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- Vari
Del modo di trattare i popoli degli Stati Uniti
EPIGRAFE πολλῶν δ' ἀνθρώπων ἴδεν ἄστεα καὶ νόον ἔγνω “Di molti uomini le città vide e conobbe la mente” (‘Odissea’, I,3 – trad. Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino, 1989) * Dante aveva una posizione chiara sul ruolo dell’Autorità e noi vogliamo aggiornarla. Finché poté vivere a Firenze, fu iscritto alla Corporazione dei Medici e degli Speziali. ‘The Natural’ è il titolo di un film che, sul mercato italiano, era stato immesso col titolo ‘Il migliore’. Solo a distanza di tempo, si è accertata la sua originalità Americana. Roy Hobbs è un bimbo che dimostra un talento naturale, appunto, per il baseball. Nella sua campagna, un fulmine si abbatte su di un albero e ne divelle il tronco. Dal legno così temperato, R. ricava una mazza per il suo sport preferito e v’incide la scritta wonder boy. Il giovinetto viene notato dal giornalista Max che medita su come ricavarne dei soldi. R. si fidanza con Iris ma non ha concentrazione nel rapporto. Conosce una certa Harriett Bird e se ne lascia sedurre facendosi trascinare in una stanza d’albergo. Qui, la donna gli spara una rivoltellata piantandogli in corpo una pallottola d’argento, prima di suicidarsi gettandosi dalla finestra. Come se non bastasse la ferita, il giovane è ritenuto responsabile della morte di HB e sbattuto in prigione per un congruo numero di anni. Quando è liberato, R. è un uomo maturo con scarsa possibilità di carriera sportiva. Tuttavia si presenta a una selezione ed entra nella squadra dei Knights, di chissà quale città Americana. La mafia locale ha interessi opposti alle affermazioni del team e R. langue in panchina. A renderlo ulteriormente innocuo, la fatalona Memo Paris gli concede le sue, si fa per dire, grazie. Il campionato continua e il vetusto allenatore medita d’impiegare in partita la misteriosa riserva. Tra il pubblico presente alla partita, R. nota l’antico amor suo Iris, praticamente una nuova Gradiva secondo Freud. Non si sottrae alla chiamata e dimostra tutto il suo valore, nonostante sia un po’ arrugginito dagli anni. Ha trovato il suo posto nel mondo, nel campo da baseball come nella strada della vita. Manca ancora qualcosa ma, prima di parlarne, occorre fare un cenno che cercheremo di rendere il meno noioso possibile. Il cognome del Nostro ha solo una vocale in meno, la penultima, rispetto a quello del famoso filosofo del ‘600. Hobbes era partigiano di Carlo I all’epoca di Cromwell e quindi emigrò in Francia. Ritornò nella sua Inghilterra solo con la restaurazione di Carlo II per consegnare alla storia le sue teorie. Il nome proprio Roy è molto simile alla parola francese che indica il sovrano (Roi). L’uomo è dedito a una competizione sfrenata ma, sotto un’ispirazione non meglio definita, accetta le regole del vivere civile contemplate nel contratto sociale. Il garante di quest’ordine riconosciuto è il Leviatano, il potere politico. Questo dovrebbe assicurare tutto il bene sociale possibile, avendo in cambio la nostra libertà, che resta così minore di quella possibile. Tuttavia, in America, ci sono i nipoti di Cromwell più che gli allievi di Hobbes: il contratto che stipulano è quello per condividere con i propri simili la vita in una metropoli più che una seduta allo Stock Exchange. La sua vita nella complessità materiale e nella confusione della casualità ha portato l’uomo a infiltrare il Leviatano, più che a riconoscerne la paternità. Non a caso, Cromwell metteva in guardia dalla scissione tra esigenze fisiche e spirituali. Se il re non era in grado, in quanto manchevole, d’identificare nessuno, era meglio scindere la sua regale testa dal tronco e mettere tutto in the coffin (nella bara). Questo tentativo, il film risale agli anni ’70, d’idealizzare un re filosofo, non riesce. Non è in