusso caldo del sangue
c’è un luogo interiore
che annulla ogni esterno
riflettendoci in luce
e indistinguibili volti
generati gli uni dagli altri.
Pensare a noi
è pensare a molto altro
nella pausa del respiro
c’è un lutto necessario;
fuoco e neve
in una stessa fiamma
i tuoi settantadue frantumi,
sino a traboccare
tra la terra e il cielo come vergini
il fiume più grande del mio cuore
nel tempo pieno della carne,
che domanda- hai messo fine
alla catena di pietre gelate
tenute insieme dall’odio
di un amore mancato nel seno
disperato della tua religione ?
in paradiso
Gli uomini che hai appena ammazzato
ti stanno accogliendo, non più sofferenti,
anime, come la tua, perdonata,
nel taglio più grande dell’esplosione
che ha dilaniato il tuo velo, nel Vero
vittima e figlia di sola violenza.
Come un’acqua lustrale
siete uno nel tutto,
tra le vasche saldate di creta
e migliaia di piccole piante
di semi indistinti,
fino a sfiorarvi le bocche
a respirare in un unico gesto,
abbandonati. Con te che sei rimasto
in terra vorrei fare la pace, con l’altro,
con me. Salām
Id: 35005 Data: 15/11/2015 23:41:12
*
Per rendere la rosa
E' così la grazia,
parla in un piccolo alito,
a cui la mano aggiunge il segno
nel petto, l'orma della tua poesia,
era e sta.
Con desiderio-
mentre affondi nell’inspiegabile che avviene
nelle profondità della mia carne
col piedirosso sulle spalle
come zampette di colombi ,
e un pizzico dello sciascinoso-
niente più ci separa
dall'assenza,
dove riempi d’acqua le tue mani
per dissetare le amate barbatelle
metterle a dimora allineate,
tenendo unite le radici per il verso,
con amore
per spingerle nel fondo della terra
lasciando appena fuori l’ombra
di un sorriso
batti piano e intorno
a piedi nudi
un piccolo pozzetto
per l’acqua del futuro.
C’è odore d’aramèn e dello zolfo
del sudore. La tua terra è viva
dalle falde alla tunica di pelle-
è o’ pascone, vai cantando,
il sovescio d'erbe miste per purezza
nello scasso del terreno che proteggi
ammorbidendo le radici del violetto-
col favore del tuo sole, della pioggia,
le dolci potature annodate con i rami
come fosse un modo di sfiorare,
poco prima che abbia inizio il pianto,
ed ogni volta, in sette movimenti,
sette nodi, nasce la tua vigna,
e muore, per rendere la rosa,
alleggerendo il fiato
fino all’inno.
Id: 34929 Data: 10/11/2015 23:11:21
*
Caro Simurgh
Una foresta appena nata che si alza,
e tanta luce che si china, in ogni sguardo,
tra i miei morti, e tra gli amici.
Quanto pesa ciò che è lieve... Caro Simurgh
vivo in questo canto, che rimane.
Più del vento quando gonfia tra i vestiti,
è così che mi circondano i tuoi versi,
le parole inumidite da un chiarore
vanno aprendo cavità dove il tuo volto
irrompe come un Dio, un Dio che nasce
per bere sul diaframma delle pagine.
E pregano pazienza le mie dita,
levando appena il capo, rilasciato
in un segreto linguaggio circolare-
come il crescere dei fiori tra le felci,
col respiro su un’immagine di luce
è il solo paradiso che ricorda:
nel profumo ricurvo di bellezza
li ho visti nudi addormentare gli alberi,
in cima ai ripostigli della neve,
dove si nascondono le uccelle.
Col suono delle foglie
con smisurato amore
ti segue una poesia,
ti segue, se cammini,
fino a rendere il respiro,
serve l’invisibile.
nella discesa del suo canto.
Id: 34727 Data: 22/10/2015 23:10:31
*
La sillaba mancante è l’architrave
C'è sempre qualche luce se l'aspetti,
se ti metti inginocchiato sei più grande
se risplende un pianto nudo, un solo verso
fessura l'infinito e rifiorisce
la speranza. è un libro fatto d'aria
in cui le note della voce fanno tana
illuminando il gran silenzio mentre sale
lucida, e stordita, una poesia
usando la ferita per radice
ritorna dentro gli occhi la marea,
con la folgorazione, lenta, lungo l'acqua-
le fila delle trombe insieme ai corni
i legni che si alzano alle arpe
e, come in piedi, gli archi, in cerimonia,
si uniscono alle onde- dove batte
il nome che ti manca, cristallino.
Siamo foglie che s'involano, sorelle
nell'ovunque e immensa comunione
di nitore dello sguardo, come un lampo
che spalanca gli occhi dentro il sonno-
mentre prima li chiudeva per paura-
un altro fiore rischiara nei tormenti
e fa risorgere parole tra i suoi veli
salvando l'indicibile e chi ami
Così mi abiti, e, ogni sera, io ti sento
quando mi passi il pane, con le mani,
la sillaba mancante è l'architrave
che congiunge l'invisibile a chi vedi,
come l'albero fiorito nella neve
la cecità è questa fronte, bianca,
una coltre, intorno al cuore, muta,
è il sole che attraversa la mia nebbia
sottile come un'ostia, e, come un segno
d'acqua in chiesa, scivolata tra le labbra
dove la luce non arriva
abbiamo ancora una possibilità.
Id: 34453 Data: 30/09/2015 14:21:39
*
Come un frutto allequinozio
Una danza verbale e al contempo
si metteva tra il corpo e la sua ombra
come uno di quegli alberi che mostrano
l’argento delle foglie capovolte
dal pugno della luce,
nel vento. Pregavo la durata
girando adagio il viso di un respiro
col fiore di pervinca tra i capelli.
Come ogni domenica nel bosco.
Più nulla mi velava gli occhi
sfiorando la membrana dei castagni,
la gioia mi portava sulla schiena
come una compagna, una compagna onesta.
Nel liquido splendore della sera
bevevo, toccandole la fronte.
Non ho bisogno d’altro oltre i pini,
lei era il fiore e il fiore
è ancora lei,
invisibile nel campo,
vistosa,
nella pace del dolore.
Sono pieni gli occhi , nella nebbia,
del vedere che s’innalza così lenta
così distesa e uguale, come un frutto,
all’equinozio
come un frutto, tra due foglie, che scintilla,
cadendo nella pioggia che noi diciamo morte,
tutt’uno con la terra,
portando la sua fine nella notte
la rinascita perpetua della luce.
Id: 34376 Data: 23/09/2015 00:04:47
*
Nel grumo di mistero dentro agli occhi
Saliva per dolcezza alle radici
un grumo di mistero dentro agli occhi-
qualcosa che già ha avuto voce
nel pianto dentro il sonno, in quello breve-
come il centro di un canto che si snoda
da quella buca grande che scavavo-
nei giorni lunghi della pachamama
con l’unguento di erbarenna, a piene mani,
ponendo le pietanze con le foglie
e, in cima, le più belle pietre dell’estate-
lasciando che soltanto con la luce
il corpo si schiarisse, a suo riposo.
Nella piega della bocca rasoterra
sussurrava che Dio ti benedica,
bevendo l’aria in pieno sole; appena
un fil di fumo scendeva dalla schiena
benedetta nel cuore della pianta,
tutto l’amato e tutto un cedere d’amore,
a Ferragosto -
un compito diverso di preghiera
un abbassarsi a un’altra lingua, a quasi nulla-
sulla montagna imparata in Argentina.
Come a passo di cervo nella gola
ritorno nella buca sul mio cuore
con la stessa età che ha una luna,
e lo stupore di un guerriero scalzo
a fior dell’acqua. Nella terra molle
tutto accade sottovoce-
perché il nostro peso sia leggero,
perché la pietra, appesa al collo con le rune,
diventi un aquilone al boscovecchio,
dove l’aria sostiene le mie gambe,
fra le cadute e il volo- nel risveglio,
con le nostre antiche dita in mezzo ai frutti,
come fossero parole da ripetere,
da ripetere lucenti sulle mani,
dove affondano invisibili radici
dove culmina ogni volta la vertigine,
nel grumo di mistero dentro agli occhi.
*Musica di Lévon Minassian e Armand Amar, Hovern' engan.
Id: 34144 Data: 03/09/2015 21:13:12
*
Un piccolo perpetuo sulla lingua
Fece un attimo di pausa,
prima di continuare tra le viti
con un sorta di radice da tirarsi dietro
a distanza di un braccio dalla schiena,
nel fascio preciso della luce
accumulando energia
sulla punta delle dita.
Con un procedere rituale,
come a incanalare pace
in un punto d'unione la sua musica vibrò,
come fosse uno stendardo,
afferrando della gioia nell’intarsio
delle pieghe,
un segreto per l’occhio della mente.
Non c'è modo di parlarne
se non per paragone a qualcosa che conosco;
come tamburi colpiti da sussurri
intrecciava con le viti una poesia
un ricamo argenteo sulle vene
dell’acqua, in mezzo al piccolo frutteto
avvolgendo le mie ossa con i fili
con i lacci di un canto nel silenzio,
lo stesso di una stanza di un bambino
quando dorme
spostando l’aria col respiro.
C’è una vita leggerissima da allora
nello stagno di narimi,
una staziona segreta che rimane
un piccolo perpetuo sulla lingua,
nel barlume che raggiunge
il suo splendore.
Fra gli sguardi del sole io ritorno
nelle ombre assegnate
una mussola in preghiera ed argentina,
nel ventre smisurato del mio bosco
dei cervi muti, custodi di vocali,
dove la corsa finisce in un miracolo
e il suo corpo uno strumento che congiunge
a voce bassa dei semplici bambini
che si sporgono nel nulla
ad occhi chiari
dalla cima dell’ultima parola,
con un dire lungo i lati delle labbra
la vita vince sempre su ogni uno,
con un filo, rosso, che ci lega
nel seme del tacito affidarsi.
Id: 33899 Data: 09/08/2015 23:04:05
*
In ogni più piccola voce
Non credere sia mortale
l'eternità di cose remote-
Non c'è punto che non veda
del suo sguardo,
tutto respira tutto ringrazia.
Eppure viene solo da una tenda
di perline mosse per il vento
lo scintillio degli occhi,
come di un animale
quando si avvicina al buio,
restituendo doglie. Resta
e splende, nel mezzo,
come una donna illuminata
tra il sogno e la sua comprensione -
non scintillerebbe sulla pelle
fino a esplodere,
mettendo pace.
È invisibile il senso di una luce
viva che continua al buio
il coraggio nella mano
poco fa ancora vuota.
La terribile bellezza che si compie
occupa spazio e si muove nel tempo,
tra quello stordimento
che prende chi non sa,
nel luogo in cui è giunto,
cosa rispondere, pronto a dire:
con tutta la vita, con solo la vita
testimonio il cuore di un canto,
che quasi cade per troppa impazienza
di vedere con gli occhi di Dio
i nomi per lei,
in cui tutto trasforma
e mantiene.
Come tornare all'eterna fontana,
ricomincia così la poesia,
in quel lento riandare di versi,
ascoltando il suo corpo invisibile,
come strumento in preghiera-
che piange
che danza che ama che ride,
e si offre, cercando il respiro
mai interrotto coi morti.
Lungo la madre dei fiumi,
tormentata da dighe, così
quando il vento la muove,
oltre la luce più bassa,
risplende il suo sguardo
altre vite
ad accogliere orme,
e lei, che si apre,
in ogni più piccola voce.
Id: 33849 Data: 04/08/2015 12:55:46
*
Avevi degli angeli alle labbra
Ti scrivevo:
" Un solo giorno ancora
da colmare
sostiene l’Anno
sull’orlo della vista "
scuote un soffio tra i miei seni
di tre anni senza fine,
più del Nome chiama
ciò che resta di ogni goccia
delle mie ninive amate
nascoste nella stanza,
le garze d’acqua che porgevo
le hai scambiate col bicchiere-
aprendo le tue mani come ali
le alzavi fino al viso - inesistente,
afferrando l’aria di cristallo
portavi come un peso
dal deserto della gola
all’invisibile di luce
non so fin dove, madremia,
perché avevi degli angeli alle labbra,
la grazia nel tenere niente,
il mistero delle egrette sacre
a bere Nulla
con immagini prodotte dal respiro
l'unità sfiorata
è la distanza più incolmabile,
se riempio questa sera
di vigilia,
la ciotola col latte nel giardino,
e suono intorno-
un lamento circolare
nello sguardo ebbro di sentire
quel vuoto lieve tra le mani,
di bianchissimi elefanti nella gola-
cosa resta dell’assenza
come spazio
del suo Essere sublime.
Mi avvicino solo di un millimetro
che tutto può colmare
Id: 33747 Data: 27/07/2015 00:00:18
*
A comporre la mia voce
A cantare tra le mani lentamente-
con una voce millenaria intorno al garbha,
che mi penetra, profondo, che soggiorna,
annullando il lungo viaggio e chi ne esce
con l’occhio libero da ogni reticenza
ed un segreto svelato dal respiro
unito al nome ripetuto con sorpresa-
bastano i miei occhi come case
come case piccolissime invisibili
che conducono ad altre tante case
per folate di canto. Intorno al cerchio,
a tratti scende ancora il suo profumo,
sulla pezza di seta rossa di ogni sera.
Mi unisco a lei,
che più non muore tra i papaveri,
mentre soffia l'uva dove vuole
coi grappoli enormi
appesi ai bastoni.
E' l’eco vivente di tutti gli odori
il digiuno,
la benedizione per i campi del sudore,
quieta e potente preghiera,
al mio sguardo. La stessa mitezza
in tutto si contrae
poi si distende, ricominciando
come tamburi d’acqua dei pigmei,
quando curvi sopra il fiume la percuotono,
da farne musica
ti guardo, finita la mia luce,
immersa nel presente :
porti avvolte sulla testa le tue reti,
e non inciampi,
nel passaggio stretto delle piste,
dove io leggera cado ad ogni ramo
per raccogliere del miele sulle mani,
le foglie verdi in fumo per le api.
Sul buco di dolcezza ancora strappo
un pezzo piccolissimo di favo,
lanciandolo nel cielo, e, solo dopo,
all'imbrunire,
prendo a succhiare il lembo della garza,
tumida e inzuppata -
non è impossibile andare più lontano
del grande cerchio tra i fiori e le radici,
se siamo stati tanto nudi e veri
da avere accolto in noi anche il bisogno
di essere amati, e riposare scalzi,
nelle braccia di un altro, vulnerabili,
col diaframma aperto e insieme uguale
solo al desiderio di fiorire,
se quando perdiamo una cosa cara
esclamiamo così, semplicemente,
"è andata via da noi".
C’è un segno lontano sul mio petto,
una linea sottilissima di gioia
in lotta col colore che ora scrive
schiarendosi lo spazio, poi ritorna
col duro esercizio delle sbarre,
e una ghirlanda,
nel bianco silenzio delle querce,
come in canto
è la bellezza a meritare
mentre vola la terra in mezzo al cielo
confermando la vocazione dello sguardo
il continuo movimento in un miracolo
:
la porziuncola di pace tra le celle
e lo spiraglio
che moltiplica l’amore,
nel misterioso dispensiere di vivande,
è il sapore di una mano nuova,
la lingua calda nelle sue profondità,
dimentica di sete e della fame,
quando avanzano le ombre sopra i piedi.
Sui prati rosa si posa adesso un velo,
e appena visibile cammina,
superando ogni ricordo,
nel sole della sera,
poi solo un luccichio, che si spegne
indebolendo le mie forze per tacere,
per rendere leggera questa veglia
alla notte del destino. Torneranno
torneranno nelle ali luminosi
gli angeli “a comporre la mia voce ”.
Id: 33579 Data: 14/07/2015 23:16:24
*
Uccideteci tutti, e poi seppelliteci qui.
Tradì la vetta spoglia della cerchia
il ferro nelle vene, a cielo aperto,
e la cenere nel fondo della veglia
fece nero il verde fitto nella falda.
Un Mato Grosso la notte sui capelli,
il taglio delle mani col cavo più sottile.
Piegando l'occhio nel silenzio vivo
le ferite minerarie. E ad ogni stella,
ora, invoco il mio massacro,
come Guaraní, nella fossa comune.
Le piste dei sogni, le vie dei canti antenati
non avranno nessuna piramide a memoria
se non il suono più prezioso ed immortale
della lingua sorridente sotto un albero
che cammina, raccogliendo semi,
e ancora la fonte del luogo di donne
che piangono in canto come sante,
o fantasmi, che sanno attaccare
ognuna al suo seno le scimmie
urlatrici, e i piccoli maiali
che hanno allattato la foresta più fitta,
sbriciolata in pane terribile
nelle tasche di tutti. Voialtri,
come ladri, ci avete tolto la libertà,
ma noi viaggeremo danzando,
nel fango finendo per brillare
a cielo aperto.
Id: 33321 Data: 28/06/2015 22:53:01
*
Ho sognato Hashem Shabani
Ognuno è vicino alla sua polvere
di ricchezze private, di carezze
intimamente clamorose-
l’ossigeno, e due pietre
nude, sotto il sole
più lungo della notte
ho sognato Ashem Shabani
Altro non è lo sguardo azzurro
la mia visione umile improvvisa,
tra una luce sfiorata e la penombra,
un destino impronunciabile che chiama
la vita nuda gioia di una voce
benedetta dall'esistenza e dal suo peso
come nulla è vero ammutolisco
e sciolgo le domande nella cera
con le mani più infantili che conosco;
mi ripeti “ovunque sei
esisti se sorridi
tra le infinite madri della luce
con la lingua della lupa che altri lupi
hanno già percorso, con i lasciti
e le urine. Da qui ricominciamo
bagnando i nostri sessi nell’ascolto."
Il succo delle arance dentro agli occhi
spingendo sulle palpebre le mani-
alzava al mio risveglio quella voce
mutando le parole con la pelle-
e un fascio di capelli nello sguardo
per svelare ciò che in ultimo ci copre
dove l'aquila si ciba del leone,
nel luogo più profondo, il più elevato,
che sbuca nei polmoni come in piena,
con l’odore, poi, nel suo silenzio.
Senza chiedere o rispondere di quando
il nostro petto stava unito a meraviglia
come se fosse già detto o l’indicibile
mostrasse in una luce comprensibile
la grazia del contatto. Sei tu stesso,
se un alito distacca la radice
di tutto ciò che sulla terra cresce,
lo scavo nella carne e quel riparo
dove posso saltare nella luce
che si apre per l’ebbrezza, e la violenza,
tra il nome che rimane e chi va via
nel buio che precede l’innocenza,
è il miele alla Signora dell’agave
dove l'acqua nel bianco si ritira,
nel bianco delle rose di un'altura,
nel nostro impossibile morire.
Id: 33320 Data: 28/06/2015 22:52:27
*
Nido nel nido
È lei che dona il fiato-
nel momento stesso in cui rivela
che stiamo soffocando
stretti alla sua terra,
nel sottosuolo della lingua
nella quiete degli specchi-
l'anima - e le mani,
quanto più difetta la ragione,
di quando sei innocente-
nello stesso paradiso conosciuto
dove continuare nell'unione
della terra
-ad ogni orgasmo non perdiamo la purezza,
che ci copre come un abito di lana
dalle sferzate dei nostri padri, e Dii
gelosi di quando entriamo in fondo
al petto, stiamo solo passeggiando,
fra cieli e terre, con l'imene intatto,
sull'impronta del più piccolo respiro-
non lasciare che la luce di un oscuro
abbassi le tue braccia
come i gigli d'oro alle bambine,
in piccole tombe, senza avvenimenti,
di ogni ultimo accadere non c'è dramma
che addomestichi le cose,
loro nuotano, o si alzano, nel nulla
danzano...!
scavando nella gola come un nido
un urlo folle di gioia lancinante,
in cui ogni singola parola
è non un'altra che ricorda,
ma sei tu
fino al nudo, nel principio,
senza più separazione-
alla fine delle acque,
formando come un arco,
che si spalanca
grondando sangue,
la nostra sposa.
Id: 33111 Data: 16/06/2015 20:05:11
*
Un grano d’oro che rinfresca il viso
Puoi penetrare l’invisibile da sveglio
con un'onda trasparente di chiarezza
passando come un lampo per il cuore
trattenuto per segreto. E prova
a guardare- non c'è spazio,
dov'è il rigagnolo, e cammini,
per le profondità del senso,
per luminose intensità,
superando la montagna
da parte a parte,
sulle corde delle fontanelle-
l’ombra che ritorna fino al colmo,
il filo di seta che attraversa i polsi,
non potrà mai scomparire.
Se non sai dov’è che scorre,
puoi accostare l’orecchio per capire
dove verrà alla luce,
difendendo il luogo, il giardino, la tua casa
e il giovano pero. Ridursi è gioia
ad ali tese, se ti sfuggisse il mormorio,
il sussurro del ventilabro. E' questo,
non altro il suo volto indistinto e più piccolo
di una mano aperta. Tocca un unico dito
afferrando con la luce le figure
per metterle sul bianco della pula
e volar via
L’inverosimile sparisce
col movimento irregolare delle palpebre
senza immagini o pensiero
se tieni gli occhi dentro fino in fondo
per farti divorare
da tutta la visione-
finchè cade d' improvviso e si ritrae
per non essere nominata
più sacra di qualsiasi Dio,
tanto violentemente intima
in bellezza:
è un fuoco acceso nel mare sommergente,
dagli animali alla sapienza della piante
agli abissi minerali del tuo essere-
nel centro tellurico dell’anima,
dov’è acciambellata come sposa
quando si dilata io ti vedo,
nel più piccolo respiro della polvere,
un grano d'oro che rinfresca il viso,
donatore felice.
Id: 32953 Data: 07/06/2015 15:39:22
*
Ederlezi * per Hashem Shabani
Sa come aprirsi nell'inferno
il canto degli angeli che amiamo
Muove l'aria e cova un fuoco
dal goccio di saliva tra gli spari
risalendo lungo il pozzo un fiato caldo,
oltre le catene dei guardiani
contendenti la conchiglia dei midolli,
per raggiungere la gola e dire ancora
la morte è troppo poco per sparire
l'occhio luminoso dei Shabani
le loro mani bianche danno frutti
srotolando la stoffa delle mummie
con le ali ripiegate del ricordo
ci scambiamo l'avvenire e dai pertugi
apriremo la yurta in fondo al cielo
leggendo sul labiale il nostro nome
come cresce al centro del sentiero
saremo una farfalla dentro il fiume
dal fango per ricominciare
costruiremo nuove scale,
da uno strato di pelle con l'argilla,
per alzare ancora con la penna
lo splendore del grano e in pieno sole
per l'unione delle forze canteremo
un ederlezi come fosse il suo natale.
In memoria di Hashem Shabani, giovane poeta iraniano accusato di "essere in guerra contro Dio" giustiziato con l'accusa di scrivere in arabo tradurre i testi farsi in arabo e di corrompere e sovvertire la religione con i suoi versi.
Id: 32889 Data: 04/06/2015 15:12:11
*
La morte è troppo poco
Con la forza della tua poesia
tutto quello che ci serve
è il respiro
che non lega a sé la gioia
ma la bacia
in volo
Adesso che non so più niente,
adesso che siedo
esitante
tra il centro e le mie mani
la vedo.
E pugnalo il mio lutto
perché entri la luce
di una garza d’acqua sugli occhi,
un velo; intanto la stanza
dietro le spalle si vuota,
immensa sorella,
di inutili oggetti
imparo la bufera delle ali
alle caviglie
il tuono dorato sulle dita
del volgersi a guardare,
quando in un unico volto
combaciano i visi del mondo
con le vene azzurrine sui piedi
con il gesto più piccolo che ho
prendo congedo
per toccare la terra dove mi lasci,
randagia in eterno,
sulla polvere ardente il tuo segno:
farò nuovi boschi con le ferite,
col buio che preme, un io che tace,
attorno al minuscolo punto di luce
un nuovo pane, nel suo ombelico
preparando una nascita
con l’orgasmo pieno dei bambini
rivolto all’universo, ti offrirò
l’ognivolta che qualcuno
si sporge verso un altro
nello spazio, credimi, se puoi,
la morte è troppo poco
per finire il nostro amore,
col suo tocco
infinitamente lieve
indimostrabile.
Id: 32801 Data: 30/05/2015 22:29:31
*
Quelle cose ancor più deboli dell’erba
C’è quindi la pioggia,
l’acuto di un gabbiano
a contare i battiti.
Tu sei ancora appoggiato a quel tavolo di legno
a desiderare forti nevicate.
I miei piedi confermano il freddo,
la carne cruda d’inverno, che nutro,
mentre la sete e il bambino oltre il cielo
volano, tra mille bambini dai corpi celesti
di secoli. Sono tornata indietro, stanotte,
ore e ore, con la disciplina di un’ape,
per legare in cima alle spighe i fazzoletti
cosparsi di fiori in mezzo alla betulle
Ma tu resti appoggiato al tuo legno,
non vuoi sentire tra le mani
quelle cose ancor più deboli dell’erba,
dove si sta per nascere ringiovanendo
con gli occhi pieni d’antichità,
di selvaggia allegria.
Le mie pupille nere sono due ruscelli
che si raccontano segreti
mentre sbatto minuscole ali
con la canzone che cerca qualcuno,
il lampo di candore, nella pioggia
ti avrei scritto molto tempo fa
i nostri nomi protesi,
impossibili da distinguere,
sulle labbra;
non serve altro
a tacere tra gli alberi lucenti-
la gioia nasce prima
della gola che si apre,
pronta a bisbigliare l’ultima parola,
amore
nel buio sconosciuto
la morte è un abbaglio,
nel luogo dove si posa
sparge l’acqua
con una pioggia fitta
e due fiori di neve
nel volto di ciascuno
c’è molto che muore
restituendo vita all’origine,
là, dove il canto rimane,
il gabbiano si sposa
inclinando con la luce
e senza fine..brilla
Id: 32735 Data: 28/05/2015 15:28:53
*
Ogni volta che ti vedo eternamente
Col viso accolto nel silenzio
mi hai mostrato come fare
a raccogliere i fiori delle felci
con le mani a lume della luna,
come un’ostia, immersa dentro i fossi,
contro l’erba dello smarrimento
quando benedicevi la vallata
nel più semplice dei riti all’orizzonte
seguendo i vitelli al primo pascolo
con i semi alzavi una canzone
madida d’eterno. la tua gioia, ora,
come un’erica che sbuca nell’inverno,
cammina a piedi giunti col mio pane-
una mano smuove il filo del silenzio
e si lascia cadere nello sguardo
qualcosa di esistente come il nulla
negli steli più lontani, in cima agli alberi-
legandoci al passato ed in avanti
giacendo accanto a noi, come una bestia,
conosco l'ampio dorso del silenzio,
un animale sempre vivo
quando sporge nella sera e s'inabissa
nel profondo della pancia, lentamente,
quasi fosse un suo risvolto
per quanta cura c’è, e discrezione,
nel tu del gesto che mi ascolta-
come un nido che sognando
inizia per cantare nello spazio
sporgendo le sue ali come fiori
propagando a fondo lo splendore
che accompagna e segue ogni parola,
l'indicibile che abita nel verbo,
che ricopre la risposta trasparente
quando torna a trattenersi nel respiro,
nel paradiso delle voci impercettibili
Così ti parlo, clandestina,
nei miei piccoli campi della luce,
godendo fino all’estasi dell’ombra
per assumere le nostre solitudini
a legame disumano, in questa vastità:
faremo un altro viaggio e un canto nuovo
allargando gli occhi chiari come pozzi
per i fiori trasparenti delle felci
ci fermeremo alla stazione delle immagini
raccogliendo il tempo in unità
si chiuderà la notte,
come fanno le stagioni sui ciliegi
quando il bianco appare d’improvviso
e il verde va da un albero a quell'altro,
finché una lacrima compare,
finché la rende visibile una luce,
facendo l’arco e ricadendo come neve
per quando sarà grande, per quando tornerà
a sprofondarci dentro, smisurata
riprendendo la poesia, nella parte dell'inizio
risorgendo originaria la parola
ogni volta che ti vedo -
eternamente.
Id: 32667 Data: 25/05/2015 15:32:11
*
Dentro le tue mani
C’è la questione del passato,
uno stato glorioso,
quando non respiravi.
Fino al nulla puoi ricordare
senza memoria cosa facevi
otto giorni prima di entrare
nel grembo di tua madre,
dove hai chiuso gli occhi
e sei scomparso
un essere. A volte si sente bene
la pelle,
è il nascondiglio della tua illuminazione,
l’universo che tu sei nel sonno,
nel sonno profondo della veglia.
Dallo spioncino puoi vedere
dal filo d’erba all’infinito
il genitore, l'ultimo, senz’occhi,
il testimone solo, la radice,
che avanzando retrocede,
come un mantra,
che affonda in cerca d’acqua
Se posi qui la mano,
se bevi la preistoria tra le ossa,
il caldo umano che ti offre
è la poesia
che da te si leva, e dappertutto
riposa le dita dell’amore,
nel cavo dell’onda,
i tuoi fragili piedi. Sulla montagna
strappa il cervo irredento
alla morte dell’eterno,
gridando la parola favolosa
nella gola del torrente
donando il nostro nome
come fosse una culla
dove va a posare il mormorio
della prima goccia d’acqua.
Proprio dentro le tue mani
palpita la gioia
tra vergogna e riso
sorregge gli sposi
con le fiaccole negli occhi
Id: 32619 Data: 23/05/2015 14:27:09
*
Come fa l’arcobaleno a venir fuori
Fa vedere l’anima
di spalle
senza bisogno di voltarsi,
con la schiena incurvata sopra il secchio
mentre gira l'orzo con le braccia
e le mani come a trattenere
seni gonfi di latte.
Ha una voce d’amore
il fiato caldo tra le scapole
ricostruisce l’unità
nel più semplice disegno.
Comincia con le orecchie la sua storia,
la discesa dolce in fondo al ventre
di un padre col neonato sul capezzolo,
quando preme l’esile membrana
del risveglio,
il verso non formato ancora
e la carezza,
che dovrà percorrere la mano,
dallo specchio al volto.
-mi sono amata tanto,
per amare,
ho leccato il sale in prossimità del suolo
mi sono vista fiume ed alveo vuoto
poi ancora acqua e dèi,
la linfa dell’ulivo,
un vino nero senza Dio. Negli occhi
il senso misterioso delle uccelle
quando covano nel ghiaccio
i rami rigidi dei pini,
il grido delle foglie di oleandro
finchè un cervo
in mezzo al petto
trattenuto dal morire
non mi venne a respirare con violenza
fra le ossa
in questo mondo. E' così la morte,
un solo chicco,
ma la risaia è immensa, e oltre il cuore
c’è un bambino-
nel crampo della pancia,
il suo puntare nella stalla
a chiamare gli animali con la gioia
appoggiata sulle mani-
che risale le rapide del fiume.
Lui solo può cantare
come fa l’arcobaleno a venir fuori,
col profumo ricurvo di bellezza,
la splendente creatura
che da basso,
più forte di una forma,
riverbera l’eterno.
Id: 32514 Data: 17/05/2015 19:04:27
*
Amen
Scintilla come un volto l’Appennino
col forcale appoggiato tra la schiena
e il primo taglio della medica per terra.
Premendo il bosco nella pelle
entra un’anima nel grano dove il melo
con la sinistra scrive :- " Tu rimani.
Non barattare la corteccia di betulla."
Quel po’ di luce lenta che risale
dalle mie più piccole ferite
è lo splendore del punto sopra i fianchi,
che conosce ogni goccia di sudore,
dov’è la madre, in alto, e le due mani,
meravigliose, hanno un nuovo nome.
Non è un semplice ricordo,
è l’altra vita, che si ravviva poco a poco,
dove ci porta a bere. Una pienezza cieca
cammina ferma nel niente delle parti
più tenere dell’erba.
Vedi..? passano gli occhi !
- Certo, è stato il vento- Mi dirai
domani-. Qualunque cosa sia
ci sono segni sul suo capo
come fosse entrata nella carne
di un’altra creatura. Può sembrare
un miracolo, ma, credimi, è il contrario;
gli occhi amati ci restituiscono
l’intero, tutto chiaro e battezzato
nella corrente primitiva della carne,
mostrandoci nel campo come un segno
che anticipa la medica per terra,
per dire del dolore, per ciò che fa
dell’anima un compagno-
tornando verso casa.
Voglio salire alla radice azzurra,
alla rètina grande del cielo,
al silenzio finale
della madre seduta
dove il verde è più scuro,
da parte a parte. Dov'è
il momento più bello per pregare
danzando al bordo del campo,
lungo i sentieri delle formiche.
Quanto vento può nascere da un battito
di un’Ave Maria lungo i filari?
Ohh...quel chiaro dell'aria, che trema
sui petali dei mandorli, leggera,
sono gli scriccioli sbocciati tra le dita,
e il silenzio sui colori che rimanda
ad accogliere la voce dalle mani
lasciando scivolare i grani scuri,
prolungando la vita alle formiche.
C'è una musica sensuale che si apre
dove posa il chicco più sottile:
“Siamo noi quel luogo che rimane,
che ci domanda ascolto, e poi il fiato”.
Con la trasparenza nella bocca
il tuo viso è una parola,
un largo d’aria
lieve, nella discesa del suo canto,
l’ombra amata che fa vibrare Amen.
Id: 32474 Data: 14/05/2015 23:50:59
*
La canzone del liocorno
Così lei carezzava le piante,
districando ogni sera i capelli
coi palmi aperti
lasciando passare i fili lunghi
tra le dita, nella stanza.
La vedevo ripetendo una canzone,
la canzone del liocorno, tanto fonda
da poterla tacere. Ogni singola mano
è racchiusa in quei versi,
tra la giovane salvia e il cotone,
per dare ancora un nome,
fin nelle pieghe del sottrarsi,
all’oblio materno dell’alba,
e farlo crescere nel regno
di quelli-dai-lunghi-capelli-
Ritornava con le ginocchia bagnate,
e il corpo verde di una parola
“ sia fatta la tua volontà”
usando il respiro
umile,
a terra, nuda.
Tu la chiami penitenza.
Ma, se raccogli senza peso quelle sillabe
seguendo le sue palpebre nel buio
la sentirai piantata tra le zolle
che allatta le sue piante a seni dritti
ed altra acqua, la pupilla,
che risale per le dita con dolcezza
il profilo di qualcuno, fino al viso,
di chi scioglieva i nodi tra i capelli,
in piena luce
Id: 32425 Data: 11/05/2015 23:45:24
*
Nello scambio del sangue con la luce
Ho lavorato con la morte dei tuoi occhi,
la porta stretta di questo mio cercare
il simurgh nel mio cuore
Tre anni e un filo lungo di esercizi
stretti tra le dita, cristallini.
Di tanto ho fatto lunghi i miei capelli
ad ogni anello degli alberi che amo.
Mi sono preparata per sparire dalle stanze
a risalire l’aria verso il buio
per trascinare l’eco della luce
e più di tutto
a muovere il tuo corpo sulla tela
facendo un cerchio lento con le dita,
allora, sento che respiri e stai per dire
qualcosa d’invisibile, una cura.
Come cibo non un’ombra di pensiero
si distende sulla vita con un seme
stordito dalla grazia che traspare
mentre alziamo i fili d’erba dei segreti,
come fossero le teste di bambini
con le bocche socchiuse in armonia
tra una crisalide e la rosa ricomposta
c’è un dono che si sporge dalle labbra,
danzando per minuscole fiammelle
da un punto di paura allo splendore:
afferrami le maniche stanotte,
perché ritorni sempre alla tua festa
la paura negli occhi a fare il gesto
che chiude il forno nero con il fuoco,
scompiglia i miei capelli con la forza,
come un’acqua che nasce dalla spinta,
dal dolore dentro i sassi, mentre sogno.
Mi sveglierà la tua voce nel torace
nel violento calore la freschezza
di una pianta che s'infila nei vestiti
nello scambio del sangue con la luce.
Id: 32389 Data: 10/05/2015 00:16:11
*
Benandante..
- Muta nei dialetti, la camicia,
l’innominabile placenta,
la tua paura, d’Uomo. Sacro
per te è l'orribile,
l'inconoscibile del sesso, dove vita e morte ci confondono nel Celeste del bambino.-
Siete venuti spinti dalla palude,
avvolti nel sacco d’acque scure, inconoscibili, tanto uguali
nella grotta tiepida.
Nati due volte, tu
e l'altro te stesso,
dipinti d'ocra rossa.
Danzando su un filo,
vi ha partorito e stava
come essere il tuo doppio, spirando nel cordone, nella pancia
ti ha donato il cuore,
tua celeste comunione, ostia nel mare della vita. Soffio originale,
poco più di un grano in erba
quando ti hanno svelato l'anima
d'uccello,
la consegna tra le mani: il benandante
che tu sei. Un foro,
numinoso dietro il collo,
che sospende ancora il fiato,
quando senti le chiamate
che ti fanno volare profondissimo, a combattere gli spiriti
che tengon l'erba bassa, che non fanno alzare il pane
nelle notti.
"Non gettare la placenta! "
ordinava bisbigliando senza denti
quella zingara nel campo di mia nonna "lasciala fiorire insieme al mirto,
dove la nughedda ha fatto un buco,
sul fianco della mèndula. Vivrà,
se attraverso vi corre quel bambino
sugli alberi. Lo vedrai salire,
scendere la sera in una foglia,
disegnando un otto sull'erba,
schiarendo negli occhi il riflesso
di una poesia.
Id: 32335 Data: 07/05/2015 18:06:57
*
Conto ancora in sardo
Molto ferita. Piano, piano,
è un cambio di pelle lo sguardo-
si direbbe una musica
l’impronta più duratura
che lascia
è un balzo
ed insieme un ritorno
alla casa-
l’accordo con qualcosa
di più ampio
Annuso. Ti tasto. Assaporo
il tuo sentire. Mano a mano
un verde aperto d’improvviso
un animale quando fiuta un verso
che non s’abitua, che non si ripete.
Faccia a faccia col mistero.
Non sei più
la driade dell’albero che amo,
la sua altezza,
l’albero sei tu
che mi vieni incontro nel silenzio,
nel silenzio fresco senza forma,
che abbracci tutti i nomi che conosco
Nell’attesa, che si fa poesia,
c’è grazia.
Mi basta sapere che resiste
un raggio segreto dello sguardo
con un cerchio d’aria sopra il capo
"una febbre leggera"
e le pietre cascate nell’acqua
formano un velo che abbaglia
là
dovrebbe trovarsi la tua fronte.
Solo allora
se batto coi talloni
seduta sulla tavola
solo allora se
c o n t o a n c o r a i n s a r d o:
quando vieni-
più spingo al buio
le radici
sulla bocca
più vedo il tuo albero
salire
dalla luce.
Id: 32264 Data: 03/05/2015 14:54:27
*
Nella partenza di Beltane
Nella casa del Toro, la quindicesima,
conducevo il bestiame ai falò,
il grande cervo alla sua sposa.
Mi portavi dentro maggio, incandescente,
con le bacche di ginepro e di lillà
nell'orifiamma impuro della chioma,
aprendo il grembo dei colori, penetravi
purificando l’eros, con audacia,
l’amorosa ondata in seno
palpitante di io sono
dove si nasconde un Dio
Se tocco con le ceneri la bocca,
gridando come fiera il desiderio,
così limpida diviene la memoria,
e la voce fiorisce dalla terra
come ruote dorate tra le braccia,
andando più lontano della fede,
sul fiore stesso lei si adagia, e gode,
mangiando il vino più profondo del pensiero,
nutrendo gli occhi. Fino all'allucinazione
il femminile cinge il forte verso l’osso,
sradicando ciò che non è ebbrezza,
per andare al centro della rosa
per introdurti nel ventre di mia madre,
rompendo il guscio al mistero dell'estate.
-Nella casa del pane occorre fame,
come linfa dopo ogni regressione
nell'occulto dell' inverno. Non è forse
il chicco del tuo grano il figlio stesso
di chi lo suda con la forza,
con la fecondità del toro,
disposto ad aprire le sue viscere
Al torrente di Gihon?- Salendo sposi
c'è un sabbat
nella partenza di Beltane
che anticipa l’aurora:
da un’altra altezza si può amare
da qualche parte nel profondo
congiungendo alla passione la purezza
come il corpo della donna, che vibrando
della luce della carne liberata,
copre il Cristo in una stoffa, nuda.
E tutto è nuovamente
senza fare mistero del segreto,
prendiamo ancora il volto che avevamo,
la spinta d'amore, prima di nascere.
Id: 32228 Data: 01/05/2015 15:55:44
*
Più pura la perdita
Manchi. Dolorosa.
Perché ancora dobbiamo cantare,
Cantare e le stringhe degli astri
Più alti dell'abbandono più alti
Della spina tagliente di tramontana
Offriranno riparo, senza lamento-
Il punto di partenza della voce è fermo-
Rimane il secchio d'acqua che ti porto
la vibrazione del legame. Rimane la sete
in un sottile movimento lungo il taglio
degli occhi di betulla che ricordo.
La vecchiaballerina. Nel lucido smagliante
che s'attacca agli occhi. E' la mia mano
che conta gli anni poco a poco
a mangiare la luce del dolore
dove non sono più i tuoi seni.
Mi segno con le briciole la fronte,
con la polvere che viene dal suo dentro
i suoi capelli morti. Quasi al cuore
rannicchiata nella solitudine
di una bestia.
Vorrei leccare le radici per scaldarla
per danzare alla sua altezza e deglutire.
Finchè dal fondo mi alzo in piedi.
Mettendo pace. Si ramifica leggera
più pura la perdita.
Id: 32142 Data: 25/04/2015 22:10:29
*
Nel rosso dei papaveri da frutto
Una notte intera ferma poco
l’uovo luminoso da cui nasce,
lasciando buchi
in ondate che si estinguono
come allunga la mano alla mia tesa,
capace di splendori. Come pazza
mostravo tra le mani una canzone
contemplando un'altra forma dell’amore,
come un Dio inabissato che risorge
con la freccia inavvertita, che non brucia.
Un evento naturale. - mi ripeti-
Custodiremo questa grazia pura.
La bianca, ancora intattatra le dita,
distribuendosi in un’ombra appena nata
del bambino dell'albero e l'uccello,
ci rimanda nell'orecchio l'amicizia,
la parola favolosa sulla carta,
col suo nome primitivo prende forza
offrendoci la gola, schiena a terra
nel viso silenzioso dell'infanzia.
Senza paura ci scambiamo il sangue
con le dita passate sulle labbra,
appena incise con la pietra, rosa.
la vertigine è il linguaggio,
più argentea del lulan mosso dal vento
più madre di una lepre nella tana,
una tigre nata al buio della bocca
quando porge il muso insanguinata
e muore
affidandosi al segreto: che rimane
è un calpestio di cervi nelle vene-
nello stadio del respiro fuoribordo,
una danza nelle fiamme per soffiare
col silenzio sulle spalle di un monsone-
purificati, senza entrar nel Nilo,
nel rosso mistico dei papaveri da frutto,
con la grazia più violenta, far l'amore
in una via qualunque del mattino
con la lingua colata nella vita,
per donare, con la bocca ancora calda,
la mistura di una luce così intensa
-nell'acuta tensione, nel contagio,
ha qualcosa di talmente oscuro
l'odore della nostra cerimonia
che confonde il senso fino a quell’istante
cieco col vedere che si accende
da se stesso, che s’incide come carne
che raccoglie la bellezza.
E tutto è obliquo, come il mio tremare
che non cessa di discendere e curvarsi,
in ogni anfratto scuro, trascinando
con sé il tempo, dove l’iride risplende
senza distinzione, fecondando
il gemito, il sussurro destinato :
allora il punto più vicino della terra
non è il punto del cielo più lontano,
di qui la pace che discende
del mio sentirmi insieme allo scoperto
e al centro di me stessa. La parola,
liberata dal linguaggio
non è lontana dal silenzio
e comunione
Id: 32096 Data: 23/04/2015 14:45:36
*
Dal silenzio a te
Tende verso il cielo e si ritrae
come un fiore viola al temporale
sbandato sotto il peso delle bestie
poi s'inchina profumando lentamente
un'ombra consacrata sopra i polsi
circondando la mia gola di scintille
levate verso l'alto dei tre pini.
E' un rito tra la nebbia che mi ferma
ancora calda nel vapore del mattino
che ingrandisce la solitudine dei pini
come davanti a troppa lontananza
restituendo il grigio una tempesta.
Ti ho sognato che sognavi di esser pieno
di bambini sui tuoi fianchi nella nebbia
sei venuto con un canto, un ederlezi
tra le gambe volteggiavi sulla cima
per scoprire nelle mani cristalline
l'addio del celibato al primo sole.
La goccia primitiva che ti bagna
la bellezza nel lavoro del mattino
scoprendoti le forme dell'origine
si dispone a far risplendere sui piedi
il nudo che celavi come un frutto
tutto s'innalza e tutto si riapre
respirando i loro corpi nuove lingue.
Appena giunte all'orlo già scomparse
mi discendono due lacrime col vento,
a corona del silenzio sopra il verde
il pianoro, un grembo arcuato dentro gli occhi,
le sue vene dei giovani sentieri
dischiusi con dolcezza nella nebbia
e - dal silenzio a te-... mi ascolto dire
a passi lenti la discesa appena giorno
appena snebbia la visione un'altra volta
il bagliore nella mano mi risponde
con la spietata tenerezza della luce:
il vento e i sogni non si possono fermare.
Piego e annodo dentro i pugni questo grido
le mie impronte con l'argilla del dolore
nodo e dono che conosco per legare
all'origine del viaggio il nostro seme.
Id: 32016 Data: 19/04/2015 23:43:35
*
Tanto piccolo da non essere spiegabile
Si leva il giorno col buio negli occhi,
come dimentichi di essere potenti,
se il silenzio delle bestie raschia il fondo,
pesi il tuo cuore, e intingi un dito.
Solo il bosco disfa il nero del mio sguardo,
come fosse la pelle di un tamburo,
se ci corro dentro, respirando dai talloni
per rinascere, ostinata, per patirlo
passandoci col cuore, luminoso
il caldo nella bocca si alza in piedi,
a un soffio dal mio Dio,
cantando, si sostiene-
nel reciproco esondare l’uno nell’altro
il mistero della gioia è tutto qui-
un passaggio stretto e angusto,
un momento dello stare doloroso,
se non fosse la presenza di una luce
tra le dita, come un occhio che partecipa,
togliendomi la spina, la più lunga,
con le fattezze di mio figlio quando tace-
so che il vento trasporta le sostanze,
e si conosce appena, fino a che,
con parsimonia,
prende questo corpo senza limiti,
tornando viva nella pancia, nel respiro.
E' là dentro che ti sento a viso aperto,
seduta sopra gli occhi quando soffro,
dare un senso alle mie mani in movimento,
nel passaggio della morte, nuovamente,
con l’inversione dalle pietre all’animale
che si ritrae nella caverna delle luci -
e un soffio chiuso dentro il grembo si prepara
creando i passi una montagna che mi spinge
con le braccia in una frase e s'allontana
poi si sperde in altri corpi a prendere vita,
tanto piccola da non essere spiegabile,
da come accoglie il verde immobile tra i cervi,
come se proprio in questo consistesse vivere:
"la verità è cosa stai facendo,
c’è tepore dove hai procreato."
Il solco della voce scava la radice
rifiorendo l'orizzonte ed il profondo
cercando piano un battito e i capelli
nel continuo ritorno alle stagioni.
E un soffio nella bocca ci alza in piedi,
nel reciproco esondare l'uno nell'altro,
cantando nel mistero ci sostiene,
tanto piccolo da non essere spiegabile.
Id: 31993 Data: 18/04/2015 22:48:56
*
b i a n c o m a n g i a r e
Su papai biancu
Strofinava le parole sulla pelle
come un latte mescolato con la frusta basta un’eco una reliquia per montare per vedere ancora chiari nella stanza paesaggi e desideri con le mani
nominando quel che vede come un bimbo, ed ogni altra cosa intorno assente si addensava sopra il fuoco della notte, risolta alla sua luce quasi nera, nell'acqua silenziosa delle piante rendendole visibile chi ama.
Fiutava l'anima l'abisso mille volte nella mente la sua voce speculare assecondava il ritmo delle dita versandole negli occhi un pane bianco il canto interno di una donna in pieno sole.
Come se le parole potessero commuovere le molecole del mondo ed ogni fossile sciogliendosi al calore delle mani risorgesse quasi a filo delle labbra,
e con un velo d'aria solamente nella dolce ferita in fondo agli occhi, offrendo alla sua veglia altra acqua
Fu allora che venne, che vibrando, come chi tace una luce conosciuta, si incamminò nello splendore dello sguardo per riportare il suono alla sua meta, strofinando sulla punta della pelle,
in luogo delle sillabe e di accenti, un b i a n c o m a n g i a r e, e benedetto, liberando dalle mani della gioia, nel parto del suo nome il suo sigillo al nido.
Id: 31892 Data: 12/04/2015 17:12:58
*
Nella gonna colma di fiori
Di quale colore, Luca,
Quale sorpresa nell'uovo
Tra le dita nascoste
In cielo mantieni?
Nella gonna colma di fiori
trascorrerò la pasqua, con tutti
gli alberi, al boscovecchio,
portando i libri dei poeti preferiti
e un foglio di carta per ascoltarti
-riconoscere è un Dio, sembri dire,
una splendida ruga nella terra profonda
è un tempo di prova
una ferita curata con olio,
fasciata
fino al passaggio-
ti dono i miei limiti, nuda,
il labirinto divenga quel mandala
dove mi incarno affondando
nella danza dolorosa delle spine
ti apro ti spalanco le mie anche
fino a raggiungere il principio
drammatico e selvaggio
Sei tu me, l'ebreo,
che attendi di essere Sposato,
a me la testa. Spuntava il sole allora
per mettere al mondo il Messia
per incontrarmi coperta di piaghe
risorta
mangerò ancora in piedi
con il bastone tra le mani
e come doni luminosi
raccolti alla giunzione
dai miei reni usciranno dei re
come una naturale primavera
c'è una macchia luminosa nel vestito
distesa sul fondo
di un sogno
lunghissima,
ha la forma di un orecchio
e tutto buio intorno...
una voce sottile e silenziosa
partecipa dell'acqua
e del sangue- la sua gola
la sua bocca lo dicono-
mentre splende in tutta la sua forza
e muore,
per esalare il suo profumo
nella gonna colma di fiori..
mi posi lieve, servo e signore,
candide gemme in una goccia
di carne e di sangue
tra le scapole, ancora,
come un placido nido
oscilla il lume e qualcosa
è già accaduto e tutto resta
come deve essere,
persino il dolore muore
se brilla tra le lacrime un sorriso,
tra le dita nascoste nel cielo,
la tua luce terrestre di passaggio.
Id: 31781 Data: 05/04/2015 18:35:11
*
Alfabetiere
Dalla miniera
di un antico sapere
l'alfabetiere
Id: 31708 Data: 01/04/2015 00:04:14
*
Nella grande notte delle palpebre
Cerca riparo
Tra molliche di pane
Tutto il silenzio.
C’è un grido così profondo
Che perfora i nostri cuori
Che si conficca in petto
Scuotendo il corpo fino agli occhi
Prima che si spezzi, singhiozzando,
il tronco che più amo
Come fossero frammenti delle ossa
prese dalla morte. L’altra notte
Ho sognato per haiku così sottili
per la paura del sangue senza casa
implorando sulle pietre:
tu segui il fiume
le vene lungo il greto
saranno i rami- piangevo
sapendo di pregare
ero uno di loro che cantava
nelle mie mani: -A perdifiato
Bevendo con i morti
Sbocciano i passi-
come le ghiande
nella tua gola viola
cadono i sogni- Dentro di me
ho nascosto i fiori dell’inferno,
per custodire i nomi nel giardino
in un piccolo posto tanti piedi ,
occhi saccheggiati,
da ombra in ombra,
di tante lingue la tramontana
che si piega.
Meraviglioso fiore..
svettante sulle cime addormentate,
con la testa reclinata io ti prego
insanguinato come vivo
l’angelo sorride e l’uva è luminosa
se irrora un Dio la rosa
del tuo volto
il biancore degli ulivi
come pietre luminose
intorno agli occhi
ho sognato per haiku, e per l’amore
nella grande notte delle palpebre,
come siamo
cuorenelcuoresorgendo muore
rivestitidifoglieinboccascintillante
fino allestelle l’arcobaleno
trova riparo
tra molliche di pane
tutto il silenzio
Id: 31671 Data: 29/03/2015 22:32:14
*
Sulle montagne
Sulle montagne
una voce dal petto
nuda preghiera
Id: 31654 Data: 28/03/2015 22:42:01
*
Presentire l’acqua è già amare
Ti secca il sole,
ti fa sparire il vento,
ma il deserto ti salva
dall’uno e dall’altro-
rendendoti uno scricciolo,
simile alle briciole
che solo i beduini sanno,
riconoscendo il seme,
dormiente,
tra uguali granelli di sabbia-
se nelle mani colme d’acqua
turgida e piena ti gonfi
di un antico sapere.
Nel perenne miracolo, aperta,
sei solo un gomitolo appena bagnato
condotto a grande distanza,
morente,
quando si apre di nuovo
sciogliendo i nodi alla lana,
la tua corona brillante
rotolando sulla sabbia come sfera
possiedi la perdita, e respiri
imitando il passo della morte;
sei così viva in fondo alla carne
quando sollevi il tuo capo leggero
seguendo il richiamo del vento,
perduta ogni traccia di humus.
Disidratata, ti alzi, verso l’ignoto,
e ai vapori sottili di abele
discendi, e ti fermi,
inumidita,
con gli occhi come aculei nella terra,
sei già un fiore!
Anastatica rosa di Sant’Anna,
nelle pozze bagnate dei palmi,
raccontami ancora con la lingua
di quando le doglie eran lunghe,
di come restavi nell’acqua,
per tutto il travaglio della tua donna,
fino al vagito. del nome
ritorno a sentire il suono mancante,
della sua voce nel ventre
l'amore solitario che nasconde
Presentire l’acqua è già amare,
dove l'erba s'incammina verso i fiori
nelle prime ore del mattino,
con la punta delle dita,
strofinando sulle palpebre sottili
le orecchie inumidite delle rose,
per aprire quel minuscolo dolore
che nasconde i suoi passi nel vento,
non appena ci brillano le mani..
la luce farà il resto...
Id: 31621 Data: 27/03/2015 00:49:06
*
Come una sposa che sogna
Sono una partoriente colma di affanni
eun cervo
che sbuca fuori dal bosco,
trasparente,
che si rannicchia nella mano e muore
nel tuo cuore
si aprirà quella magia così che il vento,
dove s'innalza santissimo il reale,
canti,
rompendo le acque al tuo sguardo,
dove incontrarsi, correndo
all'alba di pasqua.
-Nella casa chiusa come un grembo
c'è una chiarezza ulteriore, che viene,
che ci riporta indietro confondenti
l'energia di un altrove,
l'umido spessore di una vita
che nasce sognata. - Perciò,
giravo intorno al pozzo senza posa,
nascondendomi nei cerchi come al tempio,
finchè il sentiero ripetuto sotto i piedi
esplodesse nella strada non percorsa
dove il grido perfetto di ogni stella
ha la stessa posizione delle braccia
a farsi largo tra gli indugi delle mani.
Per un nonnulla è ancora vita
il tremore di un miracolo,
ha la stessa grazia
del tuo sangue nelle vene,
ogni volta che sorrido
in pace col silenzio
ti ricordi? Il vuoto del linguaggio
è la ricchezza nostra.
Non è mai tutto qui
incolmabile. Quanto vorrei,
scrutando fin là,
lasciarti una traccia
poi subito svanire
Come una sposa che sogna
io ti parlo. Questa è la mia vita
e tutto si fonde con qualcosa
qualcuno che è entrato e continua a restare
dentro. Nello squilibrio cieco, nel mio campo libero
c'è l'inizio di un volo o un discendere improvviso
con un canto, a volte un lamento, o un alleluia,
ma l'amore è chiaro di continuo,
prima di venire alla luce. Rimango ancora un poco
nel bosco dove il tempo si contrae
e si dilata, distribuendo tane, dei ripari.
Io sto bene. So piangere di gioia
nello stesso punto, violenta e sensuale,
dove l'acqua scava sulla pietra, la sua lama
affonda nelle viscere
aprendo senza fine
lampi di felicità
metti il dito dentro il solco quando vuoi
scoprendo dove stilla questo amore
come tace dove va, seguendo il cervo,
nel vivo della carne,
trasparente
quando si rannicchia nella mano
e muore ancora
nel tuo cuore
Id: 31386 Data: 15/03/2015 23:11:33
*
Lecca gli occhi alla primavera
Dove finiscono i pini
a lungo siamo rimasti
quasi invisibili
corpi sposati
intorno a noi
scintillanti
nulla più oltre
le nostre spalle
piegate all'indietro
nell'azzurro della pieve
le nostre mani calde
affondano in comunione
sollevando le ali
un bocciolo di piume
nascosto tra le nuvole
..e ancora
il punto di partenza di una voce
lecca gli occhi alla primavera
Id: 31209 Data: 11/03/2015 14:25:46
*
La soglia è sempre umida del cuore
Quando l'anima si riempie, in ogni piega,
di emozioni scambiate a bassa voce
tu notassi la luce che proviene
sottile come un'ostia fino ai piedi
come alza e abbassa dentro il cuore
un deserto lunghissimo di stelle.
-Ha fatto un passo indietro l'altra notte-
dove il corpo stava per finire,
mangiato a colpi di parole,
nella tua vacca di legno-
sensuale e delicata,
non ha perso la sua infanzia
nè l'amore in pieno giorno al tuo cospetto,
minotauro che hai seguito quel sudore
volendo penetrarla nella mente ]
La soglia è sempre umida del cuore
dove il suo morire resta vivo,
inseguendo i picchi sopra il tronco
la semplicità sospende il tempo,
nutrendo il desiderio e l'altro nome
del paesaggio che hai smarrito nel cortile
della reggia, una miniera che si apre
nel divino, portatrice di pietà
tra le visioni
c'è l'inferno della gioia -e la pazzia
dell'ardimento- che si offre nuda,
nelle movenze di una beghinale,
fidanzata al godimento eterno
della luce, ch'è regola a se stessa
dove tu hai visto un pentolone solamente,
con la maga che lo gira, c'è una donna,
nella cavità della bellezza, cristallina,
quanto più la senti oscura, lei rimesta
delle erbacce nella terra con i fiori,
con lo stesso amore dei tuoi versi,
il richiamo irresistibile a scavare
negli stagni, come fossero dei laghi,
con le gambe indipendenti dal pensiero;
lei si affida,
sussurrando al selvaggio delle acque,
ai buchi della sua magrezza,
mettendo semi nel sambuco, aria di menta
non hai scorto, dalla tua più alta luce
per uno stelo d'erba il viso in lacrime
nè l'orgasmo della legna dentro il fuoco
per l'acqua da scaldare, nel vivaio
le sue mani, quando stringono selvatiche
la grana delle cose, dentro casa
quanto minuscoli i suoi occhi,
come piccoli eserciti instancabili
di ciò che hanno amato pelle ed ossa,
nelle crepe della siccità, per ogni goccia
che girava sui bordi della fede,
con amore, per un filo di freschezza,
di fertilità. È troppo presto
per la memoria delle lacrime
appena pronunciate;
la dolce febbre dell'acqua che risale
è un arco spalancato,
un gesto d'apertura dove tace,
se vibrando ascolta di un altrove,
su questa stessa terra;
dal buio del fondale io la sento respirare,
scrivendo la sua maternità nel fango:
"Ho sepolto tutto ciò nella poesia"
ripete,
con un chiarore nero intorno al cuore,
nella gioia che le dona la ricchezza
di raccontare al suo ritorno di qualcuno
che ha battuto così forte contro il petto,
traducendo dal dolore come un suono,
nel mite dondolio da ramo a ramo
lasciando tracce dalla bocca dei tre pini
alle orecchie della quercia che passava
la sua voce tra le mani , ed è qualcosa
che rimane
ad aprirmi senza fine.
Id: 31028 Data: 05/03/2015 00:30:01
*
I vangeli sono il riso che hai nel ventre
Comincia da qui, nella vertigine,
l'indescrivibile contorno,
davanti al cherubino,
a quelle ruote immense piene d'occhi,
di ogni sera. solo con la spada signorile
giunge a penetrare lo splendore
del frutto nel palmo della mano,
il segreto del legame che rivela
delle terre rivoltate e benedette
sulla fronte silenziosa, con un canto
con un canto impenetrabile, e durissimo,
da forare fino al cuore la mia pelle,
la parte più segreta del profondo,
che libera la carne, per la carne
dallo strappo luminoso del tessuto
aprendo una magia così che il vento,
sfilando un cerchio azzurro sopra il seno,
come fosse il vasto mare dell'oriente
di una donna che si svela del creato,
riparta nelle quattro direzioni
fino al prossimo tornante dell'aurora,
ed una quinta,
nel respiro verticale su altri spazi,
in fiamme di ametista e di smeraldo
Alza gli occhi e guarda, amoremio,
i vangeli sono il riso che hai nel ventre
all'ingresso della tenda dei tuoi occhi,
dove sta la principessa,
nel mare tenerissimo di sale
lo vedi l'arco nella nube?
È quello che tu chiami vuoto,
carico di vita..
il fiore del profumo è giungere alla pasqua
con la faccia luminosa
dove gli alberi battono le mani
nella greppia, preparando il cibo,
un frutto di luce chiuso dentro un guscio
...
ogni passo diviene uno scalpello
sorgente del tutto che esplode,
toccando, nel cuore del vuoto, la carne,
il volo per sposare le tue fiere,
fino al monte della spada del prodigio
a contatto con la terra, a piedi nudi,
rendendo infine angeli le tenebre
saremo sterminatori, sai, dei piccoli messia,
separando l'uomo in crescita dal figlio
che riposa come morto lungo il fondo
la croce è aperta nella mano alata
c'è la forza del vuoto grondante
l'orgasmo del cielo dall'alto
del fiume che irrora e rivolta la terra
più reale del reale
c'è un linguaggio santo nell'abbraccio,
sulla punta fine del suo raggio, come un seme,
come un seme intimo e vicino
è l'angelo. chi sa vederlo
lo vede in tutto
Id: 30827 Data: 25/02/2015 22:40:01
*
Come fossero anni di betulle
Un passato imprevedibile
resiste al gelo nelle orecchie,
la nostra rosa bianca
cedevole di luce
solo se guardiamo indietro
lei non viene
se chiediamo a voce bassa di tornare
non importa quanto sia lontano
è piena di voce e continua a bruciare
la casa che ha brillato dentro l'occhio
un pane sacro, dal giovane ippocampo
lo segnala la profondità di quel respiro,
un diverso splendore nell'aia
siamo nel cuore di un Dio, amore,
e solo gli angeli possono ricordare,
o i bambini, dove ci sposammo,
se un giorno quella notte tornerà,
come nessun' altra ancora
in sogno siamo noi in ogni cosa
lo stesso vento che toccammo,
sotto le nostre lingue
al di qua del cielo
c'é maggiore ombra nei nostri occhi
e nel bagliore debole si ascolta
la sottigliezza del tuo andare. Ora,
mentre si placano i dolori alle mie spalle,
posso toccare con la punta delle dita
il centro della schiena, per contare,
come fossero anni di betulle,
i puntelli dell'oblio sotto le mani
dove i palmi si congiungono, premendo,
in tutta la lunghezza, contro l'll cuore
fino a scendere nella coppa del bacino
fino all'orlo che s'illumina e ti accoglie.
Id: 30563 Data: 15/02/2015 23:38:37
*
Come il dito nella pozza di un bambino
Nel seno della voce è un golfo sacro
che rientra nella strada dei tre pini
una baia che rasenta le salite,
è una Pieve che dilata dove cresce
a sfiorarmi coi tuoi occhi quel che vedo
C'è un lutto necessario ad ogni svolta
degli dei, e di se stessi,
come un piccolo mulino
se rimani ad ascoltare mentre vai
coi piedi nudi che cercano aderenze
battendo gli avamposti con le mani
se trascini sulle labbra quella luce
che avanza in solitudine stupenda
regredisci da persona fino al seme
dove i nomi coincidono col cuore
c'é un bambino d'oro ad ogni curva
del falco dell'uomo e la montagna,
che passa come musica e s'innalza
germoglio dell'orgasmo della gioia.
Ora prendimi nell'arca la coscienza
mentre bevo nel diluvio la tua voce,
misurando il livello delle acque,
asciugheremo i fiori poco a poco
nell'assumere peso e consistenza
ponendo l'occhio semplice al mistero
che noi siamo
come il dito nella pozza di un bambino
per godere della fonte luminosa
si rischiara il paradiso delle voci
per trovarci più di tutto per sognare
camminando con gli occhi di chi canta
un luogo intatto, aperto, e in quell'istante
ti offro l'imene del mio cuore,
la meraviglia che non vuole nulla
nel miracolo di ricominciare
usa la tua bocca, Amore,
il tuo favo di luce
Id: 30386 Data: 08/02/2015 11:50:56
*
Come un getto dacqua nella neve
Nella mia piccola eternità è un volto all'ombra delle favole il suo canto ancora nella luce, un puro scambio, se ci siamo chiamati appena svegli senza toccarci con le dita gementi di dolcezza, mormorando nel vivo dei capelli,
come i leoni azzurri dentro il sonno, -Tutto è così vero - Poi procede
e certi sogni sono un confine che ti segue con la naturalezza dell'incanto - e molto dolore molto amore diventano le nostre potature, i figli del partire - celebrando il suo contrarsi così chiaro come un getto d'acqua nella neve quando forma, nel bianco, un cerchio buio
il nuovo giorno è un atto
che anticipa ogni addio e per dolcezza sfugge dalle mani come una semente
che a ogni alba risolleva il canto
fino alla sua forma, piena, fino alla matrice
di un animale celeste
che non ha bisogno di essere
per andare a bere
Id: 30208 Data: 01/02/2015 23:48:02
*
Per laria che fa lanima
Passo ore a leggere in ginocchio
le coste seminude dei ruscelli
e sotto gli occhi gli alberi si piegano
come fossimo riuniti intorno a un tavolo
l'un l'altro carezzandosi le foglie
Una piccola vita
è il mio luogo al vento,
un filo di luce in mezzo ai fili-
che fa da madre nella carne con la luna
crescente nei capelli a farli lunghi,
come una benda sollevata appena
capovolgendo la terra con le mani,
magnifica, imbevuta delle sillabe,
con un soffio che rimbalza sui pianori-
già lontani. Ci spetta di rinascere
nel gesto costruito dalle dita
tra i vasi fragili e sottili delle vene
fatte di lacrime di voci. Ti accompagno,
seguendo il filo di cotone inumidito
del tuo mandala invisibile alla luce,
sulle fioriture del sorriso, e nulla più,
se resti quel bambino, ci distinguerà
le nostre vite. Il mio sentiero, claudicante,
è la tua strada di risate, la mia gioia,
e questa pelle, annidata dentro gli occhi,
per l'aria che fa l'anima del giorno precedente
il suo splendore nudo, come nostro, oggi
disfo i passi che ostruiscono la vista
attraversando il muro della nebbia:
ti sento rompere dei ramoscelli secchi
con lo scudo luminoso nel giaciglio
più segreto, tra il collo e le mie spalle
c'è un foro, e tu lo sai, di dentro,
dell'ombra lunga che fanno gli alberi dal buio
quando risplendono la primavera sulle cosce,
come si tenesse tra le braccia un cielo
un cielo come un nido tutto pieno
dei nostri uccelli in fiore da venire.
Id: 30157 Data: 30/01/2015 00:00:21
*
Fuori nevicava dentro era caldo
Era gennaio quando venne maggio
Fuori nevicava dentro era caldo .
Metti le radici in acqua - ripetevi-
come un figlio dentro il ventre-
con un canto,
appena percepito, t'immergevi
dandomi alla luce
ferita dall'urlo della gioia.
Era maggio quando fu l'inverno,
con un solo sorso d'acqua dentro al cuore,
in una voce sola il tuo silenzio-
come un pozzo senza fondo
raggiungevo l'inizio del tuo viaggio-
restituendomi il colore della stessa donna
della stessa donna che da millenni ti disegna,
perennemente innamorata,
dentro gli alberi
fuori nevicava dentro era caldo
avvolto in un panno bianco
non ho visto il tuo sguardo celeste,
ma il gesto interiore
di afferrarlo
dissolto nello specchio,
illuminato dalla neve
Spingo le mie braccia ancora
dentro il freddo e di Luca sulla schiena
splendente
nel cammino di ritorno
io ti sento
appena mi si chiama
ti sono il nome, i passi accanto..
Id: 29999 Data: 23/01/2015 00:00:29
*
Dove splendere è un sentiero
Ti ho visto marcare il cammino,
mostrando nei luoghi nascosti
le vene leggere del gioco
nel solo potere di cura
per giungere al punto di sole,
all'incrocio di sogni di nebbie,
nel fitto totale del bosco
col bagliore dagli occhi ai tuoi piedi.
è tutta l'esistenza che nessuno sa di lei
cosa ha visto la sua fede nella vita
che affonda lasciando tracce sulla neve
l'avverti passare il calore nel sogno,
nel limo originale del vivente,
il canto appartenente ancora all'ombra
dell'esile membrana del risveglio,
se, appena sente il vento respirare,
scopre ciò che duole nei torrenti,
rivelando il senso misterioso
di ciò che è così semplice nei fiumi
-Nei suoi fiumi c'era una donna
che ricreava se stessa sognando
come palpita un cristallo nelle lacrime
la primitiva e magnifica pochezza
delle ore da noialtri ai nostri cari,
distinguendo già le voci ed i colori
dei volti delle case, per toccarli.-
eppure la chiarezza
non risolve alcun mistero
della sera che è arrivata
se non ci fossimo commossi allora
se non avessimo tremato
per arrivare a questo punto
che ci riconosce somiglianti
nella danza più sottile che ci resta
dove splendere è un sentiero
che s'inerpica nel cuore, e le sue sponde
noi le stiamo già toccando,
per come trovano la grazia,
salendo insieme agli alberi,
come lo chiede il cielo,
da sacre lontananze noi ridiamo
due parti di uno stesso anello
aperte, nel suo lembo che ci colma
imparando di nuovo a camminare,
come acqua che scivola tra l'erba,
tra l'erba alta
scrivendo, senza più guardare
Id: 29890 Data: 18/01/2015 00:06:13
*
Lasciando cadere le mie mani
Avvolge il sentimento la parola
alza tutto l'universo in un ricamo
sulla pelle un pulviscolo di segni
da dove viene il vento al suo segreto
disegnando sopra Nina quelle luci,
nel colore così bianco della sera
tra la carne, di tutte le risate
lasciate sulle viti e nelle mani
delle cose come un punto di raccolta
per infiniti sogni sempre nuovi
viene nuovo un ramo a una preghiera,
quando tornano alla tana gli animali,
si radunano le teste dei bambini
nel breve spazio, da una bocca all'altra,
scintillano le storie sulle labbra
se l'idioma è un bacio, fra le dita e l'aria..
nella mandorla del mondo accosto il viso,
accosto il viso e prendo sonno ancora
lasciando cadere le mie mani
come fossero dei fiori sulla terra,
perchè l'angelo ognivolta che va via
ha le ginocchia nere dell'infanzia
celebrando un altro giorno, ed una vita
rifiorisce sulla bocca, disegnando
un cervo una pianta la sua luce,
ogni traccia di respiro, nella stanza.
