Canto d’inverno
Così vediamo nascere un inverno
con i gemiti d'ascia sulla luce
il rumore e di colpo quella pioggia
d’ansia di assalto estratta da una tana.
Il nero omozigote di gemelle
ali contrite in lividi fruscii
senza groppo delle ossa si richiude
fedele all’occhio cieco su nel varco.
In sintesi di graffi dai recinti
l’aria di lutto a velo che mortifica
lo sguardo tra le polveri -un’iperbole
silente e fragile, autarchia del bello.
*
Cartolina dal mare d’inverno
L’onda non vive che un attimo
il senso di perdita soffia alle spalle
sabbia dura, cemento.
Basterebbe solo imparare
a solcare una mappa
spartire acque
fin dove ci confina
il muro d’alghe.
Basterebbe imparare
a non voltarsi
cedere all’onda
che muore a se stessa -quel grigio
pavesato di luce.
Al vento sobrio
che bacia la mente,
l’annulla.
*
Sdrucite righe
Sdrucite righe
palesano segreti
al raffio della mota.
In cave d’ossa annegano
gli inchiostri e la necropoli
del tatto torna
ambra d’incantamento
poi che la nuca s’è voltata
ma Euridice
sul piede stava molle,
da cerbiatto.
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