Era in un bosco d’acacie
/folto/
l’unico castagno
/spoglio/
che perso aveva la sua cupola.
Di un tenero verde raccontava ardente,
mentre la tenacia della gleba
sotto la sferza dei colpi stava senza alcuna colpa.
E muto il dolore ovunque si vergava
esplodendo viscere in polvere
così come i pensieri.
Da una nuvola calda
un raggio di sole raro sfuggiva alla ventura.
Qualche rimbalzo s’infiltrava agli occhi
colori mungendo da stagioni
cha da un profondo marrone
in azzurro trasfondevano degli accenni viola.
Non so se il tempo lo si inventi,
ma so che suona ad ogni porta.
Di bacchiature vive le sue morti
e a generosa premura.
Sordo l’ansimare delle zolle,
dure sotto il manico duro che brulica tempesta.
Avessero un collare per portarsi a spasso
anche da sole!
O braccia i loro nasciti.
Invece che rami dalle perse foglie
che un antico pittore s’ostina a immortalare
ovunque possa e passi la sua statua
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