Id: 29873 Data: 16/01/2015 23:47:00
*
piccola Abele
Bevo alla tua bocca, piccola Abele,
dove gli occhi riprendono a partorire
i contorni del mio viso debole,
nella stanza dei colori. non somigli a nulla
e rimani la mia lupa tinta in rosso-
un inno a combattere e a mangiare,
a far l'amore con le orecchie dentro al nido
ululando la grande devozione
a occuparmi delle ossa- per il gioco della luna :
ed un bagliore basta,
un capriolo quasi in cima, a una poesia
per essere grandiosa, la forza dell'istante
che fa vibrare fino al timo col tamburo,
nell'urlo visionario del richiamo
le costole cominciano a coprirsi
della carne, a respirare, intorno ai versi,
le nostre sillabe migliori, silenziose
nel cuore desideroso di morire,
con la pazienza selvaggia di rinascere
[c'è un uomo non ferito, sulle labbra,
che non ha paura di morire
spezzando il cuore, si riapre..
somigliante alle rondini nel cuore,
piccola Abele, come cresci ora
battendo il fiato corto lungo il tempo
sospingi il freddo nel fiore dell'amore
nel vasto mare della fiamma viva
di chi semplicemente ama, e muta,
per scoprire la propria nudità,
vergine ognivolta insieme
dolce specchio
in cui sorride l'immagine divina,
tra fiore e fiore, è il nostro abbraccio,
che rimargina il segreto dei fratelli
...
nel pozzo di ogni corpo, un cuore chiaro,
fratellomio, mio sposo ]
Id: 29789 Data: 12/01/2015 16:53:30
*
La visione di Amapòla
" Come un fiume, una lacrima soltanto,
che scivola dall'occhio di chi sogna"
quando il canto tace in madrelingua
tu mi sfiori, come un fiume,
con Le donne che corrono coi lupi,
se a notte mi rannicchio sulla soglia
di una lacrima soltanto, del suo peso,
lasciandoti arrivare fino in fondo
è così che si completa il cielo
che scivola dall'occhio di chi sogna-
e benvenuto tu, nel mio silenzio,
che spingi i fianchi al caldo della casa
mentre muti la forma del destino
mescolando nella storia la magia
della zampa d'orso di una donna
investita dall'aurora contro vento-
circondato da carte scintillanti
è il Capodanno delle bestie che mi leggi
disegnando l'Ararat e in pieno petto
un cervo bianco coi colori di Hokusai.
Non c'è linguaggio e gli occhi sono chiusi
nelle costole dell'arca come un chiostro,
tra le arcate dei capezzoli ti ascolto
vibrando del più semplice respiro,
fingendomi quel cervo sulle gambe,
mentre corro al salto in braccio del ricordo,
con tutto il peso della luce, quando preme,
quando entri nelle pagine più belle,
come mani piantate nelle neve,
nella nascita costante di noialtri
c'è una conca, una conca della luce,
appena sotto la clausura della lingua,
dove si concludono le sillabe
di tutta la visione di Amapòla-
il sussulto ed il calore degli odori
usciti dalla tana come un canto
sui grappoli del vischio- e nel suo stare,
custode primo dell'amore e testimone,
muovendo in circolo le dita come perle,
sulla mano di chi legge lo splendore,
ogni favola è piena di ginocchia
che covano l'inverno delle ossa
salvate in fondo al mare con un sogno
che sale lentamente poi si dona,
in una lacrima sul volto dell'amato,
e cresce, baciando quella gemma,
come un fiume
fino a sorgere la carne, per la carne
sentire il peso quando supera la soglia
una lacrima soltanto di Amapòla
che scivola dall'occhio di chi sogna..
Id: 29708 Data: 07/01/2015 14:44:08
*
Nel cantico lentissimo, Re Magio
..come si creasse ancora un mondo
nel rito non veduto di un credente,
la restituzione immaginata del parlare
a un bosco che non era il mio,
di quando ti cantavo che anche gli alberi
camminano e trasportano sostanze,
con l'aria invisibile dei morti
soffiando il vento dall'uno all'altro anello
con gli occhi d'oro nella luna della neve
mi sono venuti incontro degli alberi improvvisi
proseguendo in marcia e per colonna,
colonne d'aria di tutte le radici,
leggendo le mie vertebre e la pelle,
intrecciati e poi raccolti. Appena visibili
sembravano provenire delle lettere
dove il bianco si apriva in mezzo ai rami
rendendomi visibile ogni luce
per l'estensione della voce
per fitte di dolore, l' ho trovato,
(nel pertugio delle lacrime)
nel sollevare il viso a Montevenere,
il suo celarsi risplendendo tra le eoliche
come dentro un sonno naturale,
nel silenzio originario che indicava
un bosconuovo per lasciare i doni,
in una lingua sconosciuta e sacra
mi sono inginocchiata, Yule,
piccolo santo e mitica bambina,
con le radici d'argento tra le mani
per metterti nei buchi le comete
con tutte le lucciole negli occhi
riunendo ogni bisbiglio con il canto
ti ho lasciato i bigliettini tra le pigne
immergendo le mie mani nel tuo cuore
per la danza fino a Montemario
come fossi un piccione viaggiatore
ti sentirò volare nell'orecchio
dai miei miglioriamici, al boscovecchio,
con il petto e con le dita, nella pancia,
nel cantico lentissimo, Re Magio.
Id: 29612 Data: 01/01/2015 20:12:06
*
Nella durata minima di luce
Nelle nostre morti segrete,
nell'uragano del perduto
che non si lascia misurare,
l'Immenso è sterminato canto
che riempie di sangue
ciò che è senza limite..
Da un altro luogo, sulla terra, mi commuove
vedere amina alla finestra, mentre prega,
nell'ora del cielo, la più bella,
dove qualcosa si lacera e si spacca
in tutta la sua grazia naturale
per distendere il torace di chi muore
nella tragedia umana del natale,
dondolando lentamente le ginocchia
sul carro dell'Orsa, la minore,
nella notte più lunga dell'anno
vengono a piedi dodici stelle
e la figlia del fulmine, rossa,
con le mani che sanno di mirra,
una pioggia trascorsa alle orecchie
Ohh..C'è più del semplice passato nei natali
di quella volta che mi tenevi
coi capelli bagnati sul Savena:
tenevi la fiamma più piccola accesa
in cima all'abete, per ferrare i cavalli
nella tempesta di neve, e sulla ruota
cantavi del Re che diventava un bambino
nell'utero della dea, nella regina del gelo
eri l'amante, il figlio e la promessa,
nell'attimo dell'inizio, di primavera..
dentro la finestra, c'è la stessa luce-
come avevi sugli stracci allora
nell'aria stretta del rifugio, e poche cose
per non farci più vedere da nessuno,
nelle bacinelle il nome intero luminava
con i ferri di Nichole, con i ramponi nuovi
tenuti in serbo per Natale, per la neve-
se ti racconto ancora la bellezza
di come stringevo le sue zampe
tra le cosce, come tremavo inginocchiata
lasciando andare le mie mani
con un chiodo dopo l'altro sugli zoccoli:
tra l'immagine e la voce ti toccavo
nella durata minima di luce
col filo a piombo del signore,
piccolomio. Dove viene per morire
è trasparente la salita
e l'anima s'imbianca questanotte,
dove trabocca il mio presepe,
nel mistero femminile della luce,
divenuto intero. Io ti ascolto,
meravigliosa di tanta mestizia
e tutto quello che posi, dentro claudia,
dove nulla è più vero di Luca,
con gli stessi occhi chiari degli uccelli
ti offro queste braccia per natale,
per l'amore di aderire con lo sguardo
fino a dove ti sento risalire,
con un gesto che riposa ogni respiro.
Toccando l'invisibile mi sposo
con l'infinito ciclo delle palpebre,
il dolore appena fatto va alla gioia,
rifiorendo dallo stesso grembo
che gli dette vita per Natale.
Id: 29488 Data: 25/12/2014 16:39:43
*
Rimani
Un altro alito si tende come al nulla,
camminando dal laghetto fino a casa
va e viene, un piede dopo l'altro,
gettando un ponte dal verbo non caduto
la natura immensa d'infinite bocche,
oltre il vivere degli occhi, tornerà,
in cima al monte pellegrino,
esponendo le mani come un vento
che lega ramo a ramo delle statue,
delle statue di legno piccolissime,
dove ora riposano le rose
c'è un momento di calma luminosa
che inginocchia fino a terra la mia mano-
scavando nella grotta dei dormienti
il muschio che porta alle radici
del paradiso fra un uomo e la natura,
una piena sensuale nella gola
che discioglie la brina nel calore-
come chiedere rimani . Tu ripeti,
a far parte di essa,
la morte è solo spostarsi,
con l'adagio piu bello del mondo,
a cantare la lunga durata
delle nostre mani nell'erba.
Id: 29436 Data: 22/12/2014 14:50:30
*
Angelica, in un piccolo infinito
Angelica trasforma le parole
con i gesti più brevi della pelle
in quel fiuto di speranza si solleva
qualcosa di privato, le sue azioni favorite,
vissute nei colori,
con la danza delle mani intorno ai polsi,
nel reciproco sfiorarsi, mi entra dentro
imparando dov'è che deve andare col sorriso,
col sorriso leggerissimo all'incrocio,
a non sprecare nemmeno un movimento,
rivelando più realtànascoste, in un secondo
si riaccende una gioia intraducibile
occupando il tempofermo in qualcos'altro
diventando il rosso un avamposto
per vedere al centro di un accampamento
eppoi la prateria.. Si abbassa ai vetri
la visione, in cosa viva,
Figlia del vento e complice-
per non dimenticare dove tutto ha avuto inizio-
dalla rosa, tra i capelli, in Romania,
al temporale, fra i suoi denti d'oro-
piegando il capo per il pane in altre bocche
nel gelo della sera, ubbidendo alla natura,
con le mani macchiate di dolcezza
dove sarai già eri, per me, ogni mattina,
oltre la tua pena, un incantesimo
nell'offerta di sei fazzolettini,
con la danza segreta delle braccia,
pari solo alla nascita di un fiore
che t'inonda, di tanta meraviglia
giunta fino al verde... Scrivo,
di te che non mi senti, ora
dove l'odore della pioggia cambierà
i contorni del tuo viso, mentre esclami
con gli occhi chiari e poi la voce insieme
che dice: "mi dispiace di partire
di lasciarvi tutti fermi al rosso"
allargando tutto un mondo con le mani
come stessi abbandonando una colonia,
dei piccoli animali, da tenere a bada.
Un oroscopo commosso nel commiato
delle sacche intorno al palo della luce
e una porta che si apre, tra i saluti,
una piccola elegia, eppoi lo strazio
l'impulso ripetuto del segnale, i clacson
lungo il viale Benedetto, la partenza tra le mani,
le nostre, strette, con la certezza di altri doni
tra lana colorata sulla schiena
sospinta dalla tua bellezza, solo il tempo
di gridarti ancora- Angelica! abbi cura
Abbicuradite ragazzamia..
La tua assenza avrà gli occhi per parlare
un'altra lingua nella musica che viene
da là, dal marciapiede, il nome solo,
ogni mattina di chi con me ti cerca
per dare un senso all'azione dell'incrocio.
Ricordo ancora di quel giorno ,
quando lampeggiava guasto il tuo semaforo..
Ohh.. Angelica ! con la voce disfatta dalla grazia,
ti allargavi con le braccia mai senza sorriso,
per dirmi al volo che Dio ce l'ha con te
Perché La veglia del rosso è una preghiera
al tuo lavoro. C'è una nuova Angelica da ieri
che muove fazzoletti sul semaforo
con un gesto secco e senz'odore,
del tuo splendore, sui resti dei vestiti,
non c'è nulla. solo i piedi, che sospingono
la voce a te dovuta ancora in bocca:
il tuo sorriso che emerge dall'oscuro,
come penetrasse tutto un popolo una terra
capace di rinascere qualcosa
come le focacce d'uva luccicanti
tra le gazzelle e i cervi dell'incrocio,
mentre vai a te eppure vieni
verso l'altro, come se tornassi a casa
tra i cardi e le pietraie per radici
mi lasci in fiore un minuscolo alveare
e un soffio che porta il nostro alito
nel posto dove tu non muori più
di freddo
Tutto è più vivido stasera
di quanto era reale appena ieri
nel tuo modo di far scendere la pioggia
sotto l'asfalto che reggeva il giorno:
tu rimani, in un piccolo infinito,
nel cuore di Bologna, appena fuori
che mi chiama, nell'ombra che risale,
come un arco teso dove manchi,
al finestrino-
è una piaga luminosa che ora batte
che preme per saperti alla tua terra.
Id: 29373 Data: 17/12/2014 23:13:10
*
Dentro il chiarore del tuo sagittario
E sai come attendere ancora
camminando con gli occhi
a piccoli passi
tenendo la voce nel petto
come fosse una stanza,
una limpida stanza, nella limpida pace
per vivere ancora. Colma di luce
ho scelto un angolo del mio giardino
da dove si guarda nel boscovecchio,
al centro esatto del mondo,
ti ho veduta tagliare la torta
sulle montagne leggere
con un filo azzurro sul ramo
viaggiando a ritroso dentro il chiarore
del tuo sagittario
venuto al primo giorno in cui raggiunsi
la riva occidentale del dolore
nel sogno di qualcuno che non nasce
faceva male
questo anelare che ora è gioia
inciampando sulla pelle della Bibbia
tradotta in minuscoli frammenti.
Quanto è vasto il nostro essere figli
se da lontano ti alzi dentro i boschi,
sullo specchio dell'anima, silenziosa,
sotto le volte delle più alte cavità:
inginocchiate al nostro Garizim,
dove la sorgente allarga il corpo
con le ossa esposte ai vasi d’oro,
bagnammo i nostri nomi nel presepe,
con il bianco eolico degli occhi,
sfiorando come cieche la natività,
finchè il cielo discesce per toccarci
mescolando sull'orlo delle vesti
la veglia della neve per Natale.
Qualcuno arrivò come a coprirci,
un Angelo forse, con la testa di un bambino
nelle profondità dell’incompiuto..
c’è un’emozione tenera ad Oriente
del dolore, dove indietro non si grida,
nello sguardo di un'aurora senza sole,
che custodisce e vive, disegnando
un arco luminoso che finisce
indistinguibile, sul mare addormentato,
che entra nell'amore commovente
gettando a poco a poco la zavorra,
e nel tempo della sua composizione
anche il ramo solo di un abete
fa un giardino intorno alla sorgente,
pulsando nelle pieghe della mano
e in altre forme, sul capo, ai miei domani,
la stessa comunione, coi piedi carichi di seta,
una lezione della luce, ancora più leggera:
un presepe immaginario, tra l'ombelico e il seno,
annodato sulle reni con la forza della sua fragilità,
ritma le mie feste dondolando,
con tutta la lentezza del tuo viso,
il canto di un sentiero tra le cose
che non mi hanno mai abbandonato.
Id: 29331 Data: 14/12/2014 23:42:38
*
Un soffio è stato il fiato
Quell'ultimo sguardo appoggiato sull'uscio
prepara l'inverno, e la terra più nera
consuma la luce sopra il pianoro
insieme alla notte. Non si ferma il mare,
nella follia chiara degli occhi,
al rito di toccare con le mani
mi raccolgo nel suo viaggio d'acqua
stretta come il vischio addosso al pino
siamo una coppia salendo per gli dei
nell'unione perfetta dei corpi
tra le curve dell'8 dicembre
non esiste un giorno qualunque,
sappiamo se lei è qui che passa
se con la mano ascolta. La quiete che fa,
mescolata nell'aria, come sognando
si adagia sul ventre del tempio
che alza le vele e si annuncia:
È una nave, il tuo ospedale
che va verso una notte profonda
e qualcosa di grande, tutta per sè-
l'eternitá che nasce morendo
sull'albero come le foglie, ripeto,
inginocchiata nella stanza , d'argento,
tra i pezzetti di una mela, luminosa
era lì la monaca, la sposa del Bellaria-
leggerissima dopo le preghiere
dove il vento si ferma nell'orecchio,
con le sillabe azzurre tra le parole, e i fiori
in te, nessuna macchia- e simile a un vapore,
che il silenzio ha formato nella bocca
con l'ultima voce di una creatura amata
che ha lasciato il calco e il guscio,-
la diga delle lacrime di chi
non ha fatto in tempo a dire
il proprio nome con il corpo-
con la lingua di bambino, e la corona
dell'assenso per tornare a mani giunte
Tremava il tuo volto nella maschera d'acciaio
vibravo io, sgomenta, col respiro che reggeva
le frustate impresse a forza ed assistite
dentro i tuoi polmoni, è accaduto qualcosa
di drammatico, di fiati che si passano calore
come il tocco lieve degli uccelli, in quota
un soffio è stato il fiato, di una donna
intorno alla parole: " il cuore di suo padre
ha fatto un salto,
un drammatico salto positivo,
discendendo il fiume estremo di una vita,
che non conosco, dove nessuno arriva"
sull'alta cima è una voce sussurrata
che allarga con un battito il respiro
brillando nelle mani della notte:
sul pianoro dei tre pini c'è un'estate
che canta in fondo al cuore dell'inverno
il tempo di un segreto, che ora preme
per tornare con il seme delle onde
sull'albero da cui si vede il mare
Id: 29264 Data: 10/12/2014 23:35:41
*
Con un filo all’orizzonte c’è mio padre
È la prova più grande,
nell’oscura sorgente
giacimento di luce, di forza
chiamata ad aprirsi,
nel colpo di tuono
ricordando che siamo già nati
ti accompagno, padremio...
camminiamo fino al nucleo
del nostro matrimonio
per partorire il figlio che ora vede
che emerge dalla madrenera,
coscienti della luce che essa porta
il taglio nei polmoni
è la breccia che conduci sull'altare -
nell’orecchio, meraviglioso nato
da un silenzio così grande,
labirinto e mandala dell'avventura umana
nella conca che contiene l’Om -
fino all’apertura, all’effetha che unisce
la dura madre con la pia
lungo tutta la salita dell'albero vitale
è il mare dei midolli che si ritira
per brillare fino alla camere nuziali
dove si spande in bianco la corona
col suo primo raggio, col corno d’Amon
e i capelli piantati nel cielo, illuminati.
Sono tutta la donna che canta, tua figlia,
la sua preghiera silenziosa,
nella lingua madre di un bambino,
sotto le coperte, eppure, tu,
mi guardi come se corressi
annidata nell'utero invisibile del bosco,
dal buco notturno della stanza
con un suono ulteriore, minuta,
per rendermi forte alla vita
l'orecchio più debole, in fondo
nella mia corsa a perdifiato
per sottrazione prendo forza all'ospedale,
dall'assenza che rinasce la potenza
e il salto nudo, per vedere,
attraverso le ossa della carne,
l'abisso della gioia, nella piena
del tuo andare,
udendo per la prima volta
spandere il tuo tesoro:
il ritorno dell'eterno, che coincide con l'origine
di tutte le parole nella bocca. Madre,
il tutto che ci manca, in cui manchiamo,
nel sublime, c'è, nell'albero in travaglio
la Fratellanza di una notte umile,
al separarsi delle sue mattine,
al chiaro venuto dentro gli occhi
lanciato in direzione di quel sole
che pulsa come un tronco a filo d'acqua
che ti siede sopra il cuore come un frutto
è mansuetudine al vento prealpino
negli specchi rosa dell'anima all'aperto
lo scintillio che fa spiragli tra le mani
lasciando per visione ciò che manca
come tra le gole di montagna
o camminando per Palmira
abbagliati dalla polvere del cielo,
stesa al suolo con un filo..
Con un filo all'orizzonte c'è mio padre,
di un blu assoluto, che rimane
Id: 29201 Data: 07/12/2014 23:25:10
*
Da luce a luce
Tornano ancora brevi come lucciole
le voci colme di chiarore dentro gli occhi
il centro è raggiunto, la casa del mondo,
se a sera ci raduniamo sopra il prato,
un'ombra fuggitiva di piacere
si fa immensa, grondando di bellezza,
nella luce da cui spiccare il volo,
se nulla più trattiene, il velo
si alza muto. nel rito di purità
mi manca la tua lingua il lago e il bosco
eppure, nel vedere sorgere il mattino,
dove finisce il mondo della carne
per toccarti sul confine senza morte
con le aureole più piccole di pane
insieme al patimento delle spine
ricominciamo l'ederlezi delle rose
dove i venti siedono, sfiniti.
Ravvolta nella grazia del mistero
si fa luce tra i carboni in mezzo al cielo
la tua nota, che termina con eos-
era solo ieri che di lei sognavo
che bruciava diventando vita
nella stanza di commiato sotto Ischia,
dove crescono semi e fiumi e vermi,
una camicia di stelle di fuoco sulle spalle
tra melodie degli occhi lividi di pianto
veniva dal nulla, nella danza di Siva,
offerta alla luce migliore,
una fenice vicina a morire
cospargendo il suo nido di fiori
dentro una nicchia di sole
rifiorirà, accovacciata sull'erba,
per l'ultima meta d'amore
guardami adesso, mio signore,
dove ancora sogno sui giovani alberi
ti racconterò di come entrammo
dalle vene luminose degli sposi
per la dimora preferita, nella mandorla,
a San Severo, tuedio
scavando un tunnel lungo fino in Tibet
per condurre insieme i nostri anelli,
anche quando fa male, da luce a luce
Id: 29085 Data: 30/11/2014 23:32:24
*
Siamo completamente soli e onde
Fu un atto di silenzio, un gesto d'ammirazione
di fronte all'abisso del mistero,
come a ricevere il potere di sospendere la domanda
con le mani piene di lettere persiane
volevi costruire la nostra casa
di sostanze viventi, le porte di musica,
un luogo nel quale congiungere le verità
e le illusioni.
La strada era l'acqua, a ricevere la voce
non siamo immortali ma eterni
nel lago profondo di vibrazioni
dei seni infiniti della natura
Ricordi quando di fronte al tuo quadro
noi stessi eravamo la fuga?
Un corpo interiore di palpebre tagliate
camminava realmente e portava la luce
mostrando la bianchezza delle ossa.
Era vero:> Le ossa fioriscono,
la visione in sé le cresce, rotolando
come le cinque magilloth ed ora..
stendi il tuo mantello con l'azzurro dentro
dormi sull'acqua con me
dov'è limpida canto il canto di Ruth:
una ghirlanda di frammenti ci riporta
all'origine, un alfabeto si diffonde nel lavacro
con tutta la forza vasta e terribile
preparando il natale sempre più
ciò che è vero, che scorre
le nostre membra intorno al falò.
Vedremo con le mani nel pozzo originale
fiorire un gambo verde all'incontrario
nel ricordo della luce, nel possibile che sogno
faremo contatto con l'eterno,
dove siamo nati prima-nel movimento della quiete-
mangiando il sole, e il suo splendore
e la luce della luna. Vedi quanti buchi
ci siamo fatti ! dove passano le cose
che accadono nello spazio vuoto
della fessura, tra il nulla e un altro nulla,
noi danziamo su quell'orlo! per finire il ciclo del samsara
ci vestiamo così, coi cinque colori,
col mandala che hai disegnato per noi
e la forza, forte di ogni forza,
rovescerà l'8 sul cappello del bagatto
fermando le scimmie da un ramo a quell'altro
e il karma alla vita.
Ohh.. non costruiremo più una nuova casa,
per ottenere il silenzio, scorgendo il divino
che è in noi, costante dimora, col matto
cammineremo, col fagotto del coraggio,
nella libertà perfetta e spaventosa
dell'andare avanti, testimoni,
tra zolle di terra, di pietre d'oro,
non suscettibili di bellezza,
formando una corona, un esercito
di figli della luce.
Non ci sono riti sufficienti di soccorso.
Siamo completamente soli e onde...
solo se ti giri, se mi guardi, faccio corpo
se mi perturbi in tutto l'universo
ti tocco, nell'istante infinito di distanza,
per mettere insieme tutte le scintille
dei frammenti degli specchi,
per rendere, nelle mani di sofia,
quel sorriso uno e testimone,
dissolvendoci soltanto
nelle radici della sua natura.
https://www.youtube.com/watch?v=sS-kY1hBl90
Id: 28935 Data: 24/11/2014 20:15:25
*
Dove mettono i piedi per bagnarsi
C'è un canale buio sotterraneo
che sbuca in una piccola cappella
per raggiungere i polmoni,
appena fuori dal tuo cuore
e un piccolo mulino che mi avvisa
del focolaio d'acqua che si muove
nella pausa del respiro come in piena
seccando le montagne
sull'enorme fianco della terra
nel mio orecchio debole fruscia la luce
della tua sposa già negli occhi
mentre mordi il pane per raggiungerla
è con la volontá del frutto
che vuoi cadere, nel tuo solco
legando la carica del vento
con la luce fioca che ti resta
nei movimenti brevi della pelle
racimoli la danza in quell'istante
ti sollevi ripetendo l'ombra
di un profilo che non muta
il tuo sorriso, e una voce dentro
nel tragitto silenzioso verso il sole
dal foro stesso delle lacrime
dicono che il mare accoglie il mare
che copre ogni distanza.
Se c'è un fiume in piena luce sul tuo viso
è da lì che viene il suono_
senza suono
che fluisce senza fine in altre acque
è da lì che passan gli angeli
dove mettono i piedi per bagnarsi.
17.11.2014
Id: 28780 Data: 18/11/2014 23:54:25
*
Lacrimagliocchi
Tu canti il sogno
e tutte le sue braccia
nella mia gola
si svela il volto
la luce nei capelli
germina sole
ad occhi chiusi
con la pancia del cuore
lacrimagliocchi
sostanza viva
abbaglia nell'abisso
in quell'ascesa
si partorisce
ogni passo di terra
dentro le stelle
è la scintilla
nella culla del sogno
che va alla gioia
Id: 28720 Data: 16/11/2014 12:31:45
*
Fa buio da tanto biancore
Nella stagione delle ciliegie
grondavano arance i suoi occhi-
con un filo di bisso
prendevano il posto all'estate
nei cerchi del sole- a dire la pena.
E poi il silenzio, nello spazio nevoso
dell'anima.
- doveva essere questa la sua storia,
la parte più antica:
era messa di fronte alla luce,
distesa, come un piccolo mondo
la carne parlava un dialetto,
una nenia, scolpita nel legno,
al centro del campo-
è ancora calda l'aria..
e il ricordo sta in una mano:
tramanda uno sguardo invisibile
quasi altra forma del corpo
nel viso d'acqua scavato in preghiera
una breve luce invernale
nel flusso di buio la chiama
mangiando la neve che cade
-a Natale, sono a casa- ripete-
risparmiami un po' d'uva-sorridente-
La terra dove io sono è l'anima
si è solo nascosta
nella cella delle stelle
la ricompensa per il silenzio
è il suono,
l'incontro in una lingua straniera
dove nessuno è mai penetrato.
Fa buio da tanto biancore
e s'innalza fino a straziare
i miei occhi più chiari
come acque si rompono,
per spiccare la salita,
affondando nel sorriso,
che mi salva.
Bentornata...adesso che mi guardi,
con gli arcobaleni nella notte.
Id: 28652 Data: 13/11/2014 16:40:25
*
Come lacqua nella sete
Luoghi templi orme, il tuo paese
delle nevi raggiunte in solitudine
nel sottovoce delle ore scure
della notte. È la musica,
che sta tutta in una mano,
dal polso alle dita,
le più sottili pulsazioni,
poi si chiude, per calmare..
Un passo solo, e sei lontano, mille
rimani qui vicino,
nel vuoto che m'illumina
può entrare il tuo silenzio,
come l'acqua nella sete ed io
ripiego nel pozzo, medicando le mani
passando una garza, lieve..
Alito appena, sai ?
Accompagnando la respirazione
come un bimbo
per dissolvermi con essa
nella fascia della vita,
mangiando corpi celesti,
il sigillo delle nozze
tra il quotidiano e il paradiso
si riscalda, un umile ruscello
come un'erba dal nulla
mi guardo, nuda dalla luce,
al buio penetrando per un poco,
porto con me ciò che non ho preso,
l'ineffabile segreto della lingua
dell'amore, che non ha ritorni
la lingua sacra, resta,
alla propria dolcezza,
il succo che la riempie,
e appena giunto all'orlo
già ricade, e s'innamora
felice
Così mi toccano le tue mani
come se il tempo ricominci
amanuense del giorno
di luce carnale, belva,
per viaggiare nella gioia
della tua verità,
la lucciola è a un passo da me,
come persa nella notte, tuttavia
la vedo palpitare dove muore
la fiammella
diventa un pulviscolo di stelle,
nel tuo nome
chino gli occhi, più sola, più mia
per rifare il salto, daccapo,
poggiando le punte dei piedi,
un punto, un contatto leggero
poi…ho trovato proprio te,
una bambina, figlia dell'uomo.
Non ti eri persa, hai tolto,
quando pensavo di trattenere,
facendo nascere il mio destino,
nella posa del vino, dei sogni
la vita.
Id: 28589 Data: 11/11/2014 00:59:01
*
Dal sentiero alla sorgente luminosa
Dal sentiero alla sorgente luminosa
è buio come dentro la foresta
eppure, nella pausa del respiro
se carezzo i rami di nepente
come liuti, per poterti rivedere,
mi sollevi con la voce sulla soglia
-tra le braccia profumate con qualcosa
da riempire al crocevia dei nostri sguardi-
passati per le mani, uno ad uno-
con la strato terminale della pelle
dell'anima che fai vibrare in aria-
l'alef che soffia e incide lentamente
il primo suono venuto sulla terra-
con tutte le sorelle che danzando
giungono a due luci, nella notte
[ non puoi nemmeno sentirle mormorare
tanto son sottili le distanze
dei volti degli assenti, le iniziali,
col moto delle mani verso oriente:
annunciano che batte un cuore in corsa,
ebbre di mistero innamorate ]
canteremo sulle pietre per ciascuna
la scintilla che rivive dentro il nome
di una splendida parola, sulla lingua
se questo è un segno, è chiara la corona
tra i capelli, la forza del signore
che tu sei, lo sposo e l'increato insieme
il grido che rilanci ad occhi chiusi
e le radici, che non separi dagli uccelli,
prima che il sole sorga, per volare,
dal sentiero, alla sorgente luminosa
Id: 28557 Data: 09/11/2014 14:45:45
*
Questo è il bosco, ed il suo viso
Un animale selvaggio,
lo spettro luminoso di ogni giorno
salendo per gli dei,
e tutta la sua indole nervosa,
mi appare chiaro, ma non dura,
non dura più di un lampo nel morire
all'ingresso della sera
la tragedia della giovane paura
... una voce umida,
poi, la musicasoltanto, la musica più viva,
a quell’ora, lo incorona,
oltre i margini segnati dalla soglia
d'invisibili silenzi, nella nebbia,
toccando col duro della terra,
una linea lontana di quiete
scalda i minuti alla notte,
il ricongiungersi al fantastico dei passi
col moto delle lucciole sui piedi,
e una lingua di neve, che conosce
piccole bare di memoria,
portate da un verso continuo
alla grazia divina di un canto
è un corpo senza segreti
di un cenno verdeprofondo,
tra l'acqua e la terra,
la stanza più intima. É un viaggio
con le bestie, a bere,
senza un vero ritorno :
negli abissi lucenti
basta sfiorare la fonte coi polsi,
e lievemente, per vivere
con un gesto trattenuto come sacro,
qualcosa tra le mani
nel perpetuo giro dell’umidità,
più pura di un sorso
si apre l'impenetrabile, si allarga
il segno del passaggio che concede
la luce di una sovrana guarigione
Tutto è quaggiù, da tutti i secoli
è dentro che si bagna-
con la sua lenta saliva,
per toccare ciò che non si vede-
il ripetersi del nostro amore
animale nel sangue dell'altro
Sapevo che eri qui,
distinguo ancora i tuoi capelli
tra le farfalle azzurre sorridenti
e lei, sugli gli alberi...Lei così bianca-
con il velo sulle alture,
il suo velo d'argento nell'eterno
ruotare delle ossa, con la forza
che annida il cielo dentro al seno-
spingendo nella stessa danza il moto
nella corte del vento, nella pioggia
la processione degli istanti
di piccole strade iridescenti-
nel mistero dei miei occhi :
irrompe la bellezza,
veritiera, tra i capelli,
la fenditura del miraggio
dove cresce la tua pianta
selvaggia
Questo è il bosco, ed il suo viso-
capace di spingere i miei monti
fino alla terra che più amo
e inzupparmi tra le rose
a picco
sul sentiero di Duino-
rinnova il parto, nel grembo della sposa!
dove affondano i geni altro amore
che attrae, nel canto chiarissimo,
perchè s'illumini il confine:
sommergimi di luce, come lei
con le rose di Duino,
cospargi la tua culla
fra le zolle della carne
innalza la marea
e una preghiera lunga
fino all'albero del noce
Id: 28494 Data: 06/11/2014 21:50:44
*
Terra di minuscoli pastori
Terra di leggende cantalupe di miraggi, di minuscoli pastori e fosse solo questo basterebbe
toccando la distesa del mio cuore, è qui che canta l’acqua e si ripete chiara, nelle curve che dispiega sotto i piedi della lupa con dolcezza sulla pancia bruna dell’ascolto fino al rosa della lingua e tutto l’oro del filo che discende nello sguardo camminando sul segreto delle ore non sente che quel battito di vento a pungere la croce tra le mani, la scintilla, nel paradiso delle voci
vorrei discendere- e come pura-
nella tua profondità, nel sole,
ricevere la luce, stupefatta
come una madre chiusa nella goccia
della tana naturale dei miracoli
col vestito dei segreti dei bambini
a prendere cristalli nel tuo fiato
che cola nel silenzio dei neonati
forando il cielo come un minareto
poi tessere coi fili della luce -
la parola che immacola il pensiero,
una chiusa nei polmoni delle stelle
dove i nostri cari son tornati,
con la dolcezza più grande sulle spalle-
guidata da lontane vicinanze
mescolando l’universo con le membra
coi miei occhi al culmine del sole
per toccare il mondo delle madri
nel perenne punto di partenza
C’è altra luce che trapela dentro,
come fosse un minuscolo infinito,
una lieve sorgente di calore-
dove il tempo non scorre, ad occhi chiusi,
per generare limo, quello che noi siamo
con la forza misteriosa che diffonde-
nel buio immacolato, sulla terra
ti troverò, nel sonno senza sogni,
ancora Re dei mie bambini, in fondo
al campo degli zingaridanzanti
salteremo nel plasma dei colori
come torce nuziali sulle tende
portando nella bocca una canzone
un sigillo impresso sopra il cuore
dove brilla al centro una figura
una compagna di viaggio, nell’amore
il testimone-sublime, l’ancella:
lo splendido figlio che noi siamo
dischiusi, con un salto dal suo grembo,
con lo scatto impetuoso sotto i piedi
e una cosa sola nel profondo,
stessa terra di minuscoli pastori.
Id: 28394 Data: 01/11/2014 23:02:14
*
Chi sognando insieme crea
Dormivamo ai ripostigli della neve
per vegliare il nostro cuore, religiosi- per scaldarlo come un frutto, e l’allegria dei segreti delle streghe, maestose
nella tana della gioia : per sognare, con le trineazzurre dentro gli occhi di chi comincia un gioco nuovo- per volare da quel ramo più alto sulla neve, nella carne bianca della notte
senza muovere le labbra, essere a casa.
"Un vespro lentissimo regge il futuro alla parola mancante dentro le foglie,
eppure la terra si apre nei sogni,
col respiro regolare di una vita, come il salto più ardito sullo stelo del divino, che germina sottile il seme di una pioggia luminosa, la devozione quieta tra le gambe che esplode in sonnovivo,
nell’oscuro mare del sapersi,
sul penultimo confine- mi ripeti-
dal punto intenso di splendore, -che illumina una sola parte e piccolissima- tra le fibre della nostra luce, si congiungono le scapole a costruire un improvviso sopra il niente, usando l’energia con un agguato, lungo il sentiero che batte come un cuore a pane e acqua; il tempo si comprime
fino al luogo dello scontro, per la vita, nell’orgasmo fermo dell’unione, per mangiare un sogno liquido nel fuoco
dal profondo, un coito d'oro,
del dono dell’uccello"
È un fulmine in tutta la sua ampiezza, che arde quando muove - un'aquila, che ferma il mondo, ed i pensieri - un colpo solo, preciso ed accurato- strema la mente che fugge che ritorna indebolita- per il salto
il mio vuoto si è proteso fino al becco
per toccare, ovunque sia, il tuo centro: riportando la forma sulle mani delle cose che non abbiamo visto mai.
torneremo a sognare con il vischio
coi nostri volti accesi e i piedi scalzi-
mischiando tra le foglie benedette le nostre schiene ebbre sulla soglia-
nel vedere in pieno sole, il canto che la neve fa piovendo intorno al raggio, al folle volo del contatto, slanciando particole di luce, per restare sull'orlo di un orgasmo?
"Allora non ci siamo detti tutto, amoremio- nè scambiati fiori con le dita,
nella velocità dei sogni, troppo giovani,
per restare immobili a toccarci-
una coltre bianca ci copriva il viso.."
tuttavia mi vedi ora e sai che ci appartiene,
che prosegue il sogno per il centro,
che sale con immensa ubriachezza sul punto rilucente dell'unione al grido di chi nasce dentro il fiato di una luce senza terra che finisce nel tuo mare primordiale: è una parola,
che commuove a pronunciarla,
insieme,
sul bianco che congiunge all’energia di chi sognando insieme crea.
Id: 28359 Data: 31/10/2014 14:08:50
*
Col vestito dei segreti
Salgono dal basso le parole,
col vestito dei segreti. dei bambini
a prendere cristalli dalle stelle
sul solaio delle meraviglie
è lì che torni per vedere
nei discorsi contenuti nel silenzio
che qualcosa si stacca dal niente
poi ride , senza memoria.
La parola che sussurri,
che ti basta,
immacola il pensiero
ed il tuo fiato,
cola
nel tempo dei neonati,
tra l'uno e l'altro mondo,
la discesa del suo canto.
Id: 28324 Data: 29/10/2014 21:46:01
*
Un’iride dal nulla
Mentre beve lucidissima d’un fiato
le splendide membrane della notte
è così vasto il dono di mia madre
che scende nella stanza delle rose
con le mani giunte sopra gli occhi
è da lì che la vedo danzare
con la voce nuova di mio figlio-
l’ascolto del suo polso
unito al mio-
al passo di chi torna fra le labbra
con un’ostia, che diventa quella luce,
che canta quel che sai, come ogni anno,
la più bella fioritura tra le cose
..nell’immenso
lascia che si posi
una sera così rara,
tra i solchi della pelle,
un’iride, dal nulla-
per essere vicina ed invisibile
corrente primitiva nella carne-
sul sentiero
che fa dell’anima una terra
smarrisci il fiato, tra le dita,
la dolce discesa dello sguardo,
nella tana dell’inverno
Id: 28258 Data: 27/10/2014 01:18:38
*
Varchi del rosso
Se tu potessi risalire nel cammino la rosa del giorno che dovrà venire
sotto le onde della voce, dietro le leggende
c’è una dura disciplina, che l’ha condotta alla resina sui polsi, che apre in altri versi il campo di una lacrima.
Una pioggia di gesti viene giù
dalle parole che ti scrivo, un fiume santo
s’impossessa dell’aria fino al collo,
con morbide punte d’amore sopra i seni,
dalla magia del tuo tocco. Ore, acqua
si cercano tra la saliva del tempo.
La meraviglia che lascia il segno
fa tornare la visione e un sonno uguale.
Nel colore così bianco della sera
io sognavo la tua cura, nel sale della vigna, separando codici e sorgenti dai minerali della terra,
e il rosso andava via per tutti gli angoli si dissanguava,
assumendo la potenza dal colore nel balzo dei pianori. lo sentivo cercare un linguaggio colmo di bellezza, la madreverde risparmiata dalla luce.
-com' è ostinata la bellezza come un secondo cuore, difficile da contenere, in un più piccolo spazio, violentemente reale si librava in anticipo sul vento, per rifondare la propria parola,
per dare ancora un nome alla festa; cantando i silenzi intrecciava i colori pronti a migrare nei luoghi più caldi come uccelli dal bosco- Lo chiamavo, con la rugiada sul seno, ad orlo di luce, nella fragile danza degli equinozi
premevo lo sguardo dove trovare riparo alle crepe del vivere; in ogni taglio inventavo una storia tra il giallo e l’azzurro raccogliendo le sfumature con una carezza sulla veste più chiara riponevo la schiuma a creare una luce ed una canzone per te, visibile appena. - ohh! non importa ascoltarla il corpo l’avvera celando le note e tutto il candore nelle sue terre interiori, in un sogno disciolto nel sangue - Un antico tamburo
condusse la pancia sul fondo del cuore, tra i nostri piedi sacri, con le mani piene di pupille per toccarsi uniti al centro di un uovo luminoso un nuovo cuore,
con la forza che fa crescere lo sguardo
sulla pozza delle meraviglie.
Un viaggio essenziale tra i varchi del rosso che allaga nel petto, che va alla gioia. Prova a coprirti gli occhi, amore, prova a guardare il filo d'erba sotto la neve luccicante torna la visione e un sonno uguale, passando la spirale fino in cima c'è un albero nell'albero, ad ali tese, alla sua luce, siamo noi sulle tre fascine nuove che mettiamo tra le pigne le parole ,
ed altro erbario sulle punte e le sue stelle, nell'enorme vuoto da dove viene il vento degli uccelli innamorati.
Come un respiro di silenzio tende l'aria
al viso delle origini, al risveglio, un retina grande nell'ascolto, non il suono sul timpano del tempo nella mente, di ciò che non si vede da parte a parte tra le tempie
il tuo viso è la mia parola
Forse era scritto che così
doveva essere la storia, che il rosso si slegasse in fiume e in aperta piena il suo profumo affondasse nel sogno. Benedetto
tu sia, allora, e quel colore nella sua più lunga danza, sopra l'orizzonte del vissuto nell'arca dello spazio: quel chiaro dell'aria che ora trema è un campo fiorito con le voci che danzano sul filo dell'inverno nel fiume che trasporta la montagna l'arrotolarsi sacro della luce che ripete i nostri passi tra le gambe, il suo frasi frutto , che dovrà venire, nel saluto di novembre.
Id: 28235 Data: 25/10/2014 23:33:10
*
Quello scricciolo che m’insegnò a volare
Coincideva con la poesia
con la parola improvvisa nel petto- alla forza dei pazzi che l’annuncia
dopo l'ultimo congegno della mente, l’insinuarsi nel magma ubriaca
per compiere la terra finale nel buio
arretravo nel nulla del vuoto,
di un ricordo interminato dei fondali,
in cerchio di danza,- sull’orlo di uno stelo
lasciato dalla prima sillaba
fu chiaro il furore, due lampi
nel verde del tiglio e una febbre leggera,
nel suono del vento, uno scricciolo,
un angelo sottile mi rapì,
sulla cima del Tauro, nel grido invisibile
rovesciando il respiro in avanti
un solo sguardo.. è la luce nel varco
colma di ogni richiamo alle pietre commosse,
fino alla casa degli antenati
custodiva nel viso me stessa
in forme infantili, e in cammino generava un'antica figura a metà tra i santi cristiani e gli spiriti delle tribù nel luogo dell'aria più inabitato e pregno di materno sudore
nella tensione del corpo eccitato per venire con verità nella carne, con una sola goccia di splendore,
a stringere il mistero. Distesa, nella calma, tra i colori di una pianta sconosciuta, dove la parola si fa corpo che si apre, pronunciando il suono con la bocca che l'ha generata all’apparire:
un tenero abbraccio per saltare nella nebbia
nella signora del gioco, e quasi un passo
nel tuffo di partenza a premilcuore che liberamente invade con la gioia, una danza per accenti e lallazione
Ed è quando la pesantezza m'impedisce di riaprire gli occhi che ti vedo con l'intento di arrivare a risvegliarmi in un altro sogno, dove siamo noi
in altri mondi, ed al risveglio
non diciamo: ecco, era un sogno-
d’indicibile esperienza noi saltiamo
ebbri d’esistenza, per nascita e destino
sul cammino appena schiuso.
Matrice d’ogni luce, viva
tra parole da raccogliere nell’erba
fino alle labbra, ancora incerte
a prendere radice, appese all’aria,
a raccontare dal luogo del ritorno:
l’azzerarsi della terra sotto i piedi
di quello scricciolo che m’insegnò a volare
Id: 28154 Data: 21/10/2014 22:48:06
*
Un premio di luce
Come un’onda lunghissima,
nel silenzio di coppia,
offre la gola, sulla strada del lupo,
nel tratto più intimo della sua esistenza;
sulla terra necessaria e finale
una storia di sguardi e di nascita
scolpiti nella pietra, a passi lenti,
un osso al sole che entra nell’acqua,
per chiudere l’episodio della notte.
Qualcosa di naturale è accaduto
nella comunione del silenzio,
la conoscenza di una fusione assoluta,
nel riserbo, un premio di luce,
si trascina per la campagna,
si vede all’aperto- la timidezza
di una trasformazione
costruita insieme, seguendo le tracce
di un’antilope all’alba, come un seme celeste,
una limpida pioggia di frumento che cade,
lasciandoci privi di fiato-
da come accoglie. E' un giovane anno,
un nuovo spazio,
un luogo in più, dove tornare,
attraversando due occhi, gli stessi,
i primi che osarono,
nel silenzio contratto,
saltare
Id: 28113 Data: 19/10/2014 23:44:41
*
Con la nostra nudità che luccica
Celebrava il rito dell’amore,
il suo più alto lato,
sulle lastre di pietra,
irrinunciabile
Ho inginocchiato gli occhi, al tuo vedere- un movimento lento, dal buio alla gioia,
teneva tutto nella sua luce futura- mentre pregavi ai fianchi di quel letto ero nel mio tempio, su alla roccia- tra i nostri passi, appena disegnati, silenziosi, come animali nella notte,
vulnerabili con ondate di bellezza
e codici sottili di linguaggi,
-con l’urgenza di ascoltare il soffio
e le tue mani colme di frammenti
che prendono la vita, per portarmi via
di sogno in sogno, in un brivido segreto.. più in là, più dentro a quella luce- nell’invisibile arteria della grazia che permette di nutrirsi e fare spazio tra la ruota, il cerchio, e la sua croce-
fino all'ombra dell'Amenta, alle sorgenti, all'arcobaleno delle cose non ancora nate.
Sui covoni illuminati siamo noi
sull’erba dolce, e di un azzurro lieve,
incuranti delle regole periodiche,
per assumere l’immortalità: un breve istante per riceverti
con la terra e con il grembo, darti un figlio per ognuno dei colori conosciuti alla tua fonte immobile, nel sogno
per questo canto puoi sentire come corro,
se mi muovo sulla curva della luce,
un vento largo che si erge tra le gemme
di calore: è il nostro spazio a compimento, il bianco inizio di una liturgia.
Tutto si compie all’altezza delle braccia, nella baia tra il seno e le sue spalle, con le mani innamorate, voce a voce,
ci diciamo una magia per il Natale, per riempire a semi verdi il cuore
con la nostra nudità che luccica
Opera: Eternità
Roberto Ferri
Id: 28061 Data: 17/10/2014 00:08:08
*
Il nostro andare via
Al limite del mutismo,
in un’altra durata ti parlo,
con un sorriso quotidiano e solenne,
in un luogo distante dall’avere-
Nessun campo lungo
tutto avviene dentro le nostre voci,
non c’è spazio tra il manifesto
e l’invisibile, pulsa
la forza di ciò che è segreto
tra le parole- respira
e rimane colmo di noi
il viottolo intorno all’azzurro
dei tuoi occhi di golfo
Il mormorio alla stazione
compie un lungo cammino
impregnato di silenzio, ora,
prima di posarsi pieno sul foglio
e una forza verticale si prepara
a un agguato nell’ombra della sera:
una miniera di sguardi che si lasciano
si avvicinano…poi si perdono
pronunciando un credo
per un presente eterno
e un istante dopo a far l’amore
nel grembo religioso della casa,
il suo volto è una lacrima di gioia,
nel fuoco bianco della sua bellezza
si sfilano dagli occhi delle perle
e colano sui piedi le fibre luminose
che legano l’aria santa del mare
al fondo delle mie colline
continuando a nascere un respiro
nel verde profondo
che raccoglie il nostro andarevia
Id: 27999 Data: 13/10/2014 23:09:13
*
Coi passi magici e selvaggi
Si fa strada la visione in altro luogo- si distende per minuscole fiammelle in molte vite è un albero un bambino.
Tu lo sai, tu che vieni nel mio corpo con un seme della stessa gemmatura di realtà, nel suo agire silenzioso e necessario, se ti muovi lentamente all’acquabuia, puoi vedere i fantasmi di ogni giorno,
prendendo con le mani quella luce che traspare mentre alziamo i fili d’erba: danzano cadendo le parole tra la nuova carne muta che diventa ghiandola mammaria, seno e latte.
A passi magici nell’uovo torneremo, guardando senza fiato dentro il cuore, dall’ombelico delle fibre luminose alla sfera d’energia dei nostri sensi, uniti con agguati, intenti, e sogni, per creare dal fango senza gli occhi, dal punto di splendore un gesto caldo, un luogo nostro, dove l’io ritorna un noi d’amore e molto altro ancora.
Id: 27953 Data: 12/10/2014 01:49:05
*
Finendo di fiorire dentro gli occhi
Ripasso con lo sguardo le sue vene,
l’azzurro silenzioso sopra il viso,
la voce, che si levava appena,
finendo di fiorire dentro gli occhi.
E tutto come sacro mi accadeva
davanti a un piatto semplice di pesce:
un uomo benedice del creato,
il suo mostrarsi nuovo tra le mani
carezzava quei bianchetti come rose
come ostie fini nel palmo della mano
stremate dalla luce fino al tavolo
a una a una ha detto una preghiera
portandole alle labbra per mangiarle
lo sento ancora con la stessa precisione
come lampi di magnesio sulla strada
segreta del futuro nel suo gesto
Id: 27852 Data: 06/10/2014 20:31:25
*
Nell’ultima riserva di respiro
Sono file d’anime in vigilia
coniugate accanto all’uva,
un fremito d’api
al succo maturo
che indugia e sussulta
nel cuore allagato
Così prossimi noi a quel nome,
il più dolce dell’anno,
nella cala nascosta dei secchi
pronti all'aurora, affondiamo,
con lo spasmo sublime dei piedi,
nel piccolo foro del chicco,
ebbri cerchi di luce,
le nostre dita d’oro
i loro re
-nella ghianda lucente c’è movimento
un movimento caldo, l'inizio di una forma
riconduce lo splendore nella cripta,
il succo del sublime, di quando eri con me
soltanto una coscienza,
un vento vivo e forte nel faggeto,
un terzo cielo confuso per natura-
Con l’ultimo sapore del sole
nell'ultima riserva di respiro
faremo vendemmia con l'anima
nel denso del vino
ora posano le luci, sull’acqua,
sull’altare dei pesci lucenti
e tra le viti sale una festa
dai nostri volti, dove rinasce la grazia, di un'antica bellezza.
Id: 27825 Data: 05/10/2014 21:16:14
*
Per ritornare, dal mare
Ha la calma del latte
che tiepido arriva-
abbandonato alla grazia
che lascia cadere,
versando sull’erba
tre gocce di luce- il suo seno
Le daranno della gitana
per la lingua inventata
a tenere segreta la luce,
per come si porta via con l'inverno
l’odore dei nascondigli
ottanta mondi lontano
in una pentola grande di riso
sbattendo la neve coi semi di lino
e un mandala, il più bello d’oriente,
preparando il ritorno tra le montagne.
Adesso vola,
filtrando sott’acqua all'autunno
a rincorrere i raggi dell’ultima notte,
la ghirlanda del disco dei pesci,
con lente parole e un profumo che tiene
come un filo alla gola di kashmir.
Lei sa che morire è generare
un atto magico. in vita
confuso in preghiera. Le sale tutto il viso
un limpido rosso- nell’accenno della sera
convocata e lieve- nel tuo sonno
viene a dirti “torno torno”
su quella strana trottola che gira
nella saliva della luce per la casa
è forza antica allora il gioco
che riprende il filo all’invenzione
se ci passi sopra con le dita, puoi sentire
dove vanno a finire delle cose
con le gambe a penzoloni, nel pozzo di calore,
mostrando di parlare con mezzi di fortuna
dallo scarto, per battiti segreti
come lucciole alla nebbia,
anche il pianto è una freschezza
improvvisa, nel sangue,
un dolore rimosso ai bambini
dove il taglio si adagia sicuro
e un nastro chiude le punte
facendo passare ninive
attraverso ciambelle di pane.
Sprofonda il mio petto carico di tane
fino all’inguine del sogno, e giragira-
cavezze, finimenti, morsi per piccole bufere
otto buchi d’alberi .. 36 vedute del Fuji
tutto il resto è selvatico aramen-
sott’acqua…
tra il nero religioso una nicchia di luce
traduce dal silenzio la visione
impressionando fontanelle nuove
il piacere di pianori messi a bagno
nel godere. tu sapevi che senso aveva
un’altra vita nella vita della mia felicità:
il blu il boato il fuoco di lingam,
linga purana, quando ci siamo allontanati
con il cuore fino ai reni..vogheremo,
una battuta a mezz’aria, da un fianco soltanto,
poi via, da quell’altro,
e tra le mani una corda di perle
fitta di nodi a scorrere il tempo
risalendo il klin otto lungo le dita,
cantando al contrario del fiume,
per ritornare, dal mare.
Id: 27798 Data: 03/10/2014 21:45:04
*
Nella danza dell’aurora
Ti sei alzato come un pane, nelle viscere,
una misura sacra e misteriosa che penetra e comanda di avanzare, di spingersi più in là della scrittura,
sulle palpebre del tempo e un bacio d’oro,
con un gusto di radice sulla lingua, unendo i fiori che cogliemmo dentro gli occhi, nella parte che mancava della sera,
nel lavoro più invisibile dell’alba
versando la tua luce, tra le gambe, nella loro prima volta insieme, sei venuto, per lunghe pause, a prender fiato tra la carne, viva. È un’altra pelle che ci domanda ora un'altra gioia, al principio delle dune di Bisanzio, e piu in là della memoria, dove l’iride risale testimone allungato sul chiarore della riva
In così tanta luce, ci sei tu,
a nessun’altra uguale, a fare spazio per il cuore lungo i seni disegnando con le dita la tua terra, i suoi fondali chiari, tra le mani,
con un fiore bagnato di saliva per l'amore della notte.
Un accordo maestoso, di miracolo e umiltà, sospeso dentro al cielo, e al suo segreto,
mi trascina ancora sotto l'll manto, fino a farmi un velo con gli odori, a viver la sua luce che si muove uscendo da un stelo, a respirare.
Ed io lo sento, per i versi, le carezze, con lo sguardo di topazio che hanno i lupi,
nella danza dell'aurora. Al boscovecchio,
solo così,
si può ascoltare la tua canzone
senza distanza,
l’eco, talmente profonda,
a far uscire i nostri corpi
in questa bellezza
sia fatto l’amore
e penetri il canto della parola
come un suono nel suono
dell’universo che siamo
Id: 27752 Data: 01/10/2014 19:47:29
*
Va alla gioia
Le parole non sono le cose,
e dici la verità. Tuttavia
acquistano questo potere, selvatico,
e dal profondo dell’abse animale,
scalpicciando nella capanna di pace,
cavalco ogni bestia inondata di sangue,
e ognuna contiene il suo dio,
non un’idea,
qualcosa che crea irruzione, imminente,
che risponde al punto del cielo lontano:
sulla lingua migliaia di stelle
dilatano in gola l’inchiostro
nel seme, nell’urlo che viene. d’amore
l’immenso si fa sterminato
e in tutta la grazia lo annuncia, inevitabile
noi siamo dentro la camera, sacri, e gemelli
di sposi illuminati. Ecco la gemma,
che cerca la lingua in un punto, il suo latte,
e solo quello può essere, in terra del viso,
il più remoto e nascosto al pensiero,
una parola che ride, a morire nel gesto,
che oscilla col corpo per disegnare
facendo esercizi dentro il respiro
nella formula del sangue, se ti leggo,
mi siedo sulla tavola del pane
battendo coi talloni sulla sedia
a contare il tempo alla domenica, che manca,
per restituirti le mie dita umide nell’aria
indicando con un salto giù per terra,
dove ti aspettano e dove sei, altri segnali
se c’è un giacere, come chiamando,
è nella crescita pregressa,
nel tacito afferrarsi,
una piccolissima estensione nascitura
che tocca la parola e cambia il segno,
imprimendo al suo alfabeto un passo
che sposta gli occhi e danza, dove batte,
riportando il campo di una lacrima
alla gioia, da cui riparte un filo,
un’aria fresca dalla finestra
fin su alle chiome..
che sembrano qualcuno,
che accolto dentro si bagna, in questo solco,
poi.. si trasforma in luce, e ancora
precipita nella parola, proprio in cima,
adesso, è qui, nel mio respiro largo,
che sporge tutto fuori dal cuore
e va alla gioia.. va alla gioia
Id: 27646 Data: 26/09/2014 22:29:09
*
Dall’ombelico al timo
Dall'ombelico al timo,
rotolandoci nel fango finivamo per brillare dall'inizio,
colmi di raggi nell'ignoto,
sbiancando come cenere e un animale di cristallo
nel magistero chiaro di bellezza, e nel suo grembo
una folata d'acque, che ondeggia come un fiore
un grido d'oro al vento, e nuota
nel flutto, nuota, danzando
sulla pozza nera indifferente
Chiamavamo ogni forza, in altri spazi,
notte misteriosa , scavando la dolcezza delle tombe sui nostri polsi bianchi di ogni giorno:
una manciata di zapiskj,
un iman acceso agli occhi
ricombaciava l'ombelico con le stelle
e il fiato perso dei suoi passi
nel pieno dello scuro, senza domande nelle ossa.
Miopiccolo re, fradicio di luce,
prestami la voce e il copricapo a fiori
per il miele, per l'haoma dell'avesta dove scompare il mio cervello, tra le foglie rovesciando l'invisibile nel ventre
se mi baci a lungo, se mi spingi
col muso in avanti [ terribilmente bello ] dall'ombelico al timo si continua per la luce con l'erba strega, con una mano in dono illuminata dal riflesso vegetale e lingue rosa di bestiole sane
puoi fare le magie se ti protendi-
coi lupi d'argento in viso, e ad ogni ora puoi fare luce come un punto di raccolta ad ogni goccia puoi danzare formando laghi più vicini come cuori
tirando i fili dei baccelli per giocare come fanno le marmotte con i denti- dove c'é la possibilità di gioia
infine fare tana, ai ripostigli della neve,
una capanna di colori sui fianchi delle acacie,
immersi fino al collo in questa nuova casa, che cammina sulle spalle, e con le ali.
se premi ancora alla radice dei gemelli ti saltano marmotte sulle braccia,
come un soffio d'arpa nella pelle
attraverso i secoli dei sogni, nell'arco della nube con un patto:
essere ogni cosa a fare petalo, nel fango,
impastato alla saliva del tuo accento
è un suono caldo che fiorisce ora
lo vedrai salire dal fondale nello stretto del presente, ricadere,
nell'aperto dell'amore, con scintille,
per l'intero corpo trasparente,
nel dolce movimento verso..
che è già amare.
Id: 27591 Data: 23/09/2014 22:20:34
*
Come gole che bevono sogni
In sogno ti scrivo coi seni,
come fossi intorno ad altre terre,
che aprono e chiudono, nelle tue mani,
un fiume un sole una via;
sei splendido nell’aria. sei al fianco
e cammini sul filetto di una vite
illuminando la striscia di un sentiero-
da un filo che rimane sempre teso,
che a sfiorarlo ricominci dalla carne-
il tempo interno che vive in una freccia
quando sfonda l’incoscienza e resta,
unendo insieme l’ombra con la grazia,
tra la rosa di ieri che ora cresce
la nuova rosa. È così,
come un giovane fiore
che risale alla voce del giorno
con la parola più lunga che sa
-unavoltapersempre-
una pioggia caduta e diffusa
dove mette tutte le voci,
della più violenta dolcezza,
e conquista, nei grandi petali, un’anima
impregnandola di un’unica luce
che continua anche nel sonno
con l’attenzione di una preghiera,
con la forza interiore di un PadreNostro.
Nel sorriso del volto più amato
la necessità della natura, spietata,
è di amare con le ali degli occhi,
nel luogo più aperto della realtà,
di esserci e basta,
nell’eterna corrente del suono
della voce che chiama in continuo,
che in ascolto sorride. Sei tu,
nella profondità di un destino,
che salti in braccio all’autunno
nell’ampio pube alle onde
come gole che bevono sogni
unavoltapersempre
Id: 27553 Data: 21/09/2014 20:14:08
*
Tenue come l’aria fa l’amore
Si è ha fatto giorno tra le acacie
l'accumulo del tempo,
e la salita delle membra alle marmotte cade nel sorriso sulla valle succhiando la radice dal silenzio
si ricomincia, ogni volta, con la luce, tra i boschi e tutti gli angeli che danzano nella vecchiaquercia ballerina col grido degli zingari cantiamo battendo l'amaranto sopra il petto nella paglia della cova, ed una voce, più forte della nostra stessa voce, delle più lunghe notti spinte in fretta.
Nelle cose ultime saremo a casa, dici, togliendo la ragione dal profondo, per sentire a poco a poco lo stupore del bambino irresistibile .. l'azzurro che spinge sulle labbra, la divinità del giorno più minuscolo e immortale nella dimora quotidiana, e la risata la somma di tutte le risate
di ogni firmamento, dei deserti
dei conventi nella gola.
Con dolci grappoli,
lasciati al freddo sulle viti,
vengo a te, in comunione, colma di succo della nostra solitudine divina, nelle mani delle cose,
per infiniti sempre nuovi, dopo la crista che sono stata nel tormento
ecco il mio bambino, il miodiobambino, nella culla radiosa mai adulto sulla via perenne della grazia
io lo servo, per disordini e capricci,
per scorgere miracoli e follia,
dove affondo con i piedi nella melma del sole della notte che non viene dalle cose, ma da noi, bambini: la possibilità di vivere secondo com'è il cuore, nel pianto che precede la rinascita.
Il resto è già accaduto, ed ora
nella pioggia mi fecondi sulla terra
sorridi con il caos e ti accudisco
come il frutto più antico ancora dell'albero che invecchia,
con la tua voce azzurra, da venire, colmando d'acquabuona il più profondo
degli inferni in gioco.
E’ un allegro paradiso, non perfetto, dove cresce il mio bambino dentro l'anima, che tenue come l'aria fa l'amore.
Id: 27518 Data: 19/09/2014 23:24:19
*
Pieni d’uva
Saperti l’uva dentro gli occhi a sera
il nudo e la parola, la tua casa,
qualcosa di grandioso fa tutt’uno
sulle mie ginocchia coronate
mentre mi lavo con il giorno al fiume-
portando in processione l’edera, a cavallo,
come un testo sacro in un continuo
insieme alle preghiere quotidiane-
là, dove cresce l’albero del cedro.
Anche al buio chiedo strada a quella luce,
una strada alla radice del tuo nome,
un inizio, l’ispirazione, a gocce,
tra la vista ed il visibile. Sei tu
a fare il movimento di ripetere
di ritornare dove si era stati
nel preparare doni e meraviglie
per farmi scintillare tra le nocche
le nuvole, da cui ricevi luce,
le stesse, cariche di pioggia,
nel silenzio che sentiamo insieme
indovinando il luogo preferito
un lampo, nel mezzo di una pagina,
leggero come l’aria, inafferrabile.
È l’incontro a piedi nudi del tuo viso
l’odore che si prende con le mani,
in un dire lungo i lati delle labbra
per cinque ore, ferma, sotto l’albero:
non c’era un solo nodo, e lo sapevi
che io volevo essere una vite;
l’intreccio era perfetto, e lo splendore
rivelava al suo sottrarsi la chiarezza,
superiore a questa notte, in verità-
manifestando un cuore scuro l'oro insieme,
libero, di ogni eccedenza, illimitato,
all’orlo estremo della tunica, sui piedi,
che noi siamo un unico sentiero, tra le cose,
fino a contare i sassolini trasparenti
alla foce del tempo, e scomparirvi
come sorgenti insignificanti e vere
bevute dalle sabbie dei deserti
a voce bassa, semplici bambini,
custodi e testimoni della lingua
che affonda il remo, con dolcezza, e a lungo,
per l’umiltà dei nostri occhi chiari,
quando si sporgono in silenzio
e pieni d’uva
dalla cima dell’ultima parola
Id: 27464 Data: 16/09/2014 23:52:31
*
Dove la vita rimane
E' una brezza che amo e dove porta è culla della sola primavera nel ventre pieno d’acqua di una foglia s’insinua in fondo al tondo che contrae nelle sue mille logiche l’adesso di un gioco misterioso che trapassa, chi sa da quale lato, a prima sera
di là dalle notti di tutti gli inverni, nel cuore dell’essere è un plesso solare, la sposa divina, cui ti rivolgi, la mandorla in germe portata nel guscio, risale le curve del proprio avvenire- un serpente un cucchiaio un uovo di luce nel silenzio più bianco che muta di stato sposando la vergine da cui nascerà.
congiungendo il miele immaturo al mio ventre,
tra la saliva ed il fiato, prima del bacio,
in quell’attimo a forma di labbra
si avvia l’eternità..
nello spazio imprevisto del mandorlo,
tra le vene lucide di meraviglia,
ha disegnato parole, ed il caos
delle voci, leggero, dei passi il via vai
negli occhi bagnati col sole
fila l’oro l’amore e noi
ribaltiamo la notte nel petto
a prendere posto per terra,
secrezione preziosa della natura
che spinge nell’ora. Soltanto giocando,
così, si dilata la conoscenza, e un bambino-
milioni di anni fa, che correndo
nel corpo d’amore capace di stringere
spirito e carne all’immenso-
squarcia la luce di un soffio,
piccolezza che basta, persino all’inferno,
con l’identica semplicità del filo d’oro di bisso
per come sorregge e il coraggio
in tutte le sue iridescenze, il sigillo,
la folgorazione, che dona la libertà
È un cervo blu, nell’incendio d’amore,
che ti prende per mano e cammina
fino a sbucare nel prato delle cascate
dove brillano i piedi nelle strelitzie
e le ombre compatte, allungate sul viso
a seconda dell’ora del giorno, di gioia,
tra lo stomaco e il petto , tremenda
irriducibile e gonfia di carne e capelli
un attimo prima che stacchi dal ramo
un cuore rosso pulsante, sulla realtà,
con la polpa esposta agli uccelli, alle larve.
Ti ho visto pregare stamane per il dolore
segnare lo sguardo, la trama dei frutti,
le fibre cadute dagli alberi. Eppure,
è un canto ampio e infinito che sale,
dove la vita rimane,
con tanta forza nelle parole che amo,
è la poesia, che riparte,
ancora una volta, da terra.
Id: 27427 Data: 14/09/2014 23:03:49
*
Con un dito sulle labbra
Non scambiare le immaginazioni per i fatti ,
e i fatti miei per immaginazione-
se credi in Dio, opera con lui,
se non ci credi,diventa lui o l’uno
e l’altro- E' vita
che si nutre della vita dall’inizio
infliggendo a tua madre quei dolori,
e ancora per il cibo lotterai, ed un riparo.
Una colonia di formiche, o gli uccelli in stormo
sanno che il principio della terra fu nel verde
al terzo giorno appena, e solo il sesto noi
gli ultimi arrivati. Ci sono terre emerse
se nel becco c’è l’ulivo, e si offre tra le mani
a garanzia di vita. Puoi piantare quella vite d'oro
nell’asciutto ed ora. È un gesto libero
succhiare alla radice con la bocca
la noce e i piedi in aria, è tenerezza
il tuo sesso sulla terra e il sogno che ne viene
sembra fermo, ma cammina come gli alberi che amo:
due percorsi insieme, nomadi e stanziali, uniti
per la luce vegetale. Dove un buco ci ferisce
viene nuovo un ramo, se ti offro un fiore per talea,
si propaga il tuo giardino e siamo ancora uno
tra la terra e il sole. Nella ricerca non fuggire
l’ombra con lo scopo del rivale.
Se tieni gli occhi lontano dalla mente
sono dappertutto, sui viticci gli apici e i germogli,
persino il legno e le radici hanno occhi piccolissimi
per trovare il buio, odorano la terra, per chiamarti-
sono le parole delle piante, quegli odori in aria,
come i geroglifici o le rune, è una sola voce
che per paura per amore avverte.
Mimosa pudica.. ti chiudi se ti tocco,
e in giro per i boschi ti riapri
e ascolti, quando cerchi l’acqua,
senza orecchie. Io ti sento dentro
con la pancia sotterranea della musica
traspirare gocce e offrirti, da una foglia
all’altra, passare la parola dai capelli
ai piedi senza niente per la mente
distribuita timidezza delle chiome
sfiorando con le cure la famiglia
facciamo ancora insieme i fiori bianchi
del ciliegio, per le api, fino al rosso,
per gli uccelli in volo, e il nostro seme,
andrà lontano dalla pianta-madre,
per riprendere la vita. Siamo così pochi
tra le piante al suolo, nella presunzione dominanti
con la bocca ed un cervello e il cuore,
due polmoni. Sanno andare all’acquabuona,
non è questa intelligenza? O servono astrazioni
la parola e gli strumenti? io li sento camminare,
per raggiungere una parte della luce, gli alberi
mentre tocco le radici di ogni giorno
come stimmate, piegando i rami all’apice,
inginocchiata sulla fonte dell’umidità,
parsimoniosa e gravida la luce si raccoglie
bianca, tra le mani, colma di ogni sua mansione,
dell’essere senziente per milioni di filini,
come stormi uniti in volo, la sua voce
è sciame. Puoi vedere?
-o è più forte la cultura per negare,
se non ha occhi al centro della fronte.
Continua pure la ricerca della tua ragione,
in qualche parte dello spazio, io le ho viste,
le ho viste accendere di notte le radici
una luce per se stesse, per sognare.
è il sonno delle piante,
quando il loto si solleva con le foglie
riunendole a preghiera,
per rendere invisibili i suoi fiori,
nella posizione di riposo
che avevano alla nascita i germogli...
con un dito sulle labbra,
abbiamo tra le gambe un nuovo nato.
Porta nel sogno quello che noi siamo,
la presenza eterna della vita.
Id: 27382 Data: 12/09/2014 11:17:37
*
Buonanotte amore
Non scambiare le immaginazioni per i fatti ,
e i fatti miei per immaginazione- se credi in Dio,
opera con lui, se non ci credi,
diventa lui o l’uno e l’altro- Come la vita
che si nutre della vita dall’inizio
infliggendo a tua madre quei dolori,
ma ancora per il cibo lotterai, ed un riparo.
Eppure una colonia di formiche, gli uccelli in stormo
sanno che il principio della terra fu nel verde,
al terzo giorno appena, e solo il sesto noi
gli ultimi arrivati. Ci sono terre emerse,
nel becco c’è l’ulivo, e si offre tra le mani
a garanzia di vita. Puoi piantare quella vite d'oro
nell’asciutto ed ora. È un gesto libero
succhiare alla radice con la bocca
la noce e i piedi in aria, è tenerezza
il tuo sesso sulla terra e il sogno che ne viene,
sembra fermo, ma cammina come gli alberi che amo,
due percorsi insieme, nomadi e stanziali, uniti
per la luce vegetale. Dove un buco ci ferisce
viene nuovo un ramo, se ti offro un fiore per talea,
si propaga il tuo giardino e siamo ancora uno
tra la terra e il sole. Nella ricerca non fuggire
l’ombra con lo scopo del rivale:
se tieni gli occhi lontano dalla mente
sono dappertutto, sui viticci gli apici e i germogli,
persino il legno e le radici hanno occhi piccolissimi
per trovare il buio, odorano la terra, per chiamarti-
sono le parole delle piante quegli odori in aria,
come i geroglifici o le rune, è una sola voce
che per paura per amore avverte.
Mimosa pudica.. ti chiudi se ti tocco,
ma in giro per i boschi ti riapri
e ascolti, quando cerchi l’acqua,
senza orecchie. Io ti sento dentro
con la pancia sotterranea della musica
traspirare gocce e offrirti, da una foglia
all’altra, passare la parola dai capelli
ai piedi senza niente per la mente.
distribuita timidezza delle chiome
sfiorando con le cure la famiglia
facciamo ancora insieme i fiori bianchi
del ciliegio per le api, fino al rosso
per gli uccelli in volo, e il nostro seme,
andrà lontano dalla pianta-madre,
per riprendere la vita. Siamo così pochi
tra le piante al suolo, nella presunzione dominanti,
per la bocca ed un cervello e il cuore,
due polmoni. Sanno andare all’acquabuona
non è questa intelligenza? O servono astrazioni
la parola e gli strumenti? Sai, li ho visti camminare,
per raggiungere una parte della luce, gli alberi.
Mentre tocco le radici di ogni giorno
come stimmate, piegando i rami all’apice,
inginocchiata sulla fonte dell’umidità,
parsimoniosa e gravida la luce si raccoglie
bianca, tra le mani, colma di ogni sua mansione,
dell’essere senziente per milioni di filini,
come stormi uniti in volo la sua voce
è sciame. Puoi sentire?
-o è più forte la cultura per negare,
se non ha occhi al centro della fronte.