gioco la successione dinastica ma l’eredità puritana. Perché è così difficile sostenere questa eredità? Perché fa a meno del Papa, cioè rinuncia all’eredità paterna. L’America Latina va in controtendenza: lo promuove al Soglio di Pietro; fa l’opposto ma l’opposto è appunto lo speculare. Non sappiamo se i due estremi, più che toccarsi, non rappresentino la stessa istanza a diversa risposta. Fare a meno del Padre, o non poterne fare a meno. Con la sua rinuncia, si ricade nella tradizione Biblica del Vecchio Testamento, nella venerazione del mondo antico con ambivalenza verso il Padre. Quello stesso mondo antico appartiene a tutto il Medio Oriente, di qui la stessa ambivalenza verso tutte le manifestazioni di quell’area, di qui una vera e propria addiction. In ogni caso: carne di maiale, è meglio mangiarne veramente poca. La sostituzione di una classe sociale con un’altra nel ruolo guida non è, oggi, possibile perché ve n’è una sola e tutti vi si riconoscono, con variazioni solo quantitative. Manca quindi il ricambio di una cultura che non può rinunciare alla sua immobilità, pena l’ulteriore regressione. Che non può rinunciare alla sua egemonia dato il rischio che, un’alternativa, sia tanto lontana dal modello precedente da determinarne l’estinzione. E’ per questo che oggi, in tutto il mondo, è in crisi la scuola. Non ha fermenti ma, al suo interno, può sempre scaturire un’entità rivoluzionaria, un nuovo modello paterno da proporre. Oltre che in Cromwell, in questi fenomeni, la storia ha gli antesignani in Pisistrato e in Giulio Cesare. Ora, possiamo ritornare al nostro film. Iris confessa a Roy di avere avuto un figlio da lui, all’epoca della loro giovanile relazione e di non averglielo mai detto. Ora il Nostro può essere un buon padre, insegnando l’arte del baseball al figliolo che è anche più interessante della sua pratica con quel che di ripetitivo c’è sempre nella vita adulta. Come dice mio nipote Nick, credo che i bambini siano gli unici capaci a pensarlo: ‘Nessuno sa cosa accadrà’’. Avendo recuperato, attraverso di lui, la sua anima infantile, Roy può lasciare spazio al sentimento e attendere il futuro con l’interesse che meritano le sorprese quando si ha la coscienza a posto. ‘Humpty Dumpty sat on a wall. Humpty Dumpty had a great fall. All the king’s horses and the king’s men Couldn’t put Humpty together again.’ La filastrocca tratta da Alice in Wonderland è eloquente, non è neppure l’unica possibilità che Carroll ci offre per interpretare aspetti di storia contemporanea, ora abbiamo questo compianto sul Grande Uovo antropomorfo che s’è irrimediabilmente rotto. Un reality movie degli anni ‘70 è ‘All The President’s Men – Tutti gli uomini del Presidente’. Sappiamo che, un tempo, i cronisti giravano qua e là in cerca di notizie, nei tribunali succedeva qualcosa di nuovo e quelli finivano da quelle parti. A Washington, una mattina del Giugno 1972, erano stati appena acciuffati dei tizi che, la notte precedente, si erano intrufolati nella sede del Partito Democratico USA alloggiata nel complesso Watergate. Fu definita effrazione, cioè scasso, ma a quale scopo? Come a dire: colpo, ma per prendere o lasciare cosa? Quei tipi, il cronista guarda l’essenziale, avevano posizioni nella Pubblica Amministrazione. La cosa fu lasciata seguire, oltre che ai magistrati, a quel cronista del Washington Post, un carneade a nome Bob Woodward, al quale fu aggiunto Carl Bernstein in modo che, se la mano destra non sapeva quello che faceva la sinistra, almeno lo facesse. ‘Attenti a quei due’, che si mettono a indagare, ricercare, vanno a casa dei personaggi coinvolti. La redazione del Washington Post ricorda proprio quelle stazioni postali del Far West, con il personale che si occupa delle faccende più disparate con quell’aria ‘Non preoccupatevi.’ E’ Presidente Richard Nixon allo scadere del suo mandato, con tanta voglia di farsi rieleggere, e gli ‘effrattori’ fanno parte della sua squadra del Partito Repubblicano. I componenti la squadra, dietro un timoroso riserbo di facciata, hanno una gran voglia di raccontare tutto ai giornalisti, e lo fanno, le donne soprattutto. Smettere di cercare, è il problema che si pone il Direttore del giornale, Benjamin (Ben) Bradlee, non tanto per le presumibili pressioni. Il bravissimo interprete prese l’Oscar del Migliore Attore non Protagonista. Lascia fare ai due reporter, Bob ha una talpa in alto loco, una fonte anonima che al giornale chiamano Deep Throat, da un celebre film porno. Il sesso, appunto. Gli straordinari visi delle impiegate dei vari Servizi: una racconta del ministro giunto in sede nascondendo il volto nell’impermeabile dal quale si aspettava emergesse a fare ‘Cu-cu’. Un giovane avvocato è ‘Uno che si laurea in Legge e, al congedo dal servizio militare, ritrovando un compagno di studi che gli offre di lavorare per il Presidente USA: cosa fa?’ Tutto è stravolto, sconvolto, appunto. I politici coinvolti, intervistati alla TV, proclamano: ‘Il direttore del Washington Post tifa per un altro partito.’ Meno male che non si mettono a dire: ‘E lui? Lo sapete cosa ha fatto? Bah, bah..’ C’è il Vietnam, la Guerra Fredda, si spendono un sacco di soldi. Si sgancia il Dollaro dal rapporto fisso con l’oro. Come a dire: è come tutti gli altri. C’è una simpaticissima collega del duo al Washington Post. Una mattina, passa davanti allo scrivania di Bob, lascia la busta contenente un documento importante per l’inchiesta e che lei si è procurato. Grande ragazza: cosa non si fa per te. Richard Nixon 37th viene rieletto nell’autunno. Neanche tre anni dopo, alla vigilia del suo impeachment (essere processato), si accorge che non avrebbe più il tempo per lavorare e si dimette. Meno male. Come, speriamo, si sia accorto che noi gli vogliamo bene comunque: venire intercettati quando non si fa niente di male, non deve neanche fare pensare male. Non siamo soli: in questi tempi, c’è chi gli vuole più bene che a John Kennedy, figuratevi un po’. Kennedy fu eroe nella Seconda Guerra Mondiale, che non aveva certo voluta. Da Presidente, evitò quella con la Russia, ma non riuscì a evitare quella in Vietnam: con pochi a ricordare che negli USA, ci mancherebbe solo a non capirlo dopo avermi letto, è il parlamento che fa tutto quello che vuole. Dicono che tollerasse la corruzione amministrativa, ma cadde nell’agguato di uno corrotto che tollerava assai meno il suo Presidente. Ai giorni nostri, abbiamo il Presidente Nuovo che s’impegna molto perché tutti i cittadini abbiano la ‘mutua’. Nell’attesa, io resto iscritto alla Corporazione dei Medici e degli Speziali e nell’incertezza che i miei compagni siano capaci a fare il loro mestiere. Solo apparentemente, qui, io ne sto facendo uno diverso e mi appresto, solo, a spostarmi nello spazio. Negli Stati Uniti, si sono spostati da tante di quelle parti del Mondo che, a volerle citare, si rischia di ometterne troppe. Oltre che a lavorare, tanti di quei giovani ai quali ho pensato scrivendo erano visti dal poeta anche in altre occupazioni. Quando prese il Nobel nel 1975, nel suo discorso, il mio concittadino Eugenio Montale pensò “alla musica esclusivamente rumoristica e indifferenziata che si ascolta nei luoghi dove milioni di giovani si radunano”. Come se qualcuno si sia mai radunato in altro modo nelle masse e come se ci sia qualcosa di male in tutto questo, salvo che nella testa di chi lo pensa. Il mondo primitivo non è forse “rumoristico e indifferenziato” ? E, se non ce n’è o non ne viene in mente un altro, si prende quello che passa il convento. Però, non si può neanche prendere tutto da Internet perché alla domanda montaliana “E’ ancora possibile la poesia?” non si potrebbe che rispondere negativamente. Invece, sappiamo che non è