L'uomo è fatto per esplorare. Per viaggiare. Viaggiare è uscire da sé stessi, aprire la mente, disporsi ad incontrare ciò che è diverso da noi, ciò che è altro.
Ci sono terre appartate, a tratti inesplorate, che sembrano volerci fare da specchio. Attraverso i loro silenzi vediamo meglio dentro noi stessi, percepiamo finalmente la nostra vera essenza, la nostra non essenza. Siamo in fondo fatti di aria, particelle che volano all'infinito, senza un percorso delineato, come stelle impazzite.
Le onde del mare, cupe, gelide, ci circondano misteriose, nelle loro tempeste. Le vette aguzze sfiorano il cielo. Ogni cosa sembra troppo grande per noi in quella terra lontana da tutto. Lottiamo contro gli elementi, lottare è il nostro destino, il nostro istinto di sopravvivenza. Lottiamo contro la pioggia torrenziale che sfascia il sentiero sotto i nostri passi, lottiamo per restare in piedi nel fango. Cadiamo e ci risolleviamo, puntandoci sulle gambe stanche, ma mai arrese.
Ed è allora che ci poniamo di fronte ad interrogativi importanti, a questioni irrisolte, domande che nascono nella notte dei tempi, e che accompagnano l'uomo attraverso il suo destino. Qual è il nostro posto? Qual è la nostra collocazione all'interno dell'universo?
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