Continua pure la ricerca della tua ragione,
in qualche parte dello spazio, io le ho viste,
le ho viste accendere di notte le radici
una luce per se stesse, per sognare.
è il sonno delle piante,
quando il loto si solleva con le foglie
riunendole a preghiera,
per rendere invisibili i suoi fiori,
nella posizione del riposo
che avevano alla nascita i germogli.
Buonanotte amore..
con un dito sulle labbra,
abbiamo tra le gambe un nuovo nato.
Porta nel sogno quello che noi siamo,
la presenza eterna della vita.
Id: 27375 Data: 12/09/2014 01:46:52
*
Nellerezione della luce
Attorno alla vertigine l’ascolto,
dove la dimora è provvisoria
e la sua erranza un abbandono,
nello strappo oscuro, luminoso
è la visione umile e improvvisa,
tra una luce sfiorata e la penombra
di un destino impronunciabile, che chiama
la vita nuda: gioia, di una voce
che non finisce di venire accesa:
una candela umana, un dono dell’amore,
compagna all’ombra dello scialle a sera
benedetto dall'esistenza e dal suo peso
sulle spalle come nulla. È vero
ammutolisco e sciolgo le domande nella cera
con le mani più infantili che conosco:
dove sei esisti e non c’è nulla, se sorridi
nella grazia del riposo, rinnovata
tra le infinite madri della luce.
Nel mistero che mi spinge all’infinito
tra i larici e nel buio mi fai libera
nella nebbia sei la lingua della lupa
della collina e l’erba che altri lupi hanno
già percorso con i lasciti che marcano :
l’esser vivi. Sulle radici dei fossati, da qui,
ricominciamo in giravolte la montagna
bagnando ancora la coscienza al fiume-
e quante volte ancora ci saprà- la stessa-
per rifiorire in altra lingua l’anima
tesa nell’ascolto sulle piante, con la polpa
d’albicocche nella bocca, noi splendiamo
tra i chicchi d’uva e i torsoli di mele
che continuano a vibrare dalla terra
ai fianchi più remoti del giordano:
il succo chiaro delle arance è dentro
agli occhi senza età, ed ora
se spingo piano sulle palpebre le mani,
le voci amate si alzano a colori,
nell’erezione della luce che beviamo,
puri.
Id: 27352 Data: 10/09/2014 18:47:01
*
Spugna d’amore
Mi chiedi se ricordo quando siamo nati.
Posso vedere solo il mondo,
attraverso i tuoi occhi di dolore
e nel piacere, una proiezione di memorie
nella mente. Tuttavia è oltre
quei confini che si stende
una remota immensità di gioia,
ed è una casa quell’amore eterno
dentro la coscienza. c’è la prova
della mia indimostrabile esperienza-
chi altri può se la realtà dell’altro è pari
al suo apparire nella mia esperienza?-
Ma non siamo soli nell’essere profondo- amore-
siamo il tutto, quando percepiamo con il niente
il sussurro delle stelle, siamo il Dio
che non sappiamo nell’essenza,
la spinta indietro che ci fa andare avanti
consapevoli, da sempre, universali liberi
senza confondere il ricordo nella conoscenza
sempre fresca e nuova; è, la nostra ciotola
da mendicanti, d’oro puro, e noi dei miserabili,
finchè non la vediamo : in modo naturale,
portando a brillare la realtà, sinceri,
senza parole per comunicare senza idee-
non puoi mangiare la parola “pane”
immaginando di conoscere
solo ciò che possiamo definire,
se porti alla bocca la realtà c’è amore
con azioni religiose e silenziose, insieme
chiedi, e ti sarà dato- per non rimanere
un sacco d’ossa nelle citazioni sacre.
Ho toccato la materia nella stanza buia
mentre dipingevi l’intero mondo un quadro,
il pittore Dio, e tu, che contenevi il mondo e lui,
nell’atto di conoscenza puro essere
quando hai spalancato la finestra
inondandomi di luce a gioia,
stava tutta dalla parte della stanza,
e non del sole, la misura del candore
nell’estasi del dare. Non ho dimenticato
quella luce, di quando siamo nati
non posso ricordare
o attendermi la fine, invece,
perchè non è mai accaduto.
Nell’infinito impercettibile di un compito
siamo seme l’uno all’altro aperto
in piena fioritura, siamo gioia,
che di volta in volta vola senza fine,
una ghirlanda di luci, le più intense,
nell’andirivieni di questo cuore umano,
pagliuzze d’oro, nel palmo della mano
spugna d’amore -che chiamiamo pane,
riducendola in parola-
il terreno che l’accoglie
e ama.
Id: 27286 Data: 07/09/2014 19:01:16
*
Puoi solo avvicinarti un poco al giorno
L’azzeramento tiene il passo
con l’amore che può darsi, anche
nella voce spaventata, eppure ferma
sulla lingua
temprato battere del poco
rimasto in piedi.
Prendo con me le pieghe azzurre
del bianco invaso di parole,
che tallona e spinge e la risposta
è ancora un sacco nuovo di domande
matrice e calco a richiamare voci
ne dice il nucleo esplica il legame
e guarda dentro con limpidità
le offerte minime ai propri giorni
come un'acqua che trascina in sé
la luce per amore e sassolini,
con un filo più sottile del cotone
non c’è fine, con le mani pure,
dove un giorno torneremo
a innalzarci senza volto
ci si riempie di gesti, di parole
che non sanno di morire, per tornare
-e puoi solo avvicinarti un poco al giorno
al vero che non vedi come l’aria,
finchè il vento lo rivela coi capelli
sulla fronte, e non la nuca-
come l’altra faccia della luna
in ombra- siamo noi. Poi viene sera
ed un sorriso dal chiarore certo,
assomigliandosi l’ovunque
e una preghiera, non sei tu
il motivo della gioia, sono io
che mi avvicino al canto.
Id: 27260 Data: 05/09/2014 21:50:51
*
Accanto ai pozzi
Un minareto che perfora il cielo
basta un niente che ti trovi nella gioia
poche briciole di un seme di quinoa
in mezzo all'erba e ai fiori, lentamente,
un sopracciglio chiaro, il quarto di una noce
che diviene azzurro mentre canti
le lettere intorno ad un giardino,
dove puoi sentire anche una tigre
tossire accanto a noi - Amina
Che cosa stai cantando? -
Mi sto spostando verso te
tra lunghe spine bianche e fiori gialli.
C’è un segreto irriverente senza tempo
se muovi sulla terra la tua bocca
trovi il foro dove i nostri cari son tornati
dentro, seduti nello stesso posto remotissimo
delle nostre connessioni umane
in un soffio risuonano le strade,
in un suffragio rifiorisce il mondo visto
nella nostra mano più di ciò che è,
per condurre, tra la pietra e il rosso, noi,
nella parabola che ritorna e gioca
- ed ora cosa canti ? sto venendo a casa nostra,
che vive a pochi suoni di distanza,
lungo distici di versi. Come uccelli
ci passiamo di mano in mano l’armonia,
se t'incammini, lungo piste d'asini selvatici,
spargiamo voci sulla gioia, ed è una mappa
tramandata da canzoni
catene di montagne e fiumi. No..
non avremo oggetti da scambiare,
il canto come bene, si baratta,
al tempo di suonare il nostro pezzo
dall’inizio, lungo i pozzi. Sul gran posto
c’è un canale buio sotterraneo
che sbuca in cima tra le acque rosa,
è un fiato caldo di midolli
e quasi non ti accorgi
che le montagne son di nuovo le montagne
e sei nel foro delle lacrime del mare
con la dolcezza più grande sulle spalle
di esser foce e la sorgente insieme
ci scambiamo gioia per scintille
al punto d’incontro d’altri canti
le nostre ossa sono vasi d’oro
guidati da lontane vicinanze,
abbiamo il cuore di una lepre dentro gli occhi
un viso verde, tra le ginocchia coronate,
come un bozzolo: è quel canto,
dentro la sua foglia, srotolato
avremo cura del germoglio
dell’onda ininterrotta di smeraldo
che ci tiene insieme per canzoni
scambiando gioia, accanto ai pozzi
Accanto ai pozzi- mi deve avere ripetuto
le stesse parole dentro il sogno,
perchè furono le prime
a venirmi nella bocca
quando mi svegliai. Bagnata
nel liquido ancestrale
come avessi scambiato tutto il mondo
annidato nel palmo di una mano.
Id: 27162 Data: 31/08/2014 21:48:29
*
Nell’orecchio debole
Ti ascolto con l'orecchiodebole,
sotto la carne della rosa, è la mia carne,
di un corpo nudo nel bagno della luce;
consonanti addolcite sparse ai piedi
nel profondo centro della terra
dove tutto risuona contro pelle
nell'umida gioia, ed uno spasmo
che mi piega sul ginocchio e dove
tutto affiora così forte in un istante
a corrompere gli acuti nella grazia
dell'imene incoronato al buio:
-è di quel giorno che non sai in mezzo al fiume,
quando gettai la testa avanti e china,
la cascata mi coprì coi propri sogni
nell’orecchio così forte in un istante
fu il silenzio delle rose. E del dolore poi,
che scendeva al fondo di ogni petalo
caduto, con il fiume. Poi passò,
passò piano pianissimo la luce
per il foro come un angelo leggero
che mi aveva attraversata,
lasciandomi il prodigio fra due mondi
e il tremolare della sua ferita in polline,
un alfabeto di acque memoriali
da venire. Con la sua dolce mano
fu il seme di una pioggia luminosa,
una matrioska che si apre per sentire
quando l’erba cresce o nasce un nuovo anello
dentro gli alberi, quando l’acqua si restringe
poi si allarga sottoterra, o l’esplodere dei passi
di una lepre, sul bagnato.- Io ti sento
a piedi nudi se cammini, nell’orecchio debole,
se respiri dall’altra parte della vita
se il tuo sesso si fa grande per venire
nell'ampolla fragilissima del cuore
benedico ancora il fiume,
dorato di ninive e nascondini
pieni d’acqua
per sentire i corpi delle lingue da lontano,
prima ancora della luce.
Id: 27109 Data: 27/08/2014 20:27:53
*
Tu chiamalo come vuoi
Sai vendemmiare le stelle
sulle tue terre bianche di neve
fino a casa, nel palmo delle mani
io ti mostro la bellezza di ogni seme
la lunga vita del suo fiore e il rosso
di ogni pane quotidiano
custodito per millenni in pasta madre
l’amaranto, lo chiamavano huauhtli,
un tempo che finisce e l’altro torna
vivo, nell’eucarestia, finchè
tagliarono le mani delle donne
per lo sguardo in cielo, e il rosso
poi sparì.
Ma nelle zone impervie
l’anima è immortale, ed io
mi amo a consumarlo, come il grano,
come una madre che s’allarga
su tutti gli occhi rossi in pieno sole
ammorbidendo le sue braccia-
da un mondo all’altro- dentro l’acqua
più veloce, più lenta..Sempre accanto
le mani dormono come ali
fra l’amaranto che cresce
ricongiungendo il suono della gioia
alle sue labbra, femmine instancabili.
Il cielo non può nascondere
l’offerta di un amore, è qui,
se mi apri nel petto
non è una ferita, e gode
illuminata da tutte le stelle,
in ogni nome che lo rivela
quello che vedo, quello che tocco,
tu, chiamalo come vuoi - Dio,
i sandali da sfilare, una battaglia, una pietra,
il monaco che disseta, la casa da abitare-
il mio amaranto,
che beve nel buiosplendente
viene dall'amore per la terra
Id: 27050 Data: 24/08/2014 17:20:16
*
col respiro, tuedio
Accade non ci si accorga nemmeno
di pregare, a me succede, nel vuoto
del dolore, al colmo della gioia come di essere compiuti in se stessi
"immensi"
un nuovo luogo di vita, un miracolo
che entra per gli occhi
quando la luce si presenta "intera",
senza lotta,
in chi si concede al nascere,
al nuovo respirare
Farsi incontro a questa luce
col respiro,
senza esserne abbagliati, io credo sia l'illuminazione
e quanto essa chiede: amore
che nasce con la nascita
Id: 27022 Data: 23/08/2014 02:15:25
*
Filo di luce
A Franca,filodiluce
Sospesa a rubare pezzi di cielo
dalla bocca degli uccelli pieni
di speranza nel cielo primordiale
dove rinasce ogni destino e la bellezza
è sempre sul punto di sparire
-Porta via il bambino prima che rientri
a far parte del dolore degli adulti
Deve correre con la testa in alto
voltarsi ancora da una stella all’altra
Non ha tempo di produrre il tempo
chiuso dentro il pugno con la sabbia-
È l’altra gioia promessa dalle stelle
nella danza- senza occhiaie tra menhir
e dolmen, nel loro sprofondare dove
non c’è respiro e la stessa oscurità
che è oltre il cielo- dove indugiano
i bambini per vedere fino in fondo
chi aveva fatto comparire l’arcobaleno
con la voce chiara tra le nuvole
e gli otto colori della pioggia:
il suo volto verso il mare con l'inverno
la bassa marea che le scopriva i piedi
sulle rocce, giovani della vita camminata.
Nel silenzio qualcosa che- come un bambino
rapito dalle stelle- avevo atteso a lungo,
la tua voce, in dono. Nel giorno autentico
prima di sparire in volo mi ha fatto nascere,
benedire ogni parola e il passo, al tuo
filo di luce. ti sono accanto,
in lontananze inconcepibili,
perchè ti sono parte,
nell’avventura dello spazio,
oltre ogni congedo sei in me
col respiro dei cieli
Id: 27016 Data: 22/08/2014 22:37:36
*
L’universo sogna in noi
Un viaggio notturno e un lampo
improvviso, più della luce
sul comodino lieve e sempre accesa,
ha illuminato il telaio, liberando la trama
dei fili, rubando alla materia la scintilla
di una luce, in fondo alla schiena,
un linga splendente. E' quasi un altare
in acque terribili
che penetra e ruota l’intero universo
e noi, travestiti di rame, acqua divina
è l’unione dell’ombra con la sua identità,
tra la maschera in volto e l’immagine
sono nozze dell’anima, sul grande letto
all’entrata di casa, l’apertura del corpo
verso lo spazio, una danza l’orgasmo
nell’unità. Com’è la natura a se stessa,
quando mescola le proprie membra,
divenendo leggera, nel ritorno all’essenza,
più leggera di se stessa
trasformando gli occhi
alla culminazione del sole,
al limite di quell’altro mondo,
accanto,
è quella donna che fa il vino sposa
di tutto ciò che esiste nella coppa d’immortale.
Nel perenne punto di partenza
di ogni creazione,
l’universo sogna in noi, disposto,
per esser vivo, a vivere
come una sfera. La coppia è dentro noi,
al crescere dei seni,
leggera come un’anima
ogni coppia è un angelo, e ti chiama.
Così ho visto l’ombra, accanto,
la mia ombra insopportabile per poco.
Siamo state a lungo insieme dentro il fiume
guidate da una voce, la più ampia
tra il divino e l’animale, incomunicabile,
smuovendo acque melmose
per toccare il cielo e l’uomo
nascosto dentro il cuore con la donna
nel mondo delle Madri, fino a Sophia,
dove l’amore si denuda
tutt’uno con la conoscenza
ora puoi venire, nel volto aperto,
nel sorriso chiaro di tanti anni fa,
di cerchio in cerchio nella coppa
puoi propagarti come in sogno.
Io ti veglierò, come una fiamma.
Id: 26999 Data: 21/08/2014 17:55:01
*
Nel cesto nero c’è altra luce
Scende fino a mare il desiderio
si dispiega largo, pacato con l'odore
mescola i sapori del garbo e un'acqua limpida
alimenta il fuoco, appreso in sogno,
dentro ogni parola c’è altra luce:
un pescatore taglia le sue corde con i denti
infila gli ami in un cesto nero, le mani calme
emergono dal buio. Un canto a bocca chiusa
difficile non piantarsi nel suo cuore
come un muscolo infinito nell'ascolto
mi inginocchio. Ammiro.
In un cesto nero c’è altra luce, c'è calore che trapela ai bordi- i miei cespugli rossi, gli oleandri, il mirto
il colpo d'occhio rammendato, il borgo intatto,
la processione delle luci, le pezze bianche a notte
la lunga coda umana tra i sentieri stretti per l'estate.
Un lungo canto senza peso, un buco nero,
naturalmente caldo, non è poi cosí nero,
una lievissima sorgente di calore, se fosse
isolato in un cielo senza stelle,
pallidissima luce, sfuggirebbe al buco..
eppure non c'è nulla, non materia o superficie,
solo non ritorno che gravita, cosa muove?
Molecole di spazio il tremare infinitesimo
della grana elementare, non è calore di un oggetto
ma dello spazio vuoto in nulla,
dov'è il tempo che si ferma velocissimo
per sempre
a caccia dello strappo d'acqua per infrangere, per rigenerare il limo
quello che noi siamo
fissando ancora quel brusio di ere,
nelle strettoie del suo buio vibra,
con la forza misteriosa che diffonde
tra la lingua di ogni giorno e le sue mani,
nel mestiere di contemplare in cielo,
concentrato in un’intesa, il mare
adesso è qui. nel buio immacolato
e caldo. Prendi la mia mano,
quando andremo via,
dal nocciolo più interno del mio cesto nero
fino al bianco infinito del tuo interno vibrare
cantando, in gioia, al nuovo giorno
il calore inesauribile fra stella e stella
come pesci in fiore
porta nel cesto, quello che noi siamo
Fotografia: Yury Pustovoy
Id: 26956 Data: 19/08/2014 15:10:42
*
il mio posto delle fate
Fidandosi del buio dietro gli occhi
si trovano bagliori come stelle
quando la tua carne riempie il vuoto,
scavato per i fianchi, nel palato
basta un sospiro, un tutto che si tiene
ritrovando la sua vera identità,
come se appena fosse senza fine
il tuo sapore, in tutto può contrarsi,
poi passa ancora un giorno che rimane
fino a toccare con la fronte il gran silenzio
del tuo sguardo sulla sera - è il nostro mondo,
di toccarci con le ali, piccoli passi, poi raccolti:
ne scorgo i bordi, sopra il tavolo in castagno,
i passaggi luminosi verso il cuore
attraverso l'uscio della mia cucina, aperto
verso un lembo raro del giardino
come a varcare una gola di montagna
tra boschi e vigne fino al mare aperto
al sole. Ne ho cura, come una mansione,
un compito che risponde al desiderio-
il prolungamento della casa, quel che tocco
e come sei, lungo il sentiero dei lecci secolari,
dei platani, fin giù, alla distesa delle viti
-giungendo dentro agli occhi
senza conoscere il mistero.
.mi abbandono dove inizio a camminare.
intravedo i nostri fiori più selvatici,
il cuore dell'agave
che ti offro sulle labbra.
È un esercizio che taglia i nodi delle mani
dove cessa il confine che separa,
è il mio posto delle fate- basta poco
per vedere il faro e le tempeste,
quando fai bollire nell'ambra le tue reti,
i resti delle mareggiate si mischiano alla mia
vita, tra l'odore del fogliame c'è il profumo
delle tue albicocche, quando salgo sopra il noce
per toccarti da lontano. Ho un filo al piede
annodato all'altro capo con l'azzurro,
in un continuo che ogni sera quasi muore,
poi di nuovo stelle fiori gocce a copricapo
varcano la nudità, e le vene sono fiumi,
la tua barba l'erba di questo prato ed il sorriso
i rilievi della terra, con i semi che può spargere
una baia : colandovi colore
spruzzando di fertilità la voce
...
fino al bordo chiaro
del fiordo che più amo,
il precipizio il salto che tace la parola
per l'amore, che più teniamo, che solo
posso mostrarti
col silenzio della vita
dischiudendo altro, con il vento,
che sale dal mare sopra il mondo,
un punto luminoso, dove tutto ha inizio
e tu rimani.
Id: 26909 Data: 16/08/2014 14:43:44
*
Più minuscolo di un grano
La particolare intonazione della voce
mi spinse in mezzo al Campo
a girarmi verso un uomo, chino
sui bambini..l'espressione quieta dello sguardo,
con gli occhi d'acqua chiara
pesanti come perle. sentì arrivare me,
dentro le sue mani, diventare lui,
quei bambini e le carezze, insieme
sollevò lo sguardo, ormai vicino:
"sei entrata come un uragano- disse-
fai più piano quando vai negli altri
respira adagio, a far l'amore
più minuscolo di un grano"
...
lo sentii venire dentro
con la dolcezza di un amante
inconosciuto, mentre io danzavo
nella sua mente, camminava in me,
come una pioggia, lieve,
trovando gli alberi e i caprioli in cima
mia madre invisibile e se stesso
entrammo insieme dopo
nei bambini
cominciando a cantare per Bagdad
" hai una quercia speciale ragazza ed io
troverò il mio albero così ci parleremo
attraverso le radici da lontano
con innocenza ed esperienza insieme
nel luogo dove potremo continuare
ad unire con la carne il cuore per le vene
baceremo la gioia quando passa
con gli uccelli nei polmoni di ogni tendine,
per raggiungerci, per sfamare noi"
[ come figli e figlie che si sposano tra loro
come stelle penetrate ai fianchi
siamo entrati nel nostro petto camminando
in cieli e terre, scorgendo il fuori
tutto dentro, portando il nostro cielo
la nostra terra, da qualche parte
nel profondo, offrendo un pane per radice
a chi si era nutrito soltanto di se stesso ]
Nel buco fondo che è rimasto a terra,
dove la quercia poggiava le sue gambe,
sotto i piedi le cose sono altrove,
strato dopo strato, fino a te,
il luogo dove unirsi nei vagiti, il sesso aperto
dalla nascita, alla resa del respiro
La voce è udita fino in fondo
alla felicità improvvisa
-innata- come un passo ingovernabile
squarcia il costato finchè ne esca
un sacramento di pace
e si muovono le dita ripiegate per il suono
e il corpo il gioco e le parole in tondo
girano per il loro esistere alla luce
fino a stordirsi di un sorriso solo
sapendo che stai bene ovunque
un'erba cresce. Tra i seni sempre nuovi
di respiro, da ovunque tu sei qui,
più minuscolo di un grano.
Id: 26896 Data: 14/08/2014 23:01:53
*
Con un soffio violento
Con un soffio violento una vertigine a Ravenna scesa al suolo per nutrirsi nella colonna vertebrale riparte in volo -non tocca un pensiero- via dalle mani, dai piedi trasformando la realtà nel sogno spalancando gli occhi per fissare orizzontale la luce che cancella i confini delle cose illuminate
Una pelle esposta. A quanta luce? Abbastanza cielo. Impregnarsi ? Oh..Fino all'allucinazione! E poi ? Ai piedi del muro vivere, semplicemente [ senza morire] del volo degli uccelli che l'hanno attraversato nella schiena
mostrando il cuore investito della stessa aria dalla luce in cui il corpo si solleva libero dell'indicibile respiro che non finisce il muro di riflettere diverso come un cielo in ombre c[i]elando ciò che s'offre alla nostra contemplazione.
fantasmi dell'uomo .. lasciati nel buio notturno degli animali? Sul muro è la culla del graffio, lo schizzo, e l'orgasmo la prateria stessa, e noi più lontano- con gli occhi nel volo- di un uomo nello spazio. Per l'infinito andare di queste onde, che frusciano col mare come un bosco con le foglie, mi vola via dal petto il muro.. Sei tu!
Id: 26825 Data: 09/08/2014 00:11:21
*
Come risacca nella notte
Nascose lentamente le due stelle
nel buio delle palpebre
per un'altra migrazione
Là posai la gola
slacciando i tre bottoni lungo il seno
senza una parola. Vidi allora gli occhi,
tagliati netti per la vita, del nero
più antico al mondo, e un'onda verde
di albe trattenute. Un solo movimento
un caldo sole, poi il mare dentro
come a una brocca, mi lasciò infinita.
Com'è bello il gesto che rimane
sfilando via la stoffa del ricordo
sei la fonte che mi lava nel cammino
del profondo, sei lo spazio fra i miei seni
ed una fede nel frastuono che zampilla
in perenne pulsazione. Ad ogni asola
hai la grazia stessa della farfalla
che entra ed esce con le labbra
contro il cielo, mite
dentro il fiore amato.
Dove hai nascosto la parola
sulle montagne del cuore
c'è una pace tenera e fedele
custodita per due stelle
in cui tu parli sempre,
un'onda larga che ti accoglie
fin dentro il sogno-vita
non è che questo
le stelle così basse, sono gli occhi
garze inumidite
su un lembo semplice di terra
come risacca nella notte
Id: 26798 Data: 04/08/2014 23:03:20
*
E’ il giorno che scompare e torna
E' il giorno che scompare e torna,
coi capelli fradici sul prato,
mi raggiunge il viso, da dove era partito.
Col cuore umano e la pelle più sottile
di ogni mattina, gli occhi mi domandano
di essere esauditi - nella cripta del palato
non c’è pensiero- e viene
dal sangue religioso luccicante
nell’umido di poche sillabe un respiro,
contenendo in pochi tratti di mistero
tutto ciò che l'intelletto poi separa
dalla remota intensità di un sogno,
dove il tuo salmo non arriva,
imparo con le interiora delle bestie
l’armonia, dal volo degli uccelli
come danzi,
nella processione dei bambini,
che camminano sul verde come cielo
lasciando lievi impronte, con l’arrivo
affondavo nell’aria del mio prato,
nel taglio che riapriva la visione,
e una sola
creatura di fango nelle mani
cui poggiare la testa rannicchiata:
un’altra pelle mi toccava
per la prima volta nuda, ad ascoltare,
nel brivido del mondo addormentato,
la notte della carne di un bambino
che mangia cantando della neve.
Nell’erba tornavo gravida a vederlo
dare calore sui luoghi da cui sgorga
raggrumata nei gorghi dell'inconscio
-in un'altra terra, in altro tempo, e a lungo-
la parola che teneva sulle braccia-
di quando solo per un giorno
il fiume andò all'indietro come me
tra i fili indescrivibili del prato-
nel privilegio della quiete. Con la luce
sulle punte più sottili io ti ascolto
dove il muschio si corica la sera
a carezzare i sassi sopra il greto,
dalla tua quercia, che ogni giorno corre
finchè diviene un'aquila e scompare,
nel moto unitario di natura
la morte non può niente,
in piedi, dietro te.
mentre mi piego per lavarmi il viso
al fiume sei tu che mi sostieni
perchè non cada.
Id: 26781 Data: 03/08/2014 16:08:45
*
Nello splendore del grano
Imparo a baciare con una lingua nuova
tutto lo splendore del grano,
dentro il ventre continenti
di larici e betulle, nelle orecchie
campi e mani a disegnare
dove gli alberi hanno gli occhi
e dove dormi, sul mio viso
sono ancora insieme, ovunque tocco
respiri di bestie, di gioia, e una risata
nel buio che insegna a partorire,
scrutando la propria terra,
grammo a grammo il nero, con un canto,
come serbasse il codice di una costellazione,
lì, dove incomincia una pianura
per diventare collina-
una striscia sul labbro, un punto esatto
dove le cose coincidono
"un calmo alito, un vento, un soffio in nulla"
tra percezione e rituale-
la bocca è altro respiro
a celebrare le unioni di un piccolo seme
che so nelle tue tasche che amo
da tutto ciò che fa male, a quell’ombra
riposa l’estate che viene il tuo nome,
a rifugio, come farebbe un bambino, con te
che mi ascolti nella cadenza la voce-
di quando ti scrissi dei mostri nel grano
dei cingoli neri a radunare i braccianti
che toglievano il giallo al silenzio
dei chicchi- fino a dissolversi in crusca
sui fogli scalzi di sempre
che chiamano i cervi nel grano futuro.
La ricordanza è cenere in aria
che vibra,
che benedice il cammino,
per quanto a lungo stende le mani,
la terra che vola sei tu che ti alzi
nell’istante del grano, che plachi nei secchi
formando col pane
ciò che la luce già sa
il palmo è offerto al vento e ora
se aggiungi un altro passo poi sorridi,
ti offro le mie mani per le ombre
nel petto qualcosa di dolce, il posto
e il nome dove l'erba voleva volare
poi preferì rimanere, per dare riposo
ai rami dei cervi.
Nello splendore del grano,
inumidendo la terra come un messaggio,
ascolto gli alberi, la cerimonia semplice dei frutti
a viso aperto, mentre il tuo sole entra nel mare,
nel suo ritorno a Dio. Con la stessa calma,
che non avevo visto mai,
dove una collina bacia la pianura,
nel punto esatto io t'incontro e basta
a prender forma un sogno
in mezzo al caos.
Id: 26738 Data: 31/07/2014 21:17:30
*
Grazie a voi..
Grazie a voi
sono salita così da mio padre
come ci si sposa,
attraverso un mistero
che ha reso reale l’odore
di ieri-
dietro di me c’era qualcosa, qualcuno
che potevo toccare, davanti quel sogno
del patio, le mani e il suo viso
silenzioso come le stelle in alto col mento-
di gioia indubitabile. Con un sorriso chiaro
nel palpito leggero del "perché ?"
mi sono velata di bianco,
come un tacere ad alta voce le nozze
e uno sguardo divino esaudito nel cuore
del pranzo. E’ stato il primo gesto-
in cui ancora vivo - risorgendo-
davanti alla finestra
finchè gli occhi non mi faranno male
per l’assenza impercettibile ai contorni
segreto fino a me- nell'ultima parola:
" Sì. Mamma si è addormentata dolcemente,
come in sogno..Ecco perché, rimane".
E’ seguito un lungo viaggio nel silenzio,
un tempo magico al ricordo, il nostro,
fino a quando Papa Francesco se l’è portato via
ritraendosi da messa. Come un’ondata ha detto:
"Claudia..è così semplice amare questo Papa
è un polline naturale…" -facendomi rivivere
di essere venuta al mondo – ha sospirato poi,
con gli occhi del bambino più antico sulla terra
" Quando prego è a Papa Wojtyla che mi rivolgo,
sai…lo chiamo sempre papà
nelle preghiere , io lo chiamo papà…"
Come un segno d’acqua in chiesa
le sue parole
stavano sospese nella luce
di chi non ha conosciuto un padre.
Al fondo dello sguardo,
riflessa nella sue pupille, è divenuto un’ostia
il pane di ieri nella bocca. -Non sai babbo
della tua bellezza, come è andata
verso l’interno oggi, la nudità
del tuo segreto, in ogni luogo polline,
per quanto sussurrata.
Danza nel vuoto della casa, ora
insieme a me, stupenda madre,
dall’altra parte della vita,
con battiti profondi e nuovi
si è chinata, si è congiunta a noi,
come una sposa, papà,
la gioia.
Id: 26689 Data: 28/07/2014 15:50:20
*
Sporgiti dal paradiso solo un poco
Sporgiti dal paradiso solo un poco
da un punto del cielo all’azzurro,
tra i fili di pioggia sull’albero
sono pronta a bere col ventre sollevato
dove una farfalla si accorda con la luce
C’è un passo veloce che ora ti somiglia,
che calma la terra in pozze di chiarore,
dentro brilla un porziuncola di pace,
una viola de fado che sorride
portando l’acqua tra le pietre.
È tutto molto semplice. Ma domani
andrò dal babbo con il pranzo cotto,
e una luce cruda per non piangere
se mi porterà nella tua stanza
a chiedere del respiro d’oro che faceva
la morfina. Nella stretta delle mani
ti chiamerò, sottovoce, per raggiungerci,
come un albero che si piega per i frutti,
e con le dita, per rafforzare le parole
avrò il coraggio di tenere le sue spalle, piano,
come coi rami più fragili e sfiniti,
quando farà il viso del “perché?” -
mettendo tra le mani la dolcezza
del dolore - immenso nei suoi occhi chiusi,
sotto il peso di quella leggerezza,
con un amore tenuto stretto come
un bastone, per riprendere il respiro
dentro i boschi, gli dirò:
il nostro dovere è di essere felici.
Bisogna testimoniare la sua luce. Vieni.
Ogni cosa che è qui è solo qui. E ora
piove, e ci sono da svuotare le grondaie.
Avrò il respiro tra le braccia come un cerchio
di ricordi che si chiude, che si ferma sulla tavola
a raccogliere le briciole del pane. Usciremo
come nudi nel silenzio faccia a faccia
nel vuoto che c’è, e che farà, come fosse oro
sotto il patio, stringerai le foglie tra le mani
fino ai piedi, bagnandoli nel tempo
più sacro, avrai il mento in alto,
come qualcosa che vuole dire
Un Dio lo sa dove fare ritorno.
Mentre ancora la luce si nasconde
sporgiti dal paradiso solo un poco,
nel vicinarsi di domani, un’altra volta,
da un punto del cielo, su mio padre.
Id: 26670 Data: 26/07/2014 21:38:55
*
Ti sei accesa in procinto di sparire
e a vederla tanto inginocchiata e assorta,
raggiunge la grandezza del viso degli oranti,
con le mani tese e aperte,
come sul punto di staccarsi dal suo corpo,
in quel tacere. Entrò nel sonno ieri
mentre gli animali uscivano dal ventre
incenerito. Tu eri nell’acqua che splendevi
a ricevere la voce e il nuovo inizio,
una plenitudine senza incrinature:
se grondava commozione
è perché spiegata piano piano, come un saluto dolente nell’addio, il più bello che si potesse immaginare, un sole che non rischiara semplicemente
che risveglia.
Come brillavi tra il sottosuolo e il cielo!-
spingendo ad ogni anello la rugiada
per gli uccelli - gloriosa nella luce
ti sei accesa in procinto di sparire
con l'amore tanto scosso tra le cime
ti sei alzata nell'aria, senza gravità,
con la forza delle frasi di chi amiamo,
con la gora dell'acqua sulla schiena
e, tra i rami neri di poesia, la gioia,
mentre ti perdevo. Oltre ogni silenzio
alimentavi il fuoco ripetendo:
guarda. io resto. accoglimi.
Ha i capelli corti ora che la guardo
benandante sulla terra
col peso della luce.
E' beatitudine che ti ha mandato a dire,
nel gesto in fondo piccolo, la sua immaginazione, che dentro gli occhi il caldo non finisce di rifugiarsi nel letto della tenerezza, come scendere tre gradini dentro l'albero nella tregua interiore e vegetale
-tenera argilla e benedetto, nell’euforia o lacerazione,
il taglio netto che ci esaudisce, infine l’oltranza delle immagini, e la febbre per lo svelamento del destino,
è il ricordo di qualcosa ormai tradito.-
In un’altra pace ti confidava i passi e degli odori, nell'aprirsi più esposta e più splendente, più feribile alla vita/ sotto il taglio, perchè il dolore non fosse da nascondere-
Ora puoi congiungere i lembi del passato con le monete d'oro cucite tra i capelli, che il vento le solleva, dentro gli occhi : c'è un piccolo dio, con poche cose, al centro, e una fiera sorgente che cammina col filo d'erba che ricresce sulle mani:
il puro esistere degli istanti che ha lasciato
per colorarti del suo sangue intero.
non sente più la sete e accenna al volo,
la sua quercia-
la perdita è la parte più struggente
dello scoprirsi grati nel dolore-
ripetendo le parole senza fretta
come un seme che si affonda nella terra,
-percorrerai le mie vene fino ai polsi
con i rami, fino al fiore di udumbara-
Id: 26630 Data: 23/07/2014 19:18:44
*
Con gli occhi d’acqua
Non c’è altro che luca nel cielo
come il suo nome per terra..
In mezzo ci siamo noialtre
e giovani piedi le orecchie / un velo del corpo
in un luogo che sembra fermarsi
a una cena segreta,
e come in un altra lingua pregare
lo spazio di gioia nella risata
senza alfabeto, che lo innalzi protetto
per farlo addormentare almeno l'erba,
dove piega i lembi della veste
quasi con le palpebre
nei pozzi intraducibili di chi muore
a kurskaya kosà. si racconta
della foresta che danza
lungo le piste di sogni, e di un albero
come un violino, il dentro di un uomo
che viene che va tra gli anelli e ogni volta
aggiunge alla vita un anno di vita
cantando all’indietro, fin dentro il sorriso
liberando il singhiozzo dalla paura
delle sere senza latte sui balcani
di quando ti lavavi, con la paglia
e il fiume, alla conca dei rumori,
era la tua vasca del passato. La ricchezza
ha un luogo in una ciotola, l' orecchio
delle uccelle che siamo diventate
nella somma di ciò che tace,
scorrendo il sangue forte, dentro il fiato
alla conca dei rumori,
nella più piccola dell’appennino di sasso,
può tornare la durata di ogni voce
e nessuna mente, illuminata e più minuta,
tra il silenzio e l’ombra che attraversa
davanti e intorno a sé, senza ossessione,
a un passo dai confini ancora canta
per offrire sulla lingua il taglio della luce
sotto i piedi, nella fessura più divina che si mostra,
di quando abbiamo visto il diavolomortale
di come, in quella pausa, dopo il volo basso
il trauma nominava l’elegia, danzando,
tra gli animali aperti come noi,
sotto il respiro delle rondini
nel cielo occidentale c’è la pace, ora,
scesa a terra, sul pavimento della casa,
delle voci, mentre mangio i semi delle acacie
e nel latte di altre terre lo stupore,
tra l'una e l'altra vibrazione
non c'è altro-
di una piccola gioia che viene per riempirsi
in fondo all’estasi, e non ha misura
il luccicare in una parte della mente,
per non ferirsi - per volare ancora,
con gli occhi d’acqua delle uccelle,
nell’acqua umana di ogni sogno,
come il suo nome qui per terra
Id: 26567 Data: 18/07/2014 21:10:50
*
In qualche luogo, in un istante
Si desta come un istante perpetuo tra i luoghi
e insieme si scompone al boscovecchio
respira senza conoscenza in volto
lasciando la sua impronta senza immagini
guarda preesistente verso noi,
come ancora non avessimo imparato
il nostro nome, giungendo dalla fonte
della vita, dove dimora, in ogni attimo
che schiude il suo morire. Tutto tocca
nel natale originario come un’acqua
il miracolo che entra dentro gli occhi
è tanto intero da affondare nell’oblio
sollevati dalla luce, senza lotta. Respirare
ciò che pesa ciò che ci sorregge insieme
io non so che cosa sia-
tutto il respiro della vita in un istante-
per tutte quelle volte che ho seguito
le impronte dei miei cervi dentro il bosco
seguendo qualche uccello di richiamo
o sedendomi nascosta sul laghetto, per l’ora della sete,
andandoli a cercare non ho compiuto passi dentro il cuore,
ma nel tondino di un maneggio per l’ allenamento,
e il laghetto intorno a dire: li cercavi, e ora?
Quando sospendo le domande, quando corro
sulla pelle- il suono è uno solo sulla terra
se non incalzo la coscienza, se all’improvviso
dietro il sentiero si accende un capriolo
che sta più in là della mia mente, che la inonda
e si perpetua nell’istante unico ed intero
-al centro del mio essere c’è amore-
una cosa di poesia che non so dire-
una creatura intirizzita e a un tempo
folgorata insieme: con la luce
è il pieno della voce lo spazio chiaro
dentro l’anima- l’immediato con l’udito
del gemito il sussurro, e più di ogni figura
ancor più di ogni azione destinata, con il salto
e per ondate che si estinguono, per attimi
simili a scintille, come solchi appena aperti
nell’erba alta- si fa un’impronta chiara, di bellezza,
con un’ombra , in quell’istante cieco del vedere,
un vuoto, che si raccoglie e custodisce come cenere.
Quando parte, quando fugge dietro la sua curva,
con me rimane quel silenzio lungo, verso dentro
e nel più segreto allora si stacca una parola
appena, in un minuscolo frammento,
lasciando intatto il seme
in qualche luogo, un altro cervo, in un istante.
Id: 26534 Data: 15/07/2014 19:34:30
*
Un lungo dialogo prima di partire
Un lungo dialogo prima di partire-
con la casa, con il paesaggio, delicato
nel vasto rito di rispetto ad onorarlo
fino al lamento dei fasci delle canne
in fondo al giardino, di malinconia
estiva, voce dell’intimo- per pochi giorni
Un luogo a parte la madre- silvana
nella sua nudità ed io, nell’atto di obbedire
imparo: le parole inevitabili
che non bastano-
-nella sua natura immensa, serve quel sorriso,
il vero figlio nel tempo della storia
del lutto, che ricada come pioggia
nel suo ciclo
dove spuntano le canne si forma allora
nella visione più ampia più feroce
la verità che pretende l’anima, che avvera,
vibrando per qualche istante, la pietà,
sulle formiche che portano la gioia,
dove s’inchina mettendo pace dentro gli occhi
l’acqua dove si cresima il canto dell’infanzia
che mi aiuta, lucido e sentenzioso,
a partire verso il mare: eccola..
soma di luce,
sono così piccola nelle sue mani sul mare,
ancora vuote poco fa, di casa in casa.
Id: 26524 Data: 15/07/2014 00:18:01
*
Finchè non sa di bere
La poesia è ritorno. E’ sempre un ritorno la poesia,
nel desiderio femminile che ha in sé, la casa,
l’abbraccio, quando entra carezzandoti, le mani
sulla carne del cuore, perché possa rivedere
come vede un animale il respiro di tempesta
e sanguina,
impazzendo alle stagioni quando tornano,
spine, e morbidezze. Dentro casa
si apre il fiato e ancora una volta ti racconta
della notte di natale che verrà,
dell’uomo coi legni sulle mani, e la promessa
di tramandare quel segreto all’acqua,
nel fuoco sacro di trovarla, tra le radici
e l'estasi. Finchè non sa di bere
nella penombra sta la donna, l’educanda
che trema nel presente nudo,
per leccare le falde, gocciolando piano;
sa dell’amore, come batte il salice, come si abbassa
sulla lingua speciale del puerperio,
perdendo luce dai suoi occhi
senza lasciare traccia
la cicatrice sepolta nel bianco.
La chimica del passo ha mille nomi
mentre il mio settanta volti soli
nel punto estremo di resina e respiro,
come l’acqua quando vibra con un sasso
prima di arrivare, ti ho mostrato,
nello spazio aperto, un’anima
che precede la pronuncia del suo nome,
inconsapevole al lume del mistero. Io resto
dove posa il piede prima dello slancio,
in questa brevità, tu devi rincasare,
nella poca luce, nel sussurro,
dove l’acqua tende, per tornare,
per tornarsi a vivere. Da questa poca morte-
nel silenzio delle sponde, tutto avviene
intorno agli occhi- rendiamo la verginità,
alba su alba, berranno le nostre gole
ad una antica dimora d’acqua
la tua poesia non ha felicità,
ma la sa offrire. per sempre
la porterò via, legata a me,
come un soldo agli egiziani,
lungo i campi di cinabro,
legata agli alberi nel cielo,
come in casa,
mettendo il riso sulle foglie
per sempre sacre, e chiare,
al chiaro del letto accanto al mio,
dove dormi tu, che mi sei fratello,
e il figlio che si genera,
con tutto il pudore che hanno le parole
concentrate in un fiore senza voce,
per la stretta alleanza che le muove,
che ritorna.
Id: 26489 Data: 13/07/2014 00:07:31
*
Quattromani nell’erba
Se nella quiete aspetti la notte
spostando un ramo solo nel cammino,
l’ombra che cade comunque è fedele ai colori
e inizia dall'erba la luce che varia, ancor prima
nello sguardo anteriore al colore del giorno
che adorna il suo nome affidandosi al suono,
muovendosi in mezzo alle cose, come una donna
in penombra, nell’andirivieni al balcone,
scostando appena le tende : sembra cammini
dentro la neve, coi piedi nulli e i polsi leggeri,
nel suo splendore, facendo strada sulle ginocchia
ad un cuore. E' un lungo viaggio fatto di adagio,
con le foglie dentro le orecchie, il frutto maturo,
l’interno morbido delle parole, la tenerezza:
è una piccola casa una parola nascosta,
dove dondola il legno, ridendo a ogni cosa
e noi, - come una anziana cicogna
quando i figli la sostengono in volo,
e dolcemente, da ogni lato- con le ali
ci apparteniamo ancora, ci affidiamo
come l’estate che si apre, sul lembo della terra,
dalle bende calde di un inverno di dolore
e passa avanti con un salto alla mutezza,
tra le ossa ed il mistero di pronuncia,
la riconciliazione con l'inizio
del canto, la mietitura :
"se metti a conca le mani
se le tieni appena sotto il timo,
e col ventre raccogli dal profondo
delle spighe,
dalla falda più amara del fiele, la pena
dell'ultimo sorriso che ricordi
di lei,
portando in avanti le mani, e le braccia
più lontano che puoi, lentamente,
se rovesci le mani- ed osservi
come il nero non macchi la terra
e si offra tinta coi fiori
mostrando sul dorso dove posare
il primo sorriso curato nel seno,
diamante del viso più chiaro-
segretamente ti sfiori."
Tutto quanto era la luce
tornerà. Dal gomito dell’angelo
le libellule per la stessa strada, per rincorrerti
ai ripostigli della neve, all’erbarenna,
canteranno ogni giorno, con un gesto ripetuto,
con un solo sorso d'acqua, nel sorriso,
la luce per potersi allontanare
nella raccolta delle voci e di un amore,
per il vuoto che si scava nell’anello
con un fiume, in un piccolo anfratto del greto,
il disegno sull'erba del ramo
il profumo coerente e persuaso
come l’azzurro, per rivoltare le zolle,
che smette per terra, per farsi ricordo
( Niente parla di noi, tuttavia,
camminando la notte- ripeti-
tranne ciò che ci tocca)
nella minima nicchia degli occhi
c’è una colonna di luce,
che ammette lo sguardo,
che tocca,
nella più tenera somma, i colori
fedeli a quell'unico ramo
che siamo
quattromani nell'erba, ti mostro.
Id: 26463 Data: 10/07/2014 22:03:51
*
Alla Signora per terra
Nel suo riserbo, al laghetto azzurro, come un prato trema in sacrificio
il mio piccolo graal, con gli occhi silenziosi alla feroce innocenza del sole gonfia come un amante la gola sul ventre che si rovescia in luce
è un pomo di adamo quasi invisibile nella congiunzione luminosa, nell'istante bianco del fulgore, ha trasformato in luce la parola Dio
candore senza mediazioni la purezza, a se stessa dà il nome, lentamente, nella sua incantagione, nel ringraziamento, celebra lo stordimento sacro dell'inizio di una religione con l'Aperto, e lo fa poggiando l’orecchio debole sul bosco e alla Signora inconfondibile che è in lui nudissima amante degli assenti e luogo
cammino fino a fare spazio per una apparizione nell’indicibile comunione con l’essenza, quando si ripete, quando s'immerge, li tocco avanti e indietro nella morte, che esiste,
nelle diecimila cose, innominata
fino all’ultimo respiro, verrò qui, sotto gli alberi, commossa, a difendere la luce di un bambino, dove tu canti - Lei sanguina nei fiori di madri passate, riunite, che hanno preso il nome tuo poi l’altro- con Narimi- il capo più vicino del filo che rimane a te, che sei nei cieli luce ad altra luce-
e alla Signora confondibile per terra,
quando si avvicina.
Id: 26423 Data: 07/07/2014 23:11:51
*
Con la terra di Malta
Nell’acqua delle cinque sorgenti nel recipiente di bronzo ti lavi
e oscilli nell’aria di una tela irregolare nella fatica del raccolto, nella morte di un caro nella fame avvelenata in fondo al cielo
Maria innamorata, di Nardò, di un amore che ti ha lasciato dentro in un velo di papaveri costretta a ballare tra i colori del dolore la catarsi pitagorica , innocente
la tua cerimonia. É la cura, Maria, nel movimento del ragno, come le madri che non danno riposo ai neonati, a forza di braccia la culla, non già nel silenzio, ma come una nave il canto si muove, assegnando potenza nutrice dei corpi, nel mare. Sei tu, progetto di ritorno a quelle braccia, un canto indietro; non è follia quell'incontrarsi primordiale della pelle, nel profondo di ogni essere. rimani della tua meraviglia innamorata
a metà del cammino che tacemmo lascia che dica delle rose di Duino del vento nel lavacro e della musica,
che ti spezza muta nei singhiozzi, che ti placa, venuta al mondo nei passi di una danza che io possa dire da dove tanto amore, dalla bellezza zingara e madonna quando ti muovi
Maria di ora e cresciuta, con la canicola nascosta della mietitura, dal bianco abbacinante delle case, ricoperta di calce sei tornata col rimorso, al centro dello spazio, sacerdotessa inconsapevole, di tanto latte trabocchi quel dolore e danzi risolta nel raccolto, e donna nuova coi suoni, tutt’uno inginocchiati per stanare la taranta con l'offerta del violino sulla faccia che ti vibra
La tua pelle, Maria, è il tamburello, percossa nel ritmo ordinatore dentro è fuori e il ciclo si ripete. Ti ripeti tu: taranta, con la testa tra le gambe piegate come zampe d'animale, rotoli nell'indistinto, sulla schiena strisci- smarrita delle dimensioni- sotto le sedie, e le travolgi portandole lontano, con la pancia nera, salti in piedi e danzi nello bianco del lenzuolo, rotei, cadendo infine, Ragno potente, notturno inconscio.
Pura Maria sotterranea, se non è veleno, cos’è che ti fa danzare fino a San Paolo.. con la speranza di ascoltare, dal forte labbro, la preghiera e una parola che ti salvi, che annienti il tuo dolore sulla croce di due pietre e ogni anno?
Terra del rimosso di un passato sofferente che ritorna. Nella cava più segreta
della quercia, anche tu sarai dimentica: nel giro di una danza è l'occhio di un bambino finalmente esploso dalla rebecca fino all’animale all’indistinto, te, privilegiata, per tornare a raccontare tra le messi dell’amore di ogni anno, dello sposo che ti pizzica celeste tra le anche che ti fa santa,
con la terra di Malta,
impazzita di gioia
Id: 26398 Data: 05/07/2014 17:43:13
*
La realtà è così delicata
Ti guardo, dove cammini,
vicino alla casa del sole
bisognosa di un luogo concreto
di un corpo abitato visibile
a somiglianza del cielo,
in mezzo alla notte
la realtà è così delicata, là dentro
-e pesante l’immaginazione-
ruota la lingua nel cuore
interamente viva
e una vita è più grande coi pensieri delle mani
siamo subito insieme, se vieni
a trovarmi, non esiste un confine
succhiando le dita agli anelli ancestrali
con dentro dei soli persone e le stelle
è solo pace, sai, che si volge insieme
che si allarga tra le cosce del mattino
e si richiude, nei capelli, di fragili azzurri
Chinando il capo sera dopo sera
ascolta, con le labbra nel vano del camino
il mormorio benevolo degli alberi, di quel dolore che domani muore
nello stesso incanto con la luce,
in altre anime,
sotto la pelle splendida che freme, tra i girasoli, io ti seguo,
lucida e leggera madre, per l’oro che risplende nei tuoi versi, che si confonde con la felicità di una musica che ancora forma il tempo di queste prime notti estive, del cancello che mantiene l’infinito in una stanza, ad aspettarci, venute dall’aurora.
Così per ogni sera conto, a uno a uno, come chi chiude casa , i girasoli, seminando una luce ancora calda
sugli steli e al cuore
teneramente incido l'intero sutra usando appena la punta delle dita, più chiare che mai dove tu stai per essere tutt'uno con la terra
nel liquore brillante del risveglio.
Id: 26359 Data: 02/07/2014 23:31:46
*
Per l’ultimo matrimonio
Nel silenzio dei fiori avverto i tuoi passi negli occhi.
Un albero solo mantiene la schiena,
conversando con te.
Tutto è presente e così altrove, insieme
occultando l'apparente della pelle rendiamo visibile il nascosto- primo tesoro-
nell'oriente della forma
nel più profondo noi emerge un io celeste,
il nostro doppio in cielo tocca l'inguine dell' essere nello spazio puro delle lingue.
Nell'istmo delle celle immaginali io ti vedo, e nel sommo dei sensi
mi espandi mi dai forma. Nel viaggio,
fino all'estrema spiaggia dell'ombra , col lampo del sole al tramonto,
mi bagno nell'acqua perenne, fresca e salata
alla punta sottile dell’estasi estraendo mercurio, dentro le mani, si scioglie un diamante,
mescolando la vita alla vita,
come l'unica fiamma di una candela
che può accendere altre candele,
senza una perdita- nell'oceano di fango del corpo, di angosce e stupori, fino alla goccia più trasparente raccolta nei palmi all’estuario-
trasformiamo le stelle, cadute nel buco che inghiotte di nero ogni cometa, nel centro esatto di luce,
col getto amorevole delle fontane bianche d'amore, e di un’ anima, in un corpo astrale, senza più differenza
c'è un grembo sottile, un seminarium nell'atto perfetto della preghiera, tra noi, una segreta energia che libera il cielo nascosto nel cuore,
salendo alla mente come un'aurora
un'onda di miele, di bestie, fino alle piante alla struttura tellurica infine
per ogni pietra dell'essere. Ho pianto
al limite dell'invisibile fedele angelo mio, giungendo per te alla sposa segreta. Rannicchiata dentro il mistero ho iniziato nuovi sponsali col sentimento della distanza, di simultanea presenza.
Nel nono cielo, privo di astri, contemplo il nostro splendore: è un velo, sulla nostra bellezza, un solo albero lungo la schiena
i tuoi fiori, tutto negli occhi è presente, così altrove, insieme,
un passo tanto dolce
può essere solo di gioia,
per l’ultimo matrimonio,
L'infinito.
Id: 26300 Data: 27/06/2014 22:35:10
*
La muta della carne in un respiro
Respiro di balena il vasto cielo- quasi tutto sapesse lo spazio in noi cos’è,
ogni cosa che accadde lasciandosi andare nell’amata maestosa forza nel grembo dell'oceano-
potessimo raccoglierlo, ancora misti al buio, un solfeggio per sussurri e vibrazioni nell'estasi oracolare, nel movimento spargerlo di un vuoto interminabile e ancora offrirlo agli alberi, con il caldo delle mani, avvolti nei nostri piccoli abiti, negli occhi di novizi ;
è solo al centro che vedi aprirsi in folla gli altri centri di eterna pubertà quasi comprendendo chi li culla, nel sonno che addolcisce quel lamento,
una volta c’era il mare, lì,
tutt’uno col deserto
E se domandi dal centro della rosa
di aprire all'angelo le ali adagio si alza in canto la fragranza di favola e amicizia, ed è una gioia in alto, con un crescere che pulsa il suo nome nel tuo insieme, la muta della carne in un respiro che s’incurva, che penetra nel vivo, fiorendo nello spazio uno per uno la lucidità che schiude questo amore, donando libertà dentro lo sguardo senza dramma quando deve ripartire dalla luce delle diverse apparizioni.
Senza dimensione, la luce, è l’infinito e noi - in anticipo per sempre sulla carne, che lenta si distende nelle radici del parlare
finchè verrà a tacere- dalla nascita,
se crediamo in lui, unasorgente
Id: 26279 Data: 25/06/2014 22:13:30
*
Le stelle vengono a piedi
Allunga le ore il suo nome
Con Indicibile e breve potenza
Trova riparo negli occhi
Una mussola bianca, si muove
E raccoglie le cose del mare,
Nella fragile danza di casa
Così profonda l’assenza
Da tornare, come una volta,
Dove precipita il respiro
Negli spazi fino ai minimi d’azzurro
Sul margine del bosco necessario
Per togliere dagli occhi la chiarezza
Offro un sentiero al silenzio
Verso il largo del pianoro, e più su,
Alla chiusa del vento, si colma,
Nascosta tra le mani,
Di tutta la distanza luminosa,
Un’urna, per dire sì al Solstizio
E niente ombre
Mentre vegliamo la luce più grande
Del giorno che c’è, in fondo alla gola
Un fluido commosso si acquieta
E le stelle vengono a piedi,
In processione, stupende
Alla notte minore, da farti restare futura
Nel continuo vedere e chiamare
Mammet
Nel piccolo buio. Inciampo ancora
e bevo, nel grumo, dalle radici amare
Sprigionando la luce da cui vengono gli alberi
Come te, con un gesto delicato
Come un discorso d’amore
Imparo nuovamente a cadere,
Più grande e devota, attraverso le vite,
Tutte le maternità che genera la morte,
A rialzarmi tra poche cose, nella povertà,
Più sensuale e pura, conosciuta
Nella perdita, ogni cosa ha la sua legge
Fino al bordo della vasca
Un solo sorso d’acqua, per la gioia,
Basterebbe,
Come i fili d’oro sulle cicatrici
Che riparano quei vasi, per brillare,
Basterà.
Id: 26237 Data: 22/06/2014 01:49:16
*
Nel volto che trapela dentro il viso
Il segno è figura,
la figura è atto,l’atto è unità,
comunione, integrazione, generazione;
l’unità è il divino, il divino è figura,
la figura è segno
-Emilio Villa-
Non sapevi del divino, o dello spirito distinto Dalla carne, nella realtà sensibile e unitaria Con le grandi chiazze rosse dei bisonti E il coltello di silice insanguinato
Dell’uomo dentro l’uomo_remotissimo Nella tua naturalezza, Il sacrificio
E' l'equilibrio di energia Tra l’animale e la figura sulla pietra
Nella caverna siete uno e tutto il mondo, Nutriti della carne primordiale, un solo Dio. E tu lo mangi, nello scambio, Rinasci l’omogeneo - il nostro agnello, Mutato in salvazione- non c'è morte, A risospingere la vita. Nel simbolo agitato,
Prima del totem del tabù e di ogni religione,
Sei presente, al massimo universo
Con un segno una ferita- tra le mani Forti le incisioni o leggerissime- Sul ventre del magma immaginario Ti dilati per contorni, poco a poco Le corna sono vita, e gli occhi e il cuore Del bisonte, che gronda sangue o stride Del divino percepito : Sei il segno
Tradotto dal silenzio dell'amigdala- A misura delle mani, la tua mandorla, Dichiarazione umana, più che un nido- Con il cuneo nella mente hai scritto i battiti Hai deciso per la forma con la punta, Per nutrirsi, per nutrire un’anima, Accumulata nelle tue caverne sacre
Senza passato della prima morte Nell'atto dell' inizio in creatura L'intero concepire, tutto il tuo pensare, Nell’esplosione irrimediabile del rito,
Al sommo dell’azione, la più lunga
E' scrivere: la forma della bestia, Col movimento delle dita come fiati
Colorerai le vibrazioni semplici del polso La concezione dall'impeto al riposo Senza numeri del tempo, ti ripeti, uno, E uno dopo l’uno ancora uno
Nella pura quantità del Tutto. Il nome è solo La voce universale, nella sua matrice, il vento
Nel silenzio, sacerdote e vittima, di sale umano Veemente fino all’orizzonte e al primo cielo Delle acque di una partoriente, fino al germe
Al cenno al soffio umano, a quello che sarà
Una poesia Sul ventre amplissimo dell'immaginazione,
La rinascita dell’anima, primordiale al sé umano
Sulle vertebre ora cantano i tuoi versi Rischiarati dalle tracce di una luce Con la scia nel nostro sguardo scriveremo Con la sinistra delle mani Disseminando nel gesto le visioni Come croci cerchi stelle o altre sfere, Nel volto che trapela dentro il viso
Nell'ultimo nascondimento della luce
In_segni, prima del fiore, la radice- Traversarla , nel più piccolo morire Della vita- da cui si irradia l’infinito
Id: 26223 Data: 20/06/2014 22:24:01
*
Nella giunzione irriverente delle mani
L’immersione nell’anima di uno sconosciuto
infilando il dito nel buco della diga,
perché non mi travolgesse la sua favola,
poi viverci accanto e sognare
-eri meno di un sogno, di là,
perché ti sentivo arrivare
figlio del mondo e madre perenne
dai lombi sacri, le ginocchia svelte.-
con la polvere negli occhi dell’infanzia
mutando le parole con la pelle
nella meraviglia che dischiude un sesso
come l’alba, imparando l’abbandono
col tramonto e un fascio di capelli
lasciati lì a durare
nello sguardo altrui chissà in che modo
nella perfezione muta del nostro nulla
ogni giorno accade il “ sì” dolcissimo
- e sale dalle pagine dentro la tua vita,
superando l’esistenza di un Dio instabile-
con le gambe nude, ovunque lei si trovi,
nell’acqua,
per catturare ciò che in ultimo ci copre,
nella giunzione irriverente delle mani
col seno sta giocando coi tocchi della luce
come fosse creta / sotto i tuoi occhi
come un’altra pelle, indifferente alle regole
fitte di parole incomprensibili,
tra le arance d’oro. Piena d’acqua
della nostalgia
sta cantando nell'occhio della rosa -
piantata davanti alla finestra,
guarda e si raccoglie nella vasca
col vivissimo amore che discende
nel punto più del grembo
sotto la spinta del suo crescere
tra i cespi di more- così lucente,
nelle mani di chi ama,
persino il suo lamento
viene, all'ultimo.
Id: 26129 Data: 15/06/2014 21:45:53
*
Non guarda più contempla nello spazio
Il volto che non raggiungo me lo dice- la femmina
del profondo, con una lingua sua,
vede le cose parlare,
come appena presente, una famiglia
che sopporta l’essenziale con coraggio
:la contemplazione senza polmoni fissi,
respirando lo spazio, prima, poi l’aria,
e le cose che lo abitano- cercando un punto
sulla fronte, con l’anulare della mano destra
lo cerca, chiudendo gli occhi, senza significato,
con una dolcezza vista soltanto nelle foglie
quando si sdraiano negli animali, a terra, poi
non guarda più . contempla nello spazio
una sfera di 8 ettari di medica, infinita
in sé presente nel suo vuoto, danza
e danzatori insieme, noi superando_
_ci siamo bagnati senza separazione
senz’acqua lavati via le croste con la luce
in ginocchio, pianopiano, celebrando il dono
impossibile da nominare, così sottile
che perdi la strada con le parole. Come valli
vuote nel movimento come tronchi
sinceri, come acqua torbida che sedimenta
andando alla quiete, alla sorgente colma
della voce che vede le cose parlare
quando ancora non sono presenti
lì, dove abbiamo seminato la placenta,
quando la neve è all’appuntamento,
si addormenta la foresta con le mani
a quattro zampe: c’è un piccolo paese
tra le nostre dita, coi lumini sopra i piedi
vicini si vedono in lontananza, si fanno visita
nel sogno, e nel cuore della bocca
nasce il nome, gemendo, dalla fronte,
ti goccia negli occhi
così ti scrivo, senza guardare,
nello spazio puro, che danza immobile
l'amore
Id: 26117 Data: 14/06/2014 21:46:20
*
Narinzemi
" Eia, mater, fons amóris,
me sentíre vim dolóris
fac, ut tecum lúgeam."
Nel tuo racconto sulla spiaggia,
aperta dalla luce
così pura nel mio male
ho riconosciuto quella donna,
e il resto intorno, dalle spezie
tenute tra le mani, dalle mille
e una notte alle confessioni;
affondava nell'aria una scala di seta,
su tutti gli aranceti che esplorano lo spazio,
tra le vesti e la casa degli uccelli-
un canto solo e i violini due respiri
vicini all'elegia, di quelle notti estive
un momento di amicizia tra la veglia
e il sogno delle rose, nel silenzio,
su cui poggiare la testa. Con il filo
ti racconto del zaum, di quella profezia,
con l'incanto della lingua piantata sulla terra,
dove l'avvenire non è avanti, ma ti avvolge
all'intorno che ci aspetta
ti lascio entrar dagli occhi
come un lungo inverno e madre mia
come sabbia sul mio fianco, benedetta
in ogni angolo in ogni baia,
per brillare senza ostacoli -
il mio fesh-fesh dentro la carne
la dolcezza del tremolio,
è così forte al sole
che le arance scendono negli occhi e tu
mi sollevi con un'ombra, mi proteggi
in una scia, come sotto ad una chioma
che dissemina dal centro il suo calore
prima di ogni altro narinzemi ,
curando il taglio tenero del succo
negli occhi dritti al fuoco,
con gli intervalli di bellezza dell'amore,
mutandoli in colore,
spezzando la rincorsa alla neve eterna,
nel giro più normale della vita
Ho pregato in quella donna, l'adagiarsi in me
della sua voce, tra la riva e la coda di cavallo
che portava, nascondendo un fiume più profondo
del filo rosso in gola, di vaghissima bellezza
aveva un dono per farti sentire sulla pelle
la fragilità dell'esistenza, e un patto con la vita,
un mistero che non riusciva a interrogare:
migrare o morire: inseguì le mandrie di animali,
selvatica tra le bestie nelle praterie, fino a casa.
Al nostro mare
ci alziamo, col suo vero nome
a un solo tratto dal corpo, e un uomo,
un uomo di passaggio, che aumenta la realtà
correndo, allargando la ricerca della grazia,
ad ogni passo e un varco
capace di contenere orme ed il domani
sulla soglia, di bianco in bianco
correggendo la nostra vista corta,
nello sguardo curvo, e vivo,
come un invito, nella stessa orbita
quello che ho amato - spiega- è senza fine
tirandosi dietro l'anima, proprio il corpo,
recuperando peso, residuo altare alla fede
nella vita
per essere vera e sacra - prosegue,
unendo col suo volto le mie mani-
sono il labirinto di una persona
che si è persa, nella trama dei suoi vestiti neri,
che domanda l'unità, fra la voce ed una storia,
di un'armonia difficile da trovare- Sotto la neve
non esiste una realtà unica,
come sia arrivata qui, e chi l' abbia
accompagnata nel sonno, senza sogni..e poi
Si sofferma, e prega, con gli occhi del mare,
sulla freschezza, nell'ora più chiara,
girandomi l'acqua tra i piedi. Rianimata,
vedo appena il movimento del respiro,
mentre lui scompare, oltre le dune, e lei
messa semplicemente tra le mani,
una resina chiara che risale
fino all'ultimo degli alberi di Sasso
avvicinandosi prende una luce,
l'odore di questo segno splendido
della sua vita
per farne Una
che alla mia cammina
P.G.Fischer - Donne sulla spiaggia
Id: 26095 Data: 13/06/2014 14:22:59
*
Come il Nuctes di Michaux
Nella tua dura luce strati di terra
più concreta e necessaria
nell’intimo si piegano,
ma il poema batte ovunque l’aria, e il sogno
che racconta la ballata, il largo con le labbra
degli occhi- del desiderio di contatto
di un sorriso universale con il mondo
creato delle acque- più elementari,
è uno sguardo all’uscita di casa,
tra gli alberi e le ombre, un inchino
Nel chiuso dei pensieri sei rimasto, e solo-
senza mandare un brivido
a sollevarmi i capelli-
tutto all’altezza della parola
supplente, quasi, fino in fondo
finchè, amore, non ci separi
una piramide di fango
Se avessi tolto primala cornice
ti sarebbe apparso il perimetro alla tela
con il colore originale dello sfondo,
il rosso carminio, del carapace della cocciniglia,
dove tutto si trasforma e viene fuori, nel ritratto,
lo splendore della vista attraverso le comete
di ceneri, silenzi e fioriture, la chioma che innamora
come una campagna che tutti abbiamo percorso,
una stradina nel verde dove s’infila il vento, e noi
con lui, nello spazio breve del giardino
che genera l’incontro, tra la visione e il cuore,
giustificando il transito: l’adagiarsi della luce
piano, quando viene sera. Nel lembo estremo,
scolpito nel tempo di un riverbero
è una vertigine infinita la calma coscienziosa
sull’ottuplice sentiero.Amici, è tutto quello
che verrà, dopo l'arrivo alle nostre mani,
strette umane l’una con l’altra a dondolare,
annunciando l’inesprimibile, come in sogno
nei carmi figurati, ricreando geroglifici
le nostre tracce, lasciate nella notte/ dappertutto
mi chiedi di morire quel che c’è?
Il viaggio da luogo a luogo, l’intreccio, come
delle voci, i rimandi, le scoperte, gli accostamenti
all’amore, alle mie pareti, le praterie, il tuo volto
come enigma,e le radici a nudo, alla fine del corpo,
non meno della mente o della musica
della storia personale dolorante. L’emozione
dei nostri silenzi, sulle pupille d’alabastro, e la danza
ininterrotta, dal divano blu, ai pianeti fluorescenti,
nella stanza dei tesori, il colore biologico del rosso,
di un bianco lucente fino a perdere i sensi, e scompare
con l’arrivo del nero, si colma adisegni,
formando una rete i trattini, il ritorno alla quiete
Senza più lingua né voce, è il nostro sonno,
dalle mani alla carta. senza le braccia,
riprendo a camminare, sorridendo,
come il Nuctes di Michaux, sotto le spalle,
l’abbozzo di un’ala che cresce,
piano, pianissimo,
per volare ancora nei sogni.
Henri Michaux, Emerging Figures -
The National Museum of Modern Art
Tokyo - 2007.
Id: 26047 Data: 10/06/2014 23:55:44
*
Reliquia desiderantur
Non ci sono tutti i pezzi, mancano
persone incontrate nella vita
dentro una pena grande o fili luccicanti
di una gioia bianca in ogni poro
nelle strettoie del buio. non indietreggio
sotto la mia mano, mi apparto
e disegno figure d'angeli, e l’angelo
che avevo in mente più di tutti
assorta nell'acqua, all’ombra di una storia
accesa come una candela
per quelli che non hanno occhi,
per i fiori, anche per me, salto
da tutto l'invisibile- come fa un bambino
lanciando il gioco per avere la misura
di gravità- del canto, del rumore in una strada
bianca, a velo, sul Sile.
Durante una piena dolente di dolcezza
viene avanti piano il bene
lo annuncia l'aria, anche quando non ci sei,
col suo atto d'attesa, e l'anima
sussurra di luce, immensa luce-
togliendo i chiodi uno alla volta,
morbidi, dagli occhi chiari,
fino alle radici rimaste con me
-riparata dalla punta scura
risaliva la notte, e tornava
propagando le movenze dei capelli
e un cerchio, fiorito sulla bocca.
il resto intorno nudo, come la bontà,
insorgendo lentamente,
senza aggiungere nulla, scopriva il capo
di gratitudine, con la bellezza tra le braccia
del sesamo, a rubare la morte- nel cristallo
dell’amore infinito, sul suolo più puro
-che non esiste. Oggi era il tuo nome
composto col sudore splendente
nella fatica, raccolto da terra, brillavi
come una lucciola, sulla conchiglia del fiume
senza inizio, e senza fine altre vibravano
dipinte sull’erba- le tracce, se le adoro
in quella loro luce scarlatta, se guardo per bene
non hanno limiti, possono solo danzare,
a sigillo del tempo, che manchi
mi pare un luogo che conosco,
appreso in sogno, alimento d'amore,
e forse, quando vuole pregare,
lo fa col disegno degli angeli,
con questo colore e più dentro,
se mette il seme di un cuore mancante,
altre lingue nel rigo, altri segnali,
è per dirci che c'è
altra luce, per l'alleanza del respiro
e la forza misteriosa che lo rende,
quando è ora.
Id: 26029 Data: 09/06/2014 21:42:09
*
Nel peso taciuto
Non è accaduto all’improvviso,
Ma dal dolore al domani,
Allungando le dita negli spazi,
Troppo grandi di sgomento
Perdevamo il nome delle cose
Nel lucido dell’occhio,
Tra la superficie dell’aria e il battito
Sulle nostre nuche : due diverse soglie
In due diverse stanze, dallo sguardo basso,
Ci siamo amati a non toccare niente,
Mettendo il corpo non so dove,
Pregando nell’altro di farci passare
A mente vedevo spostarsi la tua schiena, e il dito
Finire nell’orto,
Toccando il velo rosso degli anemoni,
Impigliati tra i seni del tempo, rimasto
Dopo la preghiera. Eludendo l’angelo
In un varco, in anticipo sul pensiero,
Cominciarono a muoversi le labbra,
Le ossa del suono a scuotere la notte,
Sulla porta azzurra dei pianeti
Per non scriverti, ora, dovrei lavare piatti
Ma non cucino, e ho una tazza blu, soltanto,
Che va e viene dal vuoto al pieno
Dei bisonti dentro il petto,
Con l’unità che tento di raggiungere,
Tra la purezza inesprimibile e la parola
Di un Aronne. è l’eros dell’attesa
Di nuova bellezza, ed il tuo tempo
Diviene questo spazio. Di una luce abissale
Riprendono i nomi le cose, il pane alle labbra,
Se appena l’annusi, lasciando la parola
Lo disperda ancora, come ogni nuovo inizio
Incline al vento, che ripete sempre uguale un sogno:
L'andar solo per la propria via, profonda,
Passando tra le miniere per risorgere
Nel grano, si flette, nel colloquio,
Nel più intimo duetto al giardino dei gentili
Dopo il candore,
Se un corvo becca ancora le tue mani,
Alla fine si scolora, ricordando
Che il contatto è il desiderio col perduto
La ricerca di aderenza all'altro
E molta fioritura. Serrata tra le ciglia
Va la scrittura col passo di una sposa-
Apparente, e insieme nuda,
Prima di vederla in volto- battezzata
A qualcosa che si lega, che precede
Un codice smarrito, ed immutabile
Cercando di continuo i simboli, per dirsi:
In questo luogo antico, fiore del vento,
Restituendosi nel cerchio della sera,
Di là dagli occhi, nelle movenze dell'origine,
Senza riserve. dove la vita sgorga,
Affondata in tutta la sua luce,
Ancora una volta scalza, ed Ama,
Senza farsi udire nel suono,
Nel primo pianto della gioia,
Un gesto di pace,
Che si raccoglie in tenerezza.