così, così come sappiamo che la poesia ‘non la passa la mutua’. Invece, la corsa al West è finita. Con il passo che preferite, si potrebbe andare “contra il corso del Sole” e, quindi, nei Paesi del Sol Levante. Adesso, però, più che di “Alice” nel suo mondo, devo occuparmi di “Beatrice” in questo mondo. * APPENDIX Dante Alighieri, the famous Poet, lived in Ancient Florence for a long time. There, he belonged to the Doctors’ and chemist’s Corporation. In the Middle Age, Health Professions were connected with Humane ones. The Poet thought about Emperor very much. Today, what could he think? A famous reality movie of the past is ‘All the President’s Men’. Once upon a time, journalists went in search of news in tribunals, too. History told us what Mr. Woodward discovered in one of them. Mr. Bernstein joined and so, if left hand didn’t know what right hand was doing, did it at least. Their Editorial Office became like a Post Office in the Far West where everything happened but people looked to say: ‘Don’t worry’. Sometimes the journalists visited their Editor: ‘What have we to do?’ ‘Do your work’. At a certain point, a journalist girl helped them. In my opinion, she inspired them. A feeling of love is in all this matter. There’s love for Humpty Dumpty, too, but one has to be interested especially in Beatrice, speaking with Dante. You can imagine a Province of its Empire towards Ancient Rome: from Italy today one could pay attention to Washington alike. In 1972, it was all the same. In Florence, in the early 14th century, there were struggles among the parties as well as that town opposed its neighboring ones. All in Italy the affairs were so, it was nominally part of the Holy Roman Empire. Dante urged Henry VII to descend on his country and to solve the anarchy. Emperor personifies political culture and he’s necessary when it’s lost. Charles II Stuart was inept and quarrelsome: Cromwell allowed he was beheaded. Sir Oliver Cromwell was Lord Protector of the Commonwealth and, for a period of time, there wasn’t any king. Diocletian was the last autocrat Roman Emperor: named Maximianus ‘August’, a co-Emperor, together with a crowd of secretaries. Roman Empire became another thing. If all the Emperor’s secretaries are in crisis, it’s more difficult to replace them than the Emperor himself. In Washington’s Capitol, Parliament meets. In Rome’s Capitol, people worshipped Jupiter, above all. In 1782, George Washington was hailed as ‘Emperor’ by his soldiers. In 1789, he was elected President, as well as Roman Senate confirmed the appointments as Emperor. Today there’s democracy: the best was in Ancient Greece. There was love for culture and that land wasn’t too big. When a lad is big, you must think about a special democracy. A Last Thought from Old Europe. In the early 19th century, Napoleon defeated Austria and Tyrol was given to Bavaria. The Tyrolean Andreas Hofer said: ‘I love my land.’ So he headed the Schützen’s revolt, they wanted be Austrians again. They fought well but needed Austrian Kaiser helped them. For diplomatic reasons, it was impossible. In 1810, Hofer was beaten, caught and executed by the French-Bavarian troops. Nobody can condition Emperor. Sometimes, one can count only on himself. * POSCRITTO “Ma proprio mentre ci passo davanti di corsa, ecco la luce alla finestra di Mary Jane, e il cuore improvvisamente si gonfia di gioia, come se stia per scoppiare; ma la casa mi era già alle spalle, nel buio, io non l’avrei mai più vista in questo mondo” (Mark Twain ‘Le avventure di Huckleberry Finn’, 1885 – Trad. Enzo Giachino, Einaudi, Torino, 1981 – p.222)
Id: 361 Data: 01/12/2013 19:51:59
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- Storia
I Montecuccoli
(Immagine: in alto a sinistra particolare del disegno di Fabrizio Macciolli, citato in ‘Cornelia Cinnilla’ dall’autore del presente.)
