Operazioni matematiche
È una vita che addiziono insieme ai giorni
un numero incredibile di cose,
ed ho le spalle stanche,
la mente ingombra come un ripostiglio.
È ora di levare ‒ mi dico ‒ assottigliare,
lasciare finalmente questa stanza senz’aria
dove non so più volare.
Sì, è ora di gettare via tutti i rancori
quelli che mi hanno arrugginito il cuore,
e i pensieri stonati, i sentimenti storti.
Che mi restino soltanto la poesia
ed un amore grande come l’amore,
buono come la luna
che più la divorano le notti dei millenni
più lievita e cresce come un pane tondo.
Sarò una moltiplicazione
per tutti quelli che vorranno mangiarmi
sarò mille sorelle e mille amanti,
una galassia di stelle, un labirinto di gioia.
E quando resterà di me l’ultima briciola,
minuscola come l’impossibile,
la dividerò tra i passeri affamati.
Senza peso, finalmente, naufragherò
nel niente dove più non ci sono
il bene e il male e però
dallo spazio-tempo
vi giungeranno ancora
le onde gravitazionali del mio amore.
Benedetto sia il Tempo
Benedetto sia il tempo, padre-amico-amante,
che mi è rimasto devotamente accanto
anche nelle notti che mi seppellivano
anche nei giorni che troppo vacillavano.
Benedetto il tempo che mi ha cresciuta,
imboccandomi con cucchiaiate di dolore
e mi ha tenuta stretta anche quando
avrei voluto disperatamente andare.
Che mi ha cullata e avvolta
nelle bende della consolazione,
che mi ha usata fino alla consunzione,
fino a fare della mia pelle
una mappa di costellazioni,
una trama di trine, una lastra sottile
sui fiumi bluastri delle vene.
Quello che adesso mi sbiadisce i capelli
e mi stanca ed ammacca le ossa.
Benedetto il tempo
che segue ancora i miei passi
nel viaggio fantasioso e fecondo
della mia vita nella vita del mondo.
E più benedetto quello che verrà
ad insegnarmi l’ultimo commiato
per fare di sé, di me e di tutto il passato
l’effimero canto che si ripete.
L’ultima bugia
Affettuosamente mi tieni
– più esile dello stelo di un fiore –
sulle tue ginocchia, le mani
dure e umide di sudore.
Non mi stanco mai di guardare
– noi due nella luce d’oro –
le nostre ombre ondeggianti
insieme alle spighe di orzo giovane.
Per me inventi l'ultima favola:
«Una grande nave bianca e blu
ti porterà lontano lontano
scivolando sulle acque del mare...»
Immagino un paese solitario,
e una casa fatta di gelo
che non smette mai di tremare.
Mezza bambina
La domenica era un rito il bagno
nella pila grande di legno,
la stessa del bucato,
lo stesso sapone di marsiglia.
Lei mi lavava con ferocia
come volesse sgusciarmi
dal mio breve passato:
solo un nudo gheriglio
senza pellicola e mallo.
E se dicevo «La mamma di prima
m’immergeva nell’acqua del fiume:
era così bianca, così bella»,
lei mi sfregava con più ardore
come un vestito da smacchiare,
ripetendo «È stato solo un sogno,
un sogno vano, o figlia»
E quando l’acqua sembrava uno stagno
lattiginoso di scaglie di sapone,
io dicevo «Guarda, mamma,
sono la tua mezza bambina».
E lei, allora, recitava Dante
dalla cintola in su tutto 'l vedrai
con un sorriso dolente
che galleggiava tra i fumi del vapore.
Voglio l’erba voglio
Sì, io voglio, voglio.
Voglio per me, mai così golosa
di corpi caldi come pani sfornati,
di vita che trabocca.
Vado a zonzo, guardo, tocco.
«E mai prima, oh, ricordati!
– diceva serissima mia madre –
mai per primo il piacere.
Tu devi, devi!»
E al diavolo i proverbi,
le perle di saggezza datele ai porci.
Che me ne vado, sapete,
me ne vado con me,
non posso più, pazienza zero.
Adesso datemi tutti i verbi proibiti:
eccedere, delirare, suonare forte
come un cembalo, urlare che sono viva,
slegarmi i polsi, le caviglie, il cuore:
ma che orgia il mondo, che colori!
[ da Elogi, Giuliano Ladolfi Editore ]