Figli di noi stessi, ci sia sempre speranza
La visione di ciò, a un anno dal Noi,
Le parole che vennero,
Dopo un secondo linguaggio
Riprendo ora la lentezza della danza
Nella mia tazza blu_ oltremare
Quieta del tuo narimi, nel mio cuore
A perdita d'occhio. Nel peso taciuto
C'è un nuovo lascito di luce,
E di fiato,
Coi suoni più piccoli dei serafini.
Continueranno a posarsi sui rami,
Spargendo il polline che noi respiriamo,
Orientandoci alla testa dell'albero
Di un uomo-cristo-poeta
Id: 25978 Data: 05/06/2014 23:02:21
*
L’ultimo sole da baciare
Si tendono le dita come foglie
avide. È l'acqua che domandano,
nella sua continuità, alla nebbia
che risale dal torrente. Come un prato
assorbo l'acqua che ricade, e un fiume
che riflette
nell'argento del branzino,
luccicante di salvezza, la poesia
Ho solo poche cose, un frutto umile per dire
di come nostro figlio immerge i piedi -
volenterosi e incerti
a molcire il dolore del distacco-
l'orma piu completa e morbida
nel sapore dell'argilla sul fondale
Ti bacio gli occhi, generando ancora
un altro_fratello, sulla bocca,
dove sei Perfetto,
per renderti una casa, una perla
a cui tornare
più della mano, è il bacio
la lingua degli uccelli,
che inizia nel tuo ventre
crescendo nel mio corpo
con le ali
ripeto un ritmo muto e brevi spasmi
nei cerchi solari delle piume
finchè svanisco io, negli occhi, e il bacio
nella pace del respiro di un bambino,
nell'altra metá dei sogni
di chi ci diede vita
in altre acque -
il golfo sacro delle stelle,
dov'è la palpebra divina
l'ultimo sole da baciare
Id: 25949 Data: 03/06/2014 15:37:01
*
Alla bocca del fiume
La gola dice mare, quel che resta,
sull’autostrada del Sole,
nelle pieghe delle cose
chiamata dentro, amata
via via più semplice
la bava del cielo, e le labbra,
al limite del gioco, gonfiano di sale
un verso e lui, nel fiore degli occhi,
la chiama innocenza, mentre
trascrivo con pudore le sue parole,
tralasciando il clamore superficiale,
esausta e serena sono a casa - qui,
deve esserci la quiete e di nuovo
campi per il vento, adeguati al corpo,
al nulla che mi afferra, tanto poco
vergine, senza condizioni,
come una nube mi allargo, masticando
sassi e cantilene - con la pioggia
raccolta ad aspettare.
Protendo il pugno del respiro,
ma sembra un fiore, succhiato dalla voce;
un pane che ha radici, amare,
pegno e impegno, costante
e fedele. lo proteggo, con la mia nudità
semplice e antica. Nel silenzio
di gioia, ho lasciato il mare,
a perfetta distanza da te.
Pronuncio terra, come un amore
tenuto stretto nel suo cerchio,
il suo scorrere, la sua luce
nell’ultima più angusta cavità
del cuore
senza giudicare, come un frutto che matura
trasformo le mie lacrime nel contemplare,
il sapore di dolcezza, che ritorna ancora,
nella lingua dei pesci, e preme ed entra
dalle dita luminose, distese sulla spiaggia
l’ultima volta per te, vive, nell’unione
come adesso che ti parlo,
alla bocca del fiume,
e celebro tutto ciò che vedo,
in bilico, su un ramo,
il senso della luce
che libera gli uccelli.
Id: 25924 Data: 01/06/2014 22:20:57
*
Basta un chiarore, un capriolo quasi in cima
Per inizi mi allontano, carne a carne,
dove il fondo designa la sua vetta-
sepolta nella terra, dove tace la semente
nei giorni della mia passione -nel suo grembo, ricerco le sorgenti, figlie dell'altezza nel seno delle valli,
un filo d'acqua appena nel rintocco sottile che accompagna con lo sguardo umido dei fiori
che non s'impone mai, che non si scopre dalle nevi, dai ghiacciai ai cristalli delle nubi.
mi fermo qui, seduta come all'occhio di un veggente,
che accetta di essere visto nella dolcezza del riposo che mi assorbe
nel balbettio. L'evocazione sola
di un simbolo sul ponte mentre piove,
scilla fino in cielo coi colori , nel solenne risveglio delle pietre.
Attraverso la bellezza e lo spirito cammina
verso l'invisibile. ti mormoro di sì
nella valle piu fertile e nascosta
per udire la tua voce
conosco appena i rudimenti della lingua lo scintillio nella movenza, i lampi provvisori.
E tutto trema come a un'immersione nessuna traccia dei tuoi passi un rifugio o il tempo della vita, se il cuore batte , se c'è gioia, non lo so,
posso soltanto viverlo, lassù non so nemmeno di pregare, come un fiore il suo profumo,
dove il vuoto partorisce nel segreto i salmi del silenzio e le salite
tutto diventa trasparente, dove l'anima riceve un figlio, piu che averlo, seguendo un ordine armonioso
toccando lieve il suolo senza osare calpestare mai la cima, il centro della vergine, la purezza del miele della rupe e l'olio, che non trattiene
neppure lo sporco più sottile
di un bambino con un solo giorno al mondo nella Corona del paese
è una preghiera in cammino, e lei in cima, sepolta dagli angeli,
sola, nella stessa solitudine del Solo, toccando con le ossa che Tu Sei , le mani si immergono di cenere, che il vento spazza senza sosta sul muschio delle pietre, sull'erba alta nei cimiteri trascurati, della Grande Morte infine, poco a poco, e in umiltà, nell'ampiezza del silenzio
io ti offro un canto
che va oltre l'eco,
un canto privo di parole, nella memoria e nel cuore
mentre dondolano gli alberi come danzatori o santi dello splendore vestiti d'edera
Faccio comunione con le foglie,
non ho altro, nel suo giorno amato,
con mia madre, che m'inonda sui vestiti senza mai staccare le sue mani- lo spazio di un lampo e gli occhi brillano del vuoto che nasconde
i raggi dentro la montagna
come alla confluenza di due mari,
è una calma marea che mi trattiene dove l'onda non si ritira più
dove non comincia a risalire,
da non poter tornare con le mie forze
indietro
mi tendo con le mani aperte
in attesa di un dono, un piccolissimo commiato, richiudendo poi le dita sopra il vuoto:
basta un chiarore, un capriolo quasi in cima,
dove le anime non muoiono e si sposano,
in questo nulla di qualcosa di creato,
alla fine dei miei occhi, mi riporta a casa,
col profumo dei suoi fiori, già compiuta.
Id: 25869 Data: 28/05/2014 17:55:13
*
All’ultima parola della sera
Quando la guardo non so respirare
Mi basta il tremore di un velo
Qualcosa che giace oltre le mani
Il dolore e la gioia, quando succhi la ferita
Dal taglio del prepuzio, con la luce.
Omozigoti madidi d’amore
Sussultano al contatto della pelle
I nostri occhi pieni di saliva
Tra le cosce tese, dov’è più pallida la vita,
Nell’orgasmo di passione, di mangiare Dio,
Entra una carezza, una per volta,
fino al mormorio-
La più fiumana delle madri
Che va indietro anche nel tempo-
È tutto qui, al centro, che salva la parola
Dove anche i rami bassi son felici
Il più amore di tutti gli amori che ti arriva
Come una felce leggerissima sul viso
Poi risale, con un fiore tra le labbra,
Una cosa amata, sospesa tra due vite,
Dolcissime e feroci. Se si ascolta,
Ti ripete che in un figlio brucia
Quel divino,che si apre come una ferita
Anche la gioia.La mia voce di battesimo,
E di fango, si alimenta di uno sguardo
In un paesaggio, di una creatura luminosa
Che forse non sa niente
Dove il dolore trova la sua pace.
Mi arrendo al grembo misterioso
Dentro il campo, per dirti che sorrido
Che mi curo con l’erba medica, e le foglie
Amaredelle bacche, e la tua poesia.
Tutto resta nel mio corpo
Che sparge la certezza del tuo essere
Invisibile, come il fiore della felce
Vengo a te,
Con il sangue degli occhi, il più dolce,
Tra le cose della nostra carne,
Quando mi accompagni sulle labbra
All'ultima parola della sera,
Sorella, luce occulta, e sposa
Dell’ombra più vera del reale,
Spandendo la tua sostanza bianca
Nella sua corona radiosa,
Nell'unione,
Piena di sale prezioso,
Purissima.
Id: 25795 Data: 22/05/2014 20:47:30
*
Chiudendo al seno le persiane
In tutte quelle cose c'eri tu, dentro le case,
come sul petto dei devoti, proprio al centro,
mentre salivo con il corpo la montagna,
sulle spalle scintillanti per la pioggia
si schiudevano tutte le persiane,
nel sentire che davvero piove
quando scende la Madonna su Bologna,
e vi penetra un'immagine:
-con chi vedi la prima luce, tu,
con cosa spingi il buio, fuori dal balcone,
con gli occhi soli o tutto il corpo insieme?-
Alzale piano, le tapparelle, amore mio,
sono gli occhi delle case e benedetto il giorno
sia, nel movimento impercettibile che amo,
di quella leggerezza nelle celle,
mentre sul bosco, io, spingo fuori il seno
con le braccia unite alle persiane.
E' la storia che risale dalle spalle
dell’aurora e prima ancora all’alba
annunciando qualchecosa che s’insinua
lentamente
nel chiarore ineludibile al risveglio
un balbettio appena un’ombra della luce
che produce un segno. Fra tutte le fessure,
è da lì che passa la bellezza, e gira,
nel momento privilegiato del respiro,
anche se è una cosa di un istante, come noi,
e prima che compaia sul tremore delle rose,
quel sorriso, la linea dell’aurora
che scaglia tutto il buio in fondo ai vasi.
L’alba assiste al sogno, e tu lo sai-
prima ombra della luce-
penetrando negli occhi senza lotta
sembra offrirsi, lasciando solo un mormorio
dove germoglia come un seme sconosciuto
che forse, solo a notte, senti palpitare,
quando per un voto si produce nel silenzio
come il frutto della nostra profezia,
celebrando le sue nozze con il sole-
e una lingua impregnata di colore
di canti nascosti, nella sua radice,
nella voce primordiale- fa l’aurora..
come l’erba e i tulipani del giardino,
quando cercano la luce, nella loro debolezza
come a un’acqua unica si volgono
Se col petto unito alle mie braccia,
se spingo piano le persiane,
mentre alzi lentamente gli occhi-
da lontano- confondendo l’alto con il basso
veniamo insieme col mattino, poco a poco,
abituandolo a parlare, come l’alba con l’aurora,
ci congiungeremo nell’annuncio della luce,
nell’invincibile unità dell’infinito
saranno parole sacre le nostre voci,
sui balconi, e un cuore la tua mano
che scava un vuoto tra le spalle e il viso
colmandolo di fiori. Sopra i piedi nudi,
quando prendo il buio di ogni sera
non ho più paura,
dove sono il tuo cuore e le tue mani,
se, chiudendo al seno le persiane,
ora guardano i tuoi occhi, dentro.
Id: 25777 Data: 21/05/2014 18:50:17
*
Namastè
La lucentezza di un girasole
narra una storia d’argento,
i suoi occhi un bracciale di fiori.
Alle spalle uno splendore.
È lì che giungo. Namastè
e m’inchino al corpo che conosco,
al contatto che apre con la pelle
per sapere se mi sono mai sposata,
ti mostro il palmo della mano
aperta, e vuota
è nella bocca il latte che hai versato
attraverso le pupille, in vasi d’oro,
come inserirsi in un canto centrale
a un’altra voce e controtempo,
ciascuno all’altra rivelandosi
nella zona della lingua. Sono sposa
quando seduta sulla tavola ti cerco
e batto coi talloni la spalliera di una sedia,
contando coi respiri il tuo arrivo. Già lo sai.
Con un cucchiaio chiamo il sole
a salire piano per entrare ancora
Son talmente nuda di colori
e non esiste oblio più grande
di ritirarsi in te, in questo centro calmo,
saturo d’aurora,
dall’intimo che sale nel silenzio..
e l’occhio ricomincia all’infinito
a vedere il dramma di energia,
lo spazio che si offre all’immaginazione
di un mondo aperto e chiuso da un ventaglio,
nell’istante di assenza del vedere,
la cecità del battito di ciglia,
per la costruzione della più segreta luce
il lenzuolo con le improntedello scambio
è una tovaglia chiara di cotone,
che stendiamo con fatica nella casa,
contiene vento il muro e un fuoco insieme,
che si accende nel reciproco parlarsi.
nel mio mondo piccolo- di stare tra gli spazi
da e con il corpo, che a suo modo invoca
un continuo basso- là, dove cantano gli amici,
nasce Dio, dove credere è ascoltare
che cantando si crede. Nella notte più radiante,
luogo per luogo,
partendo dall’intatto per curare il rovinato
dei beni amati,immergo l'ossatura della schiena
del torace dei nervi delle vene, tutto,
nella tinozza d’acqua con l’impasto di cotone
e giro di continuo con le braccia,
fino al foglio più compatto
disteso poi a giorno su un panno morbido di lana
e uno dopo l’altro salgo sopra con i piedi
finchè tutta l’acqua lasci l’umido soltanto
ad asciugare sullo stenditoio, per incidere a calore
il simbolo dell’8, con un cartiglio, i tuoi ricordi,
pieni di preghiera ecompassione. Non è sogno
la cura di noi stessi che saliamo in cerca d’aria
di un tempo primo della vita.
è un’ora comune per tutti, e per lei
era l’ora delle ombre degli alberi,
che oggi quasi non si distinguono da te,
esponendosi all’amore verticale, l’assoluto,
che ti viene a trovare nella stanza, quando credi
di stendere le sue camicie fuori al sole
dove il vento fa l’eterno. allora scendo a quelle madri,
alle sorgenti, secondo il comandare del mistero,
quando Lei mi passa via leggera…e tu rimani
annuncio dell’illuminazione senza luce,
finchè l’aurora si riversa ancora e lascia
nell’incanto del giardino impresso il simbolo
dove si compie quella storia, nella rosa dei destini,
verso sud, dove l’Akhal-Tekè, nei suoi deserti,
ignora ancora il celeste della neve
severa madre che disseta il ventre, bianca
tra i segni dell’inchiostro e dove fu una rosa,
dall’altra parte del silenzio, io mi genero, parlandoti,
nonostante l’ombra, e una memoria delle mani,
di una pelle che va sopra i vestiti
riconosco la chiave antica, di una strada,
posti dove andare più di prima,
e muri per i polsi, a riprendere il respiro,
case che fanno credere alla luce
chiusa tra le dighe. Me lo dicevi
sicura, dentro la tua vita. io ti credo.
Id: 25752 Data: 19/05/2014 19:45:30
*
Nelle camere nuziali dei miei occhi
Mi raggiungi ognivolta,
nel segreto di Dio,
col fiato lento di una luce partorita
sui capelli neri fatti lunghi;
questa è la radice che riparo
con pazienza, l'anello sulla zampa
bagnato dalla pioggia, trasparente
il mio sogno è tutto qui,
lo spazio da riempire
più profondo delle cose
della tua ombra gravida,
durante la mia cena
leggera, di bestie, di libri, di alberi parlanti
e otto ninive d'acqua sopra il comodino,
mentre mi preparo per la notte
e prego, nell'orecchio all'elefante,
in quello debole, di lana,
facendo un solco piccolo col dito
un gesto chiaro sopra gli occhi,
come un segno d’acqua in chiesa
la stessa linfa di un fiore che si chiude
nell’armonia di una casa quando a sera,
sigillata dalle mani più amorose,
in sé divine, come una freccia va
e viene in fondo all’arco-
a rigenerarsi dentro al nulla
con la respirazione degli uccelli
riuniti nel fuoco dell’eros divorante,
che non divora l’occhio e la sorgente-
fino a lui, al di sopra di tutti gli amanti,
e nel vivo delle viscere pianta un riso,
aprendo il grembo nel segreto della rosa.
Mio amante chiaro sulla moltitudine,
dove poco a poco si muore in tutti i sensi
per vivere in te, come pronti a fuggire
dal corpo scosso, dalle fondamenta
che si aprono via via che questa stretta
fa il profondo. E l’Oriente ci risponde.
E’ il tuo Nome che posso udire ora
Posso godere,
senza attendere l’ultimo giorno
anche morire,
guarita, nella tua castità
portando degli aromi
fino al termine di me stessa,
la pietra del nome. E l’eros più sottile
è tutto qui, vertiginosamente bello,
nelle camere nuziali dei miei occhi
non ho bisogno di toccarlo,
è il silenzio che divengo,
ilbacio profondo di un angelo
Fotografia: Alpi Marittime
di Luigi Maria Corsanico Nastasi
Id: 25693 Data: 15/05/2014 22:03:15
*
Senhal
Anche il più lontano dei volti
parla di una madre. Corpo a corpo
avevi un segno sulle labbra come un fiore
che ti faceva respirare
anche sotto tanta neve
lassù al pianoro
quando il fieno è già al secondo taglio
come ora
il mio sguardo si è fermato,
dove la quercia si carica dell’ombra
dove non riesce più a germogliare,
nella carne pallida, ed è ugualmente felice
prima di sparire. Ti vedo danzare
di nuovo, come un corallo rossovivo
riprendere dall’inizio della morte
in questo spazio aperto mai finito
rispondo alla chiamata
nel gesto più semplice, dei singhiozzi,
scorrono oltre il sale le mie mani
e con il tuo spirito mi tocco:
fiorisci, e respiro più a lungo
sospiri, ed io lo stesso suono luminoso
che ti ha portato via
disarmata e nuda
credo nel credere degli alberi, nel canto
più antico della pazienza, del polline
quando ricomincia, fecondo e vago,
per condividere la gioia. Sei rimasta
piantata per terra soltanto/ morta/
con rispetto, come un’opera umana
del passato, emetti suoni
incidi ancora sulla luce
i passaggi dei sogni e della pioggia
con un odore di muschio/ vivi/
fai ancora meridiane . sui fianchi dell’altura
mi sono costituita al tagliaboschi
:sono io le garze appese ai rami, tra le ossa
l’accudisco, mentre regge il giorno con la fiaccola
e mi offre un fascio di papaveri, di spighe,
dal suo tronco corinzio. Come un rosone
orienta la mia preghiera della notte
dalla finestra. Tra il viso di Bruno e i suoi arnesi
si è fatto come il vuoto
di una contemplazione montanara,
e di un pastore . E’ un atto di pietà l’assolvermi :
“che la quercia riposi dentro il suolo
per onorare i morti” Senza lutto,
ne coglie la bellezza. E tutto è ordinato
per restare. con il timbro e il suono del silenzio
nella gola dice sì , poi, con una mano alzata
sul pianoro, avverte la mutazione della luce
e dove l’aria profila il movimento
concede il suo Senhal: rimane tua
Opera: Manuela Carrano, Alberi su garza
Id: 25666 Data: 13/05/2014 21:52:02
*
Sono bambini al buio i luoghi dentro gli alberi
Con un ginocchio scoperto vengo a te, sposa a sè stante, dalla voce,
prima che nella parola. Puoi sentire, passando dall'acqua più verde al sangue, con unpatto interiore, gli sponsali: si scambiano il respiro, prima del senso, un salto nella gestazione di un codice smarrito ed immutabile
-nella lingua madre che dice il sesso delle cose : nient’altro che fiori rossi, i nostri globuli
senza nucleo, nelle sue profondità invernali.
Ti accolgo nel segreto del midollo osseo, pieno di occhi, tutt'intorno, come l'anello di Saturno che contiene il solebuono Sono le traiettorie per accompagnarti dentro
che brillano, con la spartizione naturale dell'istinto, dove sanno i sapori le parole, con un ginocchio a terra. Nella postura dell'orante dalla quercia al leccio, al pioppo bianco,
sali con gli occhi tutto il verde delle ossa, delle immagini che vengono prima del possesso, nelcandore di un vagito naturale
è la catarsi, l’appartenenza nuda a una poesia. Dimmi :
che ricorditi sfilavano davanti, da lassù, quando ti sei girata nel ventre per la luce? Dico gioia. Per ogni gesto minimo dei rami aderiva al corpo,
con le sue ginocchia coronate, aspirando al cielo da lontano, dove termina la strada fin dai primi tempi dell’amore, con la bellezza lucente della terra
sotto i piedi. è un’ederlezi, per cantare, appartenendo solo al lampo accordatore di respiri, tesi su tutto ciò che vive solo della primavera nelle ossa. C’è una macchia di purezza
nella stanzaarmonica, se mi avvicino il suo profilo è quello di un bambinoe una sorgente sui capelli che smette di morire intanto mostra le fontanelle aperte come linee di una mano sulla testa dove un tempo fu la notte per gonfiare la sete al destino delle rose
rampicanti. Sull’albero del pane, come una volta, a chiunque darà di noi la ricordanza-
il suono sulla cima a scegliere le pere, il loro nome,
lo splendore- tra le dita della prima metà dell’esistenza, quando solo la carne tremava sui cavalli barattando con nuova salita per guardare
l’anima, quel punto così in alto, dove la terra si muove e batte gli occhi tutta quella luce sopra i fianchi. Ogni goccia provoca ancora sentimenti, uno spazio vuoto che s’inclina poi s’innalza nei buchi a doppio cieco dentro gli alberi,
come perle sotto i vestiti, nelle tuniche di seta delle donne
quando assorbono la vita a chi le indossa, con una forza sconosciuta sopra il seno. Dentro là,
si trovano gli amanti, il tempio che cela meraviglie,
le nozze verdi misteriose, e i geni;
sono bambini al buio i luoghi dentro gli alberi che ogni giorno attendono la luce, e la ricevano, con l’intero corpo trasparente, la covano in sé, con la seconda vista. Amano,
inondati di vita, silenziosamente religiosi, nell’inventare una luna, nella pace
di un cielo profondo, che si distende
lentamente, lentamente nel chiarore scaturendo una voce e un dorso lucido
come mani nell’acqua, che carezzano
sulle ginocchia,congiungendole, come due piccoli Monti Athos
in mezzo ai loro rami, in fiore.
Id: 25625 Data: 11/05/2014 00:13:43
*
Sulla tavola di cera dell’ascolto
Seduta come una montagna
ti offro il mio silenzio
con una mano sola, e una preghiera,
avvoltolata nella manica,
dritta nella luce, senza peso
con lo sguardo azzurro io ti cerco
nella nostra forma mobile di eternità,
inalando spazi la prateria dell’anima
e un nervo scoperto ai confini dell’umano
che santifica la perdita in candore
Sul tetto del cedro del Libano,
a guardia dell’eredità,
vi era appena una voce, e lo sguardo solo
percepiva dal basso le parole,
dalla selce primordiale,
con tutto il buio sulla schiena
è un rumore bianco,
chiamato dall’infanzia
un posto in fondo al cuore,
dove tutto ha inizio
non c’è erba più erba dell’erba
scossa dal vento di un sogno
che attecchisce alla terra
Tornerà dentro l’inverno con un fiore
sulla tavola di cera dell’ascolto
a mangiarsi la gioia trattenuta
alleggerendo il fiato fino all’inno
nel pane sostanziale
più prossimo a quel volto,
accogliendo sulla lingua le ossessioni
di piccoli dolori, di quadri che si bucano
negli angoli più esposti, pieni di pudore
La voce si congeda sul terriccio
cercando una tana per dormire
negli umori dell’anima, si addentra,
mettendo una parola accanto all’altra,
un'essenza di luce che l’aumenti,
che la tenga in vita-
dove la ferita è il solco
che attende per la semina,
premendo nella bocca i grani,
le tracce favolose-
per ritrovare la strada
in un’acqua più grande di noi,
per affacciarsi interi,
con i volti illuminati, e versi brevi
nell'ora più acuta che ci viene
addolcita
nell’esicasmo: "per te”
cerco di pregare
come prega una montagna
restando come in volo
nel fondo del respiro
mormorando a mezza voce
il canto delle rondini
nuovamente pari a stelle,
prima di noi, felici
Opere: Okusai, Monte Fuji
Id: 25575 Data: 07/05/2014 12:19:38
*
Usando il corpo all’alba come il sole
Manipoliamo le ossa come gusci svuotati del loro profondo, generiamo la morte, nel rigore del verbo. S’incontrano il cielo e la terra nel corpo reale, compagno dell'umido nostro incompiuto accade in silenzio, ma in fondo a quel vuoto,
se solo ti sporgi, vibra una messa, diffonde il suo profumo, per l'arrivo dello sposo, si tiene sveglio, in questo il sacerdozio,
e carne viva, sconvolgente per bellezza, vergine della sua fecondità, mano a mano che il pensiero cede il peso all’anima. mi ha tenuta stretta
in un bianco leggerissimo fino a smarrirmi l'eleganza persa in aria
dei gesti così piccoli, il movimento imprevedibile, dietro il gioco dei colori, di una danzatrice di Dio
per entrare nell’erba
Gli occhi aperti dalla grazia illuminavano altrove ogni passaggio solo per pura illusione immobile, con la superficie ondulata di un sorriso
disegnando a terra con un nastro il suo rifiuto di corrompersi,
e la sapienza di tornare, nel grembo morbido e infantile, per danzare intorno al vuoto
esercitandosi sul nulla del barlume di verità
qualcuno si sposta con lo sguardo, afferra un soffio e la bocca si regala in un respiro,
mostrando un mondo. La vita di una donna è passata di qui, nella propria povertà, alta poco più di un metro, sulle cose
non posso più scordare lo spazio vertiginoso dell'eterno- lo convoca l'amore il segno chiaro che continua ad affiorare, quel contatto, incessante perfino nella quiete, che accorda volta a volta il movimento e difende i nostri visi nelle mani, quando vacillano le gambe di paura e le braccia, nella sua dolcezza -usando il corpo all'alba come il sole quando avvolge le cose con la pelle per accogliere ciò che accade. Allora
dico sì alla nudità, fittamente umana, primo luogo dell'io che si dissolve, con un bacio. vorrei sentirti eco- rimettendo dentro gli alberi il respiro, come stazione di una piccola passione, -che lega creatura a creatura, stanza d'amore e tenerezza. Insieme
faremo lucecome corpi di bambini che si sanno eterni, tornando al prato che ci aspetta,
con l’orecchio accostato al cielo nelle pozze. Di tanto volo non importano i nomi o le durate, che venga il canto, importa, fino al centro così- con gli occhi nudi di una scimmia, puntati sulle stelle per raggiungere quei luoghi
irraggiungibili stringo uguali le tue mani mentre dormi- con musiche di carne
e al crescere dei seni, viene ancora avanti una favola.
Id: 25512 Data: 02/05/2014 21:12:33
*
Nelle ore di luce più comuni
Nel giorno senza giorni
nell'ombra che raggiunge un’altra ombra
di noi cosa terranno le cose stesse
toccate, per l'eterno?
Se la grazia del campo chiude gli occhi,
ridenti di ogni cosa, sul tendine del sole,
nella visione che comanda fino al sangue
tra il silenzio e la saliva degli steli,
nell’aria più sapiente c’è
una pianura immaginaria
allenata nel respiro
sulla lunga sorgente della fede
dalla carne al bosco basta così poco,
appena un verso, e il cuore è circonciso
di ogni ben di Dio si alza il canto,
dove le parole non possono arrivare,
dove lecca le cose, e vive, senza pensiero,
in questo caos, lì, Ti avrei nascosto
all’ombra dolce, compagno e uomo,
tra gli sterpi, nel rosso mistico della carne
gloriosa, verso l’ignoto
seguitando l’andare come bestia
nell’elegia naturale che brucia la vista
donando ancora la bocca calda
in una via qualsiasi, perché si accosti l’altro;
se mi sporgo, è tanto e chiara quella gioia
che mi giunge, la mistura,
con la forza eversiva del suo corpo,
è uno stadio del respiro
che insieme cerca il cielo
con gli alberi di maggio,
da cui rinasce come una bambina
segnata da un mistero
per un viaggio lungo come questo, amore,
scoprendo un velo che tiene tra le cose,
con i salmi e con il corpo insieme,
un’addizione di splendore,
nelle ore di luce più comuni.
Id: 25475 Data: 29/04/2014 17:19:25
*
Nell’onda ininterrotta di smeraldo
Dicono che l’uomo solo
vuol sentirsi dire le cose,
apparenti e finite. sulla verità
non ha mai compimento
il nostro cammino,
per vedere sempre di più nella gioia.
-Così, nel cielo, rimane uno spazio,
e nascosto di vero,
infinitamente si allontana
dal passo che ad esso ci avvicina-
Mi hai lasciato una manciata di kippà,
come nelle mani a un ubriaco
che ha perduto le chiavi di casa,
perché non mi ostini a cercare
nei pochi centimetri d’asfalto
illuminati a pena da un lampione
Dove è troppo buio forse
non è un posto lontano
la brina che si posa
dove tendere le mani
verso il basso,
con l’assidua cura del muschio.
-Realtà minime e profondissime
ci portano là, dove si ferma la sapienza,
capaci di rivelare al cuore, ai sensi,
luoghi negletti della conoscenza.-
Se poni le mani tra i muschi, quiescenti,
senza alimenti e radici, se sfiori la speranza,
cogliendo la ricchezza, per ogni colonia,
la lentezza del dolore condiviso
spartisce il suo segreto fino a noi,
intravedendo il sacro, e come accade,
in poche ore di pioggia, tutto questo
con l’impronta modesta dell’acqua,
chinata verso il tempo delle origini,
nel proprio splendore capillare,
nel trasporto che avviene
c’è un colore brillante di gioia
che appare indistinta, se guardi,
nell’onda ininterrotta di smeraldo
così vicina, così piano, una mano,
se vibra insieme, all’altra si fa luce,
nel silenzio contratto della terra,
scambiando segni, di comunione.
Id: 25451 Data: 27/04/2014 19:05:11
*
Portando a velo d’acqua il nostro peso
I vestiti impregnati d’acqua, ricordo.
Quel mattino non fu facile
con le ossa delle mani guardare dentro,
dentro il ventre del mandorlo
aprire una breccia, con morbida potenza,
con l’urto delle cose, dei giorni
producono scintille come pietre
sbattute insieme, per vedere la luce
dove l’ombra è più densa,
e tutta la dolcezza fatta piena
accoglie e lega i luoghi interni
col mare della mente
Dove pulsa, in segno di benedizione, l’armonia,
ho bisogno ancora di una madre,
in questa notte, e una preghiera
per rannicchiare il viso
dall’esercizio del lavoro fino a sera,
una speranza: rimani un po’ con me,
con le scarpe in mano, e il silenzio quando viene
nella casa vecchia al mare
asciugheremo quei vestiti insieme
portando a velo d’acqua il nostro peso
tornerà per terra, come un giacimento,
sbucheranno dolci, i gigli bianchi, e d’improvviso
prepareremo qualcosa che somiglia
alla nostra canzone per l’estate,
per ogni giorno. Non va perso niente-
dall’interno del corpo,
è carne vera il suono che trionfa
-nella sua storia d’amore con l’immenso.
Id: 25435 Data: 26/04/2014 21:54:35
*
Nelle quiete vasta delle mani
Affonda dentro ogni volta le mani, a toccarel'odore che bagna la pelle, col cuore in sussulto, d'inchiostro che morde in un verso, e si arrende, poco prima dell'alba, quando una linea divide il resto dal cielo annuso nell'aria come una bestia, seguendo la cerva fino alla tana, per ricordare la gioia come sia iniziataa venire in tutto piena a dare sapore, a farsi di luce, dentro un grande silenzio, il breve respiro, il primo passo per terra nei fili di giovane erba così mi appare il suo volto quando l'amore si è fatto già un albero alto, non solo una greppia- aveva l'età della vita, vibrante nell'aria e radici fin dentro nel cielo, dove l'acqua nasce di spinta dal dolore dei sassi. Tutto canta sui lembi di una stessa ferita
nella marcia misteriosa di una goccia che scende con la sera nella gola dei cervi.È un lamento da seguire, respirando dai talloni l'urina luminosa sulle foglie, per la femmina lontana, all'alba- perla stessa sete noi attraversiamo il cielo, seguendo gli antenati, col filo di una musica che dopo sará il vuoto e la fantastica bellezza del sangue scintillante sulle foglie, bianche. nei giardini della mente un cammino interiore,le tue mani- un ciclo d'acqua, di bestie , in un ultimo slancio, lungo il sogno dei mangiatori di loto in cerca di parole e creature -nella casa della sera come uccelli sacri, quando tornano al nido con germogli e semi, luminosi di fibra, di preghiera, cui m'affido...senza temere l'improntache mi sfiora al buio è nella tua lingua che mi curo, che metto in bocca il suono delle dita e con gli stessi occhi trasparenti
ci bagniamo le ginocchia, piegate insieme nella notte, aprendo un frutto al seno lo splendore del racconto dove il Tuo fluire è cielo che avanza tra gli alberi e invoca, con il corpo di una goccia sola, piena di canti, e folta del bosco,
la luna, nella quiete vasta delle nostremani.
Id: 25405 Data: 23/04/2014 21:52:15
*
Alla Stazione del noce
Nel sacro cerchio dell'assenza splende invisibile il ricordo, come nascondesse quel che svela, dove noi siamo più vuoti, il suono bianco di una lingua
dentro il tocco dell'aria: anima e corpo in una tazza d'acqua fresca, che torna alla sua terra, chinando il capo, nelle mani di Dio.
Nel gesto nudo e vedente insieme possiamo prendere respiro
da quell’albero nero della notte filtra ancora un sole come argento, il silenzio da cui affiori, si posa sui tre pini, e sul tuo noce, in questa sera umile, la pace.
Nel distante odore che m’invade,
io ti ascolto. e un poeta è l’albero
-al centro della sua figura le pupille-
bastone segreto e testimone estremo impregnato di visione, come dopo un lungo viaggio, quando rimane il tempo leggero sulle braccia senza vestiti e il ventre magro, alla stazione, fradicio di gioia , dell'amore fatto, che batte nel cervello come un polso quando in cielo, la stessa ora di ogni sera,
c'è una nuvola, nello stesso punto, che cambia solo di colore, fino a perdersi, nel bianco più lucente
è una casa senza peso e di preghiere un lungo lascito di sogni, che confonde l'immortalità della ferita con l'imminenza della Pasqua, spezzando il pane- come una prima madre che divide la notte dal suo latte mantenendo solo il seme al buio- per ripartire da tanti anni fa, con i sassi sotto i piedi e le farfalle nel midollo, senza sosta, e nel sorriso
Tutto va alla foce di quegli occhi neri nel restituirne la bellezza, per come segue, nella luce,
se tocchi questo muro della pelle, tolta l'acqua che ho negli occhi adesso, vedi che si muove ancora il giorno, che risorge sulla creta dei sentieri per mostrarsi nell'intero della voce-
se solo tu conosci il timbro e il sogno gonfio della Pasqua.
Lassù condurrò il babbo, sotto il noce,
a respirare come figli piccoli. Tornerai nel vento
a fermare le sue lacrime, nel punto esatto dove nonna coltivò la tua placenta, con un fiore.
Id: 25345 Data: 18/04/2014 22:34:56
*
Nel tutto vivo della grazia
È questa piaga luminosa che ti offro
-nella piena oscurità che ci divora
nella pausa del viaggio più silente-
un'umida soglia e quel che ho dentro
di simile alla gioia, per entrare,
con la delicatezza del tuo corpo,
da parte a parte, senza voce
là, dove ti aspetti di trovare acqua,
c’è miele selvatico, tra la pelle e il tronco,
nel tutto vivo della grazia
sul lunghissimo amore, che sente,
come un utero contro un altro utero
in un luogo uno, arreso alla dolcezza
di tutti i silenzi
tenendosi le mani coi pensieri
una corda vocale passa per la cruna
stabilendo il suo contatto, e una nuova lingua
è un'alba in abito da sposa,
nell’immersione totale del battesimo
In questo stesso luogo
lo squarcio madido del vuoto
ci riempie il viso e attira
dove un Dio ci sente vivere
per accogliere la luce,
come nella terra pronta
le sementi
dopo un tempo di riposo
(mentre il padre si ritrae
diminuendo
perchè suo figlio cresca)
in questa piaga luminosa
nel tutto viva della grazia,
tenendoti la mano coi pensieri,
in un luogo uno, prego insieme,
tagliando i rami intorno ai segni
per scambiarli con Passione e ricordare
l'ansimare di un respiro,
sentendo che sei tu, tra le radici,
nella cavità dell'ombelico,
il corpo iniziato dentro il grembo
E tutti quei bambini sulla schiena
brillanti, fin dentro la terra,
attraverso la piaga stessa, ridono.
Id: 25291 Data: 13/04/2014 21:13:11
*
Nello spazio di carità del nostro vaso
Ascolto, dentro il vaso di cristallo,
le cose che non conosco, la radice
e il cielo tra le mani:
i suoi passi lungo i vicoli di Praga.
E un taglio netto si apre sul leggio,
la ferita del bordo screpolato,
è la cicatrice che portava sul tallone
per quella distrazione della rosa,
mentre i vetri scivolavano per terra,
e i gesti lenti della fasciatura, poi,
serene confidenze del regalo
con gli occhi chini nell’anima del vaso
ho la tua parola e quel foulard
che si slega, e che si apre
al viaggio della sete,
che si ciba di memorie
per unire il tuo tessuto al canto
ma la parola ha lacrime stasera
che tintinnano sulle ossa di cristallo,
e gocce d’oro, dove finiscono i rumori,
poco a poco, tenere di pioggia.
Lo so. Sei qui. Nel cerchio della vista,
soffiando al tempo come puoi:
siamo ancora scalze per le strade,
nella roccia cava di quel cielo, e brilla,
tra i tuoi capelli neri, come una corona,
anche il dolore, ridotto, infine, nell’ascolto,
penetrando nella pelle a lavorare-
la sua energia è un taglio sopra il cuore,
trasformazione sulla carne in luce
tra le mie mani tese e la tua offerta,
siamo confuse col nocciolo divino-
nello spazio di carità del Nostro vaso
c’è un mistero grande, al centro della rosa,
un manto umido, messo da parte, come sacro.
Id: 25228 Data: 08/04/2014 23:43:08
*
Hanami
C’è ancora tanto da guardare.
C’è il rumore con cui siamo partiti
nascosto nella terra
catturando i guizzi dei muscoli facciali
col riflesso di parole in superficie
di un'acqua più profonda
Dietro alla facciata delle case
il non detto delle stanze, i corridoi,
i vestiboli dell’intero corpo pesano
persino più del mondo che si tocca
Nel suo modo d’essere Originario
hanno una grammatica privata
un'oscura forma, le cose che noi siamo
per non assassinare la magia
Volevi mangiare i colori della vigna rossa,
disinfettarti alla luce di ogni giorno,
per scorticare la pelle con la sua dolcezza,
fino a spezzarti, nel cielo, ricostruirti
sugli alberi, tra i muri, sui volti che fanno
ti cerco come posso, dietro la schiena
e sotto le suole. C’è un Prima
-un flusso che attraversa lo stesso luogo
che gesta le radici, nelle praterie della verità-
catturato con lo sguardo, non c’è errore
della vista, attraversando tanto spazio,
se oggi diventa tonda la tua casa
da lontano, tra realtà e vita. porto un sassolino,
un fil di lana anch’io, dove mi siedo,
insieme alle parole uscite via dal corpo
c’è così tanto da guardare
leccando l’alfabeto di ogni fiore
in cerca di salvezza. Sono due in uno
con ali bagnate nella polvere,
hanno un movimento circolare
prima di cadere, nel profondo che trattiene,
si fa eterno l’anima, prossima al vuoto,
affollato di luce
è l’intreccio di silenzio e di vocali,
la celebrazione, madre di se stessa,
un divenire prima di spiccare il volo
il sacrificio delle parole verso il corpo,
che genera l’amore,
al limitare della ragione,
perché ancora da dirsi..
nel respiro
è da là che viene dentro, lo stupore,
con altri occhi, della mente,
e lo consegna in dono sulla lingua
nell’attimo che tocca appena il fondo
in una sola luce immaginale
è l'hanami, di vita in vita, che risuona
fino alla dimora del principio,
che si apre, ancora senza nome,
dove la sua voce è quella stanza
con gli alberi, e tutti i fiori dentro.
Id: 25193 Data: 06/04/2014 20:10:05
*
È chiaro ciò che cerco di toccare
Mi hai condotto nel tempo anteriore a questo esilio
penetrando nello spirito, nel suo principio al nome;
delle nostre lingue differenti hai fatto pentecoste,
dove il legno è primizia della croce,
in questo quattro Aprile, e oggi
sull’orlo del mio abito, colorato,
qualcosa vive e luce a giorno è la radice interiore di quel figlio,
la gestazione, al culmine del dolore,
che promette di crescere
senza voltarsi indietro,
per diventare a ogni gradino carne
e tempo eterno insieme, nell’epiclesi
riunendo il cielo alla mia terra,
dove le acque sono amare
e amaro il nome. Condotto al tempio,
intanto sale,
comprendendo tutto l’infinito
che si limita nel cuore,
come canta l’ufficio di Natale:
“la terra offre una grotta all’inaccessibile”
Ha le gambe nude questo riso
di mio figlio
con una mano sola copre il pube
nell’istante in cui tutta la tua voce
ci raggiunge a domandare del finito,
aprendo una porta, in risonanza intima
col nome, nessun segreto divide più
le nostre labbra separate. Nel dire: io ti vedo,
Luca- è chiaro
ciò che cerco di toccare.
Egli riderà per sempre
dove Dio ha fatto un riso
anche per noi.
Id: 25165 Data: 04/04/2014 21:45:17
*
Tutto è nozze
La tua Lilith, Adamo,
il suo grido più forte,
è solo
un giglio rimosso, una libera donna in cammino ogni notte una nuvola in viaggio. Gemella
nella tua cena segreta ti narra l'amore in aperta campagna con l'erba del cuore ti avvolge scalando i miracoli fino al mattino
sfoglia le pagine dei nostri passi e diffonde foreste con la pelle dei sogni con la dolcezza di ogni parola
costruisce le nostre pareti inondando con l'ombra le stanze, più fresche al mattino,
come la prima preghiera
Sei l’onda venuta fuori dal mare di tutte le lingue e mi segui mescolando i miei piedi alla luce strappata dai nervi del cuore con la spina dorsale mi doni gli anelli
e un nuovo ombelico ogni volta fiorisce, con un canto imponente
sul Reno piegando i lembi alle vesti
come un ricordo e sull’acqua raccolti i capelli all'indietro nasce un sorriso. e ti guardo- Ci conosciamo? Per caso?-
“donna e uomo, sacerdotessa e tempio”
sono la tua poesia. Velata e nuda io mi nutro del suo corpo dentro queste valigie senza fondo per diventare sposa a questa madre che ho generato aprendo la mia fessura, l'anima, sulle palpebre inviolate del tuo sonno quando lacrima la notte sopra il viso, e colmare il vuoto senza nome tessuto sul mio vestito
per un simurgh
Sono una donna, e il sogno è una via, che cerca se stessa come saliva
trasportata dai pettirossi null'altro
tra gli alberi che amo e l'ombra del balcone
sulla casa
lá, dove il tuo sguardo si distende mentre il nostro profilo si allontana, nella sua magrezza, c'è questo fruscio.
Ė il principio di un odore che vaga nelle cose, fino a quando scompariamo, impregnando il petto con le ceneri della nostra storia
tra le mani sollevate,
a sostenere questi fogli come una candela, c'è lo spazio di una gioia che disegna ombre come angeli più alte di ogni muro
Tutto è al suo posto, ora, quando salgono, quando scendono uno stesso flusso di vita
Non chiudere il libro per mille e una notte saremo ancora nel frutteto con la forza capace di mutare dall'immagine alla somiglianza divenendo, ognivolta, un'anima vivente e luce piena, infine , nel luogo della nostra nascita
Nel molto antico dell'interno di ogni cosa tutto è nozze, nel profondo del buco senza fondo che è la luce.
Id: 25118 Data: 01/04/2014 23:46:01
*
è la sua casa che riposa
Come un rosso di Mark Rothko la voce chiara e ferma mi colpì con calma- un ferro dolce quasi opaco tra le rose di intollerabile fulgore-
si rifletteva come una vertigine di radici ripetute
che dava forma a qualcosa con l'argento consumando il bianco del suo corpo
e il giro d’ombra
nella caduta dentro il nero iridescente:
era il fuoco, lì, dove stava,
e un’altra pelle sulla soglia, muta, dove il tempo si fa uomo che non può più dire, un desiderio un sogno, la paura
divenuti lingua senza una scrittura,
una fede inanellata in ogni verso
e dentro inciso di quel giorno,
ovunque andrà, nel suo incessante sforzo di parlare:
la speranza di un Nome è la sua casa che riposa, e si fa incontro e si apre
a te e in parte- è l'orgasmo del silenzio,
che cercavo, un bacio
per venire dentro il sogno che vive, tuttavia, della propria impenetrabile esistenza, quanto è più suo- fuori dall’essere
non ti arrivo, a coprire la distanza,
con l’altra che sono io a me stessa
sollevando la terra che cammino
in un grembo così oscuro. Ciò che resta
della visione è un lembo di qualcosa
che risale verso il cielo, è un viso
che ha la pelle ancora tenera
e gli occhi troppo stretti
per mostrare con le dita
di quel calore, il simbolo,
dentro la sua polpa. Dopo il rosso
è un vento morbido che viene
se ti accosti con gli occhi sfavillanti
ti basta poca luce, ora, per vedere
del silenzio e poi la musica
farsi un fuoco insieme, nella casa,
con un soffio d'aria tra le mani
che ci saremmo avvicinati ancora
alla bellezza-
nell'istante in cui finiva il sonno,
attraversati i terreni, i prati dei bambini-
come un voto tra le mani
tenendola viva
come un pegno.
Id: 25087 Data: 31/03/2014 00:59:18
*
A fare dell’amore per domani
con un’annotazione lirica sospesa
prima di partire torni,
dentro una preghiera,
dove non abitiamo più
a riempire le mani con il volto
della prima volta. Ricordo i miei capelli corti
e le parole in gola, il desiderio poi
allargando il mondo con le braccia
tanto così, come quella foto sul pianoro
dal quale osservare vita sentimenti e morte,
con Noi. Anche oggi avrei voluto
accucciarmi a terra e farti: qui,
con la mano, rimaniamo,
per tenerci fissi nello sguardo, al cuore
Con un fremito negli occhi e un giorno netto,
non sarà più la stessa sera a dirci via,
si va a letto.
È con le mani che facciamo nostre le preghiere con le cose quotidiane che intrecciamo, ricordando che siamo il sale della terra,
spremendo il latte al seno, e il miele dalle dita
di ogni padre, è così che cresciamo questo figlio_
amore
le preghiere sono un segno sulla croce
un goccio di saliva trattenuto per la sera un'acquabuona quando vegli dal lavoro
sul respiro di tuo figlio
in contemplazione verso il sole non danno pane caldo le preghiere, non le gambe buone a camminare, i muscoli, o il sangue nelle vene
in assenza della pelle in congiunzione
Così ho portato via tuo figlio, il NostroCuore- morto quella volta, se non fosse che quel fiore trasparente senza gli occhi ha lasciato cadere delle gocce, poco a poco
nel fondo della gola quando le tue mani non volevano toccare
-l'ho condotto in cima alla montagna, dove pregano gli amanti
piantando delle ghiande, si farà forte, avrà una fede, sai
si sono fatte stanche le mie braccia al chiuso, troppo stretti i suoi sorrisi
per la fame, con le mani sporche pregherò la gioia
pregherò i tuoi occhifermi, a perdifiato,
trascinando sul labbro quella luce
dove avviene il gesto in fine sera
noi saremo nel piccolo mulino,
con le arterie insieme dentro i rami
dove mettere i piedi per bagnarsi,
a fare dell’amore per domani.
Id: 25045 Data: 27/03/2014 23:17:53
*
Più di una sera
Non è un Dio, sulle ginocchia,
è il mioDio, più di una sera,
l’arcano impenetrabile che chiamo
non è astrazione, è ponte e via,
è centro che si apre in ogni nome
che lo rivela inaccessibile,
quando imploro nell'abisso di volere
quel volto senza mai
incontrarlo. Nel dramma delle voci
le mie voci
si parlano, nella dis.grazia e quella luce
che il creatore ha posto dentro il cuore
sotto me stessa sotto le acque vado
per la sua esistenza
giungendo al limite del pianto
che si muove come un pendolo
tra due respiri sovrapposti. Io mi fermo
nel punto di riposo. Mi abbandono -Se potessi
nascondermi in Te, Signore, aperto
come un rifugio, tra visione e tatto,
chiusa tra quello che vedo e quello che tocco,
come sei- Soltanto il cuore lavora appena
giungendo agli occhi, al posto del favo,
dove l’ape deposita il suo oro assimilabile,
faccia a faccia col respiro
da cui rinasce con l'aurora
e quello che c’è dentro
senza pensare- muto animale,
pianta gravida m’inchino,
senza conoscere il mistero nel mio grembo,
tra la vita e la morte unite, c’è quel soffio
-a niente più si può ridurre invulnerabile il respiro-
di una nascita incessante
tra me e l’uccello sconosciuto,
che vola alto il giorno come cieco
sullo sguardo acerbo della sua covata,
sicuro che non possa essere distrutta,
annunciando qualcosa che verrà
e tracce di ciò che si ritira ormai:
una luce liquida, una luce alata
più di una sera
ti ho sentito arrivare
alla caverna cieca del mio cuore
posarti quieto
mormorando agli occhi,
dove penetri e scendi
è la tua voce, Intera,
che si adagia in ogni punto
tra le mie gambe incerte,
iniziando a camminare-
se non mi volgo
al limite del Vero.
Id: 25007 Data: 25/03/2014 14:23:11
*
Ho sentito le nostre madri toccarsi con le dita
L'incanto è nei primi passi dell'ora che rallenta,
solo che si abbia il coraggio di toccarsi,
dove avvolgerla e girarle intorno
quando il suo corpo arriva
la luce è fiato che riprende
lo spazio del pensiero,
lingua che va nelle pupille
di due mondi in sogno
vegliando la speranza dell’incontro
interminabile. Dove il tempo cresce
nel cono di luce di una stessa attesa
anche lei si volta, appesa alla parete,
per riconoscersi, dall’altro lato, col Tuo libro-
un corpo che era suo, tra i gigli bianchi,
a illuminare l’arco della vita- e una carezza
ti basta tenere nel cavo delle mani
quella luce col suo ultimo respiro,
che spinge ai margini la morte,
restituendo la maternità, nome su nome,
e cibo per vedersi nella nascita
ai piedi della casa, dalle nostre spalle al muro,
nel suo potere di resurrezione:
la felicità di non vedere,
generando voci
a ogni sentiero,
aggiungendo luce
al mio piccolo lume,
e mani,
che si propagano come alberi distesi,
e le radici ed i capelli insieme sono Uno
Sono sola, e l’altra io ha fame.
Così ho mangiato un fiore,
spuntato in piena neve,
in una notte precoce
il canto continuo di un vento,
nella mia garza di piccole cose,
innalzando come un vaso il nome
nel cielo e un'altra figlia ha posato la testa
nella parte profonda del ventre- senza dolore-
abbassati gli occhi
insieme
ho sentito le nostre madri
toccarsi con le dita,
conservando calore
è già sera, quando canta narimzeni,
al di là di questo buio,
quando il sonno ci porta da loro,
per fiorire
dove vanno a tornare le cose
che hanno amato. A un passo appena
vi guardiamo di ritorno
nello sguardo delle figlie
piantate con il corpo nella terra
per aprirsi , sempre più profonde,
ritte sui bulbi color miele,
senza dimensioni,
poi, c'è il silenzio,
tra le gambe nude,
si allarga nell'attesa, ci soffia dentro,
sconosciuto e splendido
con la pancia nel cuore
siamo una piccola famiglia,
in una stanza tra due isole
il loro viso è la tua parola.
Tra i miei capelli e la tua mano
si leva ignara e santa la pupilla
di chi ci sfiora- queste donne,
che entrano dentro tutte,
con la tacita fede delle piante,
nelle loro infinite rinascenze.
.
Scultura: Martin Hudáček
Id: 24974 Data: 22/03/2014 22:59:16
*
Una piccola bestia di gioia #poesiapoeti
Stringeva tra le mani come un canto
una piccola bestia di gioia, consumata,
con la nuvola la cima il gambo, l'ho seguita.
Entrando nello spazio stretto dedicato ai libri,
con un ritmo che nasceva da lontano
ho percepito un movimento sacro di saluto
Tutto di lei è muto, tranne quelle mani
nelle pause di ogni libro, come dicesse delle cose
con qualcuno che le scorre in fondo al sangue
che si effonde nel fiato e d’improvviso
mi è parsa saltare sulla terra, così leggera,
al gioco del mondo, in cima a tutto lo scaffale,
nella rayuela, continuo a sentire più forte
il jazz del suo silenzio. Si allunga con le braccia
come immersa in un'acqua veloce
e gli occhi grandi ondeggiano tra i pesci
di De Luca. Nelle sue infinite forme
si guarda risplendere e nuotare
fino al giardino dei pensieri, a Pennabilli,
assottigliando i piedi a farsi niente. È ferma
tra i frutti dimenticati e le corsie
s'illumina la pelle, al contatto della costa,
quando sfiora la polvere di stelle,
posati i propri nervi sulla neve,
di Tonino Guerra. Raccoglie un nuovo libro
ora, come un velo, lascia andare gli occhi
con i miei
è ricordo ciò che chiama, nella calma
unisce due lembi tra le pagine,
mi apre un varco al collo
senza ali né vocali
avvicina la memoria. Entra tutta in una stanza
a non sentir più niente di com’è
là fuori il mondo. Trema nell’abisso
con Primo Levi nell'ombra si copre il viso,
se questo è un uomo, sussulta a un cuore così bianco
e danza con tutti i figli di dio, danzano
insieme al percorso dell’amore in un tempo differente,
e un pezzo di strada con qualcuno. Due passi ancora,
accarezza Il suo vero nome in copertina
disegnando un otto con le dita,
senza curarsi di nessuno
quando porta alla bocca il libro
con l’eleganza di una curva
mettendo un bacio tra le pagine di mezzo..
ma più di tutto sono state le sue lacrime
a fermarmi, incontrando la Szymborska,
con la Gioia di scrivere piegata in mezzo al seno:
ha premuto tanto forte quelle uniche poesie
ricoverate nella stanza, così piccola
da sembrare un animale nella tana
quando gli esce il nato fra le zampe.
La fisso. Aspetto che si giri verso me,
dove finirà la pagina, di sentire il suo respiro
che non smette più di andare, di vedere.
Nell’atto di volgersi
tocca la sua lingua con un dito,
stringendo l’aria prima dell’incontro,
e si offre allo sguardo.
Non credo cercasse qualcuno
nel riflesso del mio silenzio
se non quelle carezze sui capelli,
mettendo fine ai suoi pensieri
un nuovo nascere,
come si fa correndo verso il bosco
andando a trovare gli alberi
Id: 24891 Data: 20/03/2014 14:50:57
*
È stato un sì assoluto
Il dono ricevuto sulla fronte,
il venire di una mano,
prima del silenzio della sera,
quando ci inginocchia la fatica
della nostra ultima luce, sul balcone,
dove anche il vento trova fine,
tra le rose, è stato un sì assoluto
di bellezza, di presenza pura,
per come respirava sopra il volto
senza cercare un movimento,
mi ha stretta là nel più profondo
e più ancora in cima a tutto
penetrando con lo sguardo antico
fino al primo cielo
si scuotevano le dita come foglie
sulla pianta in cui si versa luce
e un vuoto amato grondava nella carne
mischiandomi alle vene della terra
di quest'assenza divenuta forza
Id: 24862 Data: 18/03/2014 15:33:27
*
Un giorno così bianco
Tutto è chiuso, ristretto
Finale. Già una volta
Morta. Eppure
Ribollente di vita
Chiedi una speranza
Di nascita
In fondo alle radici
Del tuo sofferente apparire
Quando avvicina le distanze
Lo sento sempre l’alitare,
Dal modo incerto
In cui cammino-
solo il lamento
ai bordi delle pagine
nasconde la gioia,
quale sia la ferita
con una mano sugli occhi-
Le acque si fanno più piccole
Ma si spiega in questa luce
Sul mio appennino
La lezione del fiume
Verso il grande mare
-miolimpidosposo-
In una lontananza irraggiungibile
Stendo la mano e mi tocco
Impastando il fango
Della vita quotidiana
Con la tua saliva. Voglio tornare
Nella mia foresta con le mani
Vibranti in alto come orecchie,
Alle pose dei miei cervi, scalza,
Mentre un canto che continua
A scandire da lassù
Il numero degli esercizi
Per il tribale battere dei piedi
Nel magnifico duetto-
e un madido declinare
sul sudore, che si porta dentro
il profumo di una primavera-
Pare eccitarsi con noi:
Assorbe la luce
e la restituisce
Come un respiro:
Un giorno così bianco,
Così bianco
E' passato tanto tempo,
Ma se scuoti gli alberi discende
La polverina celeste, prima dei frutti,
Come l’avesse toccata l’incanto
Se ora vuoi ricordare,
Guardami in fondo:
due donne, sorelle affiancate
-"non crediamo nello strazio,
col dolore avuto,
picchia, ma non resta"-
Poco dopo le fonti
Siamo salve, come madri
Destinate alla speranza
Id: 24831 Data: 16/03/2014 14:59:28
*
Si stacca un angelo dal muro
Si stacca un angelo dal muro
umano, fratello silenzioso di una gioia preistorica, trafiggendo la mia voce, con un’estasi violenta spezza il buio sulle vene al centro della notte
È la sua mano d'argento, ed io l'avverto, che mi tocca in un morso d’amore, che spacca le labbra mentre guardo le rose, con la forza di un bosco
in tempesta
come un grembo
che prepara una nascita per entrare nel fondo
delle ultime acque
ho imparato a difendere il nido con una danza ubriaca, attraverso il mare dei giunchi il respiro di ogni occasione
laggiù, nel profilo senz'ombra
amando il tuo Nome-
pietra sacra nel gelido fuoco-
ho condotto in preghiera le mani,
nel ventre buio delle marianne
ho strappato il cuore alla luce
dal leviatano, con le lacrime il fiele per portare rimedio ai tuoi occhi nella pelle finale, al tuo matrimonio, sigillando la carne al suo posto- dove vanno a passeggio le navi e tutti gli ognuno di noi formati per gioco di un Dio, sorridente nel pesce più grande a prenderci i Nomi che Siamo- affinchè rinasca una sposa:
la figlia che esplode la pietra nella casa del vino, la nostra,
la sua castità, scaturita dal fango, che danza alla fine degli occhi,
dilatando il centro alla gioia
nel cesto delle rose sul comò,
è accaduto questo,
dove mi raggiungi
per venire fino in fondo al sogno,
e ritornare un angelo.
Id: 24797 Data: 13/03/2014 22:07:57
*
Vieni. Non tardare
Come fa il sole
con la schiena della quercia-
tremante
nella sua carne immensa
nel poco spazio che l’accoglie
sul dirupo, che la preme ovunque
con le sue masse
togliendo ai colori le ombre
alle cose i loro nascondimenti-
e quel ramo nuovo che nasce
nell'atto di porgere il suo cuore
avvolto nelle fiamme, stretti assieme
all’amore per l’esistenza e il suo bisogno
di dirla con la luce : Vieni.
Non tardare.
Avremo continuità nei nostri occhi
qualcosa di incorruttibile
nel fondo ultimo del vivere
sulle spalle l'amore viene
poi respira, disposto al volo,
nel suo futuro inimmaginabile
ci invita a conoscere l'avvenire
che discende in ogni istante
- soltanto la solitudine quassù
cura la passione della mancata eucarestia,
in quell'istante di calma , la pace di un'ora,
nel silenzio delle vite
a patire il tempo fino in fondo
alla rivelazione.
Rammentando per poter vedere
ciò che intorno al Noi è nato,
nascosto nel centro della luce
si apre in altro modo alla visione,
capace di cadere,
di penetrare come l'acqua, l'amore,
trattenendo il tempo nella meraviglia
parlava di di Lui, alito dell'anima,
manifestando l'ombra del sogno
tra i due fiumi, offuscando lo sguardo
che lo vede ancora nel posarsi,
come fosse la sua voce umana
rimasta indietro, in qualcosa di diverso
che si divora,
trasformando il suo stesso corpo
in ali.
Id: 24758 Data: 10/03/2014 23:04:07
*
Respirando qualcosa del suo fiato
Con il cuore pieno di cavità
Puoi udire la musica anteriore
Ad ogni musica composta- Come se avesse raccolto del tempo Ad ogni inciampo, mandando un soffio
Che ci ordina di camminare Sulla strada più lunga di neve Nella gioia trascorsa dei suoni-
Con altre creature
In questo spazioaperto della notte Pulsano in pieno corpo i nostri passi Sembrano essere l'impronta di un solo
Cuore..
E' lì, dove ti porto in processione, Nella casa rossa di raccoglimento, Con il girare silenzioso dei pianeti, Il ritmo inalienabile e profeta Del vuoto azzurro del respiro
Come prima, quanto più ampio
Nella ParolaTrasparente, Contiene quasi un'orazione
-solo il rumore del mare e il vento gli assomigliano nei silenzi quando passano dolcemente senza attesa e senza vuoto- Dove un sospiro inestinguibile Trascende le parole, e vive Nella voce sacra Di un chiamare ed un ascolto insieme La promessa custodita che non cela Un amore irriducibile. Fosse pure In un respiro. Lo si riconosce, A riposarsi dentro un nido, Respirando qualcosa del suo fiato
Riparati nell'arnia del silenzio Avvertiremo l'inimmaginabile Con naturalezza Che la Parola sta per nascere
Penetrando nella gola come un seme Nel mentre che svanisce
E se spingendo piano va nel buio
Per diffondersi Nella carne dei capelli Si adagerà tra noi
Oltre ogni accadimento
Id: 24717 Data: 08/03/2014 22:47:46
*
Un viso d’acqua
Un viso d'acqua chinato come l'erba nel pieno della pioggia disegna l’onda che fa il corpo umano quando inginocchia la testa tra le gambe
La vedo ancora nel parco dei ciliegi che si bagna, sulla terra senza figli,
quella donna, prende la pioggia la beve e smette di tremare quando prega può chiamarsi Annāh, colei che trova grazia davanti a Dio. La sento poi voltarsi appena,
andare via con tutta l’anima,
fino al geroglifico egiziano all’ideogramma fenicio passando per il Sinai e giù allo steccato dei terribili animali alla prova dell’8 nel recinto, col serpente
il più saggio di tutti gli steccati
"Quanto è grande l'abbondanza della tua bontà nascosta, che non mostri per coloro che ti temono" È così, a causa del bene che nascondi in te, che le porte del tempio saranno sprofondate nella terra? Come la semente cela l’albero, affondando per morirvi, rinascendo nelle nove beatitudini che riportano allo zero. Del collo altissimo della vergine, sia fatta la tua volontà.
Nasca la figlia- femmina sterile,
si sposi col buio _
_del padre. Canti Alleluiah, a chi la penetra nel fondo per rivelare il suo nome- lacerando la madre aprendo una breccia
nelle strutture più sacre del mondo che ha messo da parte la mandorla orlata di luce, quella il cui guscio è scoppiato facendo cadere tutte le pelli dell'Uomo, È luce compiuta
nell’umidoverde del primo mattino come un ciliegio è feconda l’azione di grazie, la lode che piove in quel viso tornato al suo posto che cade, e poi si rialza sempre più piano
rimpicciolisco con chi è lontano
leggendo le ossa nelle sue orme più grandi voglio tornare all’indietro forando il contorno delle cose
per entrare in contatto col suo cuore nel matrimonio della Pelle,
finchè ci sarà pelle, o cieca
fino al risveglio,
dove la luce non cessa di discendere di curvarsi nell'oscuro,
dove l'iride risplende,di chiaro in chiaro,
su questo solco appena aperto in aria.
Può capitare di scoprire in una rientranza del terreno un luogo segreto che nasconde l'amore che va a raccogliersi ogni volta e il miracolo che entra dentro gli occhi
per la gioia, quando la luce si presenta intera,
non sarà preso per abbaglio da affondare nell'oblio- il dimenticare comincia così, disconoscendo-
io ti tengo stretta, adagio adagio, fino a casa, seminando luce
sotto la pioggia Tu mi fai vedere l'anima tersa tra le tue mani la bellezza
nel suo centro illuminato il mio sguardo si solleva a malapena sopra il calice di questo unico fiore per inabissarsi nell’oblio
della sua contemplazione : un viso d’acqua, inginocchiato,
che rimane, senza saperlo, un'onda.
Id: 24669 Data: 05/03/2014 21:29:08
*
Nella prima pancia
Quando nasceva un bimbo
Loro andavano a prendere un bozzolo
Da tenere accanto al nascituro
Perché lo aiutasse a riempirsi di fantasia.
Nella prima pancia, ormai
assolutamente semplice,
tutto si sta compiendo, la propria fine
la propria immensità. Nel cenno
del mistero, ti prego
di infilare il dito oltre la pelle
nella ferita del costato
penetrando nella carne viva
non è cecità della mente
inchinata al dolore
è un itinerario che può comprendere
l’oscurità, che si alimenta di domande,
che sale sui sentieri, per alture
Sottile è il Signore, senza il fiore
delle domande dai tanti petali
non si ha il frutto delle risposte
Eccede attraverso un incontro e ora
i miei occhi ti vedono, prima di trovare,
solo dopo ti cerco. Nel cuore
ho la carne, l’evento di un’umile anima
quando mi muovo, quando parlo, anche
quando disegno il fiore di una cipolla,
e mi sembra di piangere, è solo
una questione di sguardi
per accompagnare qualcosa
d’invisibile
“alla sua incalcolabile destinazione”
un movimento di Realtà
con questo solo tesoro:
se vedo un albero che cammina
dentro la sua foglia
disegno una mano che si alza e la sua luce,
dal braccio che attira a sé grani di stelle,
inondando i campi di rami gli occhi
neri del prato che s’inchinano
nel freddo di questo marzo buono,
a un punto della corsa. Andiamo, come amore,
coi modi invisibili del cuore, toccandomi
un disegno. Allunga la tua mano. L’albero
lo farà passare, la massima carezza
è così Unica, vicina
all’atto della creazione. Apre alla gioia
Allarga con grande respiro
e riposa
dove ti aspetta per l’albero più alto
che è nel tuo corpo,
un figlio da crescere
nella prima pancia
Opera: Il cielo
di Claudio Parmiggiani
Id: 24607 Data: 02/03/2014 16:04:15
*
Dai lunghi respiri dei capelli
Quassù, dove le uccelle succhiano il miele
dai cardi selvatici, c'è una chiesetta, a Battedizzo,
nascosta da grossi peri senza frutta, appesi ai rami piccole strisce di stoffa in segno di una grazia ricevuta
con gli occhi neri, e inzuppati di una nebbia luminosa, si alzano da terra tre betulle e un cespuglio antico di equiseto bianco. Ogni tanto nel silenzio, rispettoso in quell'aria piena, si espande un canto dai lunghi respiri dei capelli
nel bagno silvano tra i pini neri sulla sponda del rigagnolo nella vasca riservata per le donne stavamo sedute e guardavamo nude un mondo riparato sotto grandi ombre di castagni centenari, la terra chiara di fiori caduti, in mezzo all'erba alta un cimitero con le tombe morbide, come culle
ci siamo sfiorate per un attimo con gli occhi quando il sole d'improvviso ha tolto l'ombra dalla cima degli alberi disperso con un soffio un po' di cielo azzurro sulle nostre spalle fino alle labbra, come fossimo sotto una cupola, tutto pulviscolo, vapore dorato, sospeso lungo i fianchi della nostra vita
Ed è proprio lì, nella conca della musica, che abbiamo imboccato un nuovo sogno col catino dei rumori tra le gambe e ondate di silenzio che toglievano agli alberi i sospiri per la caduta della neve a Monte Mario o la via d'aria che si formava tra le mani quando aprivi la finestra della stanza ed io le braccia per sentirti dentro, dall'altra parte del mondo, al centro.
Id: 24584 Data: 28/02/2014 21:33:09
*
Ogni coppia è un angelo
Quando sei dentro un temporale e balbuziente nell'orto sacro danzi per guarire lo strazio che ti viene coi simboli che nascono da terra, dalla memoria, versando latte chiaro sull'erba medica, con la lingua nell'argilla trasformando il fango in cibo si riforma il seme, ogni volta che perdiamo la parola, e le cose crescono di gioia sul ramo isolato della pena
Nel preesistente cerco casa nella danza del sognato, come sai, la rugiada dentro gli occhi altrimenti non sarebbe.
Non vedi come muta la luce inginocchiata sotto i nostri piedi
s’innalza, e poi ricade dove indugiamo soli-
per godere dello iato con le vocali nella gola trasportate da un sangue gigantesco- fino a non sentire più, nel suo torpore, chi cammina o prega.
Lì, dove fummo figli e soma della voce, c'è un suono che non abbracci: la femmina della tua lingua in una lingua propria
Nel punto di rottura della perfezione sta la parola Aiuto: l’arma del ricordo è muoversi, spostarsi alla fine di un respiro, in un luogo dove la notte passa sfilando al corpo la luce più segreta in noi
l'imene si volta dentro un canto Intatto ci scambia nudi col pensiero diviene coppa come una montagna ricevendo nel cerchio quella spada che chiude la testa con i piedi nell'altra grande nudità che ci oltrepassa
Tu ritornavi vergine con me nel rito di divorare insieme la carcassa del bue che ci nutriva, col nostro sangue, le nostre fibre sazie infine di sè persuase: adesso
ogni coppia è un angelo e cammina sugli stessi rami
in Altri cieli Ascoltiamo raccolti quel respiro vuoto con Vuoto nel gesto più giovane che abbiamo offriamo all'infinito questo amore.
Id: 24549 Data: 26/02/2014 22:46:17
*
Alla fine degli occhi, la musica
Tenendo le ginocchia sempre a terra
domandavo quale roccia o pozza d’acqua
ha un sogno e la distanza tra due luoghi
se puoi anche misurarla con il canto.
Ho mosso le dita una dopo l'altra
formando ai bordi del bagnato
una doppia fila di puntini
poi ho cancellato con il palmo della mano
disegnando un cerchio con un trattino lungo
infine un buco, dove siamo entrati
chiudendo gli occhi per vedere
le rotte delle migrazioni
dei sogni, lungo la porta delle lingue,
le dita degli sposi che si bagnano.
Con l’orecchio in terra
avrei voluto portarti
la fine della neve, tenere per te,
dove il ruscello si muove ancora tutto,
le vibrazioni della lucentezza,
nel segreto dell’intimità ,che bagna
il creato, tra le gambe,
accadeva qualcosa, sotto la pelle,
di imprendibile.
Non toccarlo con la bocca, con le dita,
ma col dentro della pancia, dai piedi in su,
e fino al cuore, fa come il salmone
lasciando le uova poco a poco,
cantando nel silenzio di chi viene
senza muovere le labbra
è appena dicibile sul volto lo stupore,
incide solchi corrispondenti ai suoni,
e vibra indietro, mettendoli alla luce,
verso di noi, quasi chiedendo aiuto,
una vena di voce, e di ogni cosa viva.
Tutto lo spazio è cresciuto.
Non potrò mai dire
molto più di questo,
non è visibile
l’intensità dell’apparizione,
alla fine degli occhi, la musica ..
