Quanto mi piace la pioggia che vuota le tasche
le strade sperdute, d' asfalto e acqua ragia
la porta di casa di là dal guado, di un tempo trascorso
di rado mietuto, con ossequio ad uno scorrere diverso
meno ottuso, forse, meno colluso col vuoto.
Il cane randagio conosce il primo ma ignora il secondo
cerca riparo infatti, non ha da perdere che quello.
Il destino di una nascita fortunata dipende dal luogo;
il corpo, quel tempio che di famiglia è il gioiello che s' illustra,
è solo compimento di un viaggio fino a un nuovo mezzo
per continuare il viaggio verso una destinazione sconosciuta
seppure pervenendo qualche immagine scaduta
abbiamo potuto farcene un' idea, nel corso degli anni a perdifiato.
Per corrispondenza. Sacrario di ossa che lanciate nello spazio
diventano astronavi. E noi muti, a guardare le pozzanghere per strada sono specchio per allodoli dolenti, per dolori immaginati tanto a lungo
da essere abitudini, quelli degli altri, contratte in una notte soltanto.
Dimezza estate, in parti che non combaciano.
Passata a parlare a vanvera, vanificatasi qualsiasi possibile riscossa
dopo che anche l' ultima risorsa finiva in birra, vuotata d' un sorso.
Con rutto, a stemperare quel senso di malinconica rassegnazione
con un po' di maleducazione fuori concorso, il cielo stellato.
-Il cane è l' animale più domestico che c'è, dopo l' uomo, ecco perchè
sono così amici e non necessitano di rivoluzioni
se non con atti puramenti dimostrativi. Si accontentano di viversi.
Il bue e l' asinello si, ma c' era anche un cane bellissimo.
Un molosso-lupoide, un pastore guardingo, un difensore terribile.
-E chi te lo ha detto? Astarte, il cane di Annibale
ebbe un sogno profetico...
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