Il mare che i meridionali rimpiangono
Tra i flutti, confonde
L’amore, l’amaro.
È la consueta sorpresa dal finestrino di un regionale, di un notturno che si fa giornaliero.
È un rimpianto di borse da occhi
Che ai naviganti intenerisce il core.
È condanna a non stare fermi
È passato remato
Futuro interiore,
come se non ci fosse un demanio.
Il mare che i meridionali rimpiangono
È l’ombra tra partenza e arrivo
È il lavoro che chiamano “fatica”.
“Chi tene ‘o mare, cammina c’a vocca salata”.
Il mare che i meridionali rimpiangono
Lecca Bagnoli, Gela, Siracusa e Porto Marghera
E sputa metalli pesanti, polveri d’abbattimento fiumi.
Bacia Taranto
E ognuno dei 21.393 casi di tumore
Sputa salato su Pasolini e Rostagno
E mare mare mare voglio annegare
Con il ministro Minniti.
Il mare che i meridionali rimpiangono
In un tonfo di calotte artiche
Sommergerà Venezia
Facendo Trento balneare
E grazie all’autonomia, dimenticheremo il brodo marrone di Jesolo
E il Mose e Altero Matteoli
Avremo un mare di orsi morti,
Un mare di Muse e Albere,
Un mare di pile con dentro il senatore Cristiano de Eccher.
Il mare che i meridionali rimpiangono
Si finge nel pensiero
Di una sopravvivenza al giorno,
dov’è amaro il naufragare.
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