La sua decadenza sa di dolce amarezza.
Sugge ogni grammo di pioggia,
si spoglia con acre piacere fra lunghezze
ombrose.
E l’acqua cade a spezie bagnate,
conto non tiene delle vene
dei corsi.
In sincronia cosmica ogni ruolo,
brilla un lampo la coscienza addestrando
al boato del tuono.
Vigili i pini nell’ultimo tratto,
radici hanno ferme che vanno sul tagliere
dei tempi.
Forse si credono eterni.
Il loro verde spudorato lo impone,
non interpreta lo sgretolio
della ghiaia.
Tenaci resistono al vento
la schiena piegando purché ci sia
un ritorno.
I piedi che li guardano
passano.
Cantare vorrebbero di una gioia
perenne,
dell’erba novella che nuova luce promette
in contemplazione d’orientali
fiabe,
dove il bene bianco nutre le ali,
e l’anima riluce di un seno latteo ogni colpa
dando all’inverno.
°Geometrie°
per la giustezza che impone il Respiro
a due piccole lance che battono
prima che la notte lo chiuda per sempre:
sia terra, sia fuoco, sia marmo
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