...
Id: 24513 Data: 23/02/2014 22:25:15
*
Nel soffio più possibile leggero
LeMont-Blanc vu de Genolier par Charley Case
Nel soffio più possibile leggero si schiude il mio ciliegio al boscovecchio, nell'abbraccio circolare ritrovo noi. Eppure lui mi educa, nella parola senza voce, a diverse dimensioni, la sua estensioneVera: la pazienza di ricoprirsi con la neve, il pieghevole sfinimento dell’estate-
e so con quanta cura si volge alla corrente della luce, l'andarsene calmo, con la sera, respirando dai talloni, quando gli uccelli scenderanno a primavera, per nidificare e riprodursi, di come i rami sotto il loro peso gravati di nidi a centinaia saranno pane, e soffice pietà
così è l’esercizio dell’amore- spezzando il seme duro nella bocca, delle mutazioni in atto. Annuso ancora la tua poesia su queste tempie cariche mentre intorno volano le piume e sfioro con un dito la caduta ascoltando la discesa lungo il corpo di un dono aperto, che esce dalle ossa, col miracolo dei fiori si bagna il cuore buio di fratelli innamorati fa luce ai i piedi quel che non si vede E gli direi di amare un'altra volta di coprirmi con i petali nell'aria
soffiando dal mio fiato.
Si spalancherà piena di vento la gioia dei frutti tra le mani lasciando cadere le ciliegie con quel rossore intimo sul viso riempirà di vino le nostre bocche nel soffio più possibile leggero il vecchissimo ciliegio, e noi, di nuovo, appena nati.
Id: 24476 Data: 21/02/2014 21:09:00
*
Sulla fronte azzurra tenerissima
-L'asciutto contiene l'umido La roccia contiene l'acqua L'Uomo nasconde in sé un Dio-
Sulla fronte azzurra del ceppo primitivo, ti poso, col silenzio delle vesti, il segreto del primo fiore, senza necessità di capirlo, sull'assenza che ti sgorga dentro al seme nudo delle fontanelle,
lo sguardo intatto, dove si uniscono le cose l'ultima volta, alla fine dei sentieri, i segni di un amore
nella bracciata profumata ti consegno il fascio più maturo, fiorito di fresco dal mio cuore con le ore luminose, la corona
dove palpita la nascita di una vita che si leva, col nutrimento sacro,
nella follia di una croce, nella manducazione dell'invisibile.
Nessuno sa, nè l'argilla o la pietra, che servono da segno, raccontano il mistero del dono divino, un velo sollevato scopre un altro velo. La Bet è posta,
nella casa aperta, sulle stele di Mesha tutte le sorelle danzano
come pietre luminose
La scrittura è una luce nella notte
che ci salva, verbo_crocifisso da semi nomadi, che nel deserto grida il Nome suo, ciascuno a divenire Lui . Nessuno potè sentire allora
la lingua umida nella tunica di pelle, quando cogliemmo dei mattoni come figli al posto delle pietre, ognuno recante solo una scintilla Padre dell'Uno, asciutti fino a Pasqua
quando bocca a bocca s'incise in alto l'incontro delle grandi lettere, con le piccole del basso. Fino al cielo il traforo è compiuto, e ci tocchiamo cantando il pane nella linguamadre
con il sale di Miryam, unendo il mī col mā, il vento ci porta in bocca l'ostia,
fino all'acqua matriciale, che scintilla,
sulla fronte azzurra tenerissima,
dove nasconde in sè un Dio.
-Fabienne Rivory-
Id: 24449 Data: 19/02/2014 22:25:28
*
Così tanto vivo
Con i sogni nella carne,
come ceste per il pane. Così tanto vivo con occhi di parole
-privi del dolore occidentale- l'affondo nella vita della verità, sfiorando il corpo di un mare sepolto una mano, dal fondo del tempo, nell'ora più sottile del mattino quando lo spessore della pelle
è troppo fine per celare l'interno delle cose
-non tremare se la chiamo solitudine è solo un taglio nella luce in cui si apre il mormorio della speranza quando l'usignolo rischiara i fiori e in te mi spingo nel paese di mia madre con qualcosa in più e quest'altra me che s'accontenta
dove il tuo spirito colma la mia passione
Dove si annidano gli occhi così tanto vivo
tra il verde luminoso e l'infinito
fino alle radici della solitudine per vedere la crisalide del tempio arrivare limpida alla luce
Nel chiaro del bosco è un altro regno
che l'anima dimora e custodisce sognando verità
che ancora non sono vere
Cervo e Unicorno
terza figura del De lapide Philosophico di Lamsprinck
(Musaeum Hermeticum, 1659).
Id: 24406 Data: 16/02/2014 17:04:57
*
Disegnavo un piccolo capanno
Disegnavo un piccolo capanno
ogni sera un po’ più grande
finchè un giorno mi notasti, domandandomi per cosa
avevo tanta cura, se all’interno stava il vuoto
-Ho visto un cavallo libero nei prati
in cima a Montevenere,
non posso chiuderlo se non sa chi sono,
che gli voglio bene per come brilla al sole,
ma nel capanno c’è il pastone e la paglia fresca
Forse un giorno, se l’aspetto.. se gli aggiungo delle cose...-
Mia madre si commosse, e come premio degli esami in terza media
riempì il capanno con Zahir, il primo nel disegno.
C’è tanto amore in questo andare indietro
a cogliere la bellezza cieca
da proiettare nell’invisibile presente
in ogni sillaba si alza ancora la Tua voce
di Maestro, e tu Blanchot dicevi della poesia:
che nasce nel movimento
in cui Orfeo perde Euridice. Nel distacco
è l’infinito andare della scia d’argento
o quando la gioia di vivere non basta e scrivi
Con la lingua degli angeli
mi hai insegnato a morire
per tornare nella mastella di lino con le braccia
girando nell’acqua tiepida la crusca
coi germogli di soia, a rimanere,
quando in mezzo alle gambe stringevo altre zampe
ferrando i cavalli , come allacciare le scarpe
a un bambino. vedendo l’intoccabile:
l’anguilla che fa morire, dentro la pancia dei cavalli,
premendo il viso, e curare il respiro, se cattivo ,
cercando le sanguisuga, tra l’acqua più chiara,
da mettere al collo per vivere. Per poche ore
è così che Zahir ritrovava il suo galoppo
col salasso più antico. Pitturavi nell’aria quel salto
volando sui fianchi a Soraya, tirandola appena
verso di te. Mi guidavi come danzare
sopra la cima di Montevenere, dal primoamore,
passando per Le Croci e sotto l’abetaia di Rossara
sdraiando le nostre schiene, come fossimo sull’acqua,
a ginocchia strette, con la passione di affidarsi,
entravamo nei boschi acquattati come bestie,
negli occhi delle mucche e poi giù, giù col baio chiaro,
con il fulvo sulla pelle umida del corpo
parlandoci senza bocca, col sudore morbido ai polpacci
e il suono dell’orgasmo tra le dita e le redini sottili,
accogliendo nella pancia la discesa,
l’alfabeto baciato degli zoccoli.
c’è un punto esatto- mi segnavi- tra le orecchie
dei cavalli , piccoli movimenti impercettibili
che congiungono le punte dritte nella luce
formando un otto, solo lì, è dove ti alzi in verticale
e voli via leggero, risparmiando le salite
All’inizio dell’autunno mi hai bendato gli occhi
con una lana a fiori che pungeva
per dirti gli anni dei cavalli o dei dolori
con le mani carezzavo il naso, quei gradini come rughe
che vengono nel tempo, affondavo piano con le dita
sotto gli occhi, nei fossetti; passando poi tra i tendini
e i nodelli, imparavo le fatiche, e le fessure prima della coda,
per la fame, immaginando la magrezza, dei cavalli nuovi
infine… mi chiedevi la prova che stordiva : del colore
strofinando il pelo, se aveva delle macchie, se grigio o come:
sapevo dalle setole i colori, dallo spessore, e la temperatura
svelava sopra i polsi con dolcezza
se le femmine avevano il calore. Era tutto come amare.
Se stringo forte gli occhi sono al centro del cortile
ancora oggi mentre tu mi vieni incontro
tenendo un cavallo per la corda poi due e tre
per scoprire il suono che marca dentro il passo
tra di loro dove la zoppia, di chi, su quale fianco,
avanti o dietro. Alla fine dell’inverno
cavalcavo come cieca nel tondino
ed ero dentro gli animali e dentro il bosco
quando tremavano col manto a una pozzanghera,
o tendevano la schiena a un ramo basso.
Annusavo il buio dei ragazzini ciechi,
che sarebbero arrivati a primavera,
per vedere con gli occhi dei cavalli
la bellezza
fino in fondo alla luce dell’estate
Sei stato dell'invisibile Maestro,
chi ha fatto i segni sulla strada
per affidarsi al buio,
per tornare al Vuoto del capanno
con il suono di ogni albero,
quando si piega,
indicandoti la via.
Id: 24367 Data: 14/02/2014 00:24:42
*
Con una lingua tenera
Viene dall’invisibile
incarnando la presenza delle voci
ogni volta che accendo il fuoco a sera
affonda il verbo nella legna
con la saliva, da buio a buio,
mostrando lo spacco del sacro -la ferita,
il nome- delle rose nei miei fiori,
sono la nostra anima
là dentro,
nel camino acceso in cui abita qualcosa,
perché cresca la luce. Piegando le ginocchia
mi accuccio dove viene il rosso
con la veste arrotolata fino al timo
scoprendo la macchia azzurra sul mio fianco
scintilla nuda e disarmata -immutabile simurgh-
Con un piede dopo l’altro ascolto la corteccia da bruciare
le piste dei sogni attraverso gli anni
le pulsazioni di ogni tronco - ognuno canta per anelli
cigolando sotto i miei talloni- sotto le piante
sento gli uccelli volati via dai rami
le foglie rimaste sole
nel rettangolo vuoto del giardino. Mi tramando,
credendomi un albero,
Prego, senza una parola,
sono la stessa cosa. Nella pancia
i legni sono pronti
per rinascere dal fuoco
mi alzo scalza con tutto il corpo,
la riconciliazione nelle mani,
una per una. Odoriamo di pace
come quel giorno, nella sala di commiato,
non separandoti mai da me stessa
Con una lingua tenera
in un bianco leggerissimo di cenere
il nostro esserci è un segreto
ognuna canta nel pensiero
Id: 24338 Data: 11/02/2014 22:40:47
*
Con le membrane lucide dei sogni
L’elegia ci fa trovare, al di là
dell’albero più ferito,
di Paesi e continenti, l’acquabuona,
una cascata di perle e di animali,
dove cercavo il mio menhir
sulla riva del laghetto azzurro.
Intatta immersa e protetta dall’acqua fresca
aveva gli occhi aperti come fosse viva
Ridarle vita con otto stagioni
fu l’unica cerimonia nel cuore dell’inverno
profondo, portare licheni per nutrirla
rimuovendo la brina dagli alberi
mi toccò i capelli.
Ti adoro per la dolcezza, per le mani
e così sia,
anche nel silenzio degli uccelli,
canta.
è un miracolo nudo la nostra creatura
le linee della mano tanti rami e
ad ogni dito il suo respiro fa gli anelli
un panno bianco, di cielo in cielo
nel canto d’emergenza coincide con i sensi,
a un poi, che calma, che trascina
la mia immagine nel Vuoto
dove trovo riparo. dove ti riveli
con il viso mentre mangi
mentre raccogli nascosta la mia mano
ti do un nome, allargo tutti i rami
per avere ancora suoni e somiglianza.
Nella danza fragile precipita il respiro
preme il cuore, dentro quella crepa,
la luce, per quel minimo d’azzurro,
ti è salita fino agli occhi dalla pozza
ho tolto le parole per amarti,
cerva di un solo fianco, nel silenzio,
venuta via dall’ombra.
è con l’acqua che ti fascio il viso, ora,
con le membrane lucide dei sogni,
sei un canale di biancore
tra i rami fino al petto
il segno che racconta un corpo
porta il tuo Nome adesso –Rimani-
nel respiro degli alberi,
l’impronta più Viva
tra tutte le voci
Anima di gioia
sul bianco del foglio-
senza grida.
Scultura Tomohiro Inaba
http://www.youtube.com/watch?v=TodtrEItYx8
Id: 24308 Data: 09/02/2014 18:54:58
*
Se dal polso tiri il filo
Il chiaro dell’occhio è proteso nel dono,
ciò che sussurra prima del fremito,
al movimento delle nostre mani.
Non spezza mai il filo l'accoglienza
cammina. cammina con la propria storia.
E il vento insiste nel domandare
perché come i bambini
basta toccare certi punti dell’aria
che s'incantano le dita
nel grande suono-
consegnando i pensieri
al vuoto che non soffre.
Nessun fiore raccolto nell’urna
sa dire alla voce il colore
più dolce,
calpestando la terra,
il viaggio oracolare dei nostri volti
nell'andare incontro al fresco del mattino
Domani
porta con sé lo spazio inviolato degli occhi,
.che inconsapevoli corrono.
nella misericordia di un’aurora,
colmando le pupille di presenze,
spose dei sogni, emozionate.
è così che faccio quando manchi, corro
con lo spago legato intorno al polso
e un palloncino sale e viene giù dal cielo
mentre pronuncio :- Lontano- e poi –Qui-
per farti comparire quando giro
sulla la strada quasi trasparente
rinasci di continuo. E ci guardiamo
scendere il cielo dalle mani
in un’altra terra come
è con te che sollevo gli occhi caldi
e sembrano tutte le nuvole
essere in coppia per sempre
quando tornano indietro
per rinascere dall’acqua
pronunciando la stessa parola
- Qui - e poi- Lontano-
ci tocchiamo all'indietro
nello sguardo liquido dell’angelo
se dal polso tiri il filo
la terra stessa è un angelo
che ci mescola leggeri insieme al vento
come dopo l'amore
risponde al nostro sogno
entra nella radice, poi vola via
al centro della stanza azzurra
niente è più grande, penetrato ogni canto
da un'infinita distanza-
Avere ricordi non basta-
Id: 24279 Data: 08/02/2014 00:15:14
*
Spugna di luce
Una stella come un’ostia
a capo chino si mantiene
o in grumo di sale al mattino
viene a sciogliersi dal cielo
nel lavoro invisibile dell’alba
che comincia a versare la sua luce
con la stessa fatica del riverbero
ho usato tutto il corpo per accogliere
quel che accade nel silenzio
avvolgendo le cose con la pelle
-quota di muscoli e fibra carnale-
da sola all’alba, ho visto la tua vita
nei miei sogni, il fresco pulito
in terra. spugna di luce
non smetterai di stare in me,
come davanti a troppa lontananza
sgorgano dagli occhi dalla bocca i luoghi
gli episodi dell’amore,
da ognuna delle specie di donna
che è ogni specie di donna,
brillando al vuoto bianco
la realtà più reale:
quel lungo grido d’amore
di feroce bellezza
così impudico nel dire
il loro immenso eterno e altrove
nell’aria intatta batte ancora
il ritmo della mente. col respiro
tra gli alberi cade il suo sigillo,
il cordone di cinta,
il bastone che tiene in mano.
Id: 24225 Data: 03/02/2014 21:56:08
*
Sul vestito di lana di Febbraio
Col vestito nuovo di febbraio
mi scrivi che il Fuji si è velato
coperto da petali bianchi
di una nebbia tranquilla che splende
con lacrime di venerazione
ne farò un rifugio e con la luce
vaschette per gli uccelli e per i fiori
che tra le mani fradice si spingono
nel vuoto di una nota musicale
è una poesia di cose -che tu incarni-
l’apparizione breve che ti vede
scomparire in loro, e nel riflesso
sarà come mi seguisse il sole
sui vestiti neri
per avere camminato nella pioggia,
per sapere anche nella nebbia
come i rami innalzano preghiere,
coi fiori rampicanti sulle braccia
che sanno della mia consolazione
Hai il fiato di un bambino quando scrivi
con la luce dentro gli occhi di un uccello
colano i tuoi semi sull’inverno
si attaccano al futuro, facendo pieno il cielo
dell’ombra sacra che respira come l’erba
nell’anima che cresce la nostra prima pelle
di futuri bambini e di antenati-
correndo come cavalli come stelle loro
si fanno caldo insieme
con le braccia di quattro madri
Mi domandi se sento ancora l’odore dell’inverno:
-toccami- cadono solo più foglie oggi,
ma se nevica, se piove , per la candelora
le mani diventano un pozzo di calore
Da qui muove la luce le radici - guarda
sul vestito di lana di febbraio,
come i rami finalmente si avvicinano
offrendo al vento i loro seni nudi.
Id: 24204 Data: 01/02/2014 23:50:52
*
Morsa di puro amore
Anche senza immersione nel Nilo,
purificando la lingua sugli alberi,
dove il balzo verticale è verso Dio
mi bagno sulla tua corteccia umana.
dalla carne all’inguine del bosco
ti conducevo come fossi genesi
dilatando quell’immagine sui rami,
per quel tono fragile che avevi -
al centro della piana di Senaar
nel mezzo di un profondo sofferente-
se restavo nella cerva a far l’amore,
col rigore con l’impegno e con la forza,
folle, nel desiderio di unità.
Santità si scrive qedusah e prostituta-
qedesah-In lingua ebraica ha radice di sorella,
poi di Issah
se l’Uomo sposerà quell’Altra parte-
senza prostituirsi all’esteriore
così gelando in ogni dono, se non viene
fatto matrice il corpo, ma prigione,
infine tomba- dentro se stesso
passando dalle nascite alla nascita..
dentro Rahab-
la prostituta che avverte lo splendore
delle spie, e le protegge sotto il lino
steso sul terrazzo- nel suo nome
c’è la forza, la volontà d’estrarre pesi-
con la mentesatura di Nulla- alla miseria,
per un momento di felicità.
Ha ricevuto tutto,
il signore col barbone e il suo mestiere
quel giaciglio come letto
di morte o culla a nuova vita.
Ha tanto amato,
lasciando andar chi amava, trattenendo
il ripugnante. chi ha pianto. è Rahab
che ora sente gli altri come sogni,
con una parte privilegiata di se stessa,
da un’altra stretta, ha colto il filo rosso
che si lega al polso dall’interno
spremendo il succo nel suo sangue,
più delle spinte
che hanno fatto sconvolgere il suo ventre
Ha scelto la parte migliore anche Maria
di Magdala non si è affatto preoccupata
della buona reputazione o della legge.
Manel pieno dell’orgasmo ha colto un punto
un punto luceverso il quale volgersi,
riprender vita, là, dove provava
il suo piacere, l’elevarsi in un’offerta,
nel desiderio folle che l’attira
in una irresistibile vertigine
e vi sprofonda e si abbandona da ogni parte
contro i piedi di colui che mai credeva
di raggiungere nel franare a pentimento
nè l'll filtrare di un’aurora nella notte-
ponendole la mano sulla chioma
nell’orifiamma impuro,
e benedicendo inonda
poco a poco come mai gli amanti prima-
con la tenerezza d' Altro Amore, scorre il nardo,
un’intuizione di pace nella stanza del Signore
ebbre di santità. Vanno e vengono queste donne,
prostitute nel fiume della vita, poi
si fermano per ascoltare e contemplare,
accompagnando l’uomo di dolore, con l’ardire
del pericolo. Donna! E' la parolaPrima
del Risorto. Poi Maria. Finalmente amata
sotto gli alberi più verdi e le montagne
dentro il fango stabiliamo le radici
di quel Nome che ci chiama dove nasce.
è di una grazia così violenta
che si ama con la gioia
verso colui che si nasconde
che appartiene ad ogni Anima vivente
La trovo là, in quel punto
che non ha la dimensione,
nel cuore della rosa, che diviene
nel dramma lo splendore,
devota al proprio nucleo.
Morsa di puro amore
è il dolore di Noialtri se vicini
come un passo innalzato nella neve
che più dolce chiama e il palpitare
come se cogliesse in cielo
dove l’Ora ha nascosto le vigilie
di un segreto inverno
se il dolore è una ferita
è da lì che passa l’inatteso
l’invisibile mistero della gioia,
nell’offerta di se stessa fatta carne
con la mano sempre tesa sulla piaga
luminosa, nella pena più rinchiusa,
immergendoci lo sguardo,
si può scorgere l’Iddio,vivendo,
incontrarlo mentre affonda
nella morte che guarisce, con l’amore
se lecco il canto buio dentro gli alberi
mi ritorna in melodia, dolce midollo
dov'è il globulo rosso che scompare
attraverso la parola Prostituta
ripetendo " Voi siete mia Madre"
con la forza di una Santa Eredità-
Id: 24188 Data: 31/01/2014 16:00:55
*
Salendo con le lettere del pane
Ci sono Vergini Nere, spose non sposate,
Seppellite sottoterra in tutto il mondo
Dall’isola di Pasqua fino a noi
La terra è piena di queste statuine
Della vergine che deve partorire –
Virgo paritura-
sei andata al mare con la brocca sulla spalla
per consegnarti ai suoi colori ti attendeva
per inchinarsi sugli scogli
portando a fine il viaggio della pioggia
e un’ immensa gratitudine nel cuore
è una mangiatoia il nutrimento che mi viene:
le tue parole e l’acqua che ti scopre madre
di un amore tenero, che ti scava un vuoto,
camminando scalzo il mare
nella casa del pane
sostengono la sera, dove ho riposato,
l’ordine impercettibile di una fede
ed una tua poesia nel segnalibri
piena di svolte, d’impronte umide di fame
di mandragore, dove si bagna con l’amore
il sale fondamentale d’ogni cellula
capace di mutamenti, di tenerezza divina
nel pieno delle tenebre
tutto il vero non è mai definitivo
come la verità,
se ti vedo di nuovo scomparire
un passo dopo l’altro le parole
nei gesti quotidiani dare voce all’afonia
sentendo che il tuo cuore batte lento
mentre io ancora corro via dal labbro
che copri con le mani e una scacchiera.
Non posso vivere senza sogni nelle mani
in quello scambio termico è la vita
se vango attorno a un albero
è tutta la preghiera- nella distanza delle mani,
dal basso risalire, nasce sempre un figlio,
nell’apertura del suo ventre,
si muove appena rasoterra, ma lo slancio
abbandonato in direzione dei tuoi occhi
gocciola ancora di fiducia
e se nell’aria Sorride quietamente
può prendere le ali della grazia
ricevendo un nome nuovo da Sarai,
nella notte più preziosa dell’aurora,
Sarà, la più vicina alla sorgente,
dove accetterete di morire,
Dove il figlio vive.
Così la sera e l’acqua fanno un solo cerchio
Del mistero femminile intorno al pozzo-
come una fidanzata che diffonde
tutto e dentro il suo profumo
salendo con le lettere del pane-
che tiene nelle mani la ricerca
di un luogo certo e del momento
dove il caso
e la più preziosa delle guide
la conduce
Id: 24138 Data: 28/01/2014 20:38:58
*
Coi nomi degli odori
La risacca vi ha restituito solo
qualche frammento colmo di colore:
frammenti dei fratelli, sposi dell’estate
allevata in sé come regina
del mattino
quando al sommo si aprì una fessura
dilagando nel sogno e spalancata
la carnale tentazione di cadere,
dilatò nelle pieghe delle vesti
la coscienza scura
Fu la notte in cui vi cadde il cielo
nella soffice buca sulla terra
Neppure l’erba alta vi ha nascosti
nelle veglie più domestiche
quando avete smesso di mangiare con la luce
foderato le finestre a carta nera
eravate l’uno stretto all’altro nel silenzio
e con un fremito lieve alle radici
tra il bianco e il candido
salivate alla gola coi nomi degli odori
frusciando nel buio della stanza quasi ciechi
come dopo un acquazzone nella foresta fitta
imparando a riconoscere la scimmia
dalle foglie con la tigre contro gli alberi
ed un nome Condiviso
con l’alito di vento vi ha salvato,
più che la vista, la fragranza del celeste
Ed ora, con le mani sporche di pittura
appoggiate alla spalliera di una sedia
tra la tenerezza e la paura
è come se da un momento all’altro voi
poteste respirare con l’odore al seno
a prender forma di mammiferi ancestrali
accendendo quella lampada sul viso
con la forza della nostalgia
dipingendo tra sussurri le radici
coi frammenti dei fratelli per tornare
a quel che non c’è più, salvando i piedi,
nell’odore celeste e grato di un giardino
piantato ancora dentro, prima della Storia:
è qui che sporge un'erba, è qui che canta.
P.Gauguin- Noa-Noa- Il fiore in ascolto
Id: 24125 Data: 27/01/2014 20:07:17
*
La luce diventa ciò che tocca
Le cose si conoscono l’un l’altra
In quel luogo dove Dio ebbe finito
Il centro esatto
E quel vapore intorno agli alberi che tocco
Non è un’afflizione se non ci sono bordi,
Sono gli angeli,
Che tengono gli uni agli altri i rami,
nel prodigio di salire
Spingendo avanti le montagne per comprendere
Nel vuoto aperto un’anima,
Dove noi vediamo una chiusura,
La natura che ci parla di ritorno.
C’è voluta un’intera vita e ancora claudico
Per vedere che non c’è orizzonte, il cielo e l’acqua
Sono lo stesso essere in alto e in basso
E la rosa di Duino non vive separata
Dal sentiero che ricopre sul muretto
Così la luce diventa ciò che tocca
Le cose gli alberi il vapore le nostre ossa
Se solo tu potessi intravedere lo splendore
Delle rose senza bende sul tuo viso
Di come l’alto e il basso stanno sulle braccia
Si dilaterebbe il cuore farebbe grandi le tue mani
Nel toccare il dentro quando viene fuori
All’universo Aperto dove vivono
Tutte le creature, e i morti
Come là, il reciproco sfiorarsi
di una mano in una mano,
sono privi di possesso
nell’interno indimostrabile
dove Nulla c’è che attende per la fine
Id: 24094 Data: 26/01/2014 01:37:37
*
Sinventa sempre un sogno
Se balli con me - con quel poco che avevamo s'inventa sempre un sogno - fin dentro la terra coi capelli allungo i piedi in cielo, disordinando l'aria con la forza del colore che ricade
se canti una canzone, un'ederlezi,
se colmi con l'immagine e trascini la pelle con la pelle intorno al volto il confine è la tua mano,
è dove precipita il respiro,
all'insaputa delle labbra, da poterlo anche tacere, tanto trema, offrendo un sentiero nel silenzio dell'alba che passa sopra gli occhi di un fiore operoso dentro il bianco
Se il profilo del Luogo che Siamo,
è il Lontano, tu, certo, lo ricevi
dove sono il cuore e le tue mani
con la curva che fanno gli occhi nell'Amore
quando si espandono in cieli senza limiti
Id: 24071 Data: 24/01/2014 23:26:37
*
Ti ho stretto a un filo d’ambra
Si stringe ai seni con le mani
attraversando il mistero della stirpe -e un canto d'acqua allatta il suo bambino nelle braccia di creature superiori- spremendo sogni dai capezzoli del mondo resistono gli anelli esposti al pianto a contenere oracoli nel dendron
-Da quando l'esistenza era di muschio e ti tremava l'acqua nei catini hai catturato luce e dato meta ai corsi, alle radici muscolose?-
Dai fianchi dei più fertili rifugi come volessi sbalzar fuori dalla roccia, difendendomi da sola ognuno i rami,
così ho combattuto per l’Amore
-Portavi acqua alla corteccia nuda proteggendo l'odore della resina Così lunga la tua attesa a vivere-
Mi sono aperta colmando le ferite sollevando lunghe ali trasparenti a scalare le montagne e con il vento puntata al più estremo della cima
- Ti ho vista superare il livello della neve per inondare a sogni le tue spalle Ti ho stretto a un filo d'ambra una preghiera-
Sei sempre Tu a prendermi le mani quando sogno e mentre bevo stringi i polsi nel dramma della luce a quella stessa ora dello sguardo unendo i fiori che cogliemmo e tanti anni rimani a far l'Amore- mi ripeti- cammina con gli occhi di chi corre con l'oriente custodito in ogni giorno e un tramonto che ti attende nel suo tempo con la spinta che diffonde quando è ora.
Id: 24060 Data: 24/01/2014 09:58:58
*
I sospiri lungo i vicoli del legno
Con le fiaccole negli occhi tra le file di case e matrioske nelle mani
della notte muovi tutto se ti fermi
senza mentire tradizioni ed i miei fiori
con l'acqua pari a stelle nelle vene non finiscono col noi e le radici fanno oscillare il suolo senza fine dove riposeremo in un'offerta con gli effetti ontologici dell’eco
riparando i lamenti delle gole
con le corde trattenute nelle mani
come un liutaio sente dei violini
i sospiri lungo i vicoli del legno
e va togliendo polvere alle cose
con l’odore del pensiero. E così sia
il Nome dell’estate in cui si taglia
il frutto sulla cima della cassia
strappando il velo dell’ottava ora:
avremo nervi nuovi e nuovo cuore
accettando di non saper più niente
senza aspettarsi nulla varcheremo
il totalmente insuperabile del senso
fino a dove le nostre mani vedono
e l’occhio può toccare uno spiraglio
accostandosi alla pietra più nascosta
sigillando questa carne nel profondo.
Id: 24015 Data: 21/01/2014 21:51:44
*
Sul vuoto delle braccia
Una vena d'argento nel buio del risveglio
distesa come lunga tela bianca,chiusa da lenzuola,
accompagna il chiarore della casa. e tutto un sogno
mescolando nel colore, come in certe tele di Bonnard
oltre la porta di una stanza, in fila al cielo,
un’ultima stagione
più segreta, nell’ordine del vento,
l’aspettazione della sera.
Nel rito di restituzione dell’attesa: il vento viene,
dove è entrata quella luce canta di un luogo sacro-
Chiusa la porta. Tu sentissi il silenzio che mi accoglie.
E' il silenzio dei libri, i primi davanti agli occhi.
L’urna di mammet,e le rose che profumano sotto, la pirite,
un piccolo libretto, il guscio dell'ananas, e il cestino di Sevres
con i frutti di Pennabilli. Li tocco tutti sai? Li tocco.
E' commozione.
Spariscono i rumori delle ore, le voci del giorno
la persuasione i consigli gli aiuti le questue
le interpretazioni - Con la forza del suo corpo
per potere guardare con fermezza
il mio dolore, battezzarlo ogni mattina
a colazione, proteggendo il pane con le mani
coprendo il suo chiarore, dentro lo spiraglio
scavando una benedizione. Solo allora
posso lasciare la casa vuota
come una madre che mi aspetta
fino a sera
rientrando poi nel suo segreto,
una voce sottile e silenziosa,
dove il tempo è solo spazio
sul vuoto delle braccia che mi tiene.
Id: 23981 Data: 19/01/2014 20:48:36
*
Poggiando le nostre bocche a Dio
Altre sere verranno così intatte sotto i portici rossi di Bologna a sollevare il vento la sua voce, nei giardinetti delle lunghe ore, al suono umano : "và verso di te", trasfigurando nella carne più divina il desiderio che circoncide l'incoscienza per la luce di sentirlo ancora qui.
La sparizione delle pelli, nel pensiero eretto a piedi nudi, dentro il bosco, è dove lei ti canta ancora, con i semi della neve che non vuoi chiudendo gli occhi e un segreto sulle mani -prima che riaccadano altri sogni- : "Spingeremo come simurgh primordiali le nostre upupe tendendoci le ali tra l'onda e il mio corpuscolo di scaglie la particella viva nelle vene, la nostalgia del Mirabile Ruah"
Con quale pioggia ci si mostra il desiderio sul prepuzio del respiro e dentro gli occhi col vapore che si stacca, dall'acqua di una ciotola di riso sopra il fuoco, e solo insieme - mi rispondi - il dialogo scolpisce, queste anime di notte, con un filo tacito e scarlatto con i nodi , e con le pance del riconoscimento appesi come un segno alla finestra di una prostituta nella luna per entrare nella città di Gerico col potere irresistibile di un bacio-
Intuendo come un altro corpo potrebbe entrare in loro nel morire a quello e in altro sangue, un altro cuore intatto a ognuno tra le dita sembra alzarsi, con una sola musica promessa, un'alleanza d'eros così sacro da riportare il sesso al verbo e la meraviglia degli amanti nella sua PrimaVera trasparenza
Lasciandosi sgorgare in altra luce, col sole nella testa e con l’anello al dito, invertiremo il corso al Gange prolungando in sé l' amore al centro di un cuore più sottile, per mutare nella somiglianza ( ultima) la saliva celeste senza suono e renderne il respiro con un bacio poggiando le nostre bocche a Dio
Id: 23950 Data: 17/01/2014 20:45:04
*
Ponendo uno spirito lene
Mutano nella luce le nostre ombre
Di pelle in pelle, alla fine delle pietre,
L’ultima sarà la Tua. E non voltarti indietro
Per questi occhi di carne
-finirà la visione
nella sconfitta dei sensi-
Con un soffio, passami accanto la sera,
Ponendo uno spirito lene,
Come dentro ad un sole
Sàlvati il viso. Discendi sul fondo
Ad aprire le strade delle cose sparite
Tracciando solchi dorati
Terrò a mente, nello sguardo escluso,
Come afferri qui ciascuna rosa
Tanto profonda e irrevocabile
Tu sappi dell’immagine
Oltre tutto ciò
Che su di lei si chiude
Id: 23916 Data: 14/01/2014 22:48:59
*
Il canto nel ventre di mia madre
Come la testa di un bambino
che oscilla nel ventre della madre
per mettere le mani nella luce
così ti faccio nascere
per giungere nell’asse della vita
dove le contrazioni sono scale
e una dopo l’altra nell’evento
scolpendo le mie vertebre sui pioli,
si rompono le acque come un vaso
nelle profondità dell’incompiuto
C’è un’emozione tenera ad Oriente,
dove non si grida. Un'aurora senza sole
si custodisce e vive,
nel tempo della sua composizione,
fino a volgere il viso alla sorgente
cambiando le pietre con il pane
quando torna in sogno. Avviene al caldo
E' uno speciale sovvenire. Non ritrarti
con le mani, non coprirti gli occhi di paura-
mi ripeto- per generare un fiore
anche il ramo di una quercia sola
parrà giardino intorno alla sorgente
per zampolare il burro e lavare i panni
badando a partorire ancora Leila e Majnun.
E' troppo poco, nell'erba viva
neppure un giorno che sale dalla terra senza te,
e per riempirsi il cielo
sale sul foglio un alfabeto
che pulsa nelle pieghe della mano e in altre forme
china sui fiori la sua lezione di luce
portando sulle labbra la prima comunione
di piccole cose, le sue mani fanno chiesa
sul capo ai miei domani - dici
non hai niente da darmi- È poca cosa forse
il suono e un bosco con i piedi carichi di seta?
Una retta ideale che congiunge
una coppa immaginaria, tra l’ombelico e il pube,
vestita di maestà, e annodata sulle reni
con la forza della sua fragilità,
filtrando l’aria come fa l’orecchio
nell’ascolto della terra, come Dio,
lo sa, che fioriscono sogni nei capelli,
scambiando l’acqua con il sangue
da un solstizio all’altro. Dal Vuoto perfetto
nella totale attrazione è la bellezza
che ritma ogni vita contemplando
l’ombelico nel luogo più immutabile
e sorgente di ogni movimento. E' là,
fino al soffio dell’ultima sua terra,
nell’estremo orgasmo della Morte,
che oscilla ancora,
in un ritmo binario primordiale,
il Canto nel ventre di mia madre.
Col dolore posso sedermi ora, e stare sola
con la gioia, alla bellezza della tua presenza,
lunghe ore dondolando per uscire
come la testa di un bambino nella luce-
e qualcosa di più grande si fa mondo-
va e viene. calma
Id: 23884 Data: 12/01/2014 18:33:31
*
Nei campi di cinabro
L'ascolto si distingue dalla voce nel tracciato primitivo che disegna un uomo piccolo, che tende i suoi polmoni, staccandosi dal cielo con un soffio il verbo dentro il fuoco e tutto il sesso giù nell'acqua dentro i campi di cinabro ricercando l'immortalità. Mi hai scosso la matrice, gli irrisolti umani al mondo dell'Avere , nelle dieci contrazioni di Mosè, per vivere la Pasqua nel possesso della terra, ho combattuto l'illusione con Teseo tutta la notte mentre mi tiravi per il corpo dalla vita nell'anarchia del basso della acque. Nel diluvio partorendo solo figlie come ricordare della sposa, il vuoto nella carne- non un buco primordiale della terra- nel suo centro, luogo Ultimo d'Unione?
Dovevi penetrarmi prendermi nell'arca la coscienza, per sentire la tua voce e il peso delle altezze, nel diluvio restare ancora al caldo, come un lievito disteso con bellezza. Ora legami all'estate degli uccelli, che vanno e vengono misurando il livello delle acque, dentro il tempo. Mi farò animale a nuova terra, asciugando fuori a poco a poco, neanche il corvo tornerà.
C'è così tanto giorno da godere ancora, quando mi chiami per il Nome Libertà, inebriati e nudi del possesso- mio Ararat quante volte la salita antica senza giungere alla cima dell'interno !- seguendo l'arco nella nube della schiena ci siamo visti lungo il ponte con le pietre nelle mani come frutti queste vertebre Ti ricordi la scintilla ? dalla Grande Sera al Domani che ci canta nel compimento della Croce fu splendore della luce che s'invia ad Altra luce nominandola nel volto dell'Amore abitando le sue immagini in eterno
Id: 23856 Data: 10/01/2014 18:13:08
*
Il viso verde del suo nome
Ho potato il giovane albero, i rami più bassi,
suturando le ferite, succhiando il sangue
dalla tunica di pelle, gettata nella polvere;
perché appaia la luce le carni sono aperte,
tagliate per il frutto che rivela le sue terre-
il nome che ritorna dell’anima vivente-
è così che crescerai, nella potatura,
mentre io diminuisco,
tenendo in conto l’Altro Amore
anche Tu hai perso il sangue di ogni mese
nelle acque uterine della notte
fino a Lui, Adam, sotto la spinta del dolore
con l’arresto della parola Madre
hai partorito te, dentro la casa,
passando dalle porte successive,
entrando nella gioia di metterti al mondo
nel cammino verso gli sponsali
hai svegliato il cane il giardino e i tuoi guardiani
Cercavi la sua immagine e nuove tutte le cose..
penetrando l’ombra fino in fondo
nei cieli interiori con un bacio
la debolezza si è capovolta in luce
e ai piedi dell’albero l’Istante,
gravido d’eterno, è un viso verde Ora
Distesa sotto il mandorlo, ho posto il viso
tra le ginocchia coronate, le più nascoste
delle profondità invernali,
prendendo forma come un seme,
ho toccato con la terra estrema
il mio giovane figlio in cielo
alla nascita della sua benedizione .
siamo alberi capovolti noi
e come alberi camminiamo
con le radici nell’invisibile
e le fronde sono i piedi e sono madri
morse dal serpente, e sono Edipi gonfi
nel foro aperto Achilli deboli
Terremo in mano quel piccolo tallone
rinascendo, con l’Amore
ungeremo i piedi dei bambini
prima della cena, guariremo la ferita-
del padre ucciso, dei figli orfani, e delle vedove
con ciò che è più prezioso , come il nardo
dalla testa ai piedi, avremo cura del germoglio
distinguendo dal nocciolo la scorza
in una sola lingua. Sulla Porta degli dei
sposeremo nostra Madre
per resuscitare il Padre
nel luogo più profondo e più elevato
saremo congiunzione
divenendo l’un l’altro il Suo Nome
Corona alla sommità dell’Albero
Id: 23843 Data: 09/01/2014 20:37:53
*
Sposami ancora questa notte
Sposami ancora questa notte
ogni notte che rimane nuda sposami
nel circo sacro della pelle che cerchiamo
in quella musica perpetua del pensiero
se il dolore delle spine è nutrimento
nel gioco d’archi a sesto una dimora
è il brivido che s’acquatta nella schiena
per l’amore che non vive senza rose
tra le ali e gli alberi dell’anima
abbiamo petali bagnati di visione
e tenerezze nel cuore silenzioso
schiuse gemme solitarie i nostri semi
nello stato di chi ama il delirio delle stelle
al ritmo elementare del tamburo
per guadi stretti
dove l’acqua scorre densa
sul percorso ritagliato nella carne
della nostra futura Madre sono i fiori
con la parola aperta delle cime
allo stesso modo un uomo
e la sua sposa sentono la vita
bisbigliare. con lo stesso sole
distaccarsi la preghiera che rientra nell’eterno
cercando i verbi all’infinito
imparammo ad amare
fino a partorire
la mano aperta di un bambino
con la rosa
dentro gli alisei e le sue gambe
che spingono nell’aria
lo scatto del respiro come un’onda
in cerca dell’uscita tra le cose
nel velo più bello al suo dolore
Id: 23793 Data: 06/01/2014 20:12:12
*
Mi arrivi con lunica viola, adagio
Entra formando una sfera nel seme
che splende di vuoto e senza saperlo
avanza cantando l’identico nome
la voce che torna
alla riva segreta di Schubert
con l’adagio più bello. nel mondo
mi arrivi con l’unica viola
sul cuore dei passi , e una lamina d’oro
come una tromba tu piangi energia
mettendo dolcezza nel gesto potente
a levare il respiro. con che pressione immensa
arriva l’umano e penetra la tua poesia
quel che cercavamo da soli, nell’eterno conoscersi
non si arresta, e s’inarca al lamento,
alla calma cadenza, diminuendo il più acuto
nel ventre
adagio è sentire la terra muoversi piano
se un fiore nasce gemendo, l'adagio
è camminare coi lumini sulle dita
piangendo con la luce nella gola, per tonare
a casa, con l’Identico Nome .
*Schubert- String Quintet D.956, Adagio
Id: 23765 Data: 05/01/2014 00:43:59
*
Il tocco nero dell’angelo
Così vicini gli occhi nello spazio
anche il tuo non esserci è più vero
ad osservare quel chiarore ignoto
da doverne dire il tocco nero
dell'angelo, che passa come musica
e rimane, giunto a veglia nello sguardo,
fino a sfiorargli il viso irraggiungibile,
racchiuso tra le parole e gli alberi
mentre l'alba muove il tuo respiro e sale
la misura inconsapevole del dono,
assolvendo il nulla
tutto nel suo stare
Id: 23760 Data: 04/01/2014 16:12:30
*
Aman Aman, dalla parte di Swann
Ho messo al muro la notte e il calendario nuovo
dalla parte di Swann, poco sopra dove faccio colazione, la carta patinata del primo mese ancora nascosto.
ho comprato il vischio nei sacchettini con il nastro colorato,
ne ho comprati tre, uno per me e mammet,
l'altro per mio padre domani, e questo è "per te",
avrà cura dell’assenza per sempre.
Col muso spinto in avanti,
ai piedi tamburi fanfare nei passi, amina è andata a vedere la piena, io ripeto- narimi- minuscola donna inzuppata di bosco- rimani con l'occhio che brilla sul dorso dove l'anima tende una lenza al branzino che guizza pieno d'argento. per ore e ore. ti dico: possiamo essere ovunque con gli occhi che tingono il vino con lanterne rosse di carta porteremo dei sassolini lasceremo gli auguri cadere fin là...
c’è un suono che striscia sul muro più bello di un jeko a mezzanotte sulle ombre affilate ho teso la mano cercando la fonte eretta nel vento: un pugno di ore allo sprazzo di luce
dove sfugge alla regola un filo che sale e rilascia sostanza -cos'ha da suonare- gli chiedo cercando la forma alla mano come mille orchestre d'uccelli -è la notte,
vuole fare la seta sui letti portando la luce dove il sogno ha già buio-
stringo forte la vista metto dentro parole non so fare altrimenti per fermare il lamento che "ti dice" qui accanto dove hai saputo arrivare raggiungendo il cuore col suono
prima ancora del nero la carta e sto col ventre ritratto
nel sogno
per raccogliere tutta la pioggia,
una scatola di cerini, e una mamma morbida
Sognare è certezza d'esistere, e stare
con le braccia tutte aperte
a disegnare un luogo con l’aria,
con un salto in braccio, da una piccola rincorsa,
raggiungere ogni viso
fin dove cresce questa pianta umana
che rotola, aman, aman,
come una stoffa ebraica nella pancia uscendo in profondità
al lamento del fiato, claudicante.
Sei una pozza di luce impregnata di colore
dove il destino mi ha fatto immergere le mani è pieno di spazi il tuo dentro
da potersi toccare le vertebre, e ancora dove mi fai scappar lo star male,
colpendo ai fianchi la notte,
con un sorriso,
scaturisci qualcosa che si diffonde,
un nido negli occhi del canto,
dove si sporge del buono,
staccando la verità, e noi
possiamo soltanto amare
Dalla parte di Swann, a casa della zia Lèonie,
nella stanza ho girato il Nuovo Anno
aman aman
Id: 23723 Data: 01/01/2014 15:46:01
*
Le mani sono belle
se metti nelle mani le parole,
l'attenzione nell'esistenza umana- nei gesti incomprensibili la logica, le province di senso della mente - dando la parola alla persona,
le mani sono belle
se ogni visione dell'Uomo fa perdere di vista l'uomo [che ho di fronte] nel silenzio che grida altrimenti, dando il moto a ciò che sembra fermo- a chi fugge ogni contatto
seguitando regole diverse per discendere l'opaco- sotto il polso
le mani sono belle. Di fronte alla montagna
ogni figura
che incontra il suo contrario perturbante, ciò ch'è estraneo, di straordinaria grazia, di lievità, nel petto si fanno le sue mani
e sono la valanga il pettirosso il falco
e la montagna
nomi che coincidono col cuore fiorendo nell'orecchio circonciso,
nel consiglio delle voci, c’è l’interno di una mano
c'è un piccolo uomo, alla casa sul pozzo- col ricordo degli occhi che hanno visto le bestie, nel deserto la sete del bambino d'argento- e disegna grappoli ai muri pieni di vuoto
per quanto è alto il dolore
e la testa inclinata. dell'amore
le mani sono belle nel cortile
le ricevi sul tuo viso a spazio immenso,
fenditura per l'acqua dove mettere i piedi,
e una carezza nelle ferite vissute
tra le ossa e la terra
l'intero durare che trasfigura le mani
in preghiera
è meno lontano da Te. la bocca del buio
va crescendo lentamente una luce
sulla grande presenza sconosciuta
e a un tratto tu la vedi, e le sue mani,
dalla vetta dell’ultima parola, sono belle.
Id: 23708 Data: 30/12/2013 21:59:09
*
Entrare piano è rimanere..
Una piaga luminosa di dolore
non fa uscire la notte dalle stanze
e stai seduto davanti al telescopio
dondolando lentamente le ginocchia
nell’ora del cielo, la più bella
la più forte, di quarta vigilia
per distendere il torace di chi muore
sul carro dell'Orsa Minore
cerchi pace nella sera dalle botte
facendo il segno della croce senza il padre
ascolti nascere le stelle rasoterra
la continua creazione di speranza
verso il punto di luce che ti allarga
mi commuove saperti alla finestra
smarrito nell’anello che ti unisce
dentro il guscio di percosse ricevute
è il tuo dito che punta verso il cielo
mentre io, da qui, non vedo fuori
ma so che torneresti a casa – Andrea-
colmando il vuoto del segno nella croce
se ancora avessi tua madre da proteggere
e non un segno bianco sul costato-
in cui entrare piano è rimanere
un passo indietro - denso di preghiera
Id: 23666 Data: 27/12/2013 17:55:47
*
Il matrimonio delle palpebre
Tenerezze carnali
come labbra cieche
benedetti rami! e un cuore..
Mi sono aggrappata così forte
per sapere tra il tempo del segreto
e te, esposta come un orlo sul mio plesso,
evocando la realtà la pelle in atto
Privilegio e limite le palpebre
la tensione di aderire con lo sguardo
fino a dove ti sento poi sparire
si apre l’anima, la vedi quando
stacca via dal tronco e balza fuori
con le cose intorno umane, per vedere
quando il pane viene via dal cesto che ti porto
per sfiorare il buio dell’uccello azzurro
dove le parole si sono ritirate, dove
si muore di continuo si rinasce. A poco
a poco imparo col finire la scomparsa-
il grido di richiamo e la risposta:
non avere paura di quel vuoto
se dentro un altro riposa ogni respiro
se non distingui l’andata dal ritorno
c’è dentro un caverna un astro,
una cupola di musica del parto
sonoro fecondato più che amore
con un gesto
irradia dal silenzio che rimane
Come l’acqua è della terra
e del cielo insieme, l'equilibrio
solo unendo si rinnova nel perenne
per congiungere ricchezza a povertà
Così sotto le palpebre
nell’infinito ciclo che le fa perfette
unisce un’acqua l’anima alle cose
toccando l’invisibile si tende
dal silenzio al suono
come per sposarsi, sempre.
Id: 23659 Data: 26/12/2013 18:40:43
*
Ti offro queste braccia per Natale
"Io non ho mai abitato in una casa,
sono andato sempre vagando sotto una tenda"
2Sam (7,5-6)
Ti offro queste braccia per Natale e tutto quello che mi posi dentro gli occhi per ogni volta che ti leggo e ancora perché rimani nel respiro a riparare
i momenti più immortali di bellezza
accogli i miei doni trasparenti.. con gli stessi occhi chiari degli uccelli saremo mano con la mano alla speranza nell’infinito vivere d'amore così vicini in meraviglia a quel mistero
al profondo accordo che tiene senza casa
Abbiamo un’arca sotto questa tenda
che pur patisce il moto del suo carro
ma guarda da lontano come un tempio
quanto è semplice il divino senza altezze
la potenza del continuo nel richiamo
dentro il volo circolare d’infinito-
ruotando attorno al ventre per l’eterno-
di Gabriele. In tutti i Nomi ed ogni Luogo.
Auguro a Tutti i Nomi un sereno Natale
sotto questa tenda de LaRecherche in ogni luogo
Id: 23637 Data: 24/12/2013 19:19:19
*
Spem in Alium nunquam habui
Ascolto i tuoi passi
al tramonto dell’anno
ti aspetterò lì, in quel punto
di tenerezze terribili
dove nulla è più vero solstizio
dell’impalpabile. Nulla
è più al centro di ciò
che sta fino ai margini
di quando Pangea cominciò
a dividersi , e quando
fino a un’altura
si congiungerà
brillando nei campi
avvolta di luce.
un ex voto,
che viene a notte fonda,
del tuo stare qui
essendo altrove,
può,
da una pozza di niente
saltarti addosso qualcosa
lontana da tutto, la gioia-
e non arriva un rumore,
rimasto per terra,
nei buchi neri isolati di stelle:
a Pinnacle Point viviamo a maree
nel mare del nostro mistero
dove mi hai detto delle correnti
senza perder di vista la costa
ti ho chiesto la porpora delle murici
per celebrare il natale del sole,
di quando lui tocca,
nel suo punto più basso,
tre giorni
dove viene a morire
per ascendere al cielo
è lenta, è trasparente questa salita
dove l’urna trabocca il presepe
mi adorno al tuo seno, ti ascolto
"spem in Alium nunquam habui"
taglia col freddo l’insonnia
meravigliosa di tanta mestizia
non diradare i tuoi passi
al tramonto dell’anno,
dove nulla è più vero
a metterci in salvo
di Nuovo a sfiorarti
in quel punto e domani
Id: 23626 Data: 23/12/2013 19:54:38
*
Ti manderò a dire con la sera
Un falco scintillante
nel cunicolo di cielo
entrò per fare un canto
Con lo schianto d’uno strumento strano
là, dove il mondo incominciò, credevi
di bucare le montagne con le mani
Con le mani sporche scavavi lungo i fianchi
d'angoscia, a caccia d’impossibile reale
L’illecito volar di maggio nell’esistenza
e lastre detriti, foglie latte zolle : erbe pressate
alla fine dell’estate quante volte
E tante volte esiste un tempo, un luogo
esiste che la cicala perde il vizio di cantare
che fa il silenzio di formica, fa l’inverno
Esiste un senso… e ora
Lasciami dormire lentamente per Natale
Sarò con gli alberi a leggere le tue poesie
le tengo strette nelle mani, adesso che ti scrivo,
impregnate di dolore appena fatto
Assieme all’oro antico delle tue mailArt
è vero, non ci sarà mai un altro giorno
come questo. Sicuramente i colori-
se custodisci il tempo- ancora
li puoi incontrare per il vortice del fiato
per la forza di tutti gli alberi
che sfuggono i tempi
In splendidi Vuoti..
Ti manderò a dire con la sera
di quali doni mi avranno innamorata
su quale ramo
la realtà con l'aria
ha raggiunto il sogno
che chiama amore.
Pablo Picasso, Femme assise au capuchon, 1902
Id: 23595 Data: 21/12/2013 22:13:00
*
Se l’andante che segue con l’aria
Inciampo nei sassi di ere
Lasciando sul limo l’impronta
Del corpo, le mani, e la rosa
Morendo, in silenzio un minuto
Il seme che viene a splendore
favilla dell’ultima luce
Poi scoppia in grandezza e s’interra
Incidendo lo spasmo contratto
Nell’occhio l’erranza che spinge
A salvare un’urgenza- un miracolo
Un attimo tuo benedetto
Sulla carne coperta di luce
È l’odore mandato a memoria
Che costa del sangue a partire
Di una donna che pensa e ripensa
Vincendo ogni volta il pudore
Del rosso traverso il torace
Dell’uccello che canta ferite
Nel fare l’amore con l’albero
Accogliendo una spina nel fianco
Un magone strozzato il respiro
È una morte immaginaria-
Che trafigge tutta la valle-
Se l’Andante che segue con l’aria,
Quando s’abbia il coraggio a toccarla,
Nel potere di resurrezione
È il più pulito dell’uomo
-A darle nuove parole
I nomi per altri mattini
Che germogliano intorno
All’inciampo
Id: 23580 Data: 20/12/2013 21:49:08
*
Se lAndante che segue con laria
Inciampo nei sassi di ere
Lasciando sul limo l’impronta
Del corpo, le mani, e la rosa
Morendo, in silenzio un minuto
Il seme che viene a splendore
favilla dell’ultima luce
Poi scoppia in grandezza e s’interra
Incidendo lo spasmo contratto
Nell’occhio l’erranza che spinge
A salvare un’urgenza- un miracolo
Un attimo tuo benedetto
Sulla carne coperta di luce
È l’odore mandato a memoria
Che costa del sangue a partire
Di una donna che pensa e ripensa
Vincendo ogni volta il pudore
Del rosso traverso il torace
Dell’uccello che canta ferite
Nel fare l’amore con l’albero
Accogliendo una spina nel fianco
-Un magone strozzato il respiro
È una morte immaginaria,
Che trafigge tutta la valle,
Se l’Andante che segue con l’aria,
Quando s’abbia il coraggio a toccarla,
Nel potere di resurrezione
È il più pulito dell’uomo
A darle nuove parole
I nomi per altri mattini
Che germogliano intorno
All’inciampo
Id: 23579 Data: 20/12/2013 21:41:35
*
Quando resterà più luce
Una grazia che ignora se stessa
un po' larga di fianchi
qualcosa di cui potevi fidarti,
nuove prospettive alla durata,
tra ciò che Lei toccava, e ciò che la circonda
dove finisce il suo corpo..ora
sembra un’estensione con le cose
nel soffio del sole che viene leggero
foce di suoni e colori
più fitte che mai le sue mani
sanno di mirra e d’incenso. negli occhi
c’è un minareto, e una pioggia trascorsa
sulla sua schiena, di neve su neve
per tutti i capelli bagnati
a splendore
in coincidenza con lo spazio
lasciato vuoto per la mente
le gambe corrono tutta questa danza
del suono come limite, dell’egoismo senza meta
nei tuoi gesti. Nell’acquario forse
i pesci muoiono, senza sfoggio d’umiltà,
senza mansioni. Invece l’usignolo
può cantare molto a lungo
nella sua mole piccolissima
e un cigno volare gli ottomila
senza fatica del respiro
riempiendo tutti gli spazi liberi con l’aria
fino alla vertebre, alla cima delle ali..
quando resterà più luce
allora immagina
il gran peso delle Notti
guarda coi tuoi occhi sani
per sentire ancora al buio
la latitudine dei sogni
dove l’amore è indissolubile
quand’è libero. Trattienilo
nel volto
c’è più del semplice passato
che rimane,
il suo canto puro
verso l’Aperto.
Id: 23564 Data: 19/12/2013 21:11:57
*
Nell’alone dei seni
Quasi non vedo a toccarti tanto sei troppo vicino, più dentro ad aprirti, a chiederci : è un'unica rosa? nel freddo di dolorosa bellezza può immaginare il cuore di un fiore scendere fitta la neve fino al suo centro?
Muovendomi era così che cadeva felice, precedendo l'azione, l'amore, riparandone i vuoti, per Rainer io vedo l'imene e i tuoi occhi nell'alone dei seni con l'aria che ci rende bianchissimi.
Id: 23534 Data: 17/12/2013 17:57:05
*
Nel peso di una vita la dolcezza
Era piena di grida la casa
più non vinceva la luce
il peso della morte necessaria
C'è un senso di larghezza dolorosa che mi prende contro i muri della sera incapaci di rispondere al bisbiglio quando nomino del bosco la preghiera e non bastano a far giorno le lenticchie nell'ovatta dove crescono la voglia
Mi sono presa cura della casa,
del male incognito da dissodare dentro,
facendo uscire i nostri corpi dalle porte
per camminare là dagli alberi,
dove c’è conciliazione ancora vergine,
colmando di riguardo e riverenza
dinnanzi a quel che è più di noi
qualcosa, l'anima
Il ritrarmi tra due innamorati,
reclinare il capo tra la ginza e il tiglio
nella grazia concessa a chi dona un inchino,
è pietà che mi lega
nella loro dimora
è religione d'antica eusebeia- qualcosa di libero e sacro
che fa spazio all'incontro;
è lì che mi chiedo che cosa stiamo facendo per casa dove si svolge la vita la notte che grida la parte dove si erge il male finito
prego i miei alberi alla sapienza più grande
di sapere morire permettendo di nascere ancora.
Ritorna l’anima ai muri, ritorno io
simile a un albero, a guardare le stelle del mio focolare tenendo in mano un pugno di terra negli occhi la linfa a toccarmi la carne
nel pieno di una fiamma, il ventre nudo.
Entra svuotata e gravida di luce
nel peso di una vita la dolcezza
ritrova quella mano per tenerti
come un viaggio infinito tra le ombre.
Id: 23509 Data: 15/12/2013 21:22:42
*
Due monazeni stretti gli occhi
Sale con la nebbia dentro il fiordo
un giorno intero per te, ancora rosee le cicatrici fioriscono nel buio delle profonde fenditure sulle rocce con tutta la lentezza del tuo viso l'urlo della mente è una colonna d'oro in un campo azzurro due monazeni stretti gli occhi a cielo aperto bloccati per sempre nell'ambra dove tu arrivi a strapiombo prima del tuffo nel mare irradiando un'ombra sulle mani, discesa dallo sguardo, ti abbandoni alla vita, delle mie labbra fai te stessa, se continuo a baciarmi, t'insinui nella terra, bagnandomi le dita. Dove ti posi ti mormoro, madre, Buoncompleanno, aggrappata al fianco delle pareti ascoltando la danza del mare pendente sopra le onde oltre i propri limiti .
Fiordo di Furore- antica meta dei suoi compleanni
Id: 23495 Data: 14/12/2013 23:37:01
*
Il Rotolo dell’Angelo
-Eravamo al principio del mondo
sulla riva nord del Giordano
per Betlemme cercavi la tua pecora inciampando sulle pelli della Bibbia tradotte in minuscoli frammenti sullo specchio d'acqua d’Isaia sotto le volte della più alta cavità inginocchiati al Nostro Garizim-
Bagnammo i nostri nomi così piccoli
tra le ossa esposte in vasi d’oro
sulla riva di un luogo lontanissimo quando la sorgente allargò il corpo
come il rotolo dell’angelo a Bet-Sham con le dita dell'istinto, della fame,
fra i capelli bagnati di parole
sfiorammo insieme la Natività.
Battendo ciechi, come il cuore di una lepre,
contro il bianco degli occhi primitivi
leggemmo col respiro polmonare
la nostra supplica sulla pancia nuda.
Qualcuno arrivò, coprendoci la schiena,
le angele forse, sognammo.
Id: 23474 Data: 13/12/2013 00:09:25
*
Il giorno che si unirono col buio
Da dove vuoi che venga lo struggimento
della danza, il canto nella lucida malinconia
nello smarrirsi il selvaggio più sublime
incerto del dolore?
Sospesi al cielo col bastone della pioggia,
forato al cuore da buchi in tenerezza,
al muro dove volano gli uccelli
il tempo esatto di una grazia liberata, compiendo un balzo, non esiste più
distanza, esiste ciò che la circonda,
il suono. non è scivolando sulla superficie
è penetrando fino al Nulla
il centro della sfera
dove giunge sommessa la figura. da lontano ha la fermezza di un tempio in un villaggio abbandonato. ti entra dentro,
se sapremo contemplare nel suo interno,
se devoti, conosceremo i sonni fatti,
l'uno per l'altro attratti. rifiorendo nella sua bocca quanto un uomo e una donna abbracciati. dalla morte all'immortalità degli occhi chiusi. il giorno che si unirono col buio nel grembo materno. ancora prima di nascere. tanto erano innamorati
Regredendo da persona a seme
per lo stesso grembo che gli dette vita nel mistero femminile della luce è quella danza la notte partorita- aprendo il chiaro di sentieri nuovi l'inesprimibile completezza, il fondersi
riflessi dentro un occhio solo-
è quel segreto divenuto intero.
Id: 23450 Data: 10/12/2013 23:48:37
*
Sul tuo pendio più azzurro
Nella ricerca vibrante dello spazio
di finitezza umana ci aiuta la sera
a dire sì alla sua conclusione, con la mano
lasciamo la presa e il cuore s’innalza a ritroso.
Nel ciclo dell’aurora, nella tremenda dolcezza
dell’origine. mi contemplavi dentro l’acqua
e ai piedi, con la tenera pazzia di un turbamento,
lo sfrigolio dei lumini sulle dita
mappando l’inguine la luce
ravvolgeva in ombra l’abisso d’altri segni
ripercorrendo il sangue e nulla,
verso le altezze d'ora
ha la stessa voce dei salmoni
sul tuo pendio più azzurro
per gettare una scintilla nell’inverno
della distanza- è una voce di forza elementare
se l’inverno mi ritorna il volto del tuo nome
per contenere tutta l’acqua. tra le gambe
sgorgando la verità di quell’amore .
Controcorrente- Giorgia Lubian
Id: 23435 Data: 08/12/2013 23:03:35
*
Se l’amore che avevi non sa più il tuo nome
Una mela riflette la luce,
gli occhi la portano dentro-
se è rossa, se sta cadendo,
come arrivare da un posto a quell’altro?
Tano e Maria.
Da dove viene la mela
c'è la notte che preme
e un sibilo bianco
vede solo il calore
della coppia, di sedie,
la fronte riunita,
e una piccola porta,
dietro tutte le cose:
quattro ruote le zampe,
e uno stesso cavallo.
Un giaciglio, le labbra
al calare del sole. Maria
fa sì con la testa
negli occhi di Tano,
immobili i nomi,
confusi bambini.
Nel parco degli ippocampi
ho trovato gli sposi,
seguendo la voce,
nell’eterno presente
del loro saluto,
" mi ami !"
e a capo chino
gli dato la mela.
Id: 23409 Data: 06/12/2013 22:43:15
*
Non so chi sei che amo
Riluce dove è oscuro quel colore infantile quel caos di madidi amori da succhiare stimmi febbrili d'uguale dolore
mostrando del nudo la verità
-gli slarghi del tepore
violentemente amante- per concessione dell’inverno con le punte trasparenti verso il cielo, che si apre lentamente in un'aurora, degli alberi, che emergono brillanti battendo coi bastoni sulle porte, per la questua interamente d'edera,
col fiato caldo avanzi
presenza solitaria e silenziosa
apparentemente inanimato
t'intuisco appena, visionaria,
tra i rami stretti del tuo buio mentre ti espandi in uno specchio d'acqua semi cosciente, della vita nel laghetto in minuscole gioie fai vibrare il tempo liberato dal ghiaccio del mattino
danziamo flessuosi, gocciolanti d'acqua e, capaci di commuovere anche l'aria, dove mi sfiori senza fare gesti sono così piena del tuo volto.. -anche se non ne so nulla- a dare vita, che il farsi della vista è l'armonia che avanza in solitudine stupenda che avanza respirando con l'argento dell'abete sulle labbra del Natale " tu vivi presso me" -mio donatore-
lungo le rive gli alberi e le vene e- non so chi sei che amo
oltre la poesia.
Id: 23376 Data: 03/12/2013 22:48:48
*
Di te che leggi il tempo di ogni canto
Pensami con te nel centro di Trieste cercando un libro di poesie
sopra un banchetto, nella piazza, al bar di Ernest
a baciarti tra gli specchi. All’obelisco di Opicina
pensami mentre punto il seno verso il mare
con le braccia che stringono sui fianchi
fino a sentire il tuo sesso contro il mio
ti dico il mare allora e il carso. dentro gli occhi pensami che stiamo andando
a far l'amore
sul sentiero delle rose di Duino
Ed è come se potessimo mangiare
dalle nostre mani un giorno come oggi
e molti luoghi
svuotando di tenerezza l’anima
con l’odore delle rose nevicate
assorbendo luce e umidità dagli occhi
nel contatto pre.verbale divenendo
l'io un Noi che inonda
dove c’è la meraviglia e cresce un figlio
posando i piedi piano con rispetto
ci trasformiamo
per non separarci mai
rimanendo a leccarci tra la mente
toccando piano il ventre per condurre
amore. E Quello che noi siamo
soffiato in lontananza inconcepibile
come nel primo giorno
col servizio che risiede dentro il cuore
di te che leggi Il tempo di ogni canto
nello scialle di preghiera sopra il capo
tra mezzanotte e l’alba pensaci
bruciando la Nostra offerta, l'ultima
“al di sopra di ogni benedizione”
come fosse sempre la prima notte
oltre di noi immensa.
Id: 23356 Data: 02/12/2013 22:06:41
*
Due bambini sulla strada
Ancora un inverno e nuove ali
ai piedi nudi che cercano aderenza -battendo ai vetri gli avamposti-
sorvolando a mente dove il fiume
fa una piccola piega e si ritira tra la pancia e il cuore. Con la neve è un tatuaggio nuovo a caratteri di fuoco
un’ipotesi di cura sul sentiero
di suoni labiali ci spetta un nuovo amore nei corpi schiusi di bianchezza- per ogni sogno spento- si sporge e colma il cielo gonfiando la pelle alla soglia
eppure migriamo
nella rivelazione del silenzio- soffrendo la ciotola di pane dove abbiamo raccolto del vento
lo sguardo intravisto a manciate l'ombra degli assenti. Stringendo al dito una memoria segreta come reliquia- dove calmiamo il male di bianco trascinando sul labbro una luce
nella piena del freddo aspirando a un colore lontano
a un albero più vicino negli occhi-
che si adagiano chiari all'andare-
proteggendo quei pozzi vedenti
come un'Ama le perle del mare
come il cielo i lumi la sera
Quei due bambini
non scendono a patti
con la realtà
camminano verso di Noi
non si voltano indietro, la loro innocenza
scende la strada, viene fuori dal paese
tenendosi per mano. l'orizzonte
alle spalle. Tutto diventa cos'è.
Soutine- Due bambini sulla strada
Id: 23343 Data: 01/12/2013 23:30:45
*
Sulla strada per Ourika
C'è un tempo del segreto che attraversa
sottotraccia l'accadere delle rune
che l'anima rimanda non più corpo nel dolcevuoto della clandestinitá
sulla strada per Ourika non hai casa non hai spazio dove mettere le voci con la cura della lana, e le parole moribonde, nella conca dei rumori
in quel gesto si dà forma a un altro suono intorno a quel che resta della cova nella crepa dello spazio fancora fresco
dove l’aria ti passa per
la tocchi come casa se rimani
ad ascoltare nella camera votiva, la stanza d'oro, dove il respiro non si perde con la sua stessa voce lungo il viso.
Id: 23311 Data: 28/11/2013 23:02:25
*
Voltandomi il sorriso in altronulla
Trascorre negli occhi il suo giorno,
nella sua febbre, il fuoco di poi... cede la parola, si fa debole,
nel silenzio di luce, un’altra quiete
sembra nascere un canto
all'insaputa del buio
scorgo quelle labbra
nella dimora del cuore, nel singhiozzo
guido le mani le carezzo la schiena
come facevo quei giorni
" come sei brava bimbetta" sussurrava con tutta la forza che ha.
Mentre bruciava le ore inattese
-dolce lume arreso-
sulle piaghe future tremava l’inverno
Tremavo io per Altrimondi, per un giorno dilatato
pregavo. Come un papavero offerto al gelo
si è fatto l'ascolto
l’attesa dei fiori che oggi mi dona
e il buio un’antica sorgente
dove il vento accumula luce
e paziente respira, e riappare mai sola
nello scatto del cervo, nel taglio
della nuvola sotto il monte,
nel cuore in corsa, nella tana
voltandomi il sorriso in AltroNulla
dove mi trascina
sul confine della neve
nella sua danza. è primavera anche questa.
stella trasparente
sul dolore della sera.
Fuji- Okusai
Id: 23297 Data: 27/11/2013 19:57:20
*
Dove si risolve il cerchio
A fior di labbra con la mente sul confine è un ponte quella cucitura che si stringe sulla pelle nei due punti un margine di tempo alle ferite di un uomo senza veli sul mio cuore sono nuda con lo sguardo di una donna dilatato sei lo sposo alla mia pieve passo passo sopra il muschio della riva
con la dolcezza più grande sulle spalle a te sono venuta lentamente baciandoti la fronte infreddolita al buio dei capelli- tacerti accanto Ho paura. -O dove devo andare con la mano per amarti se dormi e vivi nel midollo?
sentirmi donna e maschio penetrarti mentre ti appartengo fino in fondo dove sei entrato- dalla madre fino al seme - Matrioska
Ascolta- nella cavità che ci appartiene in un atto chiusa insieme al sesso non si accorge che nasceva in due con il bosco sotto i piedi Adamo nella sua metà di donna che si muove
come un fiume e piena di qua di là verso la fonte verso la foce
s'intravede il doppio nella terra di questo nostro volto
Dolce nella pancia a poco a poco
divenne chiaro senza una parola
e gli occhi amati
dove si risolve il cerchio.
Id: 23279 Data: 26/11/2013 20:41:42
*
Il vapore di Abele
Un tempo dell’attenzione, della conta
un tempo, dei pensieri, uno spostamento
dell’azione- meno di dolore più
di forza- la parola di _amante fidanzata compagna moglie
Lingua che non violenti quanto la violenza
Chi guarda solo
è più pericoloso di chi fa male
-immaginare altre vite: che non allevino califfi
di Senofonte: la soglia di casa separa l’uomo
che guarda al di fuori da cittadino, dalla donna
che guarda solo dentro e dirige casa-duemila anni fa-
Dov’è il Nonno autorevole? E non tu, padre coetaneo?
Metti gli occhi nei cortili degli asili
tra girotondi e scivoli tra bambine
con bambine- non si mescolano i maschi
con le femmine, le due metà del Mondo
delle camerette di attrezzi colorati, mostri
e mezzi di trasporto, mica peluches e bambolette
I calciatori sono maschi, femmine le ballerine
meno forti e preziose, riproduttive certo- bisognose
di protezione- Nei cortili degli asili è l’ombelico
Di PariPasso, se impariamo a mettere
la ruota della bicicletta sopra un albero
Questo è il viaggio:
“Chiamala violenza non amore”
Uno due tre quattro mani insieme
Proviamo a cambiare racconto:
che la violenza è fragilità, non donna
alimùt è violenza, elem il silenzio
dell’Uomo che usa le mani
per linguaggio- s’appropria del Tuo
vapore, della bocca di Abele.
