-Convertitevi –
gridavi e il bastone affondavi
lungo le rive della sponda orientale
del Giordano, lì dove traghettavano
mercanti ebrei e dove il condottiero
Giosuè condusse il Popolo Eletto.
Con un mantello di peli di cammello
cingevi il tuo corpo, legato ai fianchi
con una cintura di cuoio.
Poca acqua nell’otre, solo sete
di fede, a Dio rivolgevi lo sguardo
nelle giornate assolate
che prosciugavano il fiume.
Il miele selvatico addolciva
le labbra, quelle labbra bramose
di lanciare strali contro Erode Antipa.
Il suo rapporto amoroso condannavi,
il suo peccato carnale additavi,
e lei, Erodiade, covava odio e vendetta
nei confronti tuoi.
E venne il giorno della carcerazione,
di quella prigionia preludio della morte.
Su un piatto d’argento
la tua testa fu chiesta; per un ballo
peccaminoso il Re soggiacque
al volere della perfida Salomè.
-Convertitevi –
gridavi e gli uomini battezzavi
con l’acqua del Giordano, aspettando
Colui che un giorno sarebbe passato
da lì per battezzare con lo Spirito Santo.
-Sono la voce di uno che grida!-
Lì, in mezzo al deserto, di fronte a Gerico,
lì scegliesti di annunciare
la venuta del Figlio di Dio.
E il bastone affondava lungo le sponde,
tracciava i solchi di un percorso
che avrebbe portato il Popolo Eletto
nella città di Gerusalemme.
-Convertitevi –
Ancora oggi l’eco di quella voce
si sente nel deserto dei sentimenti,
nella palude dell’odierna esistenza umana,
nei territori di guerra, negli esili dei popoli,
nella cupidigia sfrenata.
Mozzato il tuo capo, una,
cento, mille volte, riappare
innanzi agli occhi feroci di uomini
incapaci di credere in Dio,
nel suo gesto di bontà
(Il sacrificio umano del Figlio).
Incapaci di stringere quella sua mano
tesa verso il Perdono.
Una, cento, mille Salomè
ballano ancora a corte dei potenti,
circuendo le loro menti,
illudendoli di essere onnipotenti
in un mondo che è solo transito
tra la vita e la morte.
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