Questo geniale romanzo conclude la trilogia iniziata con “Troppi paradisi” ed “Il contagio”, anche se “Il canto del diavolo” non è del tutto estraneo e potrebbe far allargare a tetralogia la serie di libri, sebbene quest’ultimo sia più propriamente un reportage di viaggio, ma almeno la prima parte si ricollega in modo abbastanza uniforme a “Il contagio”. Comunque sia, questo è, a mio avviso, il più bello fra i romanzi menzionati. Conclude sì la trilogia, ma è come se l’ampliasse nella dimensione temporale che essa copre, fungendo da prequel, ed ampliando la tematica della narrazione, portandola su di un piano più universale e condivisibile. Autopsia dell’ossessione, narra di quella stessa ossessione che serpeggia nei precedenti libri, ma la porta al di fuori di un contesto domestico ben definito, da un ambito personale – Siti narrava infatti i primi due romanzi in prima persona, rendendoli una sorta di diario – ad un ambito più sociale, sebbene la narrazione sia ancorata ad un personaggio ben definito. Brevemente, la trama vede un agiato giovane fare le prime esperienze sessuali che danno vita in lui ad una ossessione, quella di possedere in maniera pressoché totale un corpo di maschio, nella sua più alta perfezione: quello di un culturista. Trovato il soggetto dall’evocativo nome di Angelo (Siti abbandona il Marcello, usato fin qui, per esprimere tutta l’evocatività del corpo “comprato”, ma salvatore, terreno e sanguigno ed al contempo celestiale) il protagonista, Danilo, lo usa per delle sfrenate sessioni sessuali che hanno più l’aspetto di un esercizio fisico preorganizzato e calcolato che di un amorevole amplesso. Per il dominio totale dell’altro Danilo scatta ad Angelo delle foto, costruite e meditate; purtroppo per lui una di queste foto viene vista da una persona che ha lo stesso desiderio di Danilo, diventandone così il rivale, anzi Il Rivale; egli è un professore con ambizioni di scrittore, un po’ sovrappeso, e anche a tratti patetico… non ci vuole molto ad indovinare chi è questo rivale, e qui ci si ricollega ai precedenti romanzi.
L’andamento del romanzo traccia la biografia di Danilo, con le sue prime esperienze, vissute però con insofferenza, una specie di abbassarsi, emendato con massicce dosi di musica classica, di arte, insomma, da un lato il sesso, sporco, dall’altra l’arte sublime capace di innalzare l’animo sebbene custodito in un corpo che si sporca. La sessualità di Danilo vive di dark rooms, di locali leather in cui al desiderio vero viene sostituita una sorta di commedia, di gioco di ruoli, significativo è il passaggio di una conversazione in un bar leather in cui ciò che conta è l’abbigliamento, ed uno degli avventori dice che se vede un uomo nudo non capisce se gli piace, a lui piace che l’uomo abbia l’abbigliamento adatto. Ovvero il sesso come fatto mentale, scivolato fuori della sua dimensione di piacere, di desiderio di contatto, per andare a collocarsi in un mondo costruito, di desideri regolati da un preciso codice comportamentale. Danilo sceglie come professione di aprire un negozio di antiquariato, anche qui una chiara traccia della mercificazione dell’arte, del rendere una passione moneta sonante, fruibile, tangibile: così come sarà la relazione col bel culturista un po’ tonto, è la mercificazione dell’amore, la pianificazione del piacere, il mettere in scena riti che hanno molto a che vedere col sesso ma ben poco con l’amore. Una sorta di tableaux vivants sessuali, di cui Danilo prende nota, li numera, proprio come un mercante d’arte fa con i suoi tesori. Inoltre Angelo viene fotografato in pose ben studiate, atte a mettere in luce determinate caratteristiche fisiche che vanno ad incidere le ossessioni di Danilo, il quale traccia anche delle similitudini tra il sesso, tra Angelo, tra il loro rapporto, con la mitologia, scelta che parrebbe un poco scontata, essendo la mitologia piena di massicci uomini, nerboruti