Delle mani di Camille Claudel
interrogarsi è un acceleratore
“Sì ero sola in casa. Sì confermo di essere stata
sola in casa, di essere solo caduta dalla sedia…”
Id: 23270 Data: 25/11/2013 22:21:05
*
Col nostro più antico theremin
Salendo le scale del condominio
di tante esistenze, è da sotto le porte di casa
che scivola ed esce la famiglia riunita
con l’odore dei tortellini tra i piani
confondo il mio solo di latte
nella tazza all’adagio di Mahler
tocco di nuovo la terra nella mia stanza
allargo le braccia come fossi un uccello
e l’incenso per fare domenica, l’altra metà
del cielo la forza è ballare tra bestie
del passato a fermare il dolore. E' resilienza
a volte la sera rotolar giù dal letto
per quell’unica fioca candela,
da basso dove viene la musica,
a piedi nudi in giardino bagnarsi
con le sagome nere degli alberi
fare quel passo e un ritmo di_verso
danzare nel chiaro del legno e l’erba per fiume
lasciarsi rivivere, sentirsi a casa
tra gli abeti e la ripida sporgenza del Natale :
le pareti sono nude, le finestre le radici
una dentro l’altra trasparenti sono tre
e una pozza di luce al davanzale
è vederti bianca nel buio della mente
tenere insieme il mondo
col nostro più antico theremin
fino ai rami fino alla chioma
assorbiamo la pioggia suonando
toccandoci senza le mani
“né legno né corde né crine”
Con l’aria siamo vicine coi seni
che mi hanno fatto crescere
mangeremo la luce agli odori.
Id: 23255 Data: 24/11/2013 17:38:39
*
Abbiamo smesso di camminare
Abbiamo smesso di camminare
Fatto l’amore tra i rami
Nello spazio cavo di un tronco
E di noi stessi. I volti somiglianti
A figli nostri- ancora bianchi di tamburi-
A un giorno che non muore, una madre
Che non fa un passo con in petto il sole
Niente potrebbe svegliarci
Disincarnati e pieni di luce
Ornati di foglie con mani d’argento
Nessuna parola descrive l’interno solitario
Gli sposalizi di albero in albero
Le volute delle immagini , le meraviglie
Di un bosco coraggioso, l’ultima canzone,
Dilatandoci lo sguardo, senza voce,
Nel Vuoto della gioia. Eravamo inesistenti
Al viaggio delle distanze, come specchi
Seduti sul bordo di un letto
Nascosto in campo d'amore
Col chiarore del pensiero ci avvertiamo
conservandolo -col calore se potessimo-
è già amare-
Riesci a sentirli? Puoi sentire i tamburi?
Tutto ritorna a casa. Senza lasciarci soli
L’Assenza. L’anima vede, basta un Nulla,
E siamo doppi sebbene ciechi, sentiamo
Ritornare la luce di ogni giorno. Per vivere
Ci contempliamo trasparenti ci attendiamo
Nel grande centro Silenziosamente
Abbiamo smesso di camminare
Per ricevere la Luce che rimane
Id: 23236 Data: 22/11/2013 22:57:49
*
Loro si dissanguano in luce
Erigi cantando chi vive
e muore mi hai detto sul foglio
a colonne, cupole e altari
da correrci intorno col fiato
che tiri da sotto il maglione
a riempirsi Come una jihad
il mio credo la fede d’amore
sostiene lo sforzo fa leva
solleva il tessuto e t’avvolge
ogni volta protegge, ti pare, irruenta
preghiera di fede l’anello che tiene
ed implora nel rischio che accresce
la voglia d’amore, la parte mancante
d’inverno, le forze di petto
unite per stenti sollevano il grumo,
che piano riprende, che costa fatica,
dolore di fiato che trovi disgiunto.
La nostra casa solleva le pietre
tocca lo spazio al confine di voce
si fa grande in silenzio vibrando
costruendo sistemi di attese speranze
patteggiamenti di pene, per quel che ci resta
e non morire. Come un totem di dentro
mi scoppi e risorgo. Non so
se sei consapevole di cosa mi renda
scuoiata, nel sentire le mani,
tra un corpo che s’_offre, quando ritorni,
dai canti originari di cose Estreme
e ti sento risalire contro l’abbandono
che spegne la voce in buchi di luce
A cantare piangendo, senza fine nel tempo,
senza fine non muori Padre Nostro nei Cieli
Elusi mystèria, correndo la spina dorsale
doppia di meraviglie, le basta Un dipinto
per vivere una pretesa di Mondo-
fosse il mistero del non potersi più dire
i semi che fanno nascere i prati
il segno che racconta di un corpo-
che non finisce mai d’iniziare.
Rabdomanti di parole noi
sgorgo di sillabe per trasfigurare
Le cerco perché la sete è
carovana migrante, la fonte , la pozza
in questo deserto il tragitto
gramaglie di nomi che fanno il perdono perchè
non lo potrai più addormentare
chi hai tra le braccia tenuto a fuggire.
Carovana di sete le dimissioni dal prato
alla luce devote
cercano un angolo, l’ombra
a nascondere sposebambine
all’appena,
oltre i Monti Mari Pelori, sull’orlo
dove comincia l’oriente, fin quando
dirai delle cose il Suo Nome
dentro nel buio: tu guarda:
Lui tiene in mano una castagna
Lei sente gli alberi gridare
Lui tiene in borsa una melagrana
Lei sente i monti camminare
Loro non s’incontrano mai, per adesso
perdono Sillabe nere sul foglio
Loro si dissanguano in luce.
Id: 23209 Data: 20/11/2013 21:39:53
*
Se ora scendiamo
è la grazia dell'acqua negli occhi invisibile per eccesso di luce lassù dove siamo saliti abbiam Visto le pietre bagnate
dando alla luce morendo
la nostra pelle fare poesia
in un ciclo continuo, dove ci siamo scambiati le vesti
non puoi vedere di più,
se ora scendiamo. L’alto di Noi,
al di sotto del mare, è l'll ricordo che possiamo sapere
l’accendersi della parola
dove una volta una luce
ci somigliò a chi siamo
smettendo di essere
Anthropomorphic Landscape - Joos de Momper II
Id: 23188 Data: 19/11/2013 20:37:49
*
è quel bambino sopra il seno
S'innalza si libra
poi svanisce
a mani giunte in ginocchio
Ha qualcosa di così delicato in volto
un sapere un amore
nelle pieghe del corpo
una luce che brilla. a pensarlo
vola via da ogni singolo sogno
un'onda gravida in dono
sopravvivendo alla sua stessa morte
coi capelli impigliata nei rami
nulla vale a legarli o distanza
necessaria al destino- nell'eco
che ancora li volge, implacabile
è un filo di canto alla gola
la Sua poesia
un cuore grosso di gioia,
come quando salta i fossi da sola
senz'altro sapere alla sponda.
hai soffiato dentro l'albero un respiro
della vita il suono consonantico
impronunciabile - ai margini del chiaro
riusciremo forse- Nel notturno dell'ascolto
ti conoscevo appena, i miei occhi ora
ti Vedono donna
e una voce più sottile
è l'affondo nel buio del terreno
che si leva in stelo, è quel bambino
dal ramo che fiorisce sopra il seno
mentre un vento conduce via la sposa
dall'altra parte della neve sulle spalle
giudando le sue mani nelle stanze,
nelle stanze bianche di silenzio,
svanendo infine nel momento
del suo più intenso splendore.
Giovanni Segantini - Le cattive madri-
Id: 23157 Data: 17/11/2013 19:35:00
*
La fiamma protetta, lintegrità della neve
Pensare a noi
è pensare a molto altro
nella pausa del respiro
un lutto necessario
fuoco e neve
in una stessa fiamma
sino a traboccare
tra la terra e il cielo
il fiume più grande del mio cuore
nel tempo pieno della carne-
il miracolo dell’albero
sul nostro vicolo cieco
altero e reciproco-
vale la pena tutto lo spazio la paura
di quello che può fare la montagna
l’urlo del torrente a sommergere le piantagioni
a spostare le strade
nel flusso caldo del sangue
in luogo interiore
che annulla ogni esterno
riflettendoci in luce
e indistinguibili volti
generati gli uni dagli altri
come un’acqua lustrale
rimane l’incontro-
tra le vasche saldate di creta
e migliaia di piccole piante
di semi indistinti a memoria
tradisce l’antica presenza
di occhi assetati e compiuti-
per l’ultimo tratto
guariti
fino a sfiorare la bocca
a respirare in un unico gesto
la fiamma protetta
l’integrità della neve
tra noi
Id: 23133 Data: 15/11/2013 21:22:53
*
E li chiamo i miei Amici
C’è un linguaggio totale
che continua a propagarsi
dove sbuca d’improvviso la tua assenza
con Istanti di pienezza
sulla baia dei cipressi
la potente melodia di una rientranza
sulla strada, c’è il rumore originario
il nesso che mi lega e ti allontana
da una soglia che separa e torna a unire
la percezione del paesaggio al suono
cogliendo nel colore dello sfondo noi
l’anima di una gioia lancinante,
il gemito, dei cipressi senza braccia,
che dona il compimento del brusio
l’intimità del canto che si spiega nel respiro
-siamo nell’assenza delle immagini il silenzio-
Vivono in disparte in cima al campo
prossimi ciascuno all’altro, un corpo solo
in mezzo a loro il buio impenetrabile
può attraversarti di una luce commovente
che non puoi dimenticare. E questo avviene
E li chiamo i miei Amici
come avessimo una mano sola
nella comunione. Siamo così.
Ci ascoltiamo. raccolti a sera
se chino il capo una pena si fa grande,
se lo innalzo
comprendo la loro forza dentro il vento
a celebrare quello che han vissuto-
se li tocchi iniziano a parlare
coi profumi- con un canto
per non smarrirmi anch’io dico di me
delle ore coi pianeti nella stanza
di quel dolore. Quando chiedono di Te,
nel principio e nella fine,
si sostengono l’un l’altro
sfiorandomi la solitudine, solenni,
come fossi dentro di loro e in ogni tronco
la preghiera della sera, un dramma, il compimento
le loro braccia insieme, un Padre Nostro, nulla
e un piccolo anello inesauribile di sillabe
fino a sentire il loro sonno sul mio petto.
Allora vado Via fino a domani.
Id: 23109 Data: 13/11/2013 23:17:42
*
Socchiudo gli occhi a pagina cinquanta
Appoggiati al muro e muti
tra due suoni fedeli al duro accordo di sanare le parole
rafforzando la grazia dell’ascolto
pur temendone il dolore
in quel silenzio gli odori sono usciti dalle porte
Un muro inerte- dici che saremo che sarà faticoso nelle stanze contando i tuoi respiri ricordare del bacio ad Istanbul.
All'incrocio con Dalgic Cikmazi socchiudo gli occhi a pagina cinquanta nello spazio di un piccolo Museo dell'innocenza, l’epifania intoccabile di un miracolo più ancora cadendo al muro giura sulla promessa estrema- con il petto lavato tra le pietre-
dischiude la sua accoglienza e il tempo infine non fa male
Come una mano potrebbe aprire un origami ci ha sconvolto così
il vuoto spazio dell'amore il velo irripetibile
fino a dove ci siam spinti levava le parole di ogni giorno e ora la sera viene sopra, a poco a poco,
al Nostro primo tacere, da un lato nuovo chiudimi pure gli occhi, io vedrò come un fratello col mio cuore
a vita nuova amarsi
Orhan Pamuk- Masumiyet Müzesi
Id: 23094 Data: 12/11/2013 22:26:37
*
Per entrare ancora chiari nei colori
Sono lunghi anni di Vento
che fanno spargere il mattino
la luce custodita dentro gli occhi
-luce antica di una nube sui telai-
che illumina la mente naturale
uscendo dal sè ,come la rosa,
nell'armonia con il creato e l'anima
sul fondo dell'occhio trasparente
come membra nelle membra del diluvio
nelle celle persistono le immagini,
anche dopo la scomparsa del frastuono,
la disgiunzione del tempo nel diorama.
esposto sulla neve al boscovecchio
dopo il Ponte lungo lo scalone
ti accoglie un frammento luminoso,
nell'universo inquieto come un volto,
tra volti ebraici che non si possono fermare-
tramonta l'uno e l'altro sorge lento
dei settantadue trattenuti nella gola-
o come l'acqua, mai per caso, che diventa
qualcos'altro col vapore, con un salto
flottano a urli nel buio delle palpebre
i pigmenti con la canapa e i pennelli
mentre Lui corre al petto dei viventi
suggerendo eternità a perdifiato
nel sangue, nel sudore del ricordo,
ci camminano di fianco i nostri morti
respirando, come in sogno io li porto
dove gli occhi ritornano puliti
per entrare ancora chiari nei colori
Joseph Mallord William Turner Luce e Colore - La mattina dopo il diluvio
Id: 23072 Data: 11/11/2013 19:38:14
*
Diversamente pelle e congiunzione
È un centro così forte che colpisce l'incomparabile incertezza, un Dio futuro di tutte le forme, un bosco un tempio il vento, vivo in assenza della pelle di volta in volta con un gesto delicato dove mi abbracci fuori mi sei dentro ciò che il corpo dice, se lo sfioro -come faccio con la luce intorno gli alberi- una lacrima sale verso il viso e coincide con il tempo dei pensieri dove il Tempo è fermo a immaginare "dove stiamo ora?" - Al centro. Le domande sono i brevi movimenti della pelle " E tu?"- ed io, se dici una parola lunga, se mi accarezzi , se la terrai vicina alle tue mani le farai sentire il tuo piacere sentirà ; tra quello che puoi dare e che potresti e quanto la distanza sia rispetto a loro, non ci salva che l’a_ more -quel più di ogni giorno che rinnovi- per quel sentiero che rasenta l'assoluto miele eleusino di api trasparenti che discendono la soglia. delle Rose la forma che fa pieno il vuoto è l'estasi nel Centro della vita, è la rugiada spoliazione e sposa, nel tragitto silenzioso verso il sole, di un fiume in piena luce sul tuo viso, che distilla nella sete il desiderio che fluisce senza fine in altre acque, nel seno della voce, è un golfo sacro diversamente pelle e congiunzione.
Dicono che il mare accoglie il mare così dai nostri sensi custoditi -nel graduale che ci spoglia fino al salmo- giungendo dentro un fiore la radice è il centro che dilata dove cresci dove entri con a more e ribes bianco
sfiorami i tuoi occhi, se lo puoi, dì loro che li amo in quel che "vedo", non per quel che so dietro la schiena, dove avviene il gesto in fine sera
aspetta solo San Nicola l’ora della neve per danzare con gli amici una donna e poi quell'altra ancora
più in alto siede, dov'è l'oscurità che senza mani e volto ci risponde, nel reciproco sfiorarsi nelle rose che piano si avvicinano all'interno.
Id: 23046 Data: 09/11/2013 20:06:33
*
Tra l’acqua e il legno ti ho incontrato
Alef Bet Ghimel Dio l'Altro- Noi che portiamo l'acqua dal deserto nella terza lettera dell'alfabeto C'è un canale buio sotterraneo che sbuca nella piccola cappella di Quinta da Regaleira
appena fuori Sitra
È lì che ho ricordato di Zakor - da un'acqua tra le rocce rosa la propria parte dolce e Femmina, per l'unione dei gameti fecondando fino ad esserti la sposa
Un fiato caldo dal deserto, l'Uomo, risalito da quel pozzo, in cui sará -dopo le statue dei guardiani contendenti la conchiglia dei midolli- spina dorsale, e battezzato
Adam sei alla luce e quasi non ti accorgi dell'orma tua più grande .della vergine. nel percorso immacolato del compiuto nella grotta dell'inizio e di te stesso nel ritorno non "ricordi" ? Ti fai sposo. Le montagne son di nuovo le montagne
Così ti ho sentito risalire, appena fuori Sitra, supina ad aspettare dal tallone verso le caviglie incrociando sopra il cuore per raggiungere la gola pulsare al canto interno dell’occhio luminoso penetrarmi dal cervello fino al cielo Sei nel foro delle lacrime Del mare il radicale insieme della madre unendo ciò che crea con chi nutre
Alef
Fai ponte tra l’istinto e il razionale il due che dividendo non separa: è il battito: il tuo bet che m'innamora l’alternanza con l’opposizione il movimento che più amo di Zakor l’inclinazione intima di un uomo le disposizioni a donna del suo cuore
Su quella linea di separazione tra l’acqua e il legno ti ho incontrato nella mia propria pelle contro il seno s'è chiuso il cerchio con le spalle di Quinta da Regaleira sul tuo viso.
Se passi il dito sulla corda puoi sentire altre note per altezza quando arrivi : se per metà di sopra c'è l'ottava nel Tempo degli armonici è la Vita- nell'onda degli impulsi nel pianissimo -come insetti ha compresso loro i cuori lo spettro che dal nulla ricomincia muovendo velocissimo formiche
S'incomincia lungamente e con gli stessi oggetti un rintocco nello spettro del più grande,
in un diverso tempo dell'acuto, il grave, ridisegnando in basso sulla stessa nota quel che c'è nel piccolissimo, si spegne
È l'assoluto incedere il rituale delle balene, il tempo lento, e calmo l'adagio delle ottave dentro il canto il movimento che fa scorrere alle dita nello spazio del registro la distanza
l'attrazione che si muove per l'abisso un cammino che ci attira e non si cade [ si continua per discendere anzi si sale ]
nel silenzio cui si torna dall'inizio
al centro siamo Noi, la cattedrale umana La salita di discese la parabola dei singoli frattali -tutto intorno ci sono delle voci che da lontano vengono e spariscono [ Do / Re diesis / La / Fa diesis ]
Si fa preghiera il nome tuo, L'adagio sull'ultimo gradino dentro il tempo nel canto di balena io risalgo mentre giunge sul finire l'll colibrì
Id: 22964 Data: 02/11/2013 16:12:48
*
In quello scambio d’avvenire
L' Inatteso
fracassa le pareti della mente
con la dolcezza feroce di un affanno
tra turbamento e lingua la tua Voce
come penetrasse l’atmosfera
e noi
posati in mezzo un campo i giuramenti
.nati con la camicia benandanti
nella lista degli angeli. all'indietro
trasciniamo le mele dallo stesso lato
dissetando le piante con una mano sola
dalla punta dei piedi ci allontaniamo. insieme
commossi e bensapendo dentro-
sotto quale neve nella pelle
dell'Altro- tremiamo soli
E' bianco tormento d’invisibile chinarsi a terra per baciare il velo su questa brevità dell’occhio
che svanisce che cambia- la vita senza tregua si afferra a tutto quel che può- mi dici
con la solennità del sacerdote: verranno i giorni delle messe diventeremo madri delle cose di più sottili confessioni silenziose
si fa pretesto un corpo_ _in cui deporre i se portando il peso di un’immagine tremante nella figura che alimenta Attese.
In quello scambio d’avvenire va il congedo- al confine dei prati, alla salita,
coi piedi nudi al boscovecchio –credimi: modalità dell’accadere è respirando senza posa – sulla china del profondo resiste puro lo sguardo, e ci sovrasta
[dove gli alberi camminano in avanti.]
Id: 22935 Data: 31/10/2013 21:03:10
*
Per toccarmi il cielo
Di nuovo il vento dei centoventigiorni
- e la sorella azzurraprimavera
spingerà nell'aria i semi dell'inverno
come Dio vuole. La voce che non sai da dove
è nel sentirlo entrare carezzando
i luoghi della nascita sorgiva
raggiungere in continuo i nascondigli
con la forza di travolgere ogni ostacolo
facendo di quello che non è:
l'll possibile che amo
Sei movenza misteriosa Vento!
per toccarmi il cielo
Id: 22910 Data: 30/10/2013 13:39:46
*
Una processione d’acqua
Una processione
d'acqua
tra le gambe e l'aria del mattino
si confonde
- per decorare casa-
tra il ventre e il succo
aprendo il desiderio con un soffio
oltrepassa con l'incanto dei dettagli
l'uno dentro l'altro come anelli
nella grotta dell'adorazione
sta l'eccitazione. e viceversa
dove solo bagnava l'Anima del cuore
s'inonda ora il Cuore della Pelle
[così assordante fai rumore del silenzio ! ]
sulla lastra blu d'ardesia
ci sono tracce del buio che mi lasci
una chiamata dove prima c'era il Nulla
di una vertigine che non consuma in risultato-
Annunciando l'indicibile
quasi non ce la fai
e in stato di veggenza della notte
s'incide nudo
nel tuo sguardo umano
la profezia dell'utero
che mostra il suo venire
in quel silenzio sacro
l'intimità d'origine
di una donna che trascrive. il sogno
nutrendo il mortale
tutta la vita. ed ogni mondo
una processione d'acqua
Id: 22883 Data: 28/10/2013 21:58:03
*
L’oriente custodito di ogni giorno
Si vede il mattino la luna crescente
Calante la sera. D’estate
Ruotano tutte le stelle
Nella notte maestosa del cielo
Al tramonto sono stelle diverse
Quelle chiare che sorgono a oriente
Nei movimenti del cielo ti scorgo
Sognando quel volo da terra
Vederlo girare nel mondo
Come andare a cercare una luna
Durante l’eclissi del sole
Là - dove Occupi un ritmo profondo
Che penetra e mostra nel cuore
Tra il linguaggio e la lingua l’amore-
Ti celebro dentro i paesaggi
Come in fondo al Vuoto del letto
Un’anima guardasse in paradiso
La sua nuda evidenza girare
Nell’esatta simbiosi la gioia
Non sarà più come prima
Nel conforto che niente è improvviso
Ma il sentire di un vecchio e bambino
Così prossimi ai luoghi di nascita
Così vicino a dove torneremo
Nel mio viso di terra porto Te
Per farvi ruotare ogni cosa
Di sacro. Guardo i tuoi occhi:
L’oriente custodito Di ogni giorno
Trattengo il respiro lo raccolgo
Dove insieme “saremo. Venuti
Nel Centro” che sempre rimane
Senza più bisogno del Tempo
Id: 22869 Data: 27/10/2013 20:54:11
*
Aprendo la yurta nel cielo
Si accuccia ogni sera nel cucchiaio
giunge miracolo alla bocca
il cuore è fuoco mantice i polmoni vapore acqueo intesse e gira colore......disegno….imprinting
come una spoletta sulle trine una striscia di cotone che si srotola
tenera e crudele di passione
di ogni veglia universo sconosciuto:
chiara parola parola del richiamo
stupefacente di bellezza nella lingua degli uccelli ci sorvola
intrecciando con leggende i miei tormenti cercando in "otto voci"
le più dolci fiabe e Noi
coi piedi scalzi nella yurta sulla lana
un caldo speciale che ci adotta al centro
mentre dombra pizzichi sul fiato
ti racconto della casa fatta a ventre
rotonda e bianca come di una madre
e di un corpo nomade che viaggia
sulla schiena errante senza chiodi
né viti né cemento: Geni
si baciano a raggiera e una finestra
in cielo pitturata, una corona
tra il tempo e Dio, impermanente
col fuoco in basso l’acqua in caldo
corpi. insieme ai miei ricordi ceno
rispettandone le regole. Così
deve accadere. e gioco
consonante-vocale consonante-
-vocale : “Fammi il frusciante Tamashek
il verso nasale dei Tuareg con l'ewè
la lingua dei bambara eppoi lo schiocco”
Parlare è procreare
le distese solitarie in specchi d’acqua
fecondare alla morte l’imbrunire
disegnando nuvole d'argento e piombo;
dal lato del figlio otto suoni e otto
dallo scuro-
dal lato della volpe pallida-
nasciamo Verità come da una notte
il giorno. aman aman
congiungendo il senso sulla lingua
del nascosto che bisogna disvelare
sul bordo dell’acqua le parole
le “cadute”che non vanno disperse
per continuare il racconto. Domani
andremo a raccogliere cauri
per vedere la luce la sera
aprendo la yurta nel cielo
dal ventre materno un bambino
camminando l’inizio del mondo
brillare col suono
nel sacro rumore
dei grandi tamburi asè
Id: 22832 Data: 25/10/2013 00:23:34
*
Nel salto contro il tempo
Così veloce in su, fino ai tre pini
dove i sogni mi avevano guidata-
cercava un luogo il posto mio, una radice
in aria- nel salto contro il tempo
alla rayuela;
fu l'improvviso di un bambino
che domanda delle renne a Santa Claus
un girogiro, in una notte sola,
e tutti quei regali. Dentro un suono,
sulla piccola rientranza della strada,
nell'onda della voce ... ti ho riconosciuto,
dai millemila fazzoletti sulla testa
e l'intrecciarsi della voce con le mani,
più avanti ancora, al passo degli dei.
Una forte nevicata
ricopre caldo il giorno benedetto
componendo la tua immagine un respiro
la terra, aperta lentamente
dove entra perfetto il tuo cuore.
VincentVan Gogh- Bivacco di Zingari
Id: 22802 Data: 22/10/2013 19:25:24
*
Segesta
A mio figlio
Non come porti pane a casa benedetto o accidentato ma come vivo sai il respiro
capace di distinguere un segnale
di sopravvivenza da un rumore come rischio dov'è il cuore, sai al centro del dolore
che non fa paura del futuro
piangere ballando al buio con la pace la montagna ...la mia Jebel ti mostro la portata d'acqua i suoi colori lungo il perimetro dei fianchi circondata da due fiumi una segesta abbandonata a 36 colonne- nello scrigno morbida roccia incompiuta vita niente del suo splendore più colpisce il semicerchio vuoto nel Teatro
il donativo del paesaggio toglie il fiato
quasi a morte nel tuo sguardo. dov’è il mare
alimenta il mio pensiero mentre scendo tengo il filo del fondale. fino al fondo ondeggia sulla prateria la posidonia
coi suoi capelli d'oro silenziosa
l’ossigeno di un peso troppo grande
dentro gli occhi delle anfore perdute con le mani sulle alghe ti racconto
come levarti dalla solitudine
-che avresti giocato in paradiso. "Sì
anche lì viene la neve " ti rispondevo
Risalgo le domande sulle dita
le acque strette erano il tuo viso impresso c'è quel nome- figlio mio- già illeggibile
al mare che ti chiude
infinitamente tacito
Id: 22772 Data: 20/10/2013 15:40:41
*
Non interrogarli
Alibi dell'invisibile
pretesto dell'Amore che sta Fuori
spinge l'animale misterioso Altrove
riflesso letterario
che non distingue i giorni
sbocciando nell'incanto della stanza
una rosa doppia
nel solo fiore. Angeli fraterni
infantili piedi
puledri fermi dentro il fieno
-senza farne cibo- teneri
nel gioco - a volte spaventati
da come scarta il vento un'ombra
all'attenzione- limpidi Amanti
Tu non tremare. Non interrogarli-
a loro tocca guardare lontano
difendendo le spalle. Sereni e Assenti -
recuperando la Vista
Id: 22737 Data: 18/10/2013 13:06:03
*
Per non morire da ciò che non c’è
Hai toccato le vestirosse
ascoltando tutta la verità
il vuoto dentro di ogni donna
lo spazio aperto l'accoglienza
usando la stessa lingua del silenzio
stranieri della stessa sete - Altro Amore
Essere anche te :
farsi sottili nello sguardo
di ciò che arretra con la calma
prendersi cura in contemplazione
educando gli occhi nello scambio
come incontrare i cervi in mezzo al bosco
imparati al sottile dei rumori
così fanno le parole quando passano
quando portano scaturendo dalla luce
un abisso di splendore : la materia
varchi di un'incertezza chiara
i segni del tempo- conoscerne la storia
immaginando i gusti lasciando essere
gli odori -fatti di pietà di confidenza
generando memorie in qualche luogo
d'intimi sconosciuti
La bellezza è saperti gli occhi-
l'attesa che mette su radici
una dolcezza che sa dell'abbandono
è la grazia di una tenda
portata sul terrazzo da qualcuno
con le mani in cielo
dentro la tua vita. Non ti muovere
ora che hai saputo rimanere
fino a qui. Raccontami di Noi
dell'acqua del respiro insieme
del Ponte che guardi più di prima
con Altri occhi. A casa io
riconosco te nel fitto
come un polso che sia tenuto stretto
da come appoggi il cuore sul balcone
la tua carezza- ho visto
nella grazia della sete
L'abbiamo detto tacendo- amore-
per non morire, da ciò che non c'è.
Id: 22695 Data: 14/10/2013 20:47:14
*
Contra su chelu abantzu
Non so la radice divina che tocchi
il limite matematico a dimora
solo un canto in lingua Sacrale
parole strette come un osso leggero
nell'orgasmo di petto alla gola
pronto a rinascere
su frori prus bellu
"sta nella ferita d’assenza
- mi dici- l’amore
nell'ombra chiara
delle prime rose"
Sta dove il dolore mi trasforma
le ossa nella tua guarigione
sa petza esposta al canto,
i seni in rose, sa bestia
di gioia, Lei,
può passare la porta stretta
sotto il cuore della terra
sotto il cielo parallelo con la schiena
-madre dalla lunga voce-
con il sangue avanza
-contra su chelu abantzu-
lavando il petto della cerva
fango che dorme alla luce
tutto il silenziofuori dal torace
vita e moto le sue vocali in carne
allo scoperto. Ama
odorando l’Assenza, infine
comente cantu
ubriaca il dolore
in su bentu
Id: 22641 Data: 11/10/2013 14:27:09
*
Il gemito più corto della terra
Un filo d'aria mi rinasce nel giardino sordomuto la dolcezza di colline è un tempo d'uva e tesoro silenzioso il melo si apre gravido
nello spazio delle gambe
svuotando l'orizzonte in pause lievi nella mente la distanza si contrae sul polso della Vita l'anulare: è la grazia di un pensiero l’indugio per toccarti più selvaggio il gemito più corto della terra nel breve canto della lingua guidandoti le mani nel profondo
s’inchina la prima lacrima di gioia
dove desidera essere carezzata
sei Tu. Il poeta
che leggi il mio labiale,proprio qui,
per quanto sia lieve
per i vuoti in gola
tenendo accesa la luce
al centro del sentiero
come aria che suona
Id: 22613 Data: 09/10/2013 22:49:04
*
Per altri occhi, credimi, se puoi
Metto il fiato nella ciotola
e cinque rune, lo chiudo con l'orecchio,faccio il buio - la mia vera fronte sulla spalla
Aspetto l'eco, una dopo l'altra
le parole
"Come legni per il fuoco
per salvare qualcuno - nella bocca
per scaldarsi ancora ?" chiedi
L'Anima diventa carne oltrepassa qualcosa
che puoi vedere da dove era partita, in basso, luci speciali s'incontrano, ogni sillaba è un angelo la voce limpida che torna che ripete calma
Credimi , se puoi
per altri occhi
-l'irraggiungibile non è mai in alto- scriveva Marina Cvetaeva a Rilke -
Ferma
senza morire io
ti sento camminare arrampicare i muri del santuario
per venire sul mio viso e ancora fiato per chiamare... fare spazio l'odore umano
lasciando qui il mangiare
dove si versa della luce rara
i desideri che l’hanno preceduta
-splendore inintelligibile.Crudele assenza
sposta il limite al dolore
e non fa più male il Nostro luogo
quando vola via col cuore
dal cerchio della ciotola
come un pastore torno
nella casa illuminata
da miofratello
per altri occhi. Credimi
se puoi.
Id: 22569 Data: 06/10/2013 18:06:11
*
È finito il mare
È finito il mare
Nella brocca dell'acquario
Per nutrire i pesci l'acqua
Nella circonferenza della Madre
Nuotano gli angeli Solenni
Silenziosi
Disidratati
Nel tormento della Creazione
Si toccano l'Un l'Altro e Noi-
Nella testimonianza che arriva da lontano
Ed una confessione che ci esplora
Tra verità ed errore
Nelle opposte direzioni del tempo-
Allargando i contorni d'una piaga
I lembi della ferita e chi li tiene
E.marginiamo
Chi
Neanche più
Sanguina
Id: 22543 Data: 04/10/2013 13:32:48
*
Affidarsi
Tra giganti e ostinati pescatori l’enormità quasi innaturale nel mare dell’ombra che ci sfida al grasso d’olio agli spermaceti fino alle ossa, all’ambra grigia: la resistenza muta non ci salverà
Tutto scorre ma non passa
-come rondini finite in una stanza
picchiando la testa contro il muro-
pena l’ottuso atto di fiducia del gabbiere
in assenza di vento che dagli alberi sale i pennoni quello che sa più di tutti dov’è che il mare finisce e comincia tra mistero e confine la terra a métà del guado, dal nulla (come) un fiume a Prati di Drava, si fa attesa più certa . tensione
fondata la mano instancabile che tocca i malati di sabbia plasmando un volto di carne. nel volto affidarsi
nella seconda innocenza al distacco - come punto d’arrivo il "non Volere"-
battendo cortecce di gelsi nell’acqua fino alla pasta morbida e mite
-questa. e l’unica lacrima insieme- ad asciugare sopra un telaio pochi metri più in alto la luce dove hai riposto le rose
inattaccabili. ma
quando mi sveglio dentro ai sogni alle pareti fisso col respiro mutissimi sapienti e oggetti interni: colorano in amplessi le figure con uno sguardo prima che dileguino si stende sopra il ventre quel disegno:
di chi s’è messo a nudo
per essere
protetto
È da lì che muovono le Cose
-disegno scuole elementari-
Id: 22478 Data: 30/09/2013 14:28:34
*
Una piaga battuta dalla luce
Una piaga battuta dalla luce
Per la vita, più grande e negata,
Affollata di carne di ombre
Questa grazia nel doppio
Di là dalla fine. Conosce le regole Altrui
Non sono le sue. Al fondo dell’urlo
Docile muso di bestia
Germoglia dal suolo
Succhiando le ore nel fiore
col passo bianco di narimi
Raccontami..
Del silenzio iniziale quel bianco
Del canto continuo nel vento
Rimasto per anni testardo
Risorgere dalla tua bocca
Persuasa racconta-
“Si è innalzato il tuo nome"
Dalle garze di piccole cose
Il fiatare sommesso nel vivo
C’è aderenza che tende alla luce
Come un vaso nel cielo Una figlia
Ha posato la testa Di dentro
Ecco i bambini tornare
È La parte profonda in azzurro
Senza dolore, monumento del cielo
Ascolteresti la mia storia con spavento
-trascorsa nel biancore -
Arrivare a dire del miracolo
L’Impetuoso fiume,
Che il mistero di ogni anima rimane,
privato/ Irraggiungibile segreto
Ma se accosti a un’immagine buia
La ferina chiarezza degli occhi
Ti mostro. L'alone di sofferenza
La Gratitudine Se m’apri nel petto
Troverai gli alberi ancora piantati
Nel cuore ansimare Dire di sì
Alla vita: “nel bozzolo inizia a guarire”
Fino al fossetto dentro il sorriso
Riposa dove fa luce sul seno
E La fronte terrestre un santuario
A tua somiglianza La curi
come ferita
Amando la conca dell’anima
Sulle bestie che siamo
Traspare un punto immortale
L’innocenza più alta, la compassione
Ti fa vicino a conoscerla
Partecipata di travagli
S’allungano sui tendini radici
Nell'ora di compieta si consegna
- la fitta liturgica quando ti legge -
Una spirale aperta: le vedute del Fuji
Diversamente uguale. Soffre
E gode. Esserci
Inquieta e sedata. Nascente
Fare l’aria più chiara e sentire
Il passo del bosco negli occhi
Un corso fluviale di grazia - battesimo e lutto-
Bagno di filiazione
Un compito. Diceva Rilke. Che ci riguarda
Destinato a fiorire dalla piena di sangue
all’indicibile magma d'amore
Una giovane Lettera
Che sanguina e cade
Sotto gli occhi di tutti
Mi tiro su da terra
Con la luce dei bambini
Che ignorano la morte
Come sapessero
D’essere eterni
Nel movimento
Del dolore
Trovo pace
Hokusai- da: 36 vedute del Monte Fuji
Id: 22455 Data: 28/09/2013 22:10:31
*
Per Noi, non è cambiato niente
Brillano gli occhi chiari di ricordo
se mi chinassi verso la fotografia
li sparpaglierei come lucciole sottili alla fine dell'estate
che s'addormenta sotto l'albero del tasso con le braccia lungo i fianchi. Lei risale
tenendosi alla vita un mezzo giro
su se stessa
col battacchio della ciotola fa il suono e mentre dura a lungo sta sospesa con fatica, con fatica estrema sollevando un ramo innominabile quando tocca terra ed è già tutto
in piena luce nel suo pettoscuro
a coprire generazioni di dolore
una pressione che la sfonda
sullo sterno
una fitta lenta nel diaframma
ferma il mondo
con l’aiuto di nessuno- dove viene
con la neve che si ferma, che s'allenta con la pena -ancora viva-
succhia il verde ultimo di vita
come fosse un albero la cima
non è più dato piangere sull'urna
della sera
si sono fatti segni di una ruggine che delineano un sorriso in fondo al cerchio
e due viti sopra i bordi nel risplendere sembrano i suoi occhi che si vedono..
sfioro quella madre che contiene otto ninive scritte con la cenere i suoi gioielli ancora dentro, una magia
fa vacillare in tempo
il tempo
facendosi di carne tra le dita
finchè le mani passano. a far male
un'altra volta
leggera come un'anima
la tocco
come se avesse della vita adesso
deciso il perchè si muore
dove finisce il suono nella ciotola
è l'ora del mio passo che la porta
al punto in alto della prima luce
io mi abituo al buio che ricavo
nel rosso della gola fino a sera
quando un gesto nuovo si propaga
e vi immerge profondo il suo sorriso
per Noi, non è cambiato niente.
Id: 22430 Data: 26/09/2013 23:24:37
*
Come se volasse verso casa
C'era il nostro sguardo nel giardino
una religione creata indovinando
ciò che gli occhi non sanno più di avere
nel silenzio selettivo :
la bellezza dei fiori, lucida
in un lago senza fondo
di fronte una montagna, immensa
siamo Noi
sotto un cielo tanto irraggiungibile
da non intendere cosa possa accadere
tra il profumo e il fiore
di tanto splendore s'arricchisce la Vita
come volasse la casa dentro un verso
la sorte che c'incontra nello "scambio"
Nel giardino di Fiori belli
tra i bellissimi. coltivati
ci stavamo innamorando..
dove la perla.azzurra si nasconde
tra l'anemone che spunta dietro casa
là davanti ci siamo visti nudi
ad occhi chiari
dove il futuro è già accaduto
Nello sguardo "ritornato" dello specchio
lenisce il suo tormento un rito
poco a poco solleva la speranza
prima che ritorni il buio fitto :
la veste bianca
si svolge sopra un Rullo
muove con le mani lentamente
la Forza che avvicina il più possibile
all'intangibile sapienza della meta
celebrando la nostra solitudine
.vertiginoso enigma d'innocenza.
Conosce segreti un'anima dei corpi
l'inesprimibile della Notte di Novalis
dove Giobbe ci tiene tra le braccia
dove il dolore si dilata nel dolore
c’è consolazione presi nel respiro
nella rinuncia la nostra guarigione
come se volasse verso casa
Id: 22391 Data: 23/09/2013 21:36:34
*
Ha scritto per il corpo
Legando l’emozione
al grido di dolore primordiale-
la storia immaginata senza tetto
tra le mani- stringo le foglie d’erba
e Whitman
con occhi fermi di bellezza circolare
l’incontro con i resti di natura
Ci sono sguardi in fondo al verde
pupille vere
Geni dei bambini che non hanno
un posto dove stare a testa in su
ciò che nasce non è altro sulla foglia:
un volto geme nel suo cadere dentro
a piene mani qualcosa ch'è rimasto
nella schiuma dei giorni profumata
un'acqua di bambino la fonte dei segreti
mai finisce
l'attesa del respiro, le mani nella gioia
il Nome dell'incanto immaginato
nel punto culminante d'innocenza
ha preso in mano la paura e ha fatto il bianco
avvolgendo il cuore d'altra pelle in una vasca
ha scritto per il corpo irrorato la sua carne:
un vento largo si è scucito sopra il seno
come il tassello di un più vasto mosaico
-un atlante eterogeneo, un'anima che passa-
compone gli orditi calcola per giochi
di forme liquide, di cosmogonie,
le vie dei canti stanno nell'amore
il gesto-magia che imprime sulle tracce
dando vita a colline con gesti di grazia
un disegno complesso e affascinante
Se vieni più vicino se ti chini per guardarlo
si trasforma in un altro e nuovo bianco
"firmando per l'anima ed il corpo"
Id: 22366 Data: 22/09/2013 15:12:18
*
Rimani a far lAmore
è la porta stretta di una retina dove s'inginocchia il cielo quando non arrivi in cima
la sua parte di luce
-quel prodigio-
si avvera dal di dentro nel cristallino opaco in cui riversa il sole
fedele all’invisibile
rimani a far l’Amore
come lo fanno i fiori
portando l’uno all’altro
un’ape la magia
stacca l’anima
il suo petalo
nel ventre
la tua immagine
Id: 22343 Data: 21/09/2013 02:48:19
*
Cammina con gli occhi di chi corre
Tutte le madri diventa, a bassa voce,
una donna lacrimando sul dolore
acqua notturna testimone della notte
le scorre addosso ciò che è stato fatto
nel respiro che non conosce gridi
di congedo Trema in ogni suono
ricongiungendo le vocali scure
nel melisma della gioia sulle labbra
come un masso stai sospeso al culmine nel centro di un dolcissimo languore sulle corde fugge l'anima fa volo illuminando le singole parole
mentre qualcosa oscillando va per terra in dolorosa gioia e mesto amore dilatando i sospiri dentro un canto chiudendo il baricentro al madrigale
quella donna che ti passava accanto
cammina ora
con gli occhi di chi corre
porta un segno sulla fronte dei sonnambuli
una pozza di colori che le cresce
sotto il peso dell’autunno lecca il miele
fa l’amore con la lingua dei fratelli
un flusso sotterraneo di saggezza :
è uno spazio verde, che ti accoglie, una sorgente vivida nel seno come un'arnia lucida d'amore
fa silenzio alla ragione intemerata e non inquina la parola "d e s i d e r i o"
il controcanto infinibile di un sogno
Id: 22322 Data: 20/09/2013 02:47:54
*
Quali sono i pianeti con le dita
Andiamo. andiamo a casa ora
Da tutta questa notte vieni a dirmi
Quali sono i pianeti con le dita
Che brillano sul muro tranne l'ultimo
C'è un'ostia nella pancia che conosco
Un volto nel suo chiedere più luce
Se stringi dentro il pugno la pirite
Ci mostra le scintille lacrimando
Id: 22303 Data: 19/09/2013 02:59:06
*
L’abbraccio buio di mio padre
Aveva tutto il corpo magnetizzato
dalla Concordia, anche i suoi occhi
salivano piano per riabituarsi a me :
i rimproveri per le macchie sulla maglia,
chè non cambia il dolore
se tieni il sole fuori
L'uno all'altro uguali
nelle pause
che lasciano al silenzio
il tempo delle immagini
lo spazio intorno
di " più niente"
l'accadere del giorno
"senza mamma"
si assottiglia nel cercare minimo
un filo come voce, un passo breve
nello spazio bianco spalancato
C'è troppo lutto.
Scorre come l'acqua
negli occhi che si spezzano
a pietà
tra la sua testa piccola
e la mia spalla debole
vorrei una fossetta
per accogliere miracoli.
Dove il tepore alita paura
rovescia dentro una preghiera
l'abbraccio buio di mio padre.
Id: 22275 Data: 16/09/2013 15:28:01
*
Sei un uccello dentro i polmoni
Lo ritrovo qui, nella mia savana
all’altezza degli occhi in Trasparenza
tra le pieghe dell'azzurro l'elefante
-già andato avanti-
le orecchie dormono come ali
un’idea dopo l’altra al ritmo di una marcia,
che più m'intenerisce al mondo,
incrollabile di fedeltà viaggiatore Vero
sul bordo bianco ritorna ai posti amati
per anelli. Io credo che Lui sogni una martora
la macchia bianca nella gola come un cuore
lo scavare nelle tane, il suo passo inconsistente
nella neve. del manto bruno ami la lirica
mai livida di freddo dove vive il suo idioma
a che prezzo si accuccia nel silenzio
dell’inverno. Quando amina lascerà il mio corpo
non è per elefante amato che vorrei rivivere
nel giocoliere di strapiombi
d'intesa con l'altezza, un cervo
a prendere l'aria con i piedi
nelle discese acrobata violento
Io credo che Lui sogni un elefante
libero di urtare al buio che gli passa accanto
gli anni leggeri sulle spalle di millemila
storie messe a dimora nitide di caldo
rovente, immaginarlo quando la notte aiuta
a vedere il suo ritorno incerto rovesciando
nella pelle il cuore l'ombra grande
Nell’atto d’unione, nel desiderio Tu
sei un uccello dentro i polmoni
così grande cresci per bellezza
Non è Te che vorrei essere domani
al riparo dei boschi quel cervo. solo
per continuare a sognarti
come l'Altro da me che amo
Alpi Marittime- Fotografia di Luigi Maria Corsanico Nastasi
Id: 22261 Data: 15/09/2013 15:32:26
*
A sostenere la grazia
Non so dire con parole l'emozione che traspare dalla pelle la postura che si prende amando lo sguardo che ti viene al desiderio quando porgi le braccia e tiri su le gambe
contro il petto dove non c'è l’Accanto
che la visione è Tutto: l'allontanarsi
il tornare delle cose, lo stupore :
con una sola spinta piccola sei in Alto !
Come dire? dalla finestra incorniciata
se le spalle si stringono nel seno
se ginocchia al mento se le piastrelle
si bagnano di lacrime passando
la fessura tra le gambe che si forma
è sotto il tuo sguardo che mi amo
è tutto qui, nell'aria
che entra in un nocciolo,
sull'erba camminata
a sostenere la grazia
prima c'è un gran peso
la semplicità ha la schiena carica di latte
in fondo,
quando posa il capo dopo il bosco,
c'è un'eternità. davanti al Creatore
Metti incinta il mio mattino con la notte
c'è un figlionuovo, nel buongiorno, Nostro
"Qui c'è il Sole
che ti salta in braccio"
Id: 22249 Data: 14/09/2013 16:20:52
*
Liberando un occhio
Si fa il vuoto negli orecchi e intorno nero
d’ossidiana salire rapidi la cima
Eppure m’inoltro adagio- dopo il primo fiato
Ad occhi chiusi le palpebre nell’esistenza
Aperte. Cercando il quadrifoglio
Nel prato della medica vive il movimento
Di raccogliere a mazzetti, riparare con il verde
Le fessure della pelle a nutrimento
Quattrofoglie in fila,
da una mano all'altra, ritrovate
Fino a inumidirle sulla bocca gli occhi chiari
Brillano come sole vivono Di nuovo
È limpido l’ll lontano ora
al centro
di ogni cosa
fuoriesce amore
È un niente
da quassù
dimenticarsi il mare
prima della vistavedi
una melagrana
vacilla
nella paglia
di fronte
a tanta
possibilità
liberando
un occhio
si spalanca
da sè
Id: 22220 Data: 12/09/2013 15:10:02
*
Dal fango come a Djennè
L’altro versante non si addormenta
dove risiede l’Altro schieramento
il suono feroce degli occhi chiari
.l’ottava bassa che ritorna.
nel reciproco pensiero umani
ciò che resta di loro :
sa come aprirsi nell’inferno
il Canto degli Angeli
viene da lì il corpo
che entra ogni notte. insieme
si rifà
dal primo abbraccio la carne
crescecome una farfalla nel fiume
dei Fiumi
per ricominciare dal fango, come a Djennè
con falde di terra cruda bagnata
come un mattone come legante e fasci
dei nostri rami curvi di quercia, dei tigli
a tenere la dilatazione che piove
che dilava ogni notte
che erode la grande Moschea
protetta dalle sue mura, dal delta del Niger-
giocandoci dentro possiamo
impastando con l’acqua, e Noi
rimescolare l’argilla in continuo_
_bambini
preparando le scale di legno alle mani
grandi che stendono il nuovo
strato di pelle concreta e fragile assieme,
come la Casa di Ise in Giappone, sacra.
Fino al desiderio di Filemone e Bauci
Ci alzeremo in piedi come le spighe,
nel giorno del fidanzamento, dorati
per l’unione delle forze. nelle anime
uniti per il tronco. Fratelli
sulla soglia del tempioVecchio
commossi
come un Canto di Natale.
Id: 22198 Data: 10/09/2013 16:14:04
*
Quando smuovi i miei capelli corti
*
Una figlia tra le più fragili ritorni
madre
mi pieghi nelle lacrime del quarzo
di ogni notte attesa confessione
trasparente da un mondo all’altro
placenta lucida. la colpa. senza carne
dai piedi il sangue alle tue mani
è sempre fresco di perdono
quando tocchi appena le mie pietre
che non sanno divenire pane- le ferite
un anno e un filo troppo breve di esercizi-
nella gola stessa in cui respira l’anima
stretta tra le dita. cristalline
ci riconosciamo. nel mistero
.apprendistato di frontiere all’invisibile.
nel matrimonio di silenzi
in ogni angolo di casa e del giardino
-tra lampi di luce insostenibile
e ancora il rosso nella mente-
incorporea quiete, come nei boschi,
ci elargisce l’aria insieme
quando smuovi i miei capelli corti.
*Scultura contemporanea: Martin Hudáček, "Bambino mai nato"
(" Unborn child ") (2011).
Conservata a Bardejovska Nova Ves (Slovacchia).
Id: 22183 Data: 09/09/2013 16:23:22
*
Come un dolore perfetto
Ho allungato la strada di casa
per fare minore la notte
fin su alla Rocca di Badolo,
dalla mia quercia, a toccare
se trattiene ancora il calore del giorno
Vedessi che bella che è
con le punte illuminate
non sai dove finiscono i rami
ed hanno inizio le stelle.
Sono scesa dall'auto sfilando via la giacca
pungeva l'aria pochi passi..poi non più
tutta la schiena era contro, dentro di Lei
che chiedeva: “Come va con il dolore, l’anima?”
Come poggiare all'orecchio una conchiglia
se spingi forte la schiena contro la quercia di Badolo
puoi sentire addosso la carne di tutto il cielo di Herat e le stelle
ti vengono contro senza dolore. Non so dire di più,
ma non è meno di così. chi ami, se solo sapesse
a che ora una quercia preme a quel modo la schiena
se aprisse a quell’ora ognivolta i palmi delle sue mani
troverebbe parole indicibili e chiaro negli occhi. incessante
un taglio.un dito dopo l'altro. sulle mani
“ ti amo”. come un dolore perfetto.
Quanti calici di parole ancora
vergini troveranno
nelle tracce degli anelli
che non sono state
proferite. Com'è forte la carne
dov'è debole l'anima
nella foresta sacra!
Id: 22146 Data: 07/09/2013 16:05:16
*
Lei è tornata con i fiori
remo piano la notte il buio tra le mani
nel luogo in cui riposa Claudia
per assicurarmi che non le manchi nulla
la luce azzurra del mattino
sotto la tenda delle nuvole quel soffio
chiaro
fino a finirle accanto
é andata Via / non ha lasciato nulla dietro sè
stamane/
un letto vuoto di parziale verità
inchiostro nero in fumo
scuoteva l'anima
prigioniera di una Impossibile Poesia
di un giorno vivo
testimoni impressionati
gli occhi chiusi
contro il muro
di una stanza
la mente
chiudendo
l'aria
nella casa
dove sei?
dal recinto è giunto un albero
in ascolto
in un fiato il cuore si è fatto azzurro
la tristezza il canto
Lei è tornata con i fiori
già tutto è dato
Id: 22134 Data: 06/09/2013 02:42:02
*
Era il primo pane di ogni giorno
È con tutta la testa che ti porto dentro
colombre ed invisibile ti sposti
allargando il cuore come il più forte
di una cucciolata- arrivi
al seno mordi
a fare male- non sentendo
che non hai fratelli
in vita
quel premere affannoso
che sentivi ai fianchi
era il primo pane di ogni giorno.
L'acqua è uscita tutta
da tutti gli occhi cade
ciò in cui crede : [ niente in cambio]
nella culla della carne
palmo a palmo gravida
e assoluta.
Id: 22118 Data: 05/09/2013 01:38:53
*
Il taglio in cielo che attraversa
In alto
Dove s’incontrano le nuvole alle stelle
Hai perso i passi ai piedi,
Tra cosa e cosa il taglio ?
Per scavare l’anima
Così violentemente amante
Ogni profezia
Vibra incomprensibile
Assolvendo sofferenze
Nella mensa amara della notte
Ho abbassato gli occhi
Ho cantato all’indietro a scomparire
Danzando da distanze spaventose
E' l’aria –questa-
Dove mi hai trovato Tu,
Sottile al Nostro sentire,
Come l’amore è solida
Sacra stretta nel giro del sole.
" Perché la limpidezza uccide?
Come possono fiocchi di neve
Da così lievi
Diventare una tormenta?” La stessa voce
Lo stesso sguardo, le mie semplici parole
Si sollevano
Dal tronco in controluce come braccia
Tagliando gli aquiloni in fondo al vento
Uniamo ancora i polsi per volare
Sulle dorsali fragili del tempo
Come abbiamo imparato a fare
Con la poesia
Sia benedetto il Vuoto Suo
E il taglio in cielo che attraversa
Il nostro sguardo : è uno spiraglio
Un al di là di dove sei
Passaggio continuo che concede la visione
Di un bisbiglio che non accade mai
Una volta sola, una sola volta per tutte.
Id: 22094 Data: 03/09/2013 16:45:41
*
Chi sei Tu che spingi il tempo
C’è un segreto dentro il frutto che si schiude
nella gola quando senti deglutire
fa più tenera la voce quando preme
per uscire. Nel dramma della luce
chi sei tu che spingi il tempo,
al riparo del bagliore,dall’altra parte della casa
per riempire questa drupa col mistero
d’infinito con le mani dentro al petto
nel mantello -la mansione più leggera-
a prender cura dell’inverno che non nasce
da una madre, ma dal Nulla. Venne incontro
come un’eco, nel bisogno di felicità,
la sostanza primigenia del pensiero
trascinata dentro e verso l’immutabile
quella costola di là della montagna
distese così a lungo le sue mani
che a toccarla non si torna senza amore.
Sol Invictus - Anselm Kiefer
Id: 22081 Data: 03/09/2013 03:25:44
*
Una farfalla si accorda con la luce
Ti cerco con l’acqua nelle mani
se ti concentri sulle labbra sono strisce
una fessura di polvere arenaria
aperta nella grotta del deserto
sete- fiumi effimeri- alberi neri
solo negli occhi rotola la luce
si restringono le ombre fino in terra
a macchie di umidità e millemila fenicotteri
piantati nelle braccia come cespugli
dalle gambe lunghe e il ventre sollevato
pronto a bere. nel silenzio della gola
stringo forte il mio rosario
mi calo a sei cinture fino in fondo
dove gli uccelli bevono, dove hanno fatto i nidi
scavati nella roccia morbida :c’è una pozza tiepida quaggiù
una tregua prima della pioggia.
Torneranno le iene nelle loro tane
e i serpenti punti neri delle pietre
da un cielo sfolgorante
una farfalla si accorda con la luce
sul tempo breve della vita : un patto –
un viaggio nuovo. E’ già mattino.
Id: 22029 Data: 30/08/2013 16:12:21
*
Qual è il suono di una mano sola?
Di queste cose che chiami
diamanti rilucenti è una tortura il chiaro di ogni mattino all’iride che pulsa come sangue un'avventura con aria d'anima
che non riesce a passare tra l'immagine e gli occhi :
Oh, non darti pena Dost ! Accade. La sera tardi e al risveglio si fa sottile ogni strato della pelle tanto da restare un velo solo in quel momento esatto e soltanto allora vedo così bene tutto
possiede una dolcezza che lo giustifica a se stesso
nello stupore della gioia, della benevolenza
lo sgomento che contiene a lungo
il thauma che denuda. un dolore che guarisce
tra l’abisso del patimento e il riscatto della luce
è charis …
questo vedono i miei occhi
Incontriamo angeli, io credo, per la Via,
fratelli maggiori nella fede
con le mani di chi ama l’Invisibile
che rendono percepibile il tormento
rovesciando chiaro sulla carne
d’insopportabile bellezza
.messaggeri necessari.
Non c’è parola suono o immagini né musica nel mondo
vibrazioni d’aria dicono di Loro
.estranea all’etica, alla verità.
che penetra la vita inafferrabile
nel nostro scivolare al Nulla
Id: 21971 Data: 26/08/2013 14:56:54
*
Sino a guarigione. Vibra
L’hai presa nel grano
malinconica e muta
Taranta d’acqua Taranta libertina
come un sesso violento
si aprono i fazzoletti
tra movimenti caldi, compulsivi
hai un abito da leggere
morso di ragni dolorosi
aderente il suolo striscia
Quale colore prendi?
mostra il dramma e balla
è epidemico…l’amore
pizzica Sollima
le gambe rigide cercano la brezza
abbracciano i violoncelli sulla terra
rafforzano i mantici scomposti
rossi… veli neri battono la ronda
nell’ossessività scoprono contatti
per ogni segno buio scatenati
Pace sorda non si ferma il ritmo
l’intera veste ruota di braccia vive
….Pianissimo
Si leva un violino, da ogni lato si diffonde
sopra i tavoli. una mano ha smesso di tremare
di ascoltare il freddo come nomi da ricordare
a morire nel tormento. Sotto i piedi
la ragna si consuma. Nel suo posto
compie l’ultimo ballo. quasi in volo
una donna
sino a guarigione. Vibra
Id: 21958 Data: 25/08/2013 11:40:56
*
Di fronte alla Porta Bella
33. La voce che viene
da Est,entra dall'orecchio
destro
e insegna un canto
Da : I trentatré nomi di Dio
(Marguerite Yourcenar)
Non è mai appena buio il buio
se mi vedessi con il viso entrare
entrare dentro il massacro del silenzio
scardinarmi nel mezzo rilucente
come stringono al collo le parole !
-piegarsi simili a incessanti filamenti -
che vorresti a bocca chiusa
come un canto sacro; se mi vedessi
aspettare la notte in equilibrio contro le linee
come una bestia i piedi nella profondità del cuore
di volontà terrena slacciarsi dalle mani
minuscoli pastori in cerca di un natale
di una Pasqua vittoriosa, più che un Cristo morente
nel silenzio della fede che sembra urlare
Colui che cerchi non è qui. Ripetere.
Di tutto l’andare mi fermo intirizzita
nel desiderio acuto di unità
resiste chi siamo,superando l’inverno
di fronte alla Porta Bella
In questo dentro che vorrei dirti
c’è splendore,
Altro non ancora immaginato,
"lo sguardo e quello che guarda"
nei trentatrè nomi di Dio
Id: 21950 Data: 24/08/2013 16:04:38
*
Quanto coraggio nel silenzio
Solo gli Angeli sono generosi
quando portano via le lacrime lasciando nuove rose un nuovo nome alla poesia sul quale camminare
anime, una nell'altra sempre
con un nevaio sulle spalle
e una parola magica, una casa
Se ne potrebbe, non si può dire di più dai buchi profondissimi degli occhi fino allo splendore di essere simili fratelli nella voragine delle mani che cercano di aprire
modi impossibili tra i palmi
per trattenere l’acqua
che un bambino ci ha passato da una riva all'altra
rallentando il passo, se ne potrebbe dire di più.
Nel passaggio stretto puoi solo accendere candele,
farti piccolo
traverso le montagne inestinguibili
le cose prendono il nome giusto dal cantare all'indietro,
fino alla grazia del nome Rimanere senza più dire. come una promessa, come compito :
sul frammento caduto da un cielo generoso
-che è impossibile riattaccare a nulla che si conosce-
piantarci una tenda, tornare ogni volta che hanno sofferto
-chinando il viso troppo avanti perdendo il loro peso-
nel canto di partenza che vede fino a un bacio
il ricongiungimento cieco
per conoscersi alla voce
Quanto coraggio nel silenzio che chiude il cerchio e tace.
Id: 21939 Data: 23/08/2013 16:58:51
*
L’io è il miracolo del tu
Segnava le burrasche sulle braccia
della terraferma, per ogni suono un segno
l’amore che sogni nella pagina tra i rami ,
dove siamo già nati, levigando
passandoci il cuore saliva dagli occhi
un movimento. Una cura è ancora viva :
la forza del colore che ricade
-il prezzo è la mancanza che batteva
scappata dalla carne la parola-
faceva venire le ossa di cristallo
mentre m’innalzavi dai capelli in cielo
restando a penzoloni le ginocchia
nelle crepe di corteccia con i fogli
coi pastelli , quel poco che avevamo,
continuavi a trovare che ” l’io è il miracolo del tu”
per ciò che siamo. attraverso gli alberi
inventa un nome allora ! che non torni via
dal viso, dal vento dai fiumi che porti nelle tasche
e tutti quei bambini sulla schiena
dietro una rondine prima o dopo finiremo
l’infinito? A retrocedere le matassine dei fili
disordinando l’aria ..dimmi la verità…
“bisogna fare come la bambina della scultura,
allungare i piedi fin dentro alla terra,
e diventare alberi,
attirando con i capelli i messaggi cosmici.” *
Come la bambina- andavo ripetendo-
coi piedi dentro gli alberi
e i capelli in cielo, a spostare il vento
A sfilare il sole. Per sempre
*Il Poeta del Parco, Lorenzo Mullon
Grazie Lorenzo..
Id: 21921 Data: 21/08/2013 22:40:02
*
Non innaffiare con tanto caldo i fiori
Orfana e dolce tutta la sua pena
La punta del giorno che ferisce
Quella che di notte canta dall’Epistola.
Una donna muta il Proprio Tratto d’ogni sera
Nella parte densa più interna e cara
Dove crescendo si diventa piccoli
Riposa il cuore nel graduale
Giardino fraterno di passi amati
Poi si allontana poco a poco
Dove il visibile non splende nel guardabile
Nella luce severa del mattino
Che ogni cosa invita a ripartire
Tendo le braccia come entrare in acqua
Per andare là- dove non c’è- nell’ortensia blu
E gli occhi neri nell’orecchio a dire:
Non innaffiare con tanto caldo i fiori
Riversa amore con l’appello della sera
Chiudi gli scuri, ora, e tieni il fresco in casa
Id: 21912 Data: 21/08/2013 09:40:41
*
Il fantasticare è così assiduo
Ho messo nel baule d'aramen le parole che ti fanno andarevia fasciate a una a una nell’oblio :
il bianco che si posa tra la carne
il sogno di chi porta dentro i fiori
l’infinito così largo in mezzo al petto
E' stato assorbito tutto.
Poi viene un tuffo – dove cadi-
sale alto che non parla ancora
sbiancando una luna sul sentiero
l’angolo dove mette piede il cuore
Un' intermittenza, cerca altra cosa:
l’altra metà della memoria scaglia oggetti dentro gli occhi
per colpirci, per amarci ancora
fa sembrare nuova la prova dell’origine
ed antica la nuova sensazione.
Il fantasticare è così assiduo !
che stringe l’avvenire a giuramento.
Nel corteo di phantasma e phantasia
riprenderebbe il canto- ed è per questo
che –amorevolmente- non ti scrivo :
come ogni cosa qui_
che dialoga a distanza_
è tutto l’ll possibile
- in nessun luogo mai.
Id: 21894 Data: 19/08/2013 15:07:56
*
Il prodigio del profumo
Il bosco aveva il profumo di chi ha appena fatto l’amore
La pioggia. Era venuta la pioggia. Tutto quel chiaro!
Ti tocca corpo e mente. Fermandoti -quanto puoi-
dove il sole si consegna
percuotendo ai fianchi l’esperienza
per apostrofe, coi gesti con lo sguardo..
Con la voce. Mi dicevi di non mettere congiunzioni
Che se lo spiani, se lo rendi liscio il desiderio
subito si spegnerà adombrando la passione
Usa gli iperbati come un improvviso vento
le cose passate nel nodo delle vene
come presenti. fin dentro “gli appartamenti delle donne”
E quello che segue è ancora più forte
Delle metafore: non accumulare!
Allora per dire del bosco, di quell’odore
so fare solo così: mi siedo sola
come al bosco-davanti alla tazza blu:
i biscotti nel latte...e tanto viso nel sacchetto il prodigio del profumo...fa la cena.
Con la stessa vita accade con disperata saggezza mando giù le lacrime fino in fondo come un templare le rifugio
E' umiltà l'essenza che mi bagna dell'amore la confessione eterna del bisogno con la neve che cade dentro gli occhi a fare tutto quel bianco l'll chiaro.
Immagine Antonio Paixao
Id: 21883 Data: 18/08/2013 19:34:44
*
Nei versi di Cristina la tovaglia di Dolina
A Cristina Bizzarri
Dolina di Forlì mi aspetta una volta al mese
per raccontarmi della linea gotica, sulla guerra
per pranzo a casa sua. Mi reco da Dolina
una volta al mese per vederla
apparecchiare la tavola con premura
che solo il dolore di una guerra mi sa dire.
Quella donna apre la tovaglia
come se ti entrasse in casa
il sole all’improvviso tra la fiandra
e il mogano, una nuvola la tiene tra due ali
a fantasticare di memorie…attimi nel cielo d’aria
Poi Si adagia lenta come una collina
Ma non è tutto..è quello che segue
Quello che fa dopo con le mani :
schiaccia quell’aria con aria ancora
leggera tra le dita il rosa
distendendo il colore a calmare il ricordo.
Non sembrano mani le sue, sembrano altre
nuvole e sopra e sotto le nuvole il sole
s’inabissa nella luce delle braccia
quando lo sguardo azzurro s’alza e le solleva
come una cattedrale. poi s’inchina semplice
per sistemare i veli alla più radiosa delle spose
Quando le mani fanno così alle tovaglie
sono mani pie che sistemano ferite
mani che dicono la verità, mani persuase
“va tutto bene, ora. È tutto a posto. Siedi”
È un gesto Vasto e Misterioso
Che viene voglia di piangere ogni volta
che gli occhi tracciano quei gesti religiosi
Dolina non sa. Non sa del presentimento
del linguaggio. Intanto sulla tavola
sulla tovaglia liscia
le cose soffrono le une con le altre
più di quanto sono.
Ogni volta, tutti i mesi da quando la conosco
entra il sole in casa nei versi di Cristina
nelle mani le nuvole alle nuvole
verità di pane sulla tavola imbandita
come solo ho visto fare alla Dolina.
Id: 21868 Data: 17/08/2013 01:20:14
*
750,000 Anni fa l’amore*
Implacabile e chiaro nella corrente il respiro
con tutti i segreti di dentro –
stacca la terra dal vero chi siamo
dimenticare. e fare un bambino
che cammina e ci riempie d’arrivo
al richiamo 750,000 anni fa
resta ancora a bere rimani
nel bel mezzo del sogno
...tutto è così familiare
In un campo di fame
c’è La canzone nera
di un uomo ammutolito
che inghiotte il sole
tra due mani spalancate
alla metà del cuore senza pace
Un dolore inesprimibile che potere ha?
Se non ha mai chiesto nemmeno una carezza!
Hai tardato molti anni. Lo Sapevi
ti avrei sognato. Ma moriremo-
ripetevi- certamente lontani.
Torneremo con gli uccelli
tra gli alberi senza male
resteremo a bere. A nuovo amore
qui passammo noi
due insieme 750,000 di anni fa :
avevi un segno bianco sulla fronte
appena nata. la neve ci sposava
e tu m’imbiancavi il seno ancora vivo
Ma nulla si vede dalla terra.
Si curvano sotto i monti le parole
di un cuore che si riavvia più in alto
non c'è modo di raggiungere il passato?
*
Id: 21863 Data: 16/08/2013 13:03:54
*
Nel cestino di Sevres
Chino il capo punta dal sole
gli odori si fanno più forti
nel caldo totale del giallo
di festa. Stigma materno
luogo interiore. Vuoto
sulla terra aperta a luci
da ripetuti sibili d’agosto
Parla piano
sussurra un augurio
pesante sul palmo
lo dispongo con cura
mentre ti muovi
insieme alla cose di casa
-quattro pareti e Ferragosto-
nel cestino di Sevres ( che tu..)
l’amore è concreto
da dove ti scrivo fa buio davvero
ma convince alla gioia :
che non basti quel poco
nella ore più avanti
che ci hanno divise
dagli alberi ora
vado a portarti
in un punto preciso
l’acqua dei fiori
Id: 21847 Data: 15/08/2013 14:50:04
*
Tornerà dagli occhi
nella piu leggera delle città
senza nome lungo le rive del Tigri, nel Diarbek china sulle piantine di mussola
una donna incideva le ninive -fragilissime preghiere d'acqua - filtrate una a una con le garze fasciate come bimbi nascosti al sole, dalle zanzare. Ninive da portare nella gola
su un camion di stoffe per l’Europa
Per rispondere al Cielo tratteneva sangue
con alimenti e aria, sul limite del solco,
dal dolore che tutto bagna nelle mani
e il volto nella parte neutra
dove si alza lo sguardo - dove vacilla- passandoci accanto un movimento dolce e segreto, di un angelo sottile che prende il nostro affanno, in aria con passo uguale e lento camminando fino a sparire al Nulla - come le hai chiesto Tu- in una lingua che non potrà nessuno.
Tornerà dagli occhi -la sua esistenza- [ con Altri occhi ] pieni di lacrime nella parola dell'Inizio; di un'Altra specie
la ricevi nel tuo viso che già vive
sorella
fiorendo da ogni vena- tacendo il grido-
tra le mani calde di ninive
la devozione nel grande Suono dell’Indicibile che ci dimora.
Id: 21823 Data: 13/08/2013 23:00:51
*
il y a
Ognuno è vicino alla sua polvere
Di ricchezze private, di carezze
intimamente clamorose
Trattengono gli occhi nel passato
Vivo ciò che ama: l’ossigeno e due pietre
Nude. Nel corpo della montagna
Stanotte è nevicato sul punto di piangere
Ma non avevo il libro delle preghiere
E il mattino ha cancellato come vento
Le impronte al primo sole.
Era poco fa. Altro non è
Lo sguardo azzurro
Acqua che si ritira
Nel bianco delle rose
d’altura
Alla vertigine della libertà
Tornerò nel bosco a far notte
Per la speranza dei cervi
Per la continuità del volo
E l’ultrasuono- tremendo
Nell’orecchio del cielo-
Intorno al silenzio
Che rimargina
L’impossibile morire.
Id: 21782 Data: 11/08/2013 18:07:19
*
Se la notte sfiori la Tjuringa
Sugli occhi un rigo d'acqua
che viene su dall'aria
va destando la tua assenza
all'altro lato della vita
sotto lo strato indicibile s'incarna
-nel labirinto silenzioso eppure vivo-
in me come un amante fa vibrare
sull'intero corpo ogni singolo respiro
rifluendo nel petto generoso incanto
E' il getto d'acqua che racchiude
l’identità di entrambi
a rendere visibile la pista
senza trovare fine. gli occhi
sanno poco nulla di Noi
se dediti alla caccia alla raccolta
o entrambe. Per le Vie
siamo giunti cantando il Nome di ogni Cosa
fino a segnare l’odore con un dito
nella neve. Abbiamo dormito insieme
il tempo del sogno lungo mappe
di pozze incise sotto i nostri piedi
quando sull’erba umida ti ripetevo :
è cantare esistere. è sulla scia
che formeremo Vie per ritrovarci :
la strada che misura la distanza
tra due luoghi : è il nostro canto -
dove Siamo.”
Se la notte sfiori la Tjuringa
se percorri con le dita il movimento
dentro il suono dove vengo mi raggiungi
la prima volta che abbiamo fatto l’amore
Id: 21768 Data: 10/08/2013 01:04:22
*
Lullaby
Nei mille piccoli cieli puoi restare
tra la tessitura delle cose
conservando la freschezza sulle dita
il movimento ritmico innocente
che le fa apparire e scomparire
nella mano tesa quotidiana
l'invito a camminare intorno al pasto,
come principianti delle cose,ininterrotto.
Sulla carovana di sale non è dato
del prima dei neonati, né dai morti il dopo
ma un fratello. silenzioso. di tutte le cose
l'estrema possibilità d’amore.
Ricordi quando ci incontrammo alla fontana
come venne danzando una donna del villaggio
come in croce stendeva le sue braccia ?
passando vibrazioni per le scapole
nascendo da una mano all'altra ci raggiunse
piegata nel movimento di preghiera
prese a dondolare una canzone lungo il torso
fino ai polsi. per dormire tra le dita
cantando una ninnananna. Canto a sé stessa
il palmo chiaro volto in alto
come una richiesta di silenzio
legandosi alle braccia fazzoletti
come rami -i più teneri degli alberi -
ripeteva il vento a dondolo infinito,
l’avanti indietro coi suoi fianchi, della culla.
Se si abituano le mani alla penombra
se la mente diviene silenziosa
di una luce blu scuro ininterrotto
ricorda il mare Indifferente !