Milleseicento e oltre. Raimundo Montecuccoli, da Pavullo nel Frignano, doveva andare in seminario. Invece, scelse la professione delle armi. Un generale di artiglieria, suo zio, lo fece arruolare tra gli Imperiali del Sacro Romano sotto gli Asburgo. Era stato raccomandato, ma erano bravi entrambi benefattore e candidato. Fece carriera in Mitteleuropa, dove combatté i Turchi e anche i Francesi dell’invadente Re Sole che, almeno nominalmente, erano devoti quanto lui alla Chiesa Apostolica Romana. Sappiamo che il Condé dormì saporitamente la notte avanti la battaglia di Rocroi: non si ha notizia dei suoi sogni prima che il Modenese lo facesse sloggiare da Haguenau. Nella verde Irlanda, almeno allora, altri fedeli se la passavano ancora peggio: la Storia ricorda tutti ma il suo lettore un po’ meno. Montecuccoli iniziò in artiglieria e finì con il possedere un battaglione di cavalleria. Fisher scriverà che nelle guerre è più importante resistere ma, per non sbagliare, il Nostro riuscì sempre a vincere. Restava il problema di raccogliere i frutti. Imparò una lingua straniera e, all’età di 48 anni, sposò la ventenne Maria Josepha Margarete, Prinzessin von Dietrichstein. Grete gli diede un feudo Austriaco e quattro figli. Il pargolo fu chiamato Leopoldo Filippo, con riguardo al Kaiser Leopoldo I. Raimondo studiò molte discipline e, per lo più, scrisse al riguardo quando si ritirò a Linz. In seguito a emorragia, egli si spense a 71 anni, la cara Grete era scomparsa quando ne aveva appena 39. Egli chiese di essere sepolto a Vienna, nella chiesa dei Gesuiti dei Nove Cori Angelici, in Am Hof.
Millesettecento e molto oltre. Nella Parigi rivoluzionaria, il dottor Marat ha finalmente rinunciato a confutare le tesi di Mr. Franklin e fa il politico. Scrive per il giornale ‘L’amico del popolo’ ma è poco amico di se stesso, perché soffre di prurito nervoso. Charlotte Corday lo va a trovare quand’è immerso nella tinozza e gli immerge un coltello nel costato. Il 17 marzo ottobre 1794 sono arrestati i dirigenti della Compagnia Francese delle Indie Orientali, una joint venture pubblico privata al solito fallimentare, destinata a essere sciolta dalla Convenzione, il parlamento di allora. I suoi dirigenti hanno corrotto i politici e, tramite insider trading, realizzato i loro profitti: in carcere, non sono mai interrogati. Più o meno coinvolto, l’avvocato Danton, già guardasigilli, il 5 aprile è avviato alla ghigliottina dall’avvocato Robespierre, ora dittatore. Intanto, i manager godono la loro liquidazione.
