Del mio spazio vitale3 biascichi sì da
non strozzartene in gola: tu abbronzata
di blu, dilatata per quattro
...(quattro?)
Qua, prospiciente il tavolo, sul muro
c'è la presa, indichi radiosa in viso:
per ricaricarti il telefonino vecchio
altro modo non c'è, neanche a ficcarci
due dita su per il naso.
Non per questo si è sposi, assicuri suadente
a volo inibito ed orizzonte oscurato
per me, nel panico, sospinto ad allontanarti
invasora armata d'hamburger: è mio
questo posto, tu mi rubi l'aria ed io
ti annuso ostile, sezionandoti con sguardi
le mascelle masticanti fishburger.
Tu che mostri unghia viola, affilate
a contendere offese; e che non vai
ma resti col tuo chickenburger, già che
ci si disputa punto: se un luogo è solo
un luogo, dunque di tutti; oppure
di chi lo vive pure mero possesso
confini slabrandone ideali, fino
ed oltre il Sinai, terra promessa
in bocche altrui riciclata; terra
e sangue, impasto sofferto; terra
deglutita speranza, come la tua:
sprofondata che il tè rigiravi quieta
viaggiando, vero Eddy occhi
d'Africa?
Non si può possederla, non ci è dato:
soltanto morirci si può, lasciandola
alla fine infetta eredità. Partire è un po'
morire, dicono da che s'è taciuta l'upupa.
A darci retta non vale tarlo
che rosichi ramo: io e te ci stiamo
a cavalcioni; tu sbocconcelli cheesburger
... E se acconsentissi a promessa un fiore
vorresti che ti facessi un ritratto, no
non un dipinto o un ritratto, bensì
un romanzo della tua vita: da Massaua
a Londra, passando per lo Stivale...
io, scrittore sotto dettatura, io, d'un verso
claustrofobico prigioniero!
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