Quando ti calavi giù verso il cobalto
fasciando fiori piccoli al silenzio
alla corda un’urna tiepida di sete
colmando il Vuoto denso e nitido di noi
la volontà di amare indivisibile
Nessuno sa fin dove . E risalivi
Id: 21741 Data: 07/08/2013 18:21:13
*
Nella terra dove non si muore
Nella scissione tra la spinta e una rinuncia
tra l’anelito perduto ad un oggetto
e il perturbante che erra in casa sua
dove le stelle stanno cadendo come sangue
la luna ha percorso metà del suo cammino
su mezze verità in oratorio e non saper perchè
di nenie responsoriali : nel mezzo è il nero
- Rothko -
In alto bianco. Continuava a vivere
nella stagione dell’aurora si addensava -
dove niente è paragonabile al ritmo del respiro
ne sa più di noi. della scrittura
sui crinali chiari trascolora
l’immensa moltitudine che mostra
vissuta oltre sé stessa inconscia
resistente tortura nella melma del dolore-
ricercando un suono primordiale
a tutte le Poesie
Esercizio di divinità l’ascolto -ci attraversa-
non è dato che per vibrazioni
un palloncino che puoi tirare verso il basso
cogliendone un frammento di fortuna
nel raccoglimento. poi lasciarlo
risalendo col destino nella terra
dove non si muore
Quel canto è le cose che nascono la Voce
-aprendo il petto dalla gola
pulendo tutto il sangue
in un giorno di silenzio
e una nuova lingua in bocca-
come la Bibbia da Dio.
è lì che si squarcia nel velo
il dentro di un Credo
il sentire con.fuso
nella felicità
Id: 21707 Data: 05/08/2013 01:45:38
*
Just a rumor
Un vento largo solenne
Volteggia sopra il bosco
Inondando l’aria come fuoco
Sulla quercia i geni di vidala
Nel cammino impetuoso
di una misa criolla
mosso da giustizia comincia qui
il rumore bianco nelle foglie
a percepire le singole frequenze
con tutto il corpo le pulsazioni
di una parte troppo grande di sé:
melodia postuma - di quiete
profondissima ferita-
feritoia insieme
"se incontri il Buddha,
uccidilo!" t’insegnano-
Lavorerò con la cenere negli occhi
delle preghiere Conservando soltanto
ciò che sono disposta a perdere
delle attese del dolore il sedimento
tratterrò sulle mani la grana opaca che assorbe
la luce -non solo la sua immagine-
il respiro del vento sembra muoverla
nascondere un Dio dove meno ti aspetti
cancellando il resto. Solo una voce
il nome che può essere pronunciato.
Id: 21697 Data: 04/08/2013 14:18:14
*
l’uccello canterà più forte ay mama
accade che suoni lontanissimi
rimbalzino davanti, tra le cose,
una tempesta eterna dell'anima
-una delle meno conosciute-
serra di leggende di miraggi, ma
se gratti la terra dell'oasi se raschi la pelle
per tenere l’emorragia se appena cuci i lembi
coi tendini dei salmi sotto più a fondo le ossa
sono ancora viventi le colate di ghiaccio
hanno trine negli occhi e boschi di pioppi bianchi
tra le gambe azzurre laghetti di balene
minuscoli pastori Noi viandanti
umidi pascoli tra le mani
cespugli spinosi per corona
sotto i piedi del mondo nel punto più a sud
dell'anima c'è un Luogo senza memoria,
una pelle che fa ruotare lo sguardo
dai gesti miti, un linguaggio sottile di tenerezza, là
dove si conduce il fuoco nella canoa
al nuovo capanno, per la festa dei fiori
di lana cantando l'amore delle balene,
quando il rombo del fiume diventa assordante
e le stelle tinte dal nero del Silbaco
l'uccello canterà più forte ay ay mama…
facendo sorgere l'albero nell'orecchio
le radici nella mente
la chioma nel cielo intatto dell'anima
Io posso solo danzare portandoti un fiore spontaneo
per ritrovare l'Ombra dell'Uirapuru
tu puoi sentire avverarsi un desiderio
caduto per sopravvivere un sogno?
*"Uirapuru" è il nome sia di un attuale uccello amazzonico che di una creatura mitologica. Nella piovosa foresta l'uccello Uirapuru canta una sola volta in un anno, quando costruisce il nido; raramente anche alle prime luci del mattino. Secondo quanto racconta la leggenda, il canto dell' Uirapuru è così bello che tutti gli altri uccelli smettono di cantare per ascoltarlo.Sia nella leggenda che nella realtà l' Uirapuru è simbolo di rara bellezza
Si tramanda che poterlo ascoltare porti felicità
Id: 21676 Data: 02/08/2013 17:09:14
*
come bestia serbo meraviglia
Se guardi nella pancia dell’ascolto
Se tocchi l’acqua buia del mio carso
La curva che dispiega scorre dolce
e sono gonfi gli alberi di vento
sul bordo. d’incenso e tenerezza
tocca_la distesa nel suo cuore
trattieni_la custode del confine
-Puoi sentire il respiro del principio?
L’istante del respiro sparge bellezza
verso la Tua poesia il passo È qui che canta
e l’acqua si ripete come fosse
necessario scegliere
cosa s’aspetta? -un Uomo meno
di 250milionidiannifa vedeva
tra le rotaie gli equiseti, ricordi ? -
Ci sono nudità che la luce spegne
per volare in alto la purezza
per il sentimento di Handke la durata
Ci sono prove sulle DoloMiti , un grido puro
250 milioni di anni fa
era sul fondo dell’oceano e milioni
di creature marine schiacciate insieme a
perdere il proprio corpo, bocciolo d’oro,
lo sa il Green Lake la privazione
dell’ossigeno il colore scuro sulla pelle
fino al rosa del veleno In pochi vogliono
in pochi possono restare. Vivi. Sedimenti
nel vortice d’amore che il mostro demolisce
di piegamenti campi elettrici e visioni
pericolosi dislivelli e terremoti
episodiche esplosioni di correnti
significati chiusi nelle faglie.
Cosa è servito tutto questo?-
dolomiti !
L’innalzamento è tutt’ora in corso
a mostrare il biancore di scogliere
delle rocce Coralline le incisioni
potenti Continueranno a crescere sospinte
Farà l’amore il Rosa con le punte
nel blu cobalto il cielo con il plancton
Fino all'ultimo colore- non più facile
della vita- come bestia serbo meraviglia
camminando. nel segreto dello sguardo
un'immagine vi penetra. Altro
non sento che questo battito di_vento
Id: 21658 Data: 01/08/2013 00:58:06
*
Nei movimenti delle rose ti cerco
Non ha posto il viso
Nè mai lo sguardo
Dalla parte della carne
Per qualcosa che non fosse
Quel che han visto gli occhi
Lì ha posato la gola. Denudato fiori
Sorella di un Verso di poesia
-dell'immenso impresso- l'Anima
Seduce la carne la parola
Dove giunge il tuo piede
-La fermezza nella voce
Dei ciechi- Scuote il petto
Lo sa ogni buona madre
Lo sa il figlio
Che le piange in viso
Porto Rilke sotto il seno
La grazia del suo Rainer
Lo amo come fosse Vivo
Ma non è Lui che cerco
Sul sentiero di Duino
Quel che ha visto ..senza palpebre
fa cadere il tempo. Nelle rose
Lentamente
Più del pane sazia
Il bordo della coppa che fa tremare un uomo
Se chiudi la farina dentro il buio
Se con le dita avvolgi l’ombra
È così che ti cerco Amato
Figlio mio. Senza contorni
Nei movimenti delle rose
Id: 21642 Data: 30/07/2013 23:35:00
*
Hanno preso le tue mani
Ti ho portato via
Come gli odori l'll vento
Dagli occhi le tue mani
L'una nell'altra luce
E promessa di frumento
Hanno preso le tue mani
La forma del mio seno
E' il respiro che senti .adesso
In corsa sugli appennini
Id: 21635 Data: 30/07/2013 15:53:53
*
Al suo posto di sempre
Una coltre di luce consumata
dall’eterno riverbero accecante brucia gli occhi le mani nel suo interno la fonte di cristallo imprigionata
nel bianco e il blu del cielo al limite
Estraggo sale faccio/disfo montagnole trascorrendo profezie a tonnellate non c’è orizzonte che produca a dare spazio alla distanza
d’agosto, scaverò una buca a Pachamama offrirò latte e porzioni di cibo ringraziando deporrò una pietra e fioriture -una per uno-
L’offerta propizierà il raccolto del segreto l’indicibile devozione nel luogo più profondo alle parole dove si è- pronte per la notte
oltre il dorso di pietra del gigante
Nel buio leggero della carne ha posto il suo rifugio un’anima partorendoti al tramonto
-al suo posto di sempre- e se canta una canzone un’ederlezi non schiuderà le labbra
fin dal nascere un lamento
sempre più intoccabile
di sale
Id: 21618 Data: 29/07/2013 18:25:01
*
Ci tiene stupefatti gli occhi chiari
Un filo d’anima alla volta
viva. e indispensabile scintilla
nascente da lontano
passaggio d’apertura
alla rivelazione
non posso toccare – Lo sguardo
colmo della vita-
mentre penetra come un fiato
sul mercato del sale
il tempo nella macine di sesamo
per tutto il giorno piano piano-
il nostro punto d'incontro-
Finchè s'illumina con l’oscurità
sulle colonne di roccia degli oranti
come un imam sta davanti
la bomba inesplosa nel duomo
non puoi portarla via
È un’ostia nella gola
che ci tiene .stupefatti.
gli occhi chiari .
Id: 21610 Data: 29/07/2013 00:49:30
*
Lo sanno gli uomini daria
non so dire il rumore
che fa la corteccia
quando il vento la stacca
dal tronco
del pensiero/ è la sposa
dell’orecchio assoluto
lo sanno gli uomini d’Aria
mendicanti di verità
tra la virtù e la colpa
il premio della pietà:
non c’è impronta
senza respiro
se non nascere
a capo dell’albero
con tutto il dolore
sentire
in cima alle dita
staccarsi nelle parole
la nostalgia
fermarsi. per un momento
e condurre al contempo
la vita
Id: 21601 Data: 28/07/2013 16:00:34
*
Il mistero delle Egrette Sacre
Un solo giorno ancora
da colmare
sostiene l’Anno
sull’orlo della vista
Più del Nome mi chiama
ciò che resta
l’aprirsi senza fine-
nascosto nella stanza
lucida di male e creme di avene-
delle garze d’acqua che ti porgevo
le hai scambiate col bicchiere
aprendo le mani nude
le alzavi fino al viso
afferrando l'aria
come a portare un peso
dal deserto della gola
all'invisibile di luce
non so fin dove
perché avevi degli angeli
alle labbra
la grazia nel tenere niente
il mistero delle egrette sacre
a bere Nulla
riempio la sera, ancora,
come una pita
la ciotola di latte grigia
e suono intorno
un lamento bianco
circolare
nello sguardo ebbro
di sentire
quel vuoto lieve
tra le mani
che resta dell’assenza
come spazio
del suo Essere sublime
Id: 21576 Data: 26/07/2013 11:51:51
*
A passi di preghiera
A passi di preghiera
A prender l'acqua
dentro il bosco
con un esile respiro
si lamenta
contro gli alberi
la schiena
in attesa della pioggia
spinge alle labbra
un canto
per metà dolore
e chiaro agli occhi
Siamo inzuppati
Quasi felici d’improvviso
Fedeli
Altri passi in silenzio
riconducono a casa
col sole
adagiato in quel luogo
remoto
Id: 21554 Data: 24/07/2013 15:59:08
*
Un cenno sale leggero
A mezza via
tra la torba e l'anima immergo il capo
dall’umido alle rose
sono fradicia di silenzio
Un cenno sale leggero
il corso della notte lunga
è uno spiraglio nella neve
-non solo il gioco delle ombre-
che passa brillando
ad asciugare la pelle
Id: 21546 Data: 24/07/2013 02:07:11
*
Guarda quanti fiori
guarda quanti fiori!
messi in silenzio
non disperano
della morte
nella mano più pura
che ripara
la parola sovversiva
Id: 21541 Data: 23/07/2013 20:20:31
*
La parte della neve
Vorrei cantarti della neve la parte della neve
della parte del sangue che non sai
del sangue che non sai a togliersi mai più dalle preghiere
-non toccare il nome nella voce
per marcare la vita – e noi stessi-
e milioni di possibili modi
per tornarsene a casa
tra il bianco la terra-
sai portare nel vento
un fuoco sottile non è un cero spento
-che per l’altro non soffia-
ma la più bella parte
la parte più bella di te: la forma di madre
- che avverto senz’occhi -
nel grande Rito d’amare
quasi non fosse lontano la neve
un’eco fin giù. nel rosso del sangue
nel raggiungersi ciechi alla meta
compiuta. come fratelli
Id: 21531 Data: 23/07/2013 00:09:48
*
Il percorso dell’Eufrate
Nella bottega col capo reclinato
Siedo accanto alla forma che ti chiude
Le mani intrecciate nel trasporto
Del corpo inesplorato Io Rivivo
La memoria gestuale -un luogo certo
Col rumore di un soffio da ogni lato
Si apre il desiderio di un estuario
a cantare col cuore verso l'uomo
-Quali preghiere si tengano lì dentro
Il percorso non scritto dell’Eufrate-
Non bastano gli occhi del volto
Che ci venga vicino sfiorando
Ma il Nome profondo Il più chiaro
Che Può inginocchiarli nel buio
Fino a quando bevendo
In Dio
Non riposa la mano
Id: 21508 Data: 21/07/2013 16:31:07
*
Senza un fiore ci tocchiamo
Lascio andare piano sulle mani colline calanchi e segretezza un codice matematico ricavato dalla bibbia
tra ragnatele d’archi : cambaciano le linee di piccole incisioni
sfruttando le fessure naturali
mischiando malta ferro legno
e un lavoro sporco con la pietra
al cuore torna in suono un palpito –piano piano eroso come un filo di canzone- le dita lente a domandarsi il futuro dei miracoli a brillare vive sui nostri d’oggi polsi bianchi come ancelle mentre l'acqua porta via
tanti strati di pittura
ai volti l’essenziale
c'è un sottile stelo tra i vigneti e noi a meditare sui camini delle fate
l’ignoto inesauribile
lo spazio vuoto
che quei pieni dovranno limitare
Così ci amiamo. l’anima
senza un fiore. ci tocchiamo
la grande bellezza
Id: 21498 Data: 21/07/2013 01:10:24
*
Dove sposano le volpi
Piaga solare armata sui nodi delle querce dorme la paura spaccata nel sangue- ribelle fuoco di montagna zeppo di vento di doni di sentieri liberi di ore forti di dolcezza e fianchi di pace carsica. l'alba
scuote ogni mattina il cielo
-in una sola attesa- nel suo ventre minerario fino al pozzo ai piedi della collina dov'è poggia sul dorso delle mani
accogliendo il segno della tua felicità. sei. chi è giunto
fin dove lei farà in silenzio immaginando quello che non vedono
gli occhi di un’immagine riflessa
terrà forte le cime coi piedi nel fondale
della diga immacolata
memoria della carne
non uscirà con l'arcobaleno dove sposano le volpi
Perchè così ha promesso
finchè scompare
nell'acqua come compimento
scintilla con la voce. la veste di rifrazioni sfuggite all'oblio
agli ordini del fato la devozione
restituendo le mani con un’ala
per essere abbastanza innocente
mostrando il volto dell’amarti .un sogno
si raccoglie in mille sfumature
nell'involucro purissimo dell'aria
si stacca in volo ed io trattengo quello
Un luogo nella luce- fino a salvarla
Id: 21481 Data: 20/07/2013 01:07:48
*
Da te che dormi
Non sono buona a misurare le parole Sto imparando facendo conto del silenzio come in buchi dentro gli alberi nascondo quelle grandi facendo risuonare nelle ciotole più volte fino al piccolo
che resta per la casa
da te che dormi
Non sarei buona a tacere tutto il chiaro che cade dentro gli occhi
è così sai che non vengono singhiozzi che se tengo la fronte leggermente sul tavolo sento cadere delle gocce
in basso toccare il pavimento-
d’infinito breve- e andare via
Le figlie ti offro
come sorelle come ogni cosa buona
che non sfiorisce
l’innominabile grande
Id: 21474 Data: 19/07/2013 13:35:54
*
Voleva tenere per lei
Sono passata nel tempo
di due vetrine all’ingresso
bussolotti di sabbia, le forme dei sassi
dei cristalli di metà mondo
ogni suono caldo Nei calici
fragili dita ridisegnavano
l’uno nell’altro –loro-
viaggiando. Lui ha raccolto
meno mari di bicchieri
Lei viaggiava di più.
Prima della cucina
abbiamo pianto
dentro l’ombra
più ampia del mare
terribile più dei vetri rotti
verso il mondo
dell’Altro Lato.
Implora una voce. Una breve
moratoria nella tiepida sorgente
coi pesci rossi umida e segreta
tra il canneto. senza altra pena
un appiglio :
-potremmo andare Noi
a prendere la sabbia che manca
dai luoghi dei bicchieri dell’Est-
Ho sognato tua madre -sai-
di farmi trovare per primo
con le pietre migliori negli occhi
all’ultimo viaggio
volevo tenere per Lei …
Non saremo mai pari. Ingannava
il tempo che resta nel viso
mettendo avanti la sua bellezza
guerriera al dolore
tintinnante là fuori. al freddo.
Col cibo semplice delle mani
oggi
per qualche motivo ti ho trovato
a Istanbul- ci siamo immaginati-
abbiamo preso Fiato.
Id: 21447 Data: 18/07/2013 08:16:56
*
La radice è nell’aria
“Spalla come guancia”
“Corsa come giugno”
“Mare come arrivo”
“Cuore come treno”
Se sai riconoscere la felicità
mentre succede alla luce
del giorno con la carta piena
del segreto di vento , viva
nel disegno basta una scossa
Lieve...
un semitono tolto piano
e lei giura sul tratto d’aria
percorso dal confine
si fa il Segno della vita
molte volte
dalle infinite altezze
raggiunta
ringrazia cauta il tempo
Imprevedibile, se per questo
della continuità
Ma quando va via
la luna. dove finisce l’erba
piega le ginocchia E muore
piena Di memoria
dal culmine volata in fondo
ricrescerà che ricorda una poesia
La radice è nell’aria
radice come aria- dico
“Non si sente che il suo respiro e, lontano e sepolto, il cuore. -Cuore come treno – dico.” - Italo Calvino -
Id: 21422 Data: 16/07/2013 17:27:28
*
Nell’entasi del tempio
Il profilo sempre più teso
il rigonfiamento esiguo
per tutto il giorno reale
o illusoria montagna deserta
E’ a sera che la senti salire
a nudità di buio parziale
passar calore dalla bocca
se la scorgi in viso.
Ti attraversa
accanto non si riduce
con più forza con il silenzio
di una poesia bianca
allarga gli occhi
a possedere la stessa luce
a lavorare stanca
nella postura nuova
fiorita d’estate. Vibra
nell’entasi del tempio -solitaria:
ha l’andatura di un sentiero
la membrana robusta
gode di suoni
all’altezza della notte
gonfia . Fino all’alba.
quando regredisce
l’occhio umano
e di nuovo il profilo
che cammina
è nella terra esiguo
Id: 21408 Data: 15/07/2013 22:10:59
*
Stringo con forza i lacci
Indosso con parsimonia
i tuoi sandalini brasiliani
Oggi ti hanno condotta
Verso nulla di conosciuto
Sotto la montagna di Vergato
Già pesante con che stanchezza
Consumano . a passi veloci
L’inesprimibile dolore
Mentre tu cammini a piedi
Scalzi il bosco. dal lungo ramo
Trema il filo come una carezza
Sul nodo dall’albero al tuo giardino
Dove non sei più tornata prima
Di quella pace per sempre intatta
Stringo con forza i lacci e avanzo
Oltre il corso delle sere
Più grande
Nuovamente nell’aria
Riempie la porta
Id: 21401 Data: 15/07/2013 14:13:36
*
Da chi siamo sognati
Non ti era nascosto
Il Fiore della carne
Raccolta d’amore
Ricamato nel profondo
Corpo della terra
Ai corpi embrione
Senza posa fisso
La trasparenza del mistero
L’Immenso da chi siamo
Sognati gravemente
Mortali negli occhi scritti
Senza Regimazione delle acque
La tua immagine ferma
Come in un ritratto
Restituisce il fiore
E luce nella stanza
Id: 21385 Data: 14/07/2013 15:20:27
*
Più di un luogo d’amore
È una lama sottile
Che penetra il fianco
Mentre respiriamo
-Un attimo di quiete-
Non togliere ai piedi i tamburi
le fanfare nei passi
di cucire monete d’oro tra i capelli
non finire di fare l’arpa nelle vertebre
sulla via trovi frammenti di canti
all'indietro, fino alla palude
che tiene bassa l’erba-
dove un uomo disegna l’impronta
della voce che manca- C’è tutto
nell’acqua un sesso aperto che ascolta-
l’aria il tessuto la tregua che filtra
la supplica- superando il pensare
dove tiene in segreto la luce invernale -
c’è un fuoco laggiù di ottanta Mondi
dentro un mortaio una pista di scambio
Pioverà molto al suo centro
a pungere il cuore tra i rami
di Telajen. Per non tradire le cose
chiudi gli occhi anche Tu . vieni
nell’acqua -come un bambino immaginato
nella luce invisibile porta tra le mani
una piccola rana sulle zampe pogggiando
le dita nell’ombra - trascorri un linguaggio
che dura alla bocca che Tocca l’acuto
della verbena la carne, seconda vista
più tenera di una sorella. Talvolta
si sente un sospiro di sera
quando i frutti del buio fanno radici
nei fianchi e le radici non muoiono in fiore
Nâ- Koja-Abad è allora
l’interno si fa involucro e pelle
Piu di un luogo d’amore di quello
non c’è punto:
dove le immagini preesistono
sottiliporziuncole sdraiate come un 8
alla fine del respiro, sulla vetta dell’acqua
Mentre il sangue in fondo al boscotace
-il dolore delle foglie la bianchezza
del cielo il nudo d’acqua della martora
che indugia sul passo dei cervi-
nel paradiso delle voci ai ripostigli
c’è la Pasqua delle querce, la licura
sulle pietre il trillo del tekiah
intorno ai salici ciechi
lo sfinimento delle corse dove ci sa
felici al tempio la candelora sulla Pieve
la confessione del laghetto nella rosa
Più di un luogo acceso. Sì
-dentro la costola del cuore
tra i muscoli preghiere tra le mani
piccoli pastori- lo stesso tempo. C’è
la stessa montagna fuori dagli occhi dipinto
un vascello che va con la grazia di un fiore
s’incammina confondendo ciò che accade
con chi potrebbe ancora accadere
sotto la superficie della forma . Cresce
un altro sangue a convocare l’inaudito dove
scende un fiume così potenteda generare
luce che si frange morbidanel dono
di una terra. sprofondacome un mantra
Più di un luogo
rimane tra fratelli
d'acqua
Id: 21379 Data: 14/07/2013 09:36:58
*
L’acqua è un sesso aperto che ascolta
È una lama sottile
Che penetra il fianco
Mentre respiriamo
-Un attimo di quiete-
Non togliere ai piedi i tamburi
le fanfare nei passi
Di Cucire monete d’oro tra i capelli
non finire di fare l’arpa nelle vertebre
sulla via dei canti trovi frammenti
all'indietro fino alla palude
che tiene bassa l’erba-
dove un uomo disegna l’impronta
della voce che manca- C’è tutto
nell’acqua un sesso aperto che ascolta-
l’aria il tessuto la tregua che filtra
la supplica- superando il pensare
dove tiene in segreto la luce invernale -
c’è un fuoco laggiù di ottanta Mondi
dentro un mortaio una pista di scambio
Pioverà molto al suo centro
a pungere il cuore tra i rami
di Telajen. Per non tradire le cose
chiudi gli occhi anche Tu . vieni
nell’acqua -come un bambino immaginato
nella luce invisibile porta tra le mani
una piccola rana sulle zampe pogggiando
le dita nell’ombra - trascorri un linguaggio
che dura alla bocca che Tocca l’acuto
della verbena la carne, seconda vista più tenera di una sorella. Talvolta
si sente un sospiro di sera quando i frutti del buio fanno radici nei fianchi e le radici non muoiono in fiore
Nâ- Koja-Abad è allora
che l’interno si fa involucro e pelle Piu di un luogo d’amore di quello
non c’è punto: dove le immagini preesistono sottili porziuncole sdraiate come un 8 alla fine del respiro, sulla vetta dell’acqua
Mentre il sangue in fondo al bosco tace: il dolore delle foglie la bianchezza
del cielo il nudo d’acqua le impronte dei cervi nella neve sul passo della martora che indugia
nel paradiso delle voci ai ripostigli della neve
c’è la Pasqua delle querce, la licura
sulle pietre il trillo del tekiah
intorno ai salici ciechi nella radura
lo sfinimento delle corse dove ci sa
felici al tempio la candelora sulla Pieve
la confessione del laghetto nella rosa
Piû di un luogo acceso. Sì- dentro la costola del cuore tra i muscoli preghiere tra le mani
piccoli pastori- lo stesso tempo. C’è
la stessa montagna fuori dagli occhi dipinto
un vascello che va con la grazia di un fiore
s’incammina confondendo ciò che accade
con chi potrebbe ancora accadere
sotto la superficie della forma . Cresce un altro sangue a convocare l’inaudito dove.
scende un fiume così potente da generare luce che si frange morbida nel dono di una terra. sprofonda come un mantra Più di un luogo
rimane tra fratelli dell'acqua
Id: 21378 Data: 14/07/2013 01:58:59
*
A prendermi le mani mentre bevo
Le sue parole davanti al viso la testa china di ogni sera
Nella giovane grazia svuotai
il succo al tempo essiccato
di un ananas.la metà estrema
intonsa prima del pane degli Angeli.
Contiene l'Acqua Grande ora,
spigoli di pace. una potenza minuta
oltre la cenere. mi mantiene calma nel corpo vivo come chiamando
la levo in alto dentro lo spasmo
semplice come bere la speranza
consumata fino al centro. Accolta
in comunione
da tante notti qualcuno arriva
-per sfumature appare chiaro- a prendermi le mani mentre bevo
fino all'ultima doglia sul pianoro
è una mano che scrive che offre pace
Id: 21359 Data: 13/07/2013 00:28:10
*
Yo envidio el viento
Potresti essere donna, un albero
la balena nel laghetto o il palombaro
non importa. Hai cambiato il rumore
alla notte tutta la vita
e posso vedere
il tatuaggio di fede divina
- un si-murgh nel verso -
questo, è l'amore più forte di me :
l'ostinata figura di un cerchio
per il volo che scava infinito
-che non vale per sé-
nella forza che hanno le cose
quando sale a spirale
nel vento sufficiente a servire
senza ferite dall’olmo
all’albero di legno di Sapan
sarei meno
leggera
nel volo
insicura
a coprir la distanza
che ora
mantengo nel fiato
da te
più delle tortore
per non toccarmi gli occhi
dentro il fesh-fesh
per non voltarmi più
fino al simurgh - chi sia
a pregare il Signore
che cosa.
Id: 21331 Data: 11/07/2013 21:48:58
*
La fortezza veggente delle falci
Sono protese le nocche della luce
sotto il peso sempre più chiaro
del suo corpo. Bastavano i ritagli
i tre quarti di uno sguardo a ritornare
col sorriso messo accanto al fieno
il giorno dopo. Domani è adesso
prima del raccolto. L’ultima sera
s’è visto il braccio alzato
fino alla mano
che accende le candele.
Nell’umido lucore della notte
si sparge lentamente il suo commiato
sui grappoli ancora verdi delle viti
la fortezza veggente delle falci
sul più gonfio grembo del silenzio
Nell’ora dell’anima
lei corre
col fresco della medica
a governare i cavalli.
Id: 21313 Data: 10/07/2013 23:11:02
*
Unendo i fiori che cogliemmo
Ha un petto grande il canto che più duole per quanto bagni i piedi nell'oscuro
delle mani portano fiori nei bicchieri e molte, mille rondini sui fianchi raggiungono le cose - alle radici Non un solo ramo è inutile.
Lì, dove i fiori parlano : la vedo.
Mi sta di fronte al centro della sera come un segno con la felicità spezzata nel calore come pane si alza e sale nelle braccia una ghirlanda
dalla pietra che sostenne il piede all'ombra di chi traduce un angelo nelle viscere stesse della terra dei lamenti puri
non avrò più paura del paesaggio muto
che si sporge nella risacca del respiro dove è fatica bere l'esercizio del silenzio mi indica in preghiera la parte che mancava
-se tuo era il sangue- unendo i fiori
che cogliemmo
dall'alto. Fino a qui.
Id: 21294 Data: 09/07/2013 22:05:34
*
Nel gesto largo di una donna
Vorrei piovesse con violenza a mezza strada
mentre riparto sulla tratta giornaliera
dell’asfalto diviso in due dal fuoco
ore di pioggia nella corsa per guarire
di mia madre. vorrei un fiume, il symbolon
da combaciare limpido col sale
-non un filo che non fluisce in volto-
nella nicchia minima degli occhi, piangere
discesa a nudo per risorgenza, identes
Dell’affluente tortura chiedo il getto
contro il corpo l’acqua. nel fragore
di una lastra di ghiaccio che si muove
-non distacco delle ancore dal secco-
sulla resistenza dell’argine di nero
C’è una colonna di luce In transito
fra gli spalti notturni si dilata-
nel gesto largo della Donna- inconsapevole
rompe le acque del rifugio Ed esce.
in un angolo appartato tra le acacie
nel cesto vuoto sulle spalle d’erba medica
torna a piovere la Luce in grosse gocce
congiungendo in lacrime i due regni
Id: 21256 Data: 07/07/2013 21:36:23
*
Il dubbio non vale meno di una preghiera
Se devo dire un suono
non comincia
con un moto non si fa trovare
nella stanza vuota
quando torno dalla sedia
nel silenzio che lo segue
dal nulla
al nulla umano- muore
non definitivo
se “legato”
a qualcosa che diventa
Musica
nel punto di confine
il desiderio dell’opposto
la trasparenza udibile dell’altro
l’Armonia
Da un crescendo al subito
Piano. La gioia/
Il dolore che si rubano
nel tempo. La pulsazione
che continua “fuori”
Irrefutabile. In avanti
fino alla fuga dalla vista
l’ascolto
Così Se potessi dire
della passione di un lamento:
È la gioia
che fa l’erba
quando cresce
“legata”
nel dolore delle foglie
sull’addio dell’albero
l'Amore
per cui vale la pena Vivere
Il dubbio di non sapere
-il verso-
Non vale meno
Di Una Tua preghiera
Id: 21240 Data: 06/07/2013 23:43:09
*
Avamposto degli angeli
" La casa è uscire fuori nella notte"
- Marina Cvetaeva-
Nella chiusa di vento ti seguo
-le ultime impronte le ombre- scura sul vetro dell'acqua sulla carne coperta di luce
avvolta nel rame.
Impressionato lo sguardo
all'origine
l'anno che sta per raggiungere
il suo mese più immobile
sfonda il destino la minima voce
la minaccia che stringe
-a mancare la vista-
discesa
nell'arco sgranato l'acutezza del bordo,
il mormorio delle viti. dove si è giunti
ti annuncia :
l'odore mandato -Tante volte
a memoria-
nella brezza
che trema
a capo nudo
per terra
grondo di neve
nell'estate
raccolta
come un voto: il tempo dell'agosto
che mi ferma.
sul ciglio del fuoco - Suo ubbidito- una luce
a tutte le luci diversa.
Ma Tu,
il raggio Alto-
fino a battere la vampa
ciò che si conserva
in una stanza
accogli
quello che è servito
a uscire "fuori
nella notte" di Ninive-
mi plachi, oltre le Case,
Avamposto degli angeli
Id: 21217 Data: 05/07/2013 18:55:55
*
Sul seno dei papaveri
Incideva come bulbi di papaveri
I suoi seni misteriosi a tarda sera Raccogliendo nelle viscere la pace Del prezioso succo nero con la Vera L'argento del lulan mosso dal vento
Di una tigre nata al buio della bocca Puoi sentire le premure farsi chiare Come l'aria che respiri fiato a fiato Più madre di un coniglio dentro il nido Succhiata a gioia per urgenza a morsi
Che porge il viso insanguinata e muore. Credendo ancora nel cerchio del donarsi
Id: 21196 Data: 03/07/2013 20:42:51
*
Un pieno di sole non scompare
Ti porterò ogni volta a piedi
Sulle Vie dei sogni
Un recitato di preghiera
un calpestio di cervi claudicandi
che hanno imparato Zingiriàn
toglie respiro al sonno. sulle tempie
si fanno gemme ai fianchi i rami
invano viene sera e la calma nel cortile
Un pieno di Sole non scompare
ovunque vadano i raggi a sbiadire soia
durerà a lungo il viso acceso per soffiare
le foglie di abacaba sulle braci, scaverò
una buca con le mani per tizzoni
-non si sarebbero più spenti-
verso un volto ignoto di frontiera
a rivedere la stessa Terra, un'altra mano
fare il segno della croce. sul lembo di foresta
annaffiando i fiori. fino all'ultimo rifugio
la stessa pace. a scendere le scale
della sua esistenza -di un vivere come vuole-
ho diffuso una danza lenta nelle fiamme
sulla Testa di Nostra Madre. indurito la punta
delle frecce. Conserverò l'acqua -agli occhi-
per i campi di pianura. le radici dolci
a cielo aperto. della Tua Poesia il sangue
una miniera per la fame -rifugio d'animali-
metallo grezzo sulla canoa del tempo:Urihi
sulle Vie dei sogni. lo stesso fuoco si riposa
Col silenzio sulle spalle di un monsone
che chiude il tuo bagliore di granito
tra le dita. ti porterò ogni volta a piedi
per la prima volta leggendo sabbia
il mio piccolo Dio tenendo a bada
le mosche nere dalla taiga ai Dani
Dal sottobosco alle montagne
respirerò appena il NomeErrante
battuto dal vento con le mesa
affidandomi al segreto che rimane
dei bambini quando vogliono Restare
Id: 21172 Data: 02/07/2013 01:24:30
*
Tace le Rose e la cura
Due lunghe strade
due figure nell’erba
“vai piano. Torna presto
dove non sei mai stata”
Non c’è casa
sul monte Carmelo
alberi di pioggia solamente
fontane segrete .
Seguono la rotta i piedi nel nome che cercava per le rose. Solo uno che non ha raggiunto che difende -Più lontano
cuore - le nasce intorno trattenendo fame
sulle ginocchia scorticate
-il saper toccare insieme un significato che ci basti-
a finir la notte. delle notti ad ascoltare dove niente è più visibile a chi viene dopo Rainer.
Ha la fragilità che io immagino
degli angeli quando spostano il buio dell’aria
tra i fiori
Là, dietro le palpebre, quel modo suo di venire profondo
lo ricevi nel viso e ti chiama.
Fa tanto rumore nel nome ..
che tace le Rose. e La cura
-ferma nel grido
come un segno nel grano- impalpabile e chiara una crepa privata offerta a far sera viene splendida in dono posando la pace a chi ha dentro
una spina. Le basta
poco
un nulla per vivere
penetrata di luce.
Id: 21146 Data: 30/06/2013 14:00:33
*
Claudia degli Alberi
A Claudia degli alberi
Ieri ho incontrato la donna
del bosco - senza radici -
non calza che pelle di vene
ai piedi conduce una pigna
e una ventata improvvisa
-un'eco di grazia elementale-
per fare rayuela al pendio
determinata a reggere il tempo
di quello che Vede nel fondo
Si racconta al Paese
che corra la notte
con gli alberi. E' muta
se domandi il suo nome
ti apre le braccia
come volare. ma insieme
inchina una spalla sul fianco
e veloce ritorna. con l'altra
più scarna
leggermente in ritardo
rimane
ferma a un sussulto
-a pena contrario-
donando la simmetria
che manca dell'altra.
Se poco comprendi
di claudicanza
nel buio di un gesto
posa a terra la mano
come lasciarti una storia
e svanisce tra i rami severa
nella sua corsa. perfetta
sembra parlare con l'anima
di "Claudia degli alberi"
del fianco ferito
di un cervo. nel sole
tra la lingua e la gola
D'amore l'll muto rituale
dall'uno all'altro versante
in tormento
da qui si sente. e a ogni ora
è un boato che torna
ostinato
come nell'albero il ramo.
Id: 21120 Data: 28/06/2013 20:13:38
*
A quella stessa ora dello sguardo
Con quale forza La notte densa
sollevò -in grida- un albero nero
.con tutto il peso di una nascita.
invaso di volti, di lampi e una vita
sola nella -sua- voce! Mi ricongiunsi
a tentoni nello squarcio - cancellato
il cielo- tra la mano e i rami
intuendo il profilo grave
la cavità oscura Scossa
Fu piena l’aria d’acqua ferma
vicino e forte
da non potere dimenticare
come cresceva lo spazio la paura
il confine delle cose, in eterna attesa
di quel nome chiamato verso il bosco
Piantai una candela per ogni fitta
per illuminare le macchie cieche
sotto la pelle -a figura intera-
le radici della casa vacillante
per riempire il muro del lieve della luce
le piantai a spargere speranze
negli occhi vuoti per accogliere
-immaturi-di lasciarla andare via
La sera prima.
Poi venne Il Giorno, là dentro,
deciso. l’angelo puntava il dito
verso. il sole alla fine della terra
E un albero bianco in cielo
attraversò la stanza
col giuramento di restare
in piena luce
a quella stessa ora dello sguardo
che la porta chiude senza Lei
Eterna
Id: 21104 Data: 26/06/2013 22:34:14
*
Per quanto a lungo stende le sue mani
Si raccoglie nel suo nome trasparente
E tace Quasi non avesse forze più
Piegato nella pelle -In quel tacere Di sé stessa-
Non si rivela. Dalla sua fronte l’acqua
Intanto cola sulla ferita immedicabile
Lasciata nuda per la notte a un’altra fede -
Somma di ciò che termina come una preghiera-
A dipingere le cose di continue guarigioni
Si rapprende la voglia di uscirti dalla carne
Ogni parte. Ogni istante si fa strada nel “vedere”
Come albeggia
Lei s’inchina alla sua benedizione,
Nell’eccesso doloroso, per quanto a lungo
Stende le sue mani, si commuove
Abbandonata nel “guardare” puro.
Id: 21071 Data: 24/06/2013 21:10:00
*
Qui siamo già stati bambini
Mi chiami madre
Tu
che hai posto bende
calde
sulla schiena
dell’inverno
di dolore. Solo un padre
conosce quel luogo
della pena
non togliere le mani.
Scenderà negli occhi l’estate:
C’è una madre là dentro
in piena luce. Padre
nel fondo stabile
dello sguardo che si rinnova
in Noi così
come si trema
per un’offerta
per una preghiera, è in Lei,
nella sua grazia
che ci vedremo ancora
Qui siamo già stati bambini.
Id: 21057 Data: 23/06/2013 22:33:37
*
Sta come giurare
Un'aria chiara
Un punto di voce Scomparso dalle case Dall'interno dell'acqua Dal bosco, nella parte tesa Delle mani, nel fondo buio del pino Dalle ore dure delle foglie. Di notte Soltanto, in apparente bagliore Di bellezza La rosa incessante è di tutti Un porto, un dendron, il nome per dire " Un altro luogo di sogno"
Chiusa nella bocca, viva Sul volto che affonda nell'erba Sta come giurare una stella Le poche cose dagli occhi Con cui ci siamo scritti
Un attimo benedetto
E perfetto
Id: 21041 Data: 22/06/2013 18:10:37
*
Istintuale
Si riconosce l'ansa nella mutezza delle immagini
uno spazio del cuore che finisce la parola
non più udibile. una donna
ai ripostigli della neve conta il bordo
al suo principio di bianchezza nella grotta
sporgendo il braccio con un gesto ripetuto
e quotidiano bere dalla stessa tazza
via via che s'avvicina nel profondo
nella cripta del sesso silenziosa
piove sul dorso solo di una mano
l'atto d'amore radicale al buio
che il paesaggio nega e tocca
di verità cristiana sulla lingua
sfuggita allo sguardo del reale
I suoi sensi erano in due divisi
Nell'intimo sognare presso Dio
- Chiunque
Esso sia- Gli affida il dramma
della Ragione,
del segreto: che non sa
chi sia che ama
la bocca che ha bevuto
senza sapere come
che l'anima riconosce e sa
Id: 21034 Data: 22/06/2013 12:22:31
*
C’è così tanto giorno
C'é cosi tanto giorno
riflesso nei pozzi
quando rotoli via
nei cerchi d'acqua
si formerà un respiro
di corpi celesti
nel punto esatto al vento
del tuo lento partire
nella veste intatta
per potersi allontanare
Pregherò la notte
ostinata
nella lunga luce
del moto apparente
al sole fermo pregherò
per la tua fortuna un fiore
l'll più magico negli occhi.
Finisce qui, sulla riva,
senz'ombra
l'll punto d'incontro del mare.
C'è così tanto giorno
che mi hai dato tu [tanto fa]
da potersi allontanare
con un solo sorso d'acqua
sorridendo, là
nel viso della luce,
senza povertà
Id: 21024 Data: 21/06/2013 21:58:46
*
Nello spazio bianco un giglio
Alta da terra, nello spazio bianco
lungo la libreria, una tela nuda.
C'è dentro la mia zingara,mia madre
a piedi nudi sul baule, gambe incrociate
Tendo nel braccio della notte la fatica
per raggiungerla nel viso di ogni sera
nelle pieghe della veste chiara,dal sorriso
l'accarezzo fino ai piedi con le mani.
Quieta prima del sonno, protesa
verso terra, nella sua immagine,
raccolgo i piedi affaticati tra le mani
lasciando che l'unguento sani,
che disseti l'ultimo saluto
finchè sia giorno,di nuovo alba.
Nell'ombra delle bestie
generiamo un simulacro
ed una voce uguale
Appena Un fiume- Tersi
nel movimento dello scambio
nulla va perso ai piedi,
l'ultima corsa, l'invisibile,
di un seme sulle labbra
sposo silenzioso della luce
di sillabe custodi di visioni ignare
anche il Nulla è illimitato
nel mistero che si schiude d'infiniti
nomi, colmi di cammino nel sottrarsi
Nel sottrarsi della sera
delle Madri
un concilio che sigilla l'occhio
ci somiglia dove tu sei
la mia métà di figlio alta da terra
nello spazio bianco un giglio
Id: 21009 Data: 20/06/2013 19:38:59
*
Ailanthus
S'innalzano fatali persino negli anfratti incolpevoli per la verità
per la bellezza Ailanti numinosi come giovani anni di pensiero camminando sullo strapiombo del chiarore Mai definitivi mordono polvere ad ogni costo e sale negli occhi di ciò che cresce con gesti albini, rapidi per vicinanza al nero. Del mondo aprendo un varco -senza fare buchi raso terra- dove la bellezza cede nel paesaggio si vanno incontro come in un cerchio hanno il modo per sfiorare [ l'll paradiso]
A cosa rassomigli per odore? Ti smarrisco nella voce mentre leggo. Versi nella stanza il volto più fiorito visto mai carezza che propaga il tuo sapore tutto ritrova nel cuore della notte. Ammutolita nel più alto cielo, gli occhi in pace. Siamo sulle vette e il viso la stessa cosa L'insperato che continua a crescere. Il figlio lentamente a superarci
Id: 20999 Data: 19/06/2013 22:16:20
*
Vestigiali. L’imene intatto delle cose
In una regione lontana dalla scia luminosa della Via lattea
a nord della coda dell'Idra e del Centauro
giace Almah
priva di luce e ombra. Vestigiale
ai confini della chioma di Berenice
intuisce l'estate del cuore,carne
il vagare solitario di un abete
nel deserto di un Anello
Mentre l'Anima divarica. le gambe
fino a sanguinare sull'altare
oltre le poverissime verità
Privo di tratto l'll tacito accadere-
del respiro delle dita immacolate
stelle esplose fino al silenzio attese-
si spacca nel sole di ogni giorno
rosa. dentro Tutto. La rosa impenetrabile
d'amore che non dura al gesto
solo. Ogni mio risveglio, al pari
è senza rami, non la sera
che mi ricopre i fiori
in solitari compiti fedele
vergine in sua prossimità
come ogni cosa che è nel grembo
del mondo, caduca e immortale
mi apro in esso l'll desiderio
di esserci stata nell'imminente nascita
del prato venivo su con l'erba intatta
come le trentasei vedute del Fujii
nell'orgasmo quotidiano differenti
imparando a morire come ogni cosa
viva. Nell'immanenza felice
di scoprire l'imene intatto
delle cose. L'assenso incondizionato
sulla vita tanto profondo e irrevocabile
Cuore aperto a tutto
e Cosa sola Unita
Madre e Vergine
nell'estasi Fedele
Id: 20983 Data: 18/06/2013 20:28:00
*
Camminiamo alla fine degli occhi
Non ti posso dimostrare Non si può dire più di questo Quando apro gli occhi [ inadeguati] É tanto di più. La mia giornata comincia con lei -quando si siede a fianco- giardini azzurri Tu e un minareto spegne la voce, più forte e persistente, come sul finire gli usignoli, nel canto prega
-Entra nell'erba Vede l'll piangere fitto
di lucciole fino al petto. Immensa
esce da Lei È lingua degli angeli-
Noi
incessanti Larici Già compiuti -corpi- Di salvezza In salvezza camminiamo alla fine degli occhi riflessi nei tratti del volto
si mostra come una vocazione
la musica insondabile
che non pretende
amore
Id: 20956 Data: 16/06/2013 02:32:16
*
Nel vuoto aperto: un’anima
Luogo percorribile
aperto spazio puro
Semplice vita di un amore
che genera bellezza Con fatica
Con sofferenza irriducibile ti riposa nel fiore di una mano una lunga confessione come mai altrove accade: il sacrificio sconfinato alla più pura possibilità interiore nel compito silenzioso di accettare il suo sentire creature e morte sul prodigio delle soglie, dentro i segni, la libertà del tempo l'assoluto dell'agire incustodito
Ti celebro Esistente dal nero dello sfondo provvisorio Ti canto per mostrare lo stupore attratta nelle cose per potenza l'intuizione di uno spazio inespugnabile: sopravanza sorgente Originaria nel Vuoto Aperto : un'anima
Id: 20944 Data: 15/06/2013 01:48:07
*
Se fossimo bambini
Prosegue Confessata
Un'ombra chiara sulla luce
Scura di bellezza vergine
E sposa perde il figlio-
L'uomo ritrovando il Dio
Non più ti amo. Solo
Posso adorarti. Nei piedi
Abbracciarti. Ancora io
[a]viso scoperto, ti veglierò
Custodendo l'll velo dove fugge
Un uccello sulla pada del gradino
Intorno alla fontana
Dove ti ho incontrato
Se fossimo bambini.
Unavoltapersempre
Id: 20937 Data: 14/06/2013 15:31:00
*
Corpi sottili senza scomparsa
Abitacolo dove principia il silenzio
l'ascolto, le cose tornare da te
nel poco di luce dell'auto
del viso sfinito l'impulso la forza
su per gli Dei affiora un sentiero
la mano una nicchia, dove battevi la vita,
nutrice di un lume nel volto. Quieto di passi
"Ognuno è l'altro" Mi dici
"Corpi sottili senza scomparsa
Se dormi sei arrivata,
ma non devi addormentarti. "
Si dilegua dal nero tornante la voce
un canto di ore
mi colpì sulla fronte di ieri, di notte
Mi colpì, lucido e fisso, di tenerezza.
Compresi "chi mi aveva" al mattino
chi mi aveva condotta alle scale
e non volere la fine Il suo toccare
una perdita, un buco. Di contenere
umidi occhi -chiuse senza durata-
là dove il caldo è nel ventre, dell'altro
nutrizione profonda al creato,
nella fatica di nominare una lupa -
ciò che l'attraversa feconda-
nell'atto tutt'uno si perde
in una Parola, e Sola
[ insostenibile ]
sulle ginocchia di casa
m'inonda ancora e rimane.
Id: 20927 Data: 13/06/2013 17:20:19
*
Ti tocco piano Ti riconosco
Era la stessa notte, prima luce
della tua poesia , di un soffio
quando mia madre entrò nel sonno
per morire ancora E ancora. Ho pianto
ai piedi del mondo. di quest'uomo
al mio risveglio
nello stesso sogno che prosegue
ti ho incontrato
-dove fu semplice morire-
tra le lettere e il vuoto
fora per gli occhi la stanza
nell'atto di cogliere il volto
al richiamo del buio incessante
un Sonar Innesca le voci
laddove la fede è protetta
nei segni,
nell'abisso d'amore, la madre
torturache pulsa nelle nostre radici
sta ferma
a ricevere luce. guardando
fisso nel cuoredel sole
Suo Figlio
partire. nella parte di me
che Rimane
Ti tocco piano nel Vuoto
Originario
Completamente aperto
Nel buio della voce
Nella Maternità di Dio
Ti riconosco
l'll segno .. ...
Nel volto delle acque
Che ogni notte lascia
Bagnando lentamente
L'll sogno
aspettando che entri
La Felicitá
Id: 20904 Data: 12/06/2013 01:32:53
*
Poso la gola al cielo
Poso la gola al cielo -Strettoia d'aria. di alimenti- Indicibile chiusa Di tutti i meridiani. sangue Tra la testa e il petto L'affidarsi è pace sulla fronte Sulle labbra il cuore del tuo dito La terra porta e il cielo lo ricopre il piccolo segno della croce In luce e caldo L'osso del frutto ignudo -l'unico tempo vero- nella cripta del palato Dalle vene aperte della preghiera Il mandorlo
-Gli darò il tuo Nome-
Che più non può tardare
Dove sprofonda il fiore
Il vuoto che si colma
E lo racchiude ora
Id: 20894 Data: 11/06/2013 12:21:03
*
Alla fontana
Insonne confronto nel suo volto
Prima della conoscenza alla fontana
Perlatura lattea non raggiungibile
Con nessun altro bianco che ci adombra
La piega sotto il toccare calmo del battista
Un vagito di fragilità apparente
Nel punto più vicino
La verità è un canto
Non sono gli alberi il samsara
La sentirai con un vento nella luce
Madre
Scia vivente tesa fuori campo
In Fiori
Dal sogno custoditi -Prima attesa-
Dove incrocia la risorgiva quiete
Id: 20871 Data: 10/06/2013 13:40:26
*
Dove non ha più coraggio il buio. Dove non può
A volte ho fretta di andare via. Premura
Per aspettarti al principio della scala
Dove non ha più coraggio il buio
Dove non può. Mi farei trovare
Nel punto che ogni notte il sogno
Mi concede sulla costa la montagna
Che ti spera. Nudità dell’anima
Sotto il frutteto
Nello splendore trattenuto che combacia
Nell’aria che appena osa respirare
-Appena un fiume-. Mi raggiungi madre
E sposa, quando ti perdo nel risveglio
Per lasciare spazio al seme
D’intrecciare l’umano col divino
Dentro cui la giornata ancora cade
Prima del sonno. Di una bellezza
Indicibile a noi stessi : una piccola
Costruzione di mattoni bianchi e legna
Per l’inverno. E’ l’ora che torno via
A sedermi sulla tavola senza pranzo
E batto coi talloni i bordi della sedia
Segnando il tempo che mi manchi
Da quel mare illimitato - sguardo
Di un nativo che dipinge i nostri volti
Che risale l’acqua Che s’annuncia nella pioggia
Con tutti i nomi della Luce : Adam-
Fino al sangue degli occhi la tua sposa
Dema –tu le chiami lacrime-
A immagine del cielo
Dove non ha più coraggio Il buio
Dove non può
Col viso che s’innalza
Rivolta dalla stessa parte
Mi troverai con Noi
Id: 20857 Data: 09/06/2013 01:51:15
*
Nei punti di fessura
Segnandomi nel corpo nella voce
Rechi profumi accesi ai suoni
Passo rapido nel buio gli occhi
Vedono appena il primo tratto
Della pace nei punti di fessura
Si distacca la matassa di Dio
Ritorna in superficie la donna
Tra il suo volto non ha più paura
Id: 20840 Data: 08/06/2013 13:20:41
*
A dorso bianco
Marca nello sguardo il limite
che ci fa chiari da parte a parte
ogni volta per bere Qualcosa in più
che guardarsi intorno Un passo in più.
Si alimentava fresco come una cripta
il fluttuare della devozione
curvando il capo l’atmosfera
a respirare di sofferenze antichissime
contraccambiando il volto
una figura sola. Qualcosa di centrale
mandata dalla natura in tocco lieve
contro la luce – sostanza A dorso bianco –
ne usciva improvvisa, per poca vita,segreta
nella veglia lucida
tornava in silenzio vedente
Buio pesto accucciato al letto fatto di linee,
di lana dai riflessi viola –in prova d’esistenza-
sostiene il mio pensiero -Dura così poco
la tua Assenza- come mantra ti ripeto
ostinato loop di sete mi divori Mi guarisce.
Sei ad un solo passo. Vai per poesie tremante
di paura Innamorata davanti alla montagna:
-“Rimani col sole alle spalle a soffiare”-
Angelo provvisorio che muove la mano
che chiamo magia Nascosta fusione
fin sulla lingua cura il fruscio
-bevanda pura-
sulla carta a dargli forma il viaggio
arriverebbe in cima Come fosse un contatto
che muti, se ogni voce parla,
ci rende gonfi di gioia
Oltre ogni cosa veduta
Id: 20830 Data: 07/06/2013 16:00:55
*
Pellicano sui nidi delle allodole
A Ferdinando Battaglia
Pellicano sui nidi delle allodole
Messaggero del mattino. prima luce
dell’alba sollevando in canto
il crescere nel cielo e scomparire
fiaccola caduta a sera per risorgere
alla terra. sei pura immagine
nella Visione aerea spirituale
in pochi istanti a poter volare
notevoli distanze. per estreme verità
l’allodola ti nutre, grano in erba,
nella penombra del solco, cresci
melodia di temperanza, in onore della luce
la preghiera. Nel mio disegno sei
pellicano sui nidi delle allodole
incurvate verso il petto. dal tuo fianco
sgorgano acqua segreta e sangue
incontrati sulla via del Pellegrino
risalire la sorgente delle acque.
attraversare il fiume verso l’altra riva.
discendere a_ mare la corrente.
Viaggio nel celeste. trascinata luce
-dipinta sulla rupe-
nello spazio magico di rivelazione
il tuo Giardino è un mandala.
Sezione aurea che ancora si compone
con il grande Tutto
posso passare le mani nel tuo vaso
sul "graduale” verso che cammina
trasparente, nel fondo del ruah,
acqua che tracima il segno
sulla croce Difendo con il palmo
la fiammella, come chi va nel buio in alto
e guardo in cima, nella sera dove vai -
colmando luce tra le mani il filo
di bisso naturale- nello spazio curvo
fitto di vertebre, aman aman un nido:
negli occhi si fa altare la parola,
un dono che risuona seminale
che ripete meraviglia nella svolta
lo scatto della differenza nel respiro
la visione che catturi apre la porta
tra il mio pensiero e il canto
voli via
Id: 20806 Data: 05/06/2013 15:04:14
*
Non fuggire alla porta degli dei
A livello dell’umanità non ti fermare
Afferra il tallone debole del fratello
L’uomo dalla terra rossa ha il piede gonfio
E tutta la città diviene sterile
Alla porta delle anche non ti fermare
alla ferita, al calcio lotta ! –Cambia il nome
Uomo- la vocazione che guarisce-
Va a dormire e sogna. Tra l’essere e l’avere
si sale attorno al tempio le curve concave
della colonna sacra che dai lombi ebbe suo Figlio
Non fuggire alla porta degli dei. Teniamoci
alle clavicole, tralcio tenerissimo prima del cielo
di conoscenza A superare insieme questa porta
-piaga più dolorosa sulla spalla
Dura cervice all’uomo del silenzio, l’ultima vertebra
"E lo sognavo, e lo sogno, e lo sognerò ancora, una volta o l’altra, e tutto si ripeterà, e tutto si realizzerà, e sognerete tutto ciò che mi apparve in sogno.
Là, in disparte da noi, in disparte dal mondo
un’onda dietro l’altra si frange sulla riva, e sull'onda la stella, e l’uomo, e l’uccello, e il reale, e i sogni, e la morte: un’onda dietro l’altra."
- Tarkovskij -
Si elide lentamente
nelle forme cicliche del rito
l'ansia che sa il termine di tutto
battendo di un solo passo l'uomo
-mundus imaginalis
lieve parete- al volto tuo
con quali occhi e mani
posso avvicinarmi
-lama gemella di bellezza-?
Faccia a terra con le parole. lotto
aspettando entri. la felicità
pietra luminosa che si muove ancora
nel giordano infinito. sotto la neve
fruga il pane tra gli steli
il nome (è) sveglio si posa sulla sera
lei sogna riversa vita
in completa nudità, dimentica
di una ferita polare senza cura, correndo dentro tutto il corpo poco e molto insieme. Pianissimo
per non svegliarla dagli occhi esce la foglia si leva l'ascolto dalle mani schiusa verso terre di quiete dove perfino il buio ha spento il buio, colando ai piedi luce
Id: 20248 Data: 02/05/2013 00:52:14
*
Shofar
Respiro la formula del sangue,
prime vocali senza congedo,
come toccare gli alberi un cieco
la corteccia a sentire luce
Lui canta all'indietro
Il colore della Voce
di là della volontà
seduce,
ponte all'invisibile fissarlo,
ripeterlo.
Aprendo l'aria
ti accolgo
ininterrotta
nel moto d'animale
intonazione
flesse corde prima del segnale
cantillazione
- una sola voce-
vaga sull'immagine
cercando un luogo
come la superficie il suono
dappertutto
-vocale muta-
ho scelto l'odore
dove finiva il canto
arrivando "da lontano"
le mani giunte
invito per le labbra
un trillo
tra due tekiah
e trenta suoni
al timbroblu
immortale
Id: 20212 Data: 30/04/2013 01:17:07
*
La svolta del respiro
Permanenza ignota
nello spazio curvo - la svolta
del respiro-
finisco per amarti
senza avere iniziato mai
a saperti
spartisco l'urgenza
con mitezza
a costruire piccole preghiere
Voce frantumata
Originaria lallazione
Strumento Unico
che non sta in mano
dentro il fondo si posa
l'inizio. risale
dove sigillo
la primavera ci tace
- da come accoglie -
per speranza indicibile
come giurando
il suo futuro. prima di Noi
e dell'Eterno
Id: 20182 Data: 27/04/2013 17:56:06
*
Come un salice cieco
Nove mesi. Ancora
mi prende su
ogni sera come i cuccioli
al collo. mi immobilizza
raccolta. Si muove
come un salice cieco
fa buchi di luce alla stanza
mentre attutisce il sonno
prepara una nascita
nell'ora che più pesa
sulla terra
posando le impronte
feconde
per la notte
Id: 20176 Data: 27/04/2013 01:18:22
*
Così le toccò le vertebre..aman aman
Vibrava nell'aria
a un tempo soffriva
come mantra si diffondeva
e le ghiande toccavano terra
leggere
gli occhi pieni di spazi
fuori le mura
Si sono visti alla fonte
-così le toccò le vertebre
aman aman-
senza un filo di vento
tra i fiati
e pelle d'uovo i fiori
di jacaranda alla finestre
salivano come una canzone
a quel punto del mondo
che sobbalza una parola
che fa scappare lo star male
capace di colpire la notte
un nido negli occhi
a manciate di luce
Id: 20165 Data: 26/04/2013 14:23:07
*
Nella luce dritta la Tua voce
Lo scalpiccio di zoccoli
come un sestante al risveglio
che sa dove ti trovi nel caos
Ventisei respiri al minuto
l’infinito stretto in un poco-
in un niente
hai superato la memoria
dilatando ciglia
percorso una parabola
scambiando sopravvivenze
nel nodo alla gola
ti ho riconosciuta
dentro quel pozzo di calore
con le gambe a penzoloni
intrisa di luce
tre volte nata
prima d’iniziare il giorno
con un altro cuore
Nuda- in presenza di me stessa
nella luce dritta la Tua voce
scendeva la montagna
cercando una preghiera
da parte a parte l’io
nel corpo (al corpo) assomigliavi a tutto
tra il centro della mente
e il tempo che mancava
a quello spazio
nella luce addolorata
mi sei venuta incontro
nell’angolo di sete
colmando l’illusione
che morire è generare un atto magico
un voto di conoscenza
che ci attende
nell’ora inesistente
nel viso più nascosto
siam per mano
dove la parola viene a dirci
che Ritorna
e Forza antica
-la donna che hai nel volto-
se ci passi sopra le dita
la notte Rimane
Id: 20138 Data: 24/04/2013 19:42:10
*
Sub rosa
Un’ombra
Un ordine del cielo
Verso la Matrice. Taceva
Vinto ogni altro
legame. Danzò
gridando di dolore
Verrà il primo giorno
degli Azzimi
quindicesimo di Nisan
nell’anima
di chi possiede la Grazia
quiescente al centro un Sole bianco
di maggio, d’incontri, di conciliazione
Liberando il sottile dallo spesso
Soffiando dove vuole- divino
suono primigenio Tu
che scuoti
seguendo l’acqua, i petali
penetrando le montagne
nel quinto plenilunio tra le mani
dilatando delle cose l’espansione
Dio! Solleva anche la mia testa
Il battito complice
che annulla il peso
affidami ..
la sua voce, lieve
nella Pasqua delle Rose
Id: 20102 Data: 21/04/2013 23:14:32
*
Come polmoni nati in Tibet
La speranza durava intatta ventiquattr’ore.
Tutti avevano ventiquattr’ore.(..)
I cumuli di neve ammassati dal vento
prendevano forma di corpi rannicchiati,
e una folata che sibilava sopra una sporgenza rocciosa
pareva un debole grido di aiuto.
Oppure, in quegli improvvisi,
attutiti silenzi che a volte calano in montagna,
quando il vento muore e resta sospeso in una quiete cristallina,
capitava che qualcuno sentisse il pulsare delle proprie vene
e lo scambiasse per il battito del cuore di un altro.
(Da: Il suo vero nome – C. D’Ambrosio)
Ho udito il suono nel midollo
Un bagliore solo
Vocali di luce, alte, vive
staccarsi senz’aria dalla roccia
come polmoni nati in Tibet
l'amore
con abile torsione
dappertutto s’annidava,
prima del volto e l’erba alta alle ginocchia,
sei diventato grande
Di irremovibile bellezza
nascosta aurora - il desiderio di una donna -
là, sull’albero, sfiorava l’Altro canto
tenuto nell’azzurro, in abbandono
per la dolcezza che trattiene
in fondo al petto
come avvicinarsi il più possibile
e sprofondare le tue mani una carezza
che nessuno può penetrare in altro modo
la presenza immaginata ai nostri occhi.
Questa è l’unica cosa che posso dire
della sua Poesia : mi tocca per immagini
levando lo sguardo -appena oltre
i passi - nello spazio delle ore
necessarie a respirare
alla neve che saliva poi si apriva
spostandosi nel cielo
quando batteva il cuore sul torace
negli strati più soffici di neve
in quel silenzio
al centro, viva.
Id: 20071 Data: 20/04/2013 00:13:16
*
Chiarissima Visione Impura
Batti l'acqua col bastone
-attrazione dolente-
Mi rivolgo lá
dove cadono i rumori
senza trovare voce
Chiarissima Visione Impura
Scelta docile ad una vocazione:
camminare scalza sulla sete
in ogni arrivo che risale col mattino
dagli occhi scende il desiderio
segretamente geme
la mia forza
s'immischia con l'inchiostro
un dolore che non vedi
Id: 20064 Data: 19/04/2013 16:08:21
*
Danzerà sui mari la tua brace
Non posso darti al mare
Madre
-prigioniera dell’amore
sono ancora occhi le tue viti
la mia famiglia
l'odore dell'incenso
Da quell'onda mi hai respirato
nella bocca, in salvo
per le braccia giovani
sfinite
nello spasimo mortale
mi fa male mia madre
in tutto il corpo
nella pancia troppa voce
tiene insieme
le cose che ci hanno fatte
in due
Ti ho scavato una vista piccola
su Cipro
nell'avamposto sulla libreria
E la promessa ..
di farti libera
dal rame
Viene buio presto
anche nei giorni lunghi
ogni mattina trovo neve da spalare
La fatica si fa droga
a muovere i minuti
sbatte la luce
di là dell'amore
a volte resto in casa
ad imbiancare -quaresima
dove mi perdoni- in una rosa
infin,di vita, sta
l'eternità
di un'ancella luminosa
Obbedirò.
in quell'ora dove finire
è espandersi
dove non arriva l'll suono
oltre la grazia Ti lascerò andare-
le tue ceneri
per quello stesso mare
la tua pace
nel compimento
di tutti i lamenti Libera
d'aria benedetta
legata alla montagna
Danzerà sui mari
la tua brace
nel bosco
Id: 20029 Data: 16/04/2013 22:54:20
*
e lo fai con la luce
Ti sposti
nell'avvicinamento del mancarsi
del raggiungersi
nella sera che va colmandosi di luce
ho visto l'acqua che tracima
farsi l'll segno della croce
inginocchiandosi
nell'erba delle insenature
respirare con ogni ramo
per entrare
nella navata di chiarore
con tutto il corpo
come una candela, guardo in cima
difendendo con il palmo la fiammella
come chi va nel buio in alto
chiama le cose chiare sulla fronte
consumandosi il respiro
-figlia del monte-
impregnata di questi valichi
d'appennino- e di te
che misuri la mia terra
come un cervo
e lo fai con la luce
Id: 19999 Data: 14/04/2013 23:40:31
*
Sconfitto da una rosa
hai sfiorato il mio vestito
lieve
che potere ha la fragilità!
dici di non vedere
pure hai occhi che nessuno
può scordare
in una notte bianca sapevo
ti avrei sognato
cuore senza immagine
parlava la montagna-
perle
le nostre iridi
mute. testimoni emozionate
dolomiti
entrate in una sola ostrica
dev'esser questa la prima volta
che ti ho visto arrivare
in quella mano
"dove entrava
perfetto
il mio cuore"
Lo spazio vince il tempo
sconfitto da una rosa
di poesie
battezzandoci lo smentisce
capace di salvezza
Id: 19986 Data: 13/04/2013 23:33:13
*
LArarat finisce con laurora
Notturni crudeli battono chiodi alla croce
-oscilla su di un carro di neve, poi ancora
alle pareti - di buio trattengo l'aria,
le parole sulla lingua si tuffano nell'acqua
dove niente di umano può vivere a lungo
una colpa. Nuoto in altri occhi,altre mani
accendono il canto invisibili
di cristallino dolore. la montagna trema da sotto,
pure è senza tormento. L' Ararat finisce
con l'Aurora e ricomincio a dimenticare
la notte lungo l'll viso inquieto di minuti
quando claudica il silenzio limpido di voci
-quasi cieca al giorno l'urna, che accoglie
un'altra notte, uscita dal fiume brucia
Id: 19957 Data: 11/04/2013 23:49:28
*
A toccarci non si torna senz’amore
Vado dagli alberi come fossero persone
C'è al boscovecchio un cipresso chiuso in se
come un bimbo nell' armadio pieno d'anima
luminoso come un iceberg nero
Lo chiamo rainer.
Nasconde le braccia come non avesse rami
-a non essere toccata la corteccia-
fin dov’è sereno.
Voleva essere una rosa
intangibile
Dal respiro ogni giorno più profondo
mi avvicino
fino a scomparire con le mani
nella cavità del suo pulsare. metto un seme
nel tempio la mia carne per i suoi mille occhi
poi mi offro con le braccia a fare i rami.
A toccarci non si torna senz'amore
E Tu eri gonfio d'acqua - Rainer -
quando lacrimavo. c'era nascita,
uno nell'altro, con la vibrazione
inclinato nel piacere ti ho sentito. Uscire
Respirare. Aperta rosa
l'll resto di ogni ora
Di grandezze molto piccole
sono i tuoi abbracci illimitati
Di quale amore la durata !
(Rainer è un bambinissimo,
fra i tanti rari, un cipresso nella rosa
Sta imparando ad abbracciare,
a farsi cogliere
stringendoti con centomille braccia ,
a passi piccolissimi ma infiniti d’occhi)
Id: 19931 Data: 10/04/2013 00:07:31
*
Dominante chiara
La puoi decidere anche così
la direzione da prendere :
"per i girasoli che ti guardano in faccia"
Ciò che li spalanca ci apre
affondando il colore nella bocca
l'origine rivolta della sorte
come le instillasse un canto
Nessuno può sapere
a quale oscurità d'amore
giunga la tenerezza in viso
che dissolve ai piedi l'ombra
mentre la luce ardendo
batte in pieno ai fianchi.
Così credo di seguire la tua voce
e raggiunta dalla notte quotidiana
trattenerla ..
negli gli occhi che si oscurano
dominante chiara
Id: 19909 Data: 07/04/2013 20:46:21
*
Viola de fado
Melodia del fado. Pausa e dolore dalle caviglie al cielo vogliono luce all'indietro l'amore inondato di sole nella stanza svanita d'arrocco - un punto d'appoggio qualunque e sollevano l'll mondo
la voglia di ricominciare
a chiedere quanto dura l'll dolore :
- correvo sull'erba luisa, cercando dove finiva la pioggia nelle mani due pietre a segnare la notte quando resta fuori dal giorno- All'ora esatta torna a casa la maternità
le trine negli occhi.il Malte di Rilke
Maman
( Un credito di fiducia la billy cook, i finimenti in cordura
i ferri che tagliavano il gelo al granito )
Niente si dichiara pronto a mostrarsi
quando giro in orario le dita sul bordo di rame
l'll suono nascosto arriva dalla finestra aperta, come se piove da molto lontano, di qualcuno l'odore che si avvicina e mi parla. Di mia madre sono inzuppata, del suo ballo di viola de fado, dalla montagna, quando cantava la melodia del destino,
attorno la casa rimane
Id: 19893 Data: 06/04/2013 00:26:57
*
Levando lo sguardo
circola il silenzio
posa haiku tra le parole
la sensazione
è il solo mezzo d'espressione
vuoto
da renderlo equivalente
all'evento :
dicono che noi Siamo con gli occhi
crocevia della bocca.
levando lo sguardo
ch'io sia
Id: 19877 Data: 04/04/2013 21:44:15
*
non-finito
Spietato come un colibrì
dissangua in luce nuda
tanto rapido difende
-all'infinito battito
d'ali- in battaglia l'amore
erranza claudicante
perfetta al fiore. immobile
di petto vola nel dolore
nella nostra bocca. stretta
a riplasmare impronte con la cera
buco di luce che t'investe
e dona, nello scarto,
la prossimità
il contatto "non-finito"
come dell'Artabano a Dio.
Id: 19849 Data: 02/04/2013 22:58:58
*
Mani negative
l'ombra è di ferro. non hanno braccia
nel vuoto originario le mani negative
-ampiezza immensa-
completamente aperte di colore
impregnate oltre la pietra spruzzate
dalla cripta della bocca, di morsi mutilate
nel buio più profondo.trentamila anni fa
urlavi di granito quelle mani .
sondavi un limite
nella grotta dei cervi- ho proteso la mano
alle mani una gola che beve
perchè in loro c'era tanto amore
- parola che scoppia tutte le altre -
in grani di nero prendevi qualcosa
qualcos'altro lasciavo di più umano
della superficie esposta alla luce
un rosso. per inabissarlo in Dio
odora di bianco la macchia nel cielo
le mani
Id: 19813 Data: 30/03/2013 23:28:19
*
Un luogo daria
Nello stipite depongo il bacio,a sera,
lungo i fianchi della porta che non trema,
la tocco piano,bianca,poi la tengo
come entrare nel suo sonno ovunque sia
un luogo d'aria aperto di quel Nulla
rotola come stoffa nella pancia
il suono della ciotola d'amina
finchè sparisce in profondità
dove il mattino si contrae
appena sceso dalle scale,unanime
Id: 19790 Data: 29/03/2013 20:01:40
*
Ci sei nei boschi
A Silvana
Otto mesi.nel numero la promessa
in quel più dell'infinito ti ho
immaginato: bimba -vedi, anche la morte
ha avuto fine- Come stasera-
quando rompevo il fiato su per "gli Dei"
trascinando gli occhi contro le salite
e l'urto tra le spalle del suo lascito,
lieve, dondolava cenere come sangue
poi si appoggiava come un marchio,
a colpi un soffio.tremante. Una Voce
dal paradiso delle voci un'anima
inghiottita di tenerezza nel ricominciare
-Ci sei nei boschi-
sensibili alle fiamme. Mia madre
è là, dentro.poi a casa.
