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Studi sull’isteria d’Impero Romano - IV

Argomento: Storia

di Giuseppe Paolo Mazzarello
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Pubblicato il 06/06/2009 23:01:55

Studi sull'isteria d'Impero: Grande è la Roma dei Bambini del dr. Giuseppe Paolo Mazzarello C'eravamo dimenticati di Vero, imperatore associato di Marco Aurelio. Chi, se non un pretoriano, poteva eliminare Commodo? Il trono passò a Pertinace, un Piemontese di Alba, che si mostrò tirchio coi pretoriani. Essi ineffabili lo abbatterono ed issarono il Milanese Didio. 'Sentir, riprese, e meditar. [..] Il santo vero mai non tradir..' il giovine Manzoni così cantava intorno al morente semipatrigno Carlo Imbonati. Bisogna inventarne di tutti i colori, quando non si è capaci di fare i soldati, e tutti quelli citati non lo furono proprio. I legionari di Gallia nominarono Nigro, ma contavano poco; quelli della Pannonia, che contavano di più, nominarono Settimio Severo. Egli era di origine Africana, soldato di nome e di fatto, fu imperatore. Il Mommsen dice che fu importante che abbia sloggiato i Parti dalla Mesopotamia. Fece però di questa una provincia invece che un regno vassallo. Questa seconda soluzione era più gradita allo storico Tedesco, perchè avrebbe svolto funzione ammortizzatrice tra i due imperi che invece cozzarono insieme. Severo sapeva fare il suo mestiere e lasciò due legioni nella terra tra i due fiumi. Una terza se la portò a fare quartiere ad Albano. Con l'arrivo dei veri soldati si poteva fare a meno di quelli che lo facevano per finta. I pretoriani furono sciolti e nessuno li rimpianse. Il figlio successore fece, ahimè, rimpiangere il padre. Chissà se è vero che, come nel 1950 cantava Clara Jaione, 'alle terme di Caracalla i Romani giocavano a palla'. L'imperatore in questione ne iniziò la costruzione, ma fu tosto impegnato nel fratricidio di Geta imperatore associato. L'imperatore superstite indossava un maglione col cappuccio, oggi sarebbe di moda. Egli andò in guerra nell'amena terra dove il Rodano si getta nelle lacustri braccia di Ginevra. Rimaneva, in qualche modo, il suo interesse per le acque. Non rimase molto da fare per lui nella Media, l'Iran nord-occidentale, dove, sia pure vittorioso, fu ucciso dalla sua scorta. Un uomo violento, come lui, non è un buon soldato. A proposito: i pretoriani non erano stati liquidati? Quello che esce dalla porta può rientrare dalla finestra, come successe per uno della Mauritania. Si chiamava Macrino; era il prefetto del pretorio, e fu imperatore. Pagò male i soldati e durò poco. Mentre conduceva le solite guerre nell'Est, fu raggiunto ed ucciso dallo scalpitante pronipote di Caracalla, Eliogabalo, che godeva del favore dei soldati. Egli era figlio del governatore di Siria, una provincia che riforniva Roma di grano e denaro, un tempo requisiti prediletti per le terre d'occupazione. Derivava il suo nome dal dio fenicio del quale era sacerdote e del quale portò il culto a Roma, insieme a devoti locali dei quali nessuno sentiva la mancanza. Aveva alle spalle una nonna invadente, Iulia Mesa, che prima lo aveva proposto come campione alle truppe e poi usato come prestanome del proprio potere. I miliziani, delle cui imprese è pieno questo capitolo, lo fecero fuori. Toccò ad Alessandro Severo, un altro nipote della grande nonna, salire sul trono all'età di 14 anni. Egli era un altro venuto dalla Siria con una madre molto presente, Iulia Mamea. Aveva il pallino della pubblica amministrazione e della viabilità urbana, il piccolo Sandro, al quale rivolgiamo un pensiero grato se non addirittura nostalgico. Condusse operazioni militari efficaci, di contenimento contro i Parti in Mesopotamia e gli Alamanni sul Reno. Aveva la mamma al seguito, ma abbiamo visto soggetti in analoga compagnia compiere opere meno meritevoli. A Magonza le truppe gli preferirono Massimino e, tra il dire e il fare, non c'era di mezzo il mare ma una madre che fu tolta di mezzo insieme al figlio di 27 anni. Massimino il Trace era un soldato durissimo ed operò su e giù per il Danubio, trattò i nemici malissimo ma, in altrettanto modo, il popolo ed il senato di Roma. In un soprassalto di attività, il parlamento si decise a promuovere Gordiano I 'and son' Gordiano II. I due si trovavano in Africa e si trovarono contro il legato di Numidia. Il figlio cadde in combattimento e per questo il padre, 'O gran bontà dei cavalieri antiqui', si suicidò. Fu il turno di Pupieno e di Balbino. Ad Aquileia essi attesero Massimino che non si era ancora arreso, ma quivi fu ucciso dai suoi propri soldati. Ed arrivò Gordiano III ad eliminare quei due. Il nuovo imperatore ebbe, come emininza grigia, il cognato Timesiteo, dopo genitori e nonne una figura ancora assente dalla storiografia. Attendiamo il momento delle suocere, ma non disperiamo. Il duo vinse le battaglie contro i Parti ma non quelle contro i pretoriani che, alla morte di Timesiteo, insediarono il loro prefetto Filippo l'Arabo. Egli sconfisse i Carpi, dei Danubiani, e si sarebbe volentieri dedicato ai previsti festeggiamenti per il millenario della fondazione di Roma. Peccato che legioni variamente dislocate nel globo eleggessero contemporaneamente altri tre imperatori. Il quarto candidato fu Decio che era stato inviato in Mesia e, tanto che era per la strada, si sbarazzò dell'Arabo a Verona nel AD 249. Del biennio occupato da questo imperatore, emergono due aspetti. Le assurde persecuzioni Cristiane non facevano che rimarcare il carattere organico ed espansivo dell'alternativa comunità religiosa. Il costante contenimento dei tumulti Danubiani non faceva che rimarcare il carattere forte e propulsivo dell'alternativa comunità etnica: i Goti. La loro presenza in quella terra tra la Romania e la Bulgaria, con quell'ampio sbocco sul Mar Nero, conseguiva ai movimenti dei popoli nell'area della Vistola. Noi lasciamo tutti lì e chiudiamo il capitolo. Oggi 31 Maggio AD 2009 abbiamo ascoltato il primo dei tre Ritornelli di Paganini nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie al Molo di Genova. Se ce lo chiedesse, risponderemmo a Proust che ci ha fatto ricordare una corsa infantile nei prati prima di rifiatare all'ombra delle querce. 'Meglio venirci con la testa bionda,/ che poi che fredda giacque sul guanciale,/ ti pettinò co' bei capelli a onda/ tua madre...adagio, per non farti male' (Pascoli).


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