e desiderabili, ma la bravura di Siti fa sì che siano dei paralleli molto sorprendenti ed originali. Le fotografie costellano il volume con le loro brave didascalie a punteggiare dei brevi incisi, detti proposizioni, e numerati, che analizzano in modo acuto cosa è una ossessione, fotografie emblematiche che chiudono il cortocircuito corpo arte. Danilo possiede il corpo di Angelo, nei rapporti con lui crea delle opere d’arte (e tuttavia Angelo stesso è un’opera d’arte) ma per il perverso meccanismo di mercificazione e catalogazione di cui dicevo, l’unico modo di chiudere questo cerchio è immortalare Angelo. Purtroppo per Danilo, mercificando l’arte (o un corpo) il passaggio naturale è che qualcun altro se ne possa impossessare. Ecco arrivare il buon professore che offre ad Angelo i soldi, quelli sì, ma anche un barlume di sentimento, che sarà la mina che farà esplodere il mondo di Danilo. È assai divertente leggere di questo professore sovrappeso, anche un po’ patetico, irriso dallo snobismo di Danilo, con la sua casetta da provinciale, la sciatteria da cui emerge un impietoso ed assai sarcastico autoritratto dell’autore.
Nello scorrere delle pagine vi è il rapporto complicato di Danilo con la madre sempre più assente con la mente ma sempre oppressiva, e un po’ chiave di volta della vita e delle ossessioni del protagonista, in un rapporto costruito con mirabile passione ed amore e capace di far meditare a fondo sui rapporti familiari.
Il romanzo è assolutamente molto di più di quanto contenuto in queste brevi note, ricchissimo di particolari, di citazioni e di rimandi al mondo classico, alla musica, alle opere d’arte, che lo rendono una lettura molto piacevole. La scrittura è come sempre ammirevole, il fraseggio è elegante, mai banale, sempre teso in uno sforzo che non pesa, ma rende la lettura agevole ed unica. Il professor Siti gioca come al solito con pezzi di autobiografia, con personaggi reali mischiando verità e fantasia sino ad ottenere un background molto credibile e che riesce spesso a spiazzare il lettore. La vicenda qui narrata pur nei suoi intrecci è perfettamente esposta, le psicologie dei personaggi costruite in modo assai mirabile ma soprattutto il tema dell’ossessione è sviscerato in maniera esemplare, la scrittura fa luce senza indugio e senza falsi moralismi su di una zona buia che è presente in molte persone, spesso tenuta nascosta con forza e negata con veemenza, ma che talvolta trapela e, se passa inosservata, è perché quando fa capolino si preferisce guardare da un’altra parte. E poi vi è l’eterna domanda: cosa si compra quando si compra un corpo, e si può avere il dominio su di una mente passando attraverso il fisico e l’umiliazione? Domande che forse non troveranno una risposta gradita, o soddisfacente, a tutti ma che almeno sono poste senza ipocrisia e a cui si cerca di rispondere gettando luce sui meandri dell’animo umano. Infine sorge il dubbio se il sesso è davvero scisso dall’amore quando è fatto solo per l’appagamento fisico o porta comunque con sé sempre un sentimento?
Amo molto i libri del professor Siti, ed in questo ho ritrovato la bellezza archetipale, la complessità e l’ampiezza di “Un dolore normale”. Lo ringrazio per la bellissima lettura che mi ha affascinato e divertito e faccio i miei più vivi complimenti per una scrittura che non esito a definire molto bella.
Riporto la – bellissima – “proposizione numero 7”:
“L’ossessione allude al mito negandolo e accelerandolo in folle; le curve del maschile e del femminile si sovrappongono in una famelica anamorfosi. L’ossessione è la morte che si rovescia sulla vita disarmata, cancellando la sciocca distinzione tra meccanico e psichico. Volontà e coscienza cessano di agire: egoismo e altruismo, perfino attrazione e repulsione non sono più concetti pertinenti; l’io è riassorbito nella bava di un cane cosmico, che marca il territorio e lecca il sale della pietra.”