(E non la vedo scomparire)
Id: 19765 Data: 27/03/2013 20:01:48
*
Lurgenza della luce
Con la vita tenuta tra due mani
comincio ad assorbire la notte
a capo chino celebrare il buio
gli acuti degli uccelli ai salmi
Ognuno è l'altro -dici- la disperazione
non esiste. Per vuotare le tenebre
tu parli . e da qui non posso rispondere
soffia bianco dove scendi.-mi raggiunge
ciò che sei, a nudo, voce che inseguo.
La fine del respiro che ti esce
dal petto lascia salire leggero
un sangue limpido come la luce
urgente intorno al collo preme
la dolcezza più dolorosa di ogni parto.
Id: 19727 Data: 25/03/2013 18:56:23
*
Carne del cuore
Le parole esatte si devono immaginare
Lui parlava. Lei ascoltava
pelle sottile di canto,carne del cuore
Poi si era interrotto
dove l'abete bianco giungeva in alto.
la realtà non è sufficiente a dire
cosa ci scava sotto e la determina-
quando anche gli alberi camminano
inquieti come gli animali
come uomini
in cerca di armonia-
per farla diventare trasparente.
Id: 19711 Data: 24/03/2013 15:06:02
*
Nel privilegio del bianco
Un abisso apre le porte tra memoria e cielo
parole nascoste tra le mani -fratelli-
tutto il candore in Uno, stesso ligneo
alla foce del respiro,dove premeva
silenzio dal nome operoso in preghiera.
Una scatola, come fosse un sentiero,
stava tra loro, sola, nel privilegio del bianco,
come un'attesa .. ...
Id: 19707 Data: 23/03/2013 17:20:53
*
La dispersione delle parole
Si disperdono le parole
dove sono venuta.Splendi
fotografo cieco
sino al mistero elusivo
Quale magia possiedi?
O ti fa male l'ombra
-che credo riparo-
l'occhio identico
che ti guarda dentro?
Riflettono le sue mani
in esilio
la mia voce
Id: 19696 Data: 22/03/2013 23:41:00
*
Un cuore uscito fuori solo
Come un crinale
dal petto dilatato in canto
dove Dio si china in ombra
la pieve mi raccoglie, mia regina,
mia sacerdotessa mi solleva
col suo raggio troppo breve
questo sole -
che nell'anima trattengo
per l'll buio che rimane -
nella resurrezione
sonorità famigliari
morsura animi
nel piombo di parole incerte
disfatte l'una con l'altra dalla neve
liberate nel caos collimano
scivolando nello stesso passo
a flusso di vita si distende
il verde di rilanci come mani
e nell'orecchio interno una donna corre
al monologo di primavera
senza fiato :
sollevate le maniche - a braccia nude -
sui polsi l'aria mi bagnava
del suo alito spietato
soffiando l'inverno dalla fronte
un cuore uscito fuori solo.
Id: 19675 Data: 21/03/2013 17:04:48
*
Dove prendesti il sole
Migrano da lontano
le figlie dell'autunno
ritornano come nessuno
A quali estremi non siamo andati
fra mille altri passi di figli già accaduti
contratti nelle pause nelle attese scavati
come occhi che vedono troppo
sotto una terra che non permette
piano piano comincia il dolore
si ammala qualcosa che non ci appartiene
Nell'ostinazione della primavera
l'indizio numinoso che distingue
il respiro dalla calligrafia :
Partire ricordando
-come la luce i minatori
come l'unica ipotesi che resta-
dove prendesti l'll sole
Id: 19653 Data: 19/03/2013 21:57:01
*
Come la magia del Festspielhaus
Non posso vedere il respiro sepolto in cielo
Se l'll mondo è andato via
c'è sempre la possibilità di salvare chi_ami
l'll nome verso il bosco come fosse ancora qui
Pelle profonda portata tra le mani
nel caldo del sonno
-come una farfalla addormentata potesse vivere per sempre-
grembo vivo inserito dove manchi,in un albero
preservo nel colore la tua luce, dove l'acqua è promessa
Pensala mentre sale ! - mi dico - vieni a vedere, Amina..
sta bene presa dalla sera
come un bambino che si copre la faccia
mentre avanza e mi precede. nelle parole_casa
si espande il più piccolo dei miracoli
come la magia del Festspielhaus :
Minareti oscillanti. nella cecità
s'impregna nelle orecchie il suono
fa unica la fuga : come un flamingo scarlatto
di stupenda evidenza è così accanto
da rendere insopportabile tutta la distanza solo agli occhi
distinta come una lacrima che sta per lasciarli
sul pavimento,cammina ancora là,
come musica,dove a sostenermi è il buio
Id: 19629 Data: 17/03/2013 23:19:18
*
Nel Silenzio di Ninive
"Gli uomini hanno perduto un volto, un volto irrecuperabile e tutti vorrebbero essere quel pellegrino (...) che a Roma vede il sudario della Veronica e mormora con fede: Gesù Cristo, Dio mio, Dio vero, così era dunque la tua faccia? (...) Abbiamo perduto quei lineamenti come si può perdere un numero magico, fatto di cifre abituali, come si perde per sempre un'immagine nel caleidoscopio. Possiamo scorgerli e non riconoscerli".( Jorge L. Borges )
Crocifissione Bianca- M.Chagall
Pedra viva petra unta dal labirinto dalla coscienza del limite, nella in.certezza che cresce
sul dolore infinito, irriducibile: la sfida dell'esistenza
di Dio
l'll morso sulle frontiere scosse da un vento che prende d'infilata la vita "una brace,un pungolo,un tormento costante"
Nel silenzio,
Che non deride il dubbio,
Una Voce chiede di essere
"Riconosciuta" in preghiera
mentre cammina dentro Ninive.
e Resta. Crocifissione Bianca dove la fedeltà è sempre
sgronda in secchi d'acqua il lino e le sue braccia
a germogliare il tempo del galoppo
quando il tondino era insufficiente
ad asciugare il pelo madido ai cavalli :
-nel fango finivavamo per brillare
lipizzani-
sbiancando come cenere
dal grigio
un magistero chiaro
di bellezza
Id: 18964 Data: 31/01/2013 23:12:52
*
Se la fai fioca. Se appartata
inutile sommare di là del giorno come nella morsa
in_vita il gelo una lacrima d'oro, le dita con il ghiaccio
passi che vanno dove solo loro vogliono andare
dove qualcosa li aspetta in giri di cielo a catenella
piccoli puntidi lontananza, uncinetti guidano le fila
e come rafia calcola le pause la corda impugnata
che a Tunisi prese l'amore come ferro da calza uno
alla volta, nel giro di ritorno, si pianta addosso da sola
la sua ombra assetata di bianco di suoni d'archi di fiati
[ solo in un'asola ]
Dove claudica fresco il lutto di nerissimi capelli
muove lento la voglia di contatto, fino a perdere
coscienza, nella sua stanchezza pesando,a ogni piede,
punti di fame. Mio piccolo Re Soprano prestami la voce- [Se la fai fioca. Se appartata]
- finché la mia parola non dice più.
A quel temp-i-o saranno chiari gli occhi ,colmi
di piccoli Re farai fiorire abissi ,fradici di luce
come ali sacre al simurgh sulle mie clavicole
sporgerà come l'inverno il cuore,da dove resta
la tua regina, bianca,in un Punto Alto ,del bosco.
Id: 18949 Data: 30/01/2013 19:03:11
*
Orsante
Orsante, prima ancora dell'amore temerario
alla caccia clandestina di tesori immaginari
ho calpestato mille lingue e terre nere
sghiacciando zoccoli ai cavalli nei catini
per ripartire senza sole in faccia
ho rubato l'esperanto e gli animali da addestrare
sull'Ararat degli orsi, sulla Stara Platina
inventando un dialetto solo nostro,animalesco
incomprensibile carne sacra senza un nome
bevevi alla mia nuca Tu la ferita che mi sfilava notti
silenzioso e buio toccavi tutto in tutti i punti indefinibili
un iman acceso agli occhi Sa Sartiglia,
ricombaciando all'ombelico perso il fiato
d'una stella i passi tuoi nel ventre fondi
come Dio-
sicura ho fiutato i berberi del Toubkal
attraverso il loro ghiaccio ho stordito i sensi
sul dipinto la montagna, e tutto il cielo
senza domande tra le ossa, nel desiderio
d'alluminio, come guerra duro, mi fa sangue-
dove spingo dentro il suono e preme
come zampe un cucciolo le mammelle
che alla vita pulsano dolorose
facendole parlare tra di loro
di quella verità che cola al caldo
come caduta gioia [di per sé tragica]
-mentre infilziamo Sa Sartiglia
Id: 18931 Data: 29/01/2013 16:11:14
*
I.dolo DI.stanza
Tappe di avvicinamento la genesi pungolo segreto la natura dell'amore ordo amoris ..non dialettico apparire Idolo e distanza Si dona, s'abbandona Si avanza si ritira in amore...per_dono Primordiale,originaria.... indefinibile,fiera Nuovo assoluto,filosofia_prima l'll bosco Carne~ dono~ in_relazione Alterità originaria che ancora torna...trema inSOStituibile....irrinunciabile sguardo invisibile l'intenzionalita' che rovescia mentre ci guarda è ingiunzione l'incrocio l'll vissuto della Sua- atomica-particolarita'-atomica Volto del volto ,come nessun altro, volta, mostra,in te Quest'individuazione ha nome Amore? "Altro" dì_vieni,chi convoca, chi puo' prender del volto l'll volto determinato sei l'Uno Niente di epistemico,di ontologico ciò che contro I'll vano conta non e' tanto delle cose la certezza quanto la loro eventuale vanita' come stimmate l'affettiva corrispondenza riconosciuta e' I'll Con~esserci cio' che fila con~ fonde ...I'll donarsi Non la certezza ,certo! le rassicurazioni... toccano sei dove sperimenta ,attinge e tocca Qui ed ora come carne, sa d'essere toccata e di toccarsi in altro,in Te_Sé Senziente e sentito a prender carne, in comunione indistinguibili nel desiderarSi sfamano delle carni I'll sentirsi sentire e risentire accolgono, una sorta di incarnazione ... Femina e Fera incarna te sé stessa,mentre si offre ti riceve Non ci basta nominarla la carne... le cose La percezione si fa chiara nella forza l'll desiderio Spezza lo sguardo la solitudine I'll corpo dell'Altro l'autonomia che ci corrisponde QualCosa diViene QualcUno eros e agape non giungono soli Dramma e garanzia di ricevere se' Esiste forse un'attitudine spontanea dell'altrui riconoscimento senza tatto? I'll Con~esserci La seduzione La vertigine dei sensi danza carnale avverte la ragione l'istinto in_boschi per gradi di separazione condivisi duri e dimori ...Anim'e fera Sola più
Id: 18930 Data: 29/01/2013 11:53:28
*
Albero nell’albero-superstite a una sola striscia
Appese a un filo d'ombra
come pini dai coni setolosi
le preghiere, al Limite estremo
dell'universo osservabile,
pur se il tempo avrà cancellato il proprio inizio
riempiendo i crateri,divorato le montagne.
-I fortunati di pietra si faranno
fossili in speranza;di carne il resto
per sonno in dissolvenza
proprio corpo un'Alessandria
in fiamme ogni pergamena di foresta.-
Nel dendron resistono gli anelli
di una volta celeste incisa
a contenere oracoli
Stelo ligneo per spingersi in alto
a trovare luce asciutta
quando l'esistenza era di muschio-
sottile strato sopra la roccia
esposta al pianto
l'acqua mi tremava nelle bacinelle-
inconsolabile
Tu - già Pino dai coni setolosi
protesi al muro di granito della Sierra
tra l'aria fresca e secca prediletta
alle montagne Bianche e il vento forte-
hai catturato luce e dato meta
ai corsi d'acqua le radici muscolose
come fianchi poi sei strisciata via
dai più fertili rifugi per vivere
la tua dolomia ferma e dritta color rame
e d'oro come volessi sbalzare fuori dalla roccia
Sei sempre stata un albero nell'albero,
difendendosi da solo ognuno i rami
portando acqua alla sua corteccia.
nuda ti sei mostrata-dove già morta-
e per un solo punto nodoso, di resistenza
al filo, raggiante in aghi verdi, l'odore tuo
la resina ha protetto il sangue nostro
bianco, superstite a una sola striscia
di sole brillavano aghi sottilissimi
di siccità imparata,letargo immobile
dei coni fino al nuovo inverno
nello spasmo della crescita del cambio
Così lunga la tua attesa a vivere
che, certa al colpo del fulmine, ti sei aperta
divisa, colmando le ferite nel piano d'emergenza:
nei semi hai sollevato lunghe ali trasparenti
a scalare col vento giusto le montagne
puntato al più' estremo della cima.
Salva, come un pino
m'inonda di mia madre il sogno:
sciogliersi il ghiaccio sulle sue spalle
curve nella mia febbre come seta
ti ho visto superare
il livello della neve
più alta di ogni vivente
bianca a una sola striscia
di superstite preghiera
Id: 18886 Data: 27/01/2013 00:53:40
*
Se gli angeli fanno la fila
Se gli angeli fanno la fila
la retta infinita è Dio
[ mica un punto fisso siderale]
dove la nebbia può salire la sera
nel segmento dello sguardo e le scarpate
raccogliere il latte di foglie versate
nel lutto di una luce silvana
gli omini accendino più in profondo
scenderanno di una poesia piccoli
e sensibili soldatini di bene
nell'ondata di dolore insopportabile
raggiungeranno in fila
mendicanti sogni infreddoliti
Id: 18852 Data: 26/01/2013 00:23:17
*
Prendi il bicchiere con la candela
Sono occhi pieni di sole i passi
mentre ti leggo dovresti vederli
nell'angolo, traverso lo schermo,
disseminato di luce l'amore
in terza maggiore il rintocco
la nettezza ,a colpire dolente,
di un filtro tra corpi di carne
c'è sperdimento di neve poi
caldo rifugio, sollevando la pelle
le cose, a mostrarti, più sotto
gli strati, fragranze e ossessioni
nell'atto di vivere
dentro un uovo uno spino
in stato di bisogno
un buco nello stomaco
non è una stella-
Prendi il bicchiere con la candela
genera meraviglia ....entra.
Senti che nostalgia? Lascia
niente fuori e sogna almeno
per l'll tempo
rompi le acque
poi esci.
Id: 18844 Data: 25/01/2013 13:17:28
*
Trigramma,poi scompare
Respiro d'uomo che viene su dal buio
come un'aria di chi spiffera per notti
di montagna splende segni sulle mani calma d'acqua l'incrinatura al guscio del trigramma l'll numero d'amina
negli anelli la forza primordiale : rimanere steso l'otto tra due linee di fuoco Lì ,tra la terra il mare l'inizio e l'abbandono che contiene sul netsuke madre in sposa al rosso del desiderio a riprodursi in Lago sulla bocca dell'autunno Lei si bagna nutrendo i figli a ciotole di cielo protette contro il nostro invecchiamento la donna cresce come tuono,cade eccitato il cammino ad ogni passo penetrando l'uomo nel respiro viene tra le cosce del vento poi scompare
Id: 18793 Data: 22/01/2013 18:20:40
*
L’abbandono-sai-non ha misure
-cose che vengono
da qualcosa appeso
non sai più dove
già accaduto-
placide bestie
inanimò la bora
sul sentiero di Duino
l'Abu Dabi in mare
all'altro lato della vita il cuore,
per un momento, nella luce
-a cervello ancora vivo-muore
in ventisei respiri mira l_ago
per la_c(r)una del destino s'apre
lo spazio separato. si riduce
nel flutto taciturno indifferente
l'abbandono-sai-non ha misure
eccede sempre.solo.d'abbandanza
ha larghi gli occhi per il suo dolore
trine che ghiacciano le mani
privilegiato amore
perchè non vada
perso
quel che resta
sacro
si fa morire
in carestia
senza palpebre
sugli occhi
Id: 18780 Data: 21/01/2013 23:46:58
*
Pin Pe Obi
Troppa l'aria nei polmoni
fino a perdere il respiro
l'alfabetario di costellazioni
saturo.basterebbe fare campo
cristallizzare negli accumuli il passato
nell'immobilità dell'ora. continuo
ritorno alla lingua fluida. dell'infanzia
inconsapevole quiescenza
in transizione.Guarda il cielo
come una voce fragile di donna,
a polmoni prosciugati,palpita
la cima alza la neve festosa
non torna come un sasso non cade
nè un lamento
della linea che non rimane in alto
che un minuto
posando sotto la mano il suolo
lisi finimenti tra le dita,sfinita
finchè il morso è nudo, in atto_
_di fiducia narra:
non so per quale soma-
come l'ape dell'esagono la fine
la fede spinge,avanti i musi, a bere
i passi agli animali che non siamo
per la spremitura ultima del succo:
l'_ottava, inconosciuta luce.
avvolta nell'antilope commossa
la sera fiuta del futuro gli occhi
esaudita sotto più alta tenda
cerva nell'Haoma dell'Avesta
Id: 18764 Data: 20/01/2013 22:57:53
*
Arco rampante
dice collasso crepe a crepe il tempio
al boscovecchio
-sacer factum insinuare la montagna-
nella fenditura ci nascondo Rilke
poco a poco la Preghiera di Mosè
e La rosa, pilastro centrale nell'adagio
spinta laterale a comprimere i pilastri
contro il tempo familiare al crollo
ci vogliono poesie sulla linea di pressione
il contrasto in un braccio di sotegno
la spinta,L'Arco Rampante preciso,di verità
è il momento in sesto acuto, spettacolare
slanciato al cielo nell'intreccio
ri_verso di ogni pietra, punto giusto
a contrarsi nel nomeproprio. proprio nome
nell'ogiva è trattenuto il codice
segreto in otto piedi religiosi
avamposto restituito al gesto
-chiave di volta-
adagio Rainer_ nella rosa
Id: 18727 Data: 18/01/2013 23:17:40
*
Grondi di neve spolti
Grondi di neve
spolti
in un'ondata
di ricordi
torniamo taciti
con le speranze
ed un sorriso breve
nella sua chiaritá
ci nasconde la fatica
dentro una stanza
che annuncia freddo
-raramente bello
Id: 18654 Data: 15/01/2013 14:11:29
*
Di una luce che ancora non esplode
Radente il fischio
in_seguito ai cent'anni
bruma che iberna
nel volto imperfetto
la ragazza sempre
e le sue stesse mani
intelligenti
gelando per resistere
musa nell'abbraccio
straniante,
in bilico di ricordi evanescenti
vibri -nelle ossa di cristallo-
di una luce che ancora
non esplode
tra gli alberi,scarna
improvvisi pieni di suono
-nella certezza terminale-
inaudita come un lupo
nella notte divorando
la tua vita liberata
e calma
affondi luminosa
nell'inverno spaventoso
[attutita]
nella tua posa intatta
invisibile a morte
Id: 18646 Data: 14/01/2013 20:37:40
*
Allinguine del sogno
Sapiente filo d'erba cenosi indifferente al fine dell'ultimo respiro o della fame di farfalle Nel cielo non c'è niente,dici? Rimanere alla carne? -Rasoterra Chiamandosi nelle cose
All'inguine del sogno, dove riposa ti mostro le mie emozioni senza vergogna come le piaghe, e quando si espande tra i nodi della gola e il suo respiro al petto il latte scende buio Se accosto l'urna al ventre e siamo in due ogni notte è togliere le bende o milioni di farfalle?
Id: 18591 Data: 12/01/2013 13:17:13
*
Coi lupi d’argento in viso
C'e' nell'aria un pezzo di pace. un richiamo in Lei nel riflesso acque che precipitano all'angelo.Da sbranare Ascolta Sta celebrando. Fioriscono splendide le ferite, sulle montagne del cuore, il profumo più in alto sotto le mani si sporge cantando nel regno si perde. Il fardello nel buco lasciato dal fianco spinge col muso in avanti asciugando un volto che piange
Non basta ricordare un nome a tenerlo a mente Va celebrato che io mi ricordi dove fiorisce l'll fiore raccolto nel gelo,nel bosco inconsapevole e sia tua ogni cosa nel nome promesso quando le notti non si formavano Saremo al temp[i]o dell'ottava elegia quando avremo colmato lo scrigno mischiando uguale ogni cosa a noi alla neve c'incontreremo come amuleti coi lupi d'argento in viso
gemelli,infine
Id: 18562 Data: 10/01/2013 19:20:55
*
Sogno
Irriducibile
in un punto.unico
ad una sola forma
compiuta.
impassibile
perseverante lo consumo
all'occhio
mi dà scacco
nella volta per tutte
interamente
sopporto l'eccedenza
con l'umiltà che resta
alla mia immagine
inesauribile
nel vuoto che solleva
Così ti trattieni
dall'apparire
sogno
c'è ancora tanto
da guardare
Id: 18510 Data: 07/01/2013 23:53:08
*
La più tua epifania
Mio figlio, unico, l'ha cresciuto il cielo. a gioia
Ottantotto giorni buio -in attesa-
le spalle lente d'anima
recisa l'oscurità.consentita
per dare alla luce,vivendo.
-Quando hai fatto La più Tua
grande Rayuela, in cielo,
saltando dal ventre
senza respiro, ti ho lasciato.
uscire.Tremante. Del resto
avevi la determinazione di un fiore
ed io un pugno di terra,
malmessa.
senza radici nè odore-
Poso l'orecchio sul bronzo,
lucenti le sento parlare
voltarsi al mio giunger la sera
"Stiamo bene" - continuando
di un giovane che non conosco,
nella voce nel suono che mette mia nonna
per lui svela un cerchio di luce
che confonde mia madre, poi me
- Lo vedrai salire sugli alberi~dice~
discendere a sera come una foglia
e felice
fare il salto dai tronchi
a raccoglier ninive, preghiere,
dai buchi. Oh !m'incanta :
quel suono perfetto che posa
disegnando un otto sull'erba
come un sorriso che tace
all'angolo della sua bocca
coi piedi tesi nell'aria
a schiarire i suoi occhi
"Sempre lo stesso quel canto
Lo fanno i bambini
del cielo.in rayuela"
-Agonia del discorso
ricombina il verdetto
nell'atto converge
il silenzio
si posa alla testa la strage
al banchetto delle lesioni
il perdono. In azzardo
singhiozzi.
Ponendo sul piede
funambolo
l'orlo di una poesia
senza lasciare pertugi,
giochi in apnea,
senza congedo.
il sangue privato d'amore
espulso in un tuorlo
l'aborto
bruciò le suppliche, il tempo
di un lampo
Trovò me.Sprovvista-
E' accaduto al boato
d'epifania,
quando mia madre ha potuto,
fermare quel pianto. "Calmati
ora. Va tutto bene. C'è qualcuno
Chiede di te. Asciugati il viso.
Non possiamo ti trovi così"
Figlia a terra.senza paura
In cielo sgomenta
Madre.
Onorando la neve
Nel sole
Fermo
l'll rosario
In un momento
L'urgenza
Di andare
Da lui .a gioia
La più mia
Id: 18484 Data: 06/01/2013 21:25:25
*
Come gli anelli agli alberi
Ho buio in bocca
Tra gli occhi
un precipizio
E chi_amo
-laterale al respiro.
Oracolo doloroso
Tradotto dal silenzio
Id: 18480 Data: 06/01/2013 18:33:06
*
Dietro lei,sono a casa
Foreste di attenzioni spasimi subiti
mai provati tagli di carne dal dolore
distanti dai nervi non all'osso
prove di forza. Giovinezza.
Poi, venendo qui silenziosa come la vita
e la paura che ci vuole a viverla
-venendo qui, ti dico, sono a casa.-
(esitante) Prima di tutto.
Lentamente e dopo torna,
dietro Lei, il respiro,
avanti i segni sulla terra,
la curva del suo petto splende
pronta per la notte.
Id: 18420 Data: 03/01/2013 00:33:06
*
Segno d’acqua in chiesa
Tempi indicibili, dubbi estremi
dentro riverbero e silenzio si mischiano
nelle figure immobili ogni gesto
come una ferita giorno per giorno
con ansia di morte gli accordi flebili
sulla soglia, tutto l'altro è lontano
quando preghi.Le vedo inginocchiate.
Cantano.Cola dai piedi una bellezza
nascosta,nei respiri di un anno
Come la vita non fosse così rara
quando esco con un segno d'acqua
in chiesa,nascondo il viso dalla stessa
parte dove il tempo è un lembo di stoffa
su un capo fiorito, anche la solitudine
è pura e là si posa,perenne sposa.
Id: 18391 Data: 01/01/2013 17:37:47
*
Con un patto
Quando ho chiuso gli occhi
non sapevo più contare
Siamo state ferme a lungo
come prendere la mira
Quanta calma...- poi hai detto: Salta!-
ed io ti ho presa in pieno
nel mio resistere,
nella tua intenzione
stavi per tornare,mamma.
Abbiamo soffiato l'anno
dappertutto
siamo uscite
dall'altra parte
con un patto:
insieme.
Id: 18385 Data: 01/01/2013 01:51:08
*
Premilcuore
Ci sono fiori sulle fette di pane
Buchi grandi di vuoto, con dentro più marmellata
Scendono gocce grandi sopra le dita di capodanno
All'oratorio i bambini di Premilcuore
Fanno bocche brillanti, come campane
Sotto il Monte Giovanni XXIII
Grondante di sangue
(Ricordi di una bambina trasportata dagli inglesi lungo la linea gotica,durante il secondo conflitto mondiale,da Premilcuore a Sotto il Monte Giovanni XXIII;
a Capodanno le famiglie del paese portavano doni ai bambini rifugiati negli oratori delle chiese,pane frutta e marmellata
Quella bambina sceglieva le fette di pane con i buchi più grandi, perchè dentro cadeva più marmellata.
Accade che dove c'è meno a volte sta il più premilcuore)
Id: 18364 Data: 30/12/2012 22:56:34
*
L’anticipo del vento
Sei l'anticipo del vento
-che protegge-in fiamma piena
allo stremo della mia minuscola foresta
-là,dove resisto-
come deportata,ogni sera
-per un solo gesto
per il sogno-
in quella grazia
mi fai calma
oltre l'istinto
nell'ebrezza del digiuno.
Dove stai per giungere
è tutto.Fra qualche ora.Vivo
scuote l'uovo nell'orecchio
il trillo- un vento sacro muove
alla gola un fremito, sale
la niniva della sera nodo
sciolto nel tuo cieco venire
ammenda alla mia fame.
mentre,all'altra sponda
una fiumana in voce bassa
gonfia l'll gelo
tra le ultime forze
inzuppate di pane
e bachi da seta
imprecando al nuovo vento
perchè va troppo svelto
Id: 18347 Data: 29/12/2012 22:36:43
*
Ederlezi
Si solleva in canto, Ederlezi
nello spazio intimo delle tue mani
come fontana colma del soffio
l'origine come fiorire, nel foro
lo slancio, ritorna l'odore del fieno
nella zolla d'aria mi tieni, suono
d'acqua,in succo d'uva rinasco alla bocca
ogni cosa bussa alla terra ad ogni passo
rinnova da qualsiasi fine i fiori nel ghiaccio
liberata, la mano leggera,come palpebra geme
Canto d'amore -sa me amala oro-
nel tremolio della bocca ederlezi
congiunge le mani nei seni
ti offre l'agnello -dive kerena
amaro dive- gridando invoca le ali
dilata l'inizio per crederci ancora
resisti - t'implora -
un'altra volta e ancora fallo accadere
rivolgi a terra l'll viso di sete, in vespro
la sacca di pane al tuo fianco
liturgia nelle ore di luce
Ci chiuderemo uno nell'altro
fiori all'altare dentro uno scrigno
Non vacillare sulle porte segrete
l'll gemito e' solo l'll peso della mia vita
all'avamposto l'll sole non muore
Guarda ederlezi, guardala in viso
da vicino, trema, di tanta speranza
fa gli occhi chiari la veglia e ti chiama
nel grembo nuovo dell'anno che attende
*Ederlezi-Testo originale romaní Sa me amala oro kelena Oro kelena, dive kerena Sa o Roma daje Sa o Roma babo babo Sa o Roma o daje Sa o Roma babo babo Ederlezi, Ederlezi Sa o Roma daje Sa o Roma babo, e bakren chinen A me chorolo, dural besava Amaro dive, amaro dive Amaro dive, Ederlezi Ediwado babo, amenge bakro Sa o Roma babo, e bakren chinen Sa o Roma babo babo Sa o Roma o daje Sa o Roma babo babo Ederlezi, Ederlezi Sa o Roma daje
Id: 18305 Data: 26/12/2012 14:52:02
*
Nostòs Algia
Racchiude le costole l'anima
in fiori di felce e limonio
con pane d'aria, a bagno
nei versi,mi copro le spalle
e da me stessa
Sul mistero si solleva la veste
per terra s'incontra la carne
dove l'avorio riluce in dolore
avviene il possesso
dove si perde la vista
la nudità ci raggiunge:
meno che una carezza
mi assomiglia questo Natale
Rinascono le ore
giù per il boscovecchio
si fa sacra ogni minima fibra
canto di nostalgia la messa
tra gli alberi scossi di consonanza
ricongiunge le mani poi vola
nel taglio più bianco di luce
del mondo, sigillando
la vocazione del sogno
Id: 18291 Data: 25/12/2012 21:07:00
*
Severo come un albero
Si comprimono gli occhi
nel palato
in sfacelo la temperatura
della voce
carezza del nulla
rovesciata all'indietro
sulla vita. Nudo
è il tuo nome sulla neve
scasso di memoria
a spartirsi il sonno
-senza bugia-
Severo come un albero
di tanta chiarezza
è il carbone
dentro gli occhi
Id: 18267 Data: 23/12/2012 14:12:32
*
Moneta liquida
Scava fino le più umili radici
la liquerizia
a zoccoli di pane le nostre vite
di vetro,le vicende umane
di pistacchi , di cioccolata..
olsen olsen
penetri nell'umano
a scelta deliberata
Signoria dei Soldi-tuo mercato-
a non giudicare le preferenze
che soddisfano,in cima alla visione
salta la taranta negli occhi la savana
muove sul posto come ruminare
abbacinante nitore
quel nero che propaga
-moneta liquida-
Ha tempo la taranta e spazio
di una danza planetaria
piega e dispiega sui letti il dorso
al cuore della logica
accresce nel grido le riserve delle gazze:
-una cella moderna:novanta dollari a notte
-250mila il diritto di sparare sull'elefante bianco
-i servizi di una madre indiana-surrogata- a pena-ottomila
-puoi affittare il diritto d'inquinare e
-scriverlo per sempre sulla fronte, per diecimila
-a fitto per un po' meno-
Non finisco di battermi
al petto
la prima neve che cade
accecante
di nero-a gratis
Id: 18252 Data: 22/12/2012 16:10:06
*
Stordite
L'opera del tempo è
nel vivo della vita
quando porto al sole
il mio silenzio
-come febbre-
all'altro lato della casa
mi fa male mia madre
in tutto il corpo
poi si diffonde
colmati gli occhi
in placida luce
dove il cielo ci tiene
stordite
di ricordo perenne
Id: 18239 Data: 21/12/2012 23:10:04
*
Eucarestia
cade la neve senza le mani
la ingoio in ginocchio
tra i ciotoli e il fiume
in un ventre di buio,di sangue
m'imbianco.Poi spero. Così
le voci non si perdono più.
Id: 18229 Data: 21/12/2012 12:20:42
*
A tentoni
Nello stadio di un respiro
qualcosa agiva come un sigillo
orbita di quelle gambe così lunghe
fatte minuscole, a tentoni
lo stupore nel viso di ieri
nato fuori dal finestrino
oggi era come svanito
Avrei fatto girare l'll mondo
in un dito delle tue mani dure
mentre negli occhi prendevi
solo il colore di un battito d'ali
della tua sposa dal cielo
-la tua fine del mondo-
padre.
Id: 18223 Data: 20/12/2012 22:48:00
*
In riva al Reno
Nella zona da proteggere l'amore
raccoglie vetro come fiori e lattine
in riva al Reno. Quella donna spalanca
come finestre una croce celeste,sua niniva
contro i furti d'identità sulle scarpate.
La vigilia di natale masticherà verbena
a benedire l'erba, fresca, tra le mani
a cicatrizzare l'll muschio sul collo
bagnandosi più volte nello stesso letto
dove l'll Reno congiunge con la Setta
il focolare della neve, ripostiglio tagliato
d'ombra dai temporali. C'e' odore d'inverno
sull'Altopiano.Sulle tempie è nevicato.
Devo andare. -Non è tempo di gioia-
Dentro le lattine si nasconde
sazia di briciole dai piedi
a forza spinge i vetrini nei sacchetti
grigi dentro i buchi degli alberi
fin dove può la vista stare senza
baratta l'll ventre
con gli addobbi di natale
Mi guardano dai bordi della strada
suburbi abissali, pesanti di un lamento
che in alto non rimane,
esili in superficie
così lontani dall'Avvento
Id: 18163 Data: 17/12/2012 16:40:47
*
Nella sottoveste rosa
Rosa che non trova pace cercando
sugli sfiatatoi poco d'aria
calda, negli anfratti dei portoni,
sul ginocchio leggere la lettera
l'll segno, la distanza nelle file,
della mostra tenuta al Grand Palais,
di profonda e dolorosa povertà
Stazioni senza treni, scomparse voci,
case vuote di corpi umani
in attesa di qualcosa che
non s'indovina in Hopper.Attesa
non felice e sposa di nessuno
intanto l'elemosina s'allunga
-strapuntini,rimasugli di qualcosa-
un passo prima di restare bocca vuota
i pori della pelle si dilatano
ai doni di stranieri del natale
apatiche comete, distaccate
sotto la pioggia d'ore
per potere entrare
nella sottoveste rosa
Id: 18150 Data: 17/12/2012 01:27:43
*
Gisela
Battiti Gisela
a rimanere precoce
vigoria del ciliegio,dolce non so quanto tesa in avanti di prospettiva, mordi perfetta come un'aria di montagna le braccia stanche di chi non parte e mai una parola di pane per le notti
Siediti qui,achanto -solo dio conosce tutte le nascite, di quiete immobile- Dura per quel frutto
premi la polpa, nello spazio delle mani,
la drupa che t'accoglie
sul volume di corona
i raggi
messi dentro
Id: 18138 Data: 15/12/2012 23:08:11
*
Sorgiva- Madre mia Invisibile
Pieno di grazia
e qualche settimana.
Il presepe
una specie di solitudine dove avviene il tumulto alza la posta
È pietas l'acuto di percezione, tra la carne e l'inquietudine,insaziabile di presagi,di confidenza coi territori dei sogni si sgretola carsico così flessibile.....
come grano
-da poter essere seminato prima dell'inverno- una pace relativa un sè minimale, l'essenza di quella voce che le spighe non riescono più a trattenere le sue iridescenze incrinano fino al nadir del silenzio l'abisso di tenebra
-Madre mia Invisibile-
trasformeremo in latte il gorgo di luce Padre,tra le cose
che non ci hanno
abbandonato
Corri adesso,settanta anni fa
vento freddo della steppa
Sulle montagne gelate
tagliavi l'inverno a métà
Prodigioso sagittario
irriducibile silvana
Mia -lupa
con la criniera -
L'acqua si fa blu,balena e congela sulle labbra secche Il canto terminale fitto da una verità allucinata, La lottatrice è nuda. Vera più del vero,inzuppata
di dolore, lucida di male oltrepassi il tormento.
-Sorgiva-
Con la cautela dei fiori
ponevi il vento,spingevi
nel vuoto severo
del tuo polmone arreso,
l'll coraggio
-banco di prova
nostra morfina- la protezione raccolta tra le tue braccia mentre un destino Altro ci attraversava le scelte,
il lagho azzurro, e anche le farfalle rare di Baku
si son fermate alla radura dei gelsi
Nel campo di grano è successo qualcosa
che allarga il biancore del cielo,
da farlo fermare nel pentolino di rame
Narimi sapeva I'll fine di giungere di tutte le cose
così prendeva nel petto le spighe di grano,le acerbe
allattava pian piano, a fermare la voce, nel suo vero nome
Gioco sacro d'istante scandisce la musica e dura
mentre Lei ha pregato con i prigionieri,
messo bende calde al dolore di Baku
l'll suo treno ora corre veloce,
passa in ogni fessura del bosco,
dove l'aria fa come una pioggia
rossa di frutti negli occhi di Amina
Da qualche parte a Nord Est,oggi
sta correndo in avanti l'uomo di Hatrac,
difende il suo territorio, Mogù,
il suo fianco di stoffe sottili,porta il niquab,
shari'a d'Amina con fiati d'argento
lì,dove il capo si stringe al futuro,
è lo spazio in cui si trasmette il dolore.
In un istante qualcosa di limpido,di generoso
é accaduto
rompendo l'incanto della paura
l’Amore,
la mappa infine più forte
negli occhi ninive di muscoli chiari,
lasciando che l'acqua inondi i tessuti,
nel prodigio di mussole, chine
a fermare l'odore del canto
da sentire l’ll domani
di Baku nel vento
( per la visita a Baku durante Eurovision Song Contest 2012 )
Id: 17875 Data: 30/11/2012 01:22:07
*
Non cè che il superfluo che incanta
Non c'è che il superfluo che incanta
Id: 17873 Data: 29/11/2012 23:12:17
*
A durate
E' tornato il vento dei centoventigiorni occhi di diluvio universale amore sacrificale che non finisce d'iniziare -tempo penultimo-questo.
Ti mandai a dire:
-Si sono riempite le fontanelle,
i morbidi pianori,
sulle teste dei bimbini-
hai mai toccato
quei vuoti tra le dita?
Ora che accenni
a restare
sono scomparsi
I ragazzi salgono le scale
e tu devasti lo sguardo
neghi lo scatto-ma
comanda l'll tempo
Porto le ninive sotto il seno, come mettere il mondo tra i solchi di un bambino, negli occhi trine nere
ricamate come testimoni emozionati una rete di speranza
l'arpa eolica una resa viva, nella foresta di orologi, salva,brillante d'acqua dell'Io, l'argine alla deriva, di gesti nascosti. Trema l'oro del cuore nel canestro di dolore giro a durate le braccia nei secchi di lino
i semi fin giù, e sollevo le mani, lucenti a quel dio che di noi ha bisogno per fare miracoli
cogli un'immagine,la traduci restituendo bellezza a qualcosa
che infastidisce,sul momento, gli occhi
ne chiudi uno,allora...
"Vergato"
di tenerezza
* Vergato è un tipo di carta che in trasparenza rivela una sottile rigatura
*Vergato è il participio passato di una botta
*Vergato,la propria firma, è l'ultimo appennino visto negli occhi di mia madre
Id: 17831 Data: 27/11/2012 16:22:20
*
Poso la gola a terra
Sapevo come fare contro la febbre maligna
che prende i cavalli ai polmoni,all'ape colla
con un coltello aprire la vena,a misura giusta il salasso
poi li facevo bere al biondodidio.
La sera gli davo cortecce bollite di quercia che balla
otto giorni e stavano bene,il male tornava lontano,
spento, tra i sassi Generosa la vita,
mica ti metteva addosso le mani !
gli occhi neri erano arditi,i polpacci ribelli
La terra torbida sotto i piedi di novembre
lo scalpiccio riporta i sassi, bollenti
la febbre è tornata come acqua scura
troppo sottile la vena, sfilato il coltello
Ho le mani addosso di tutta la vita !
Raccolgo i pesi nei pugni,inzuppati
come un rosario infilo quei grani
per ogni giorno concesso,Ringrazio
-non valse più in un momento-
Trema d'inverno il canto,oscilla nei campi
-Poso la gola , a Terra- Silvana
dove l'ombra impastò il sole le vesti estive,
un cuore sudato, dove la pelle fa male
pronta al taglio di nuovi aquiloni
come il graduale di un pellegrino
-silente, come Betlemme-
( A Mia Madre)
Id: 17829 Data: 27/11/2012 15:20:51
*
Morendo al niente
C'e' un tempo forte, di notti rare
e uno debole, di lunghe sere
un format l'll battere e levare
l'assenza e la speranza come fiere
Si sono visti in fronte,nella nebbia
come cervi tenaci e occhi vivi
l'll raggio di grazia non diede anello
scivolato dalle mani,diminuendo.
Un poco a poco l'andar via,come forcelle
chiuse da un tempo allontanato
dipartendosi nel piccolo cerchietto
avevan detto -Aman Aman-
Solo l'odore resta, forte
cicatrice che non chiude
Va, l'll profumo,
smorzando,
separato dallo sguardo
morendo al niente
Id: 17814 Data: 26/11/2012 23:07:10
*
Visione debole Più di Tutto
le pietre sollevi, con le mani
compone un tempio
la ragione dell'oltraggio,
la comunicazione della violenza
-materia greve- visione debole
cera flessuosa-timido ostaggio:
efficace per i Suoi scopi
per come amava, sacra,
devastato angelo
simulacro d'argilla,
sesso penetrabile
taciti lo strazio, dove
fa rumori il mondo-incapace
di suoni
Tremendo insulto l'esilio
di voce
(senza riverenza nè stupore)
Tieni aperta la tua intelligenza,Lorena
il tuo amore anzichè il contrario
sono la forza,
la differenza
Palude la cultura,
la cova
dalla parte dell'ombra
-coltre, in mancanza di prove,
l'assuefazione-
C'è fierezza nello scrivere
di te stessa
l'ascolto del proprio corpo
in stato di grazia
svela un taglio
nell'ombra
e dentro l'll segno
carne linguistica,
materia organica
della caduta di silenzi
Più di tutto
il divenire Donna
rigenera
la libertà,
la dignità
"ni una mas"
Id: 17792 Data: 25/11/2012 15:17:11
*
non so chi sei
Luce di un atto d'amore
che oscura i diamanti
carni di fragile bagliore
circuiti di brividi efferenti
la forza di ricevere la vita
confusa nel dono che trapianta
-Ti svegli-
nel miracolo
avvenuto
non-so-chi-sei
chi
amo
Id: 17778 Data: 25/11/2012 00:03:02
*
senza scelta
c'è nel movimento l'emozione
la sua psicologia assoluta
come il fremito dell'erba, senza scelta
è il coraggio che risale la paura
quando ti getti acqua sulle mani
il sudore va a finire nel ruscello
è annunciata la terra !
le creature sanno che Tu tremi
Id: 17772 Data: 24/11/2012 18:16:38
*
IncendiAria
Liquido metàfisico
incatenato a un legno
esisti,nella sensualità,
nella mia più segreta
armonia incendi-
aria, racchiudo tutto
di erbe secche destinate
i resti sono linfa,
provata vita.Di una luce
mi rendi gli occhi chiari :
dovunque sono- io
io- madre,mi vorrei
Id: 17754 Data: 24/11/2012 01:28:42
*
Ti sentivo deglutire
Ti sentivo deglutire
respirare in contatto
poi espanderti fino
alla Giada,il luogo
più povero di tutta
la terra, nella Ricerca
-a ritroso-
struggente annegamento
di felicità
mi asciuga il volto
-senza equilibrio-
Id: 17752 Data: 23/11/2012 23:59:11
*
Shirvan
così, mi lascio avvolgere,
nel shirvan, come un sudario
per non toccarmi gli occhi
col Moloch di cemento.
Esco, a notte, tra gli antenati
nella caccia selvaggia,tra le belve
contro i sabba e lo sbattezzo.
E' tempora d'inverno,
e dischiude la mia saliva l'olio
la creta dei segreti messi
tra gli alberi, si allarga
la corteccia, il fondo livido
che la bambina vi soffiò
in ginocchio,sopra l'erba
quando a vent'anni
si incontrò con i morti
e non sapeva
di pregare
Id: 17727 Data: 22/11/2012 21:46:45
*
memoria cruda
c'è odore di latte intorno
su per le mulattiere
procede con discordia il giorno
la quotidiana morte delle sere
si rigenera come follia
il pozzo di giacobbe che bestemmia
maledicendo il cielo
la sete inzuppa di tormento
infine la memoria cruda il gelo
disimpara del perdono sul momento
Sgranando sabbia in fosforo
il rosario
Id: 17710 Data: 21/11/2012 19:36:44
*
sul mio polikarpov
Tra l'll mio mare nero e il caspio sto
rientrando alla base sul mio Polikarpov
spietata strega della notte
di tela angelica di legno avvolta
d'aria versata negli occhi
bombardo di volontà,bombardo
e amo come grandine sparo
pronta a farmi fiaccola in aria
solo per Te
Id: 17694 Data: 21/11/2012 00:44:06
*
Il simurgh
Siete venuti spinti dalla palude, dalla caverna magica d'acque scure, inconoscibili, tanto uguali nati due volte tu e l'altro te stesso fratello e madre insieme nella grotta tiepida, dipinta d'ocra rossa
vi ha partorito e stava come essere il tuo doppio pochi attimi allo scambio soffiando nel cordone, nella pancia, ti ha dato il cuore, col respiro primo tua celeste comunione, la placenta
magica come un'anima di terra ti ha nutrito nel mare della vita si è fatta soffio...ostia
e tuo gemello originale
Eri grande che ti hanno svelato
l'anima d'uccello, la consegna tra le mani,
il benandante
Qualcosa di numinoso e magico che ti sospende ancora il fiato nelle notti di quarta tempora
quando senti la chiamata che ti fa volare profondissimo a combattere gli spiriti che tengon bassa l'erba che non fanno alzare il pane
-Non uccidere la placenta Non tagliare il cordone a tuo fratello Lascialo morire di morte naturale quel bimbino che rinascerà
anima-gemella-
Muta nei dialetti
la placenta si svela al suono
"nati con la camicia" Sessualità, femmina innominabile, divinità madre alle caverne ti leghi, alle acque scure all'ipogeo, alla palude è il parto, l'origine della vita.
La tua paura, Uomo. "Sacro" per te è l'orribile
l'inconoscibile del sesso dove vita e morte si confondono : la comunione è il corpo il sangue della madre la Placenta Celeste del bambino
Id: 17655 Data: 19/11/2012 16:16:59
*
El tango del Ocho
Vagava nell'aria torbida e una lama stretta,
consumava omicidi quella notte,inseguiva il criollo
per vendetta del compadrito morto in Plaza Mayor
con uno sparo,con un inganno.
Dietro le pareti sospettose avvenne quella raffica :
come una incerta rosa valorosa della Sierra Morena,i miei natali.
Dietro i bidoni,quel suono all'angolo della bocca,mi tradì,
scambiando delle sillabe l'ordine alle parole verse,
narimi,nell'arpeggio balbettò
C'è altra brace nella polvere,c'è dell'altro:
il peso della spada silenziosa,
nell'asfalto i miei piedi nudi,il ciuffo nero
e quel segno,l'inciso innominabile alla sfida,
il giallo in ali al petto il rosso:un simurgh
come un geco il tatuaggio,mio orgoglio,
per tre dirham mi svelò il respiro,
tra queste cose,in un cantone del suburbio,
per un grammo mi mondò.
C'è stato solo il tempo,solo il tempo dell'ocho
una milonga per me, in un istante eterno il canto
-senza un prima, senza il dopo- l'otto
al mio eroe,un coltello del nordest, ci unì
Nel passo,nell'elegia,mi feci donna improvvisando il salto,
"el tiempo que trama en la milonga venturosa
la fiesta y la inocencia del coraje,odo l'eco en un istante
brillaron le mani de color dell'Alcazar en la vereda"
appena eri ombra scura,e subito perdido.
El Sur custodisce quel segreto,
di guerra dei mosaici i fiori
dove la pelle luccica la fiamma del ritorno
Qualcuno fece il nome,qualcosa anche
si disse in un cantone di un coltello,una stazione.
-Ti sei giocato la vita? -
Mi sta cercando quel nome,il brillio del dono.
Solo Dio può sapere ciò che si cela nel nome,
il rigonfio del coltello,
"en los ojos el brillo y cerca corazón,el bulbito"
Ed ora io, sul patio col pergolato,sulle cime della Sierra,
all'alba dell' ombù, nelle mie mani dure
guardo brillare le vene come tendini di un laccio
dove s'intrecció la nostra storia a nuove pietre
Un Solo Nome, in fondo, resterà
tra queste cose del tempo,
dove ho giurato in quel tango
del Ocho, l'Amor
Id: 17604 Data: 16/11/2012 23:34:50
*
The click song
Qongqothwane
con sillabe a gruppi
hai lasciato cadere
le prime vocali
sulla terra appartata
come Miriam Makeba
appoggi la lingua nei denti
all'indietro cerchi lo schiocco
lo scatto ancestrale
È così che nel fumo ti trovo
nel buio distinguo
tra grovigli e rumori
di orecchie piene di fitto
il passo che vibra le ossa
Mi scopre la pelle
il tuo arrivo l'idioma
come i delfini- ti vedo
mi vedi-
noi come ciechi
nelle stanza di fiamme
troviamo la porta
nel click
l'eco della salvezza
Come back
Id: 17577 Data: 15/11/2012 14:57:51
*
Custodi delle porte
Sogni di carta
Patti di reciproca fiducia
nel punto cieco, animali
in grado di leggere
verità non reali
sul tuo piede d'avorio
errori non falsi
Ti offro il mio corno lucente
nel palmo della mano
l'oscuro grigio
di una perla preziosa,
nell'altro
Indovina Tu
il Bambino d'Oro!
Id: 17562 Data: 14/11/2012 13:23:20
*
Ortodossia
Figlia di un assoluto
La pelle aderisce perfetta
Oltre lo scisma,fedele
All'amare,ortodossa
Id: 17554 Data: 14/11/2012 01:57:13
*
La danza pervinca
Scioglie come ghiaccio negli occhi giù come perline celesti tra i seni raccoglie pervinca,
un ansito blu quella luce poi ci voltiamo e cominciamo a dormire -così gli disse- faccio la danza poi scompariamo.
Come una taglia su Amina
pendeva un grande dolore, a dirotto premeva la gola, sul palmo batteva il segreto tra voce e mutezza,la sera come una tenda che gonfia, un latte che entra dentro la stanza,un biancobaleno Volteggio' cosi forte! Amina sentirsi svenire le parve, morire disidratato ogni volere le sue ombre fino al foro del collo come spazi che il bosco riprende, il gesto lento dell'abbandono,
essenziale al perdono immunizzò la paura del mutamento l'infinito stretto in un poco,in un niente dentro la stanza un dito alle labbra che dice silenzio. Alzò con dolcezza le braccia, con precisione lungo il segreto del palmo che trema tenendoci insieme le mani. Giungerà il richiamo dove l'acqua è più in su della vita, dove l'ultimo passo si trae nel primo e scompare l'assenza di ogni destino
Stanza di perle-pervinca-parola antica
dentro il capanno a precipizio
tra due pareti armate ancora di tutto e qualche respiro là dove il tempo non si calcola più Un anno, un passato minuto
a sciogliersi in nenia,poi
solo il battere del sangue alle labbra.. a coprirti gli occhi nel suono Dormi Mogù -ripeteva- dormiAmo, così va a compiersi la nostra durata dove ognuno esercita, a suo modo, l'amore Il suo modo di restar
a sè fedele come le note.. non può esserci nessuna nuova danza,in fondo, ma se dai al movimento un particolare significato, quello avrà un suono diverso riuscirai a scegliere proprio ciò che ti serve.... a sparire Occorre attenzione per riconoscer gli indizi, la persuasione La sofferenza fisica diviene corrente fiume lungo il quale scorre un lamento
inonda di bellezza nascosta cola dai piedi
dorme in noi. intimo moto d'amore
Amina danzò. nel pervinca ,gli occhi gonfi di chiaro una sorta di luce all'incontrario che corre via a chi guarda sparisce alla vista per sottrarre dolore a chi resta.Preservare non è follia,è purezza
C'è riserbo, pudore nel raccontargli la favola tenerezza estrema nel suo filo di voce -tienimi la mano,spariremo insieme- Sapeva non sarebbe stato così.
Mogù non poteva
Deve partire Amina Risalire, pin pe obi
dove si cova di ogni lettera quella iniziale
pregare all'incontrario
assorbendo tutto dentro il suo cerchio A Mogù aveva consegnato il segreto, il netsuke d'ambra e preziosi con dentro il filato in ninive,un trenino, due gechi e tanti colori Tra le dita ora teneva solo una corda intrecciata di nodi nel verso che stanno cantando
Per tornare Amina non avrà che da cantare
al contrario.
Id: 17525 Data: 12/11/2012 15:46:20
*
Pasta Madre
Acqua e farina -tempo
di rimandi -attesa-
di chiarimenti -cura-
costanza : di sottrazioni, di addizioni...
Riposo.
Vulnerabile tra i nostri volti
dove il buio si condensa
senza finire, dove seduce
una pelle cresce da noi,diversi
Reciproche stringono le mani
la Pasta Madre,spezzano
i quattro elementi trasformano
farina della terra l'acqua,
l'aria il fuoco in cibo
impastano l'ora fatale,il luogo
promesso che lo circonda, muta
dove l'acqua scioglie e cede
infinite sostanze senza voce
l'intesa fra tutto ciò che tace
Vita e morte insieme,senza scarti
c'è tutto dentro il cosmo il caso
la vita di batteri la loro fine
un processo di coscienza, il calore
delle mani l'occasione, del mistero
avverti densità,la sua temperatura,
l' intimità che commuove della Madre
nello scambio il suo futuro,condivisione
la potenza della vita che propaga
un midollo cosmico quel dono,
placenta e Madre
Allogenico trapianto l'accoglimento
racchiuso entro i nostri corpi come pane,
ora, figli della stessa luce
che ci rende uguali, nel rilevar la pena
poi l'Amore
Erinni le nebbie fanno vuoti
scavano a mani nude inconscie
mutevoli vendette che ti amano
a intermittenza
tra dita all'osso, tenta la vita
strazia nel canto, lacerata
rivoltata dal muro, tolta
Cosa nascondi di bianco tra le dita ?
-un latte che entra dentro la stanza
l'infinito stretto in un poco,in un niente
che sbatte i quadretti di un foglio
l'autunno staccato a metà
Accade che i suoni non sempre
si sciolgano in modo irreparabile
si sa, a volte, dove vanno a finire le grida,
rivolte tra banchi l'un l'altra l'estate-
-indiana ripete il suo canto :
mentre l'll vento picchia l'll tempo tiene
le lingue insieme dispone sull'altare
unendo l'occhio al centro una Voce chiara
e dove l'aria lascia che le Vocali sposino
un abito le veste in grazia
Id: 17501 Data: 10/11/2012 23:44:48
*
Uccideteci tutti, e poi seppelliteci qui
"Uccideteci tutti,e poi seppelliteci qui."
La vetta spoglia del Carajás tradì
l'll ferro nelle vene della terra in cielo
aperto, la cenere fece nero dell'inferno
l'll verde fitto, Mato Grosso
la notte sui capelli
taglia le mani il cavo sottile
il fiume del Pyelito, una ferita
che beve, il luogo che conosciamo
Harakwà
terra di ferro ,di sfratto ancestrale
Implori di rimanere,invochi
le ruspe,il tuo massacro, Guaraní
fossa comune le piste dei sogni
le vie dei canti antenati
Nessuna piramide a memoria
se non il suono piú prezioso
della lingua, raccolta di semi
di geni di flora,ancora fonte
del luogo che Tu conosci, di donne
che sanno attaccare al seno
scimmie urlatrici e piccoli maiali
che hanno allattato la foresta fitta,
sbriciolata in pane terribile
nelle tasche di tutti, come ladri
noi viaggiatori,silenziosi
non spargiamo voce
Id: 17495 Data: 10/11/2012 19:06:27
*
Nostra Graduata Madre
Vulcani di sabbia che mangiano case case sulla sabbia La nostra pianura morbida, priva di consistenza, di appoggio la sabbia spruzza fuori violenta
da terra come fontana
Li chiamano vulcanelli all'istituto di geofisica quando le case ci van via da sotto i piedi
Troppo tenera la nostra piana !
così di otto volte amplifica del sisma la forza ..
Come aver pelle troppo sottile o bianchissima
occhi troppi chiari al sole
Come Stringere troppo forte un bimbo
un'anzianissima donna
Ferite aperte nella terra
sono i segni della sabbia
che scappa via dall'urto
traversando crepe pozzi pavimenti
ogni fessura aperta si fa spiraglio
via di fuga e morte al tempo stesso Oggi I vulcanelli stanno li'
coni di sabbia di niente,di pochi centimetri allineati, come soldati semplici sputati fuori da nostra Madre Terra
con gradi, dalla pancia,
come un grido di travaglio al peso
di tutte le città e troppe ambizioni su quel cuore morbido che è la Nostra EmiliaRomagna
(31 mag
Id: 17474 Data: 09/11/2012 17:43:25
*
Emilia 29 May- Alle dodici
La sua forza raccolta come rabbia
a lungo covata
Fa scatto nelle ossa l'orecchio
non riposa I'll maglio
inflessibile colpo nell'aria la ghisa
La pompa dell'acqua perde I'll comando
tra bordo e steccato trema lo scialle, I'll ghiaino
C'e' ruggine in cielo
al boato,sangue di scolo
giá sette son morti.
Alle dodoci
salvata da fasci in batista piegato di fresco
salda al suo posto la mano
s'abbassa per stringere ....sola
un cellulare
Ha scosso la terra le torri più ' alte le chiese
abbattute, cede Cavezzo vuota di sotto
I'll sottosuolo s'avventa
strappa I'll suo spazio quel peso
Nulla al suo posto
Come altrove, qui accanto
Allora stai con chi scuote
Perchè dentro gli trovi l'll garbo, la grazia
a misura I'll silenzio d'epifania
unheimlich....
C'e' questo confine di CentoChiodi
a chiudere I'll cerchio la condivisione
(sono 17 le vittime,tanti i feriti , oltre trecento,gli sfollati migliaia
ora che trascrivo a poche ore da quel boato)
Id: 17473 Data: 09/11/2012 17:34:32
*
Ovunque proteggi
Chiamata senza appello l'll suo canto
non da tregua la Terra fluttua nei fianchi la notte
t'invoca rapace come un sesso violento
svuota le ossa
Epifania di piste irresistibili
avvolge la danza, un nastro chiude le punte
la grazia, il mistero che dura
ti entra negli occhi
una vertigine sacra che sbatte alle tempie
insegna umiltà
s'innalza,si allarga si espande
protende di metri il suo fianco
nessuna afrodite a sbucare
a colmare l'impronta
di cosa l'è stato portato via
solo un lungo respiro, s'abbassa,
indiviso, un fiato idomabile
dilata il nero del cielo,
tutto s'ingoia.
L'orecchio è scattato di colpo...nostoi
....La vita allora era atillata
da un solo fianco la mussola, nel collo un solo foro
il cuore prese a balbettare
sgravò tra le gambe ninive, come preghiere
le faceva passare attraverso ciambelle di pane
otto gocce di miele, a sognare:
"pellegrina" la donna
accorcia stoffa alla vita
più scopre più rivela innocenza,
seni primitivi di latte
traverso la grata di rete
a protezione, a rifugio;
sotto i veli bianchissime bende
di lino ebraico, insospettabili
annunciano ulteriore bianchezza,
senza bisogno di fare domande
le morbide curve del ventre
scolpiscono
nella cautela la cura.
Il liscio che a tratti spiazzava
ancor fa sottili le palpebre
d'amore il colore che brilla
Un anno-cantava-
0vunque proteggi
io voglio restare
Lo scalpiccio di zoccoli fu
come un sestante al risveglio
che sa dove ti trovi nel caos
Ventisei respiri al minuto
l'll tempo a servire
l'onda di un passo che gira le viti
a tornare.
Id: 17435 Data: 07/11/2012 23:51:04
*
Nel taglio di Matisse
Arbitrario commuove
l'll taglio,di intimita'
la trasgressione, la curva
del collo, che sanguina e manca
Mettici l'aria -tu dici -le dita negli occhi !
Scompone e colora l'll dolore
l'll cucito...la terra bruciata
scrive i suoi vuoti di sogni
andati altrove( a morire)
Aveva ottant'anni anni l'll bambino, costruiva disegni, sapiente e scapestro
tagliando le carte del circo ai nipotini mangiatori di fuoco, clown e bestie feroci
D'istinto, la forbice in aria
Un colpo d'ancia di sax come Bechet ,
virgole, frange..come Stravinskij
sincopate le trine scendevano in gola i guizzi come Ravel ,i giochi di Vian
a proprio rischio quello che va, cosa ne resta, la schiuma
dei giorni. La verità
penetra nelle figure , a misura
le mani serve,contorna al vivo lo sterno
cesella l'll malleolo, divarica l'll foro la nuca
di getto, vuota la mente di carta
le note di un canto,le corse.
Le grida. Anche un pianto
è freschezza, che senti
nascere sopra,la devozione
suo alfabeto, da orecchio-
a orecchio,lo scatto.
Nei fiati oscilli .. Matisse
nell'opaco sicuro dove il taglio s'adagia
nel dolore rimosso ai bambini
una scia arbitraria di luce
s'improvvisa nel sangue
l'll tuo jazz.
Id: 17403 Data: 06/11/2012 15:37:24
*
Cacciatori di miele
dove l'ombra s'addensa al dirupo
fila il bambù del khukuri,
le corde sottili dell'anno.
con una preghiera
di fiori di frutta, di riso,
prima del fuoco.
brillano le Laboriose,ogni pochi secondi
lucciole nel fumo pulsano
gli alveari più grandi del mondo
i nidi in ghirlande d'oro, i favi
E' limpido filo sul viaggio lo sguardo
nervo scoperto tra costole fragili
un laccio alla vita, la mira che taglia
dal vivo di pietra,le api in dolore
Pulsa e risale la caccia un lembo di stoffa,
un capo fiorito, la mussola
l'll seme di nido reciso
cervo nelle vene giallo che vibra
aderente,si fa carne al bisogno
la bocca nel cerchio di miele,
pezzi violenti di vita nelle mani
sfumano le laboriose al filo.
Nella fata verde, di emozioni crude
si mostra ora la distanza
in appiglio la verticale
sangue di miele,Sua khatat
primitivo coraggio
strumento di libertà
Id: 17389 Data: 06/11/2012 00:44:53
*
Bad hejab
Comunità e confini s)piegano l'll mondo
una certa idea di mondo:
le donne iraniane in posa
per essere libere
si stringe l'll rupush
Bad hejab
dove la frusta s'allunga
bad hejab ..
nel gesto minimo di due donne
l'll colore s'impressiona
sguardo d'acciaio
dolcissimo sul dolore
- di confidenza-
Id: 17372 Data: 04/11/2012 23:56:33
*
Il ritorno,Suo zahir
Troppo minuscola la distanza
fra te e Te e la terra fitta
del ventre non conosce il circo_stante
solo l’ombelico
l'll resto è ordinato buio
nei suoni di altri
più volte c’è da cadere
per incarnarli
Una membrana doppia
tra i nostri occhi vedenti
e lo sguardo altrui, c'inchina
solo l’ll ricordo dentro il becco
quando lo tocchi , disegna
la sua punteggiatura l'aria,
nel suo compiuto carico di attese
Risorsa inaudita e' fare un passo
dentro la paura
Spostarsi nel fiume carsico dei segni
fare spazio gravido l’istinto
Migrazione è ogni volta un parto
di quel suono che fa l'aria quando migra
luce dell'acqua dove cala l'll sole
controcanto l'll ritorno, Suo zahir
la guarigione
un Voto di conoscenza che ci attende
come stimmate
la sua affettiva corrispondenza
Id: 17371 Data: 04/11/2012 23:36:42
*
Di notte tutto rinviene
Di notte tutto rinviene
-se ci passi sopra le dita-
dove vanno a finire le cose,
tra la risacca e l'altura
agli angoli tende la nuca
riflette sul dorso la fibra
ai fianchi la crepa nel nome
lambisce origami e tre balzi
le spalle serene di schiena
se ci passi sopra le dita
dove vanno a finire le cose
di notte,tutto rinviene
Id: 17356 Data: 03/11/2012 23:46:47
*
Kotatsu
Al fondo del kotatsu
dentro quel pozzo di calore
con le gambe a penzoloni
come un altro cuore
ti proteggo
Te lo dirà la montagna
del vento e dell'uccello
che le ha viste pulsare
cercando una preghiera
nel tempo che manca
a quello spazio
Id: 17347 Data: 03/11/2012 13:54:12
*
Dwa
Ve do vo,ti sillabo
padre,ma non comprendo
solo facce d'altro
altre facce al mondo
Tu sei chi:non sta in due
Dwa,la sola sillaba
l'll nesso tra noidue
doppio l'll tuo dolore
sempre figlia invece,io
Id: 17337 Data: 02/11/2012 22:20:23
*
Se te
Angolo di se_te le parole della donna che hai nel volto nel tuo sonno lieve convocata la parola viene a dirti che ritorna come buccia tra le dita come bestia infin di vita -non è questa la realta?- oh, allucinazione! trasferire la realtà nella visione la descrizione nell'immaginazione lo sa Flaubert,che non provoca terrore che le bestie son di gioia a non mutare che noi bambini siamo ladri coi fucili e difendiamo Nostre possessioni arrotolando l'll filo torno torno a quella strana trottola ch'è l'll giorno forzando di trovare l'll senso all'invenzione del silenzio alla saliva della luce agli occhi espatriati. Si fa dimora e forza antica allora l'll gioco, la danza che riprende l'll filo della scuola, tutto essendo nulla si ripete per questo
si ricomincia dalla Se_Te
Id: 17310 Data: 01/11/2012 12:51:08
*
Le vie dei canti
Tappa del respiro l'll bordo
traguardo la finestra per tornare prima come mai disinfettate a volontá e piano s'ingrandiscono
sull'orlo-le parole- mostrano di parlare con mezzi di fortuna di capirsi nascondono,
fino all'ultimo respiro,provarsi
delle diastole c'è l'll tempo e uno delle sistole seducono così ,ombre nell'acquario,nuotano é getto allora ,un Ararat
l'll doppio battito, tempia sorda che sbatte
uno scalpello agli occhi
e fatichi a trovare misura nella sintesi, traverso la scia delle parole,dallo scarto estrarre la semplicità,l'll linguaggio delle cose -come mai ti basta il cuore-
dove puoi dire? A chi e come ? - a dirotto preme la gola l'll cloro quando nella bolla spinge e lascia sul palmo i segni come pioggia,profughi battiti segreti in forma d'aria Tra mutezza e voce, Noi
coglie della curva lo strappo, dei fari I'll binario
seguendo allo scambio I'll contrario
alla luce come del vento
dell'aria si fiuta l'amore
cosi' nel cono di buio
la curva le dona la vita
sulle Ganzole,lo sa
esserci un nero come un sol occhio
che I'll vero trattiene, la Piana
si mischia al suono l'll rumore.. ...
pulsione improvvisa degli archi i fanali
rischiando inesausta, risale un senso continuo
sincopata ti pare,eppure è dentro, t'invade
autentica, spiazza la linea del vero
la voce gonfia come Tom Wait,la rotazione
s'inchina come betulla,piega la nuca
disegna lenta del corpo una preghiera
si ferma nel suono piega nel simbolo il segno,
l'asfalto al nuovo bagliore si stende
finchè offusca la vista
allora il tempo non conta già più e
come libellula nera entra nella bocca dei fari
si avvicina a un dio,zigzagando
la lepre ,le Ganzole,la Piana
riunendo
*Le Ganzole sono un piccolo valico dell'appennino bolognese,un tratto particolarmente tortuoso a collegare Sasso Marconi con Pianoro,dove le lepri hanno imparato la sopravvivenza dei tornanti,più veloci,a me pare più allenate in questo di quelle dalla Piana,i motori arrivano gonfi in salita,come Wait nella voce
Id: 17266 Data: 30/10/2012 01:32:10
*
Pennabilli,lll rintocco di Lhasa
Impasta morbida la pietra di lingua materna -salvare il salvabile anzichè piangere sollevando bianchi macigni- scioglie i discorsi traduce in agire c'è un fiore caldo sotto la mano un tocco di grazia-vieni.... mangia-
Un viaggio in avanti nei frutti dimenticati
cresce imparando nel bianco
di poche sillabe preme la testa
conFuso in preghiera si fa l'odore dei frutti nel pane
Un colpo di luce nella nebbia scioglie una nuvola, scolora la lunghezza della notte implora dentro l'acqua che ti aspetta
che non ha principio. Tu che nudo hai imparato
come si tiene in piedi il cielo nuota!come un uccello sul dorso!Và E' struggente itinerario di purezza l'acqua...sai? Lo sprofondo della paura
sgomenta l'eden del desiderio slaccia gli schemi,
stravolge in metafore e naufragi Anch' io avrei voluto un mandala sul seno
invece ho solo un neo! Non vedi le farfalle? ti si alzano dal petto!
a millemila,fino a Monte Mario
fino al bianco tra le ciglia nel viso più nascosto
siam per mano Spingi contro i reni
quella goccia che s'allarga nera Inizia a respirare ! è travaglio l'acqua è contrazione pulsione l'accoglimento, l'onda che l'll vagito stende di darci alla luce non può finire mai Morire è generare un atto magico la ghirlanda nel disco dei pesci che resta Lo sa Alifib,la rosa...lo sai tu a muoverti nelle mani l'll fiato
me stessa sono te un buco di luce noi. (Nell'ora inesistente
una donna d'acqua sente l'll tuo odore l'll tuo bislacco accento)
*Monte Mario,un magico promontorio che domina Sasso Marconi
Id: 17206 Data: 26/10/2012 23:31:21
*
Lalterità mi attrae,lll non-umano
Col corpo vivo con le passioni
l'll non-umano l'impensato
senza perdermi senza perderlo
l'll Bosco sento nell'orecchio Vecchio
gli animali che escono dall'occhio chiaro
dalle tane l'll jeko l'll merlo dai cespugli
alzano templi nel mio udito l'll monaco,la cerva
nel linguaggio tiro l'll sasso,nella vita
l'alterità irriducibile in quel tacere
sperimento e vivo
apro uno spazio,come sogno
l'accolgo in me,la singolarità
ci giochiAmo insieme la somiglianza
la diversità
nell'Altro-non-Qualunque-non umano-
mi riconosco
L'Altro che mi riGuarda mi sta a cuore,
mi ha a che essere
tanto più potentemente stride immenso
nuda al contatto di gioia mi attrae
Id: 17203 Data: 26/10/2012 22:23:30
*
Quando risuona l’Asham
Risale per nodi la mano l'll bukhara
arrampica piano la scelta, l'll rimando,
la disposizione segna radure,
approdi, rifugi del sangue
la regola l'll movimento
filtra la supplica,essuda l'll pensiero
purifica, la montagna si fa copricapo
sua kuffiya, la radura moschea
a tenere segreta la luce ,come d'inverno
era scalzo l'll tempo di Amina
l'odore dei nascondigli esploso sul viso in minimi gesti
Patate e riso,a Shimshal
aveva barattato yak con jeki brillanti
melograno con latte e chapati
Su un fuoco ottanta mondi lontano
Mogù a terra, tiene una pentola grande
un piatto di ferro di riso e fagioli
bruciava dell'aglio contro la piana
della paura strofinava l'll suo fianco
annusando la luna
Una donna sbatteva la luce di là dall'amore,
dentro un mortaio sul tetto del cielo di Srinagar
cospargeva di semi di lino
un seno inquieto di neve
tra i più belli d'oriente,tra acqua e montagne
cuoceva gli agnelli del caspio e di Dio
mentre pregava il ritorno della sua mente
-stretta tra i ghiacci del Pir Pnajal-
invocava il richiamo del muezzin
di Roza Bal,della fede
quando risuona l'Asham
Id: 17177 Data: 25/10/2012 00:00:07
*
Un filo alla gola
Un filo alla gola .. ... di kashmir regge nel clima che muta
l'll rigore del buio al tatto la seta a graffiare la roccia
l'haiku,nelle notti più fredde di steppe,di resistenza pashtuni. C'è un segno,un sigillo dravidico,
vieni a vedere sul ventre !
i lapislazzuli scavan negli occhi
il turchese come una mappa
lungo Kunlun,dal Caspio a Kandahar una pista di scambi di pelle
nella gola delle Porte di Ferro fino al Tigri conservai nella lana Ninive
fino alla porte del Caspio,piegai ad Herat,
per una rosa,poi nella terra dei Seres giù fino a Sera per la porpora
l'll burro da barattare al pedaggio Cercavo Mogù sulle alture innevate,