Milleottocento e poco oltre. Dal terrazzo della nota chiesa dei Nove Cori Angelici, si annunciano il ripensamento di Francesco II e l’estinzione del Sacro Romano Impero. Ben al di sotto delle Alpi, Il capitano aggiunto Nicolò Ugo Foscolo cura l’edizione e scrive la prefazione degli ‘Aforismi dell’arte bellica’, un’opera di Montecuccoli. Dedica il tutto a un contemporaneo generale artigliere del regno d’Italia, un regime fantoccio retto sulle baionette Napoleoniche. Azioni e pensieri nel corso dei secoli: prima sulle rive del Danubio, ora su quelle padane dopo avere sciacquato i panni in Senna. Il padrone di Ugo è l’estemporaneo imperatore dei Francesi, quello di Raimondo era il Kaiser almeno allora in vena di stabilità. Millenovecento e passa. Vladimir Nabokov scrive ‘Re, donna, fante’, prima in Russo e poi in Inglese. Trama: un giovane maldestro, legato all’agitata zia, dovrebbe eliminare il rivale zio ma è involontario complice dell’eliminazione della donna. Applicazione del teorema di Edipo: se uno non è pronto a sostituire il padre, rischia di eliminare la madre. Gli Stati parlamentari classici, prima quello Inglese e ora quello Americano, sono lontani tanto dal Kaiser quanto dall’Empereur. Essi contrattano continuamente tutto. Perché vi sia materia da trattare, occorre che vi sia il frutto del lavoro. Gli imperi hanno bisogno della proprietà o della conquista, la democrazia ha bisogno del risparmio. Tuttavia, le istituzioni repubblicane hanno il compito d’identificare il cittadino almeno quanto i loro monarchi identificavano i personaggi dei quali s’è raccontato. La rivoluzione è partecipata dal popolo quando esso intravvede il movimento della Storia. Gli imbrogli occupano la scena quando la partecipazione collettiva scema per stanchezza, invecchiamento o spopolamento. L’istruzione non guasta mai e Raimondo parlò a Grete in un Tedesco al quale si era applicato. Come gli Olandesi, ci si può riconoscere in un Gran Pensionario, che non c’entra niente con le pensioni, quando non in uno Stateholder. Gli Olandesi avevano fiducia nella virtù: più modestamente speriamo che i Montecuccoli, loro collaboratori, ne possiedano un poco. A distanza di tanto tempo, chi ci pensa più? Dante scrisse che tutti i punti sono presenti solo al Padreterno. Un teorema è poca cosa. Gli Stati Uniti sono oltre Atlantico e vi risiede Mr. President. Il resto è nulla.
Id: 227 Data: 16/09/2011 12:47:22
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- Storia
Wallenstein
‘Da onde scese folgorando a Iuba: Onde si volse nel vostro occidente, ove sentìa la pompeana tuba.’ (Par., VI, 70-72)
Noi dimostreremo il teorema di Edipo. Avete letto bene: teorema e non complesso. Un insieme di fattori strutturati e influenti sulla personalità, è quanto s’intendeva per ‘complesso’ alla maniera di Freud ipse dixit. Dalla sua etimologia Greca, per ‘teorema’ intendiamo ‘meditazione’. Oedipus, who was that guy? – Edipo, chi era costui? Ci chiediamo alla maniera Manzoniana. Il 6 ottobre 2003, su Urban Dictionary, Disco Stu ha così sintetizzato la sua risposta: ‘Oedipus is the ultimate tragic hero. All others, such as Hamelt [Hamlet, I suppose. N.d.A.] , or Romeo, don’t hold a candle to him’ – ‘Edipo è l’ultimo eroe tragico. Tutti gli altri, come Amleto, o Romeo, non gli fanno neanche da servi.’ Se gli eroi tragici sono finiti, ci vuole altro. Nei suoi ultimi saggi, Freud non ce la fa più. Ne ‘Il futuro di un’illusione’ (1927) annaspa dalle parti del Padreterno, laddove ‘L’uomo Mosè e la religione monoteista’ (1939) lo porteranno. Siamo già molto avanti e non è necessario retrocedere a cambiare strada. Mentre Edipo lascia insoluto lo sviluppo del conflitto, i tre eroi citati da Disco Stu sono alle prese con tre suicidi femminili, il Padreterno lo risolve. Il sacrificio non è faccenda umana. Quando ce la fanno, gli uomini elaborano le loro pulsioni distruttive.
Albrecht von Wallenstein era il Boemo signore della guerra che il Kaiser Federico II ingaggiò di nuovo per combattere le subentranti corti Evangeliche (1631). Egli cadde per mano di congiurati, dopo essersi trovata la guerra a casa sua, essere stato sfiduciato dal suo imperatore ed essersi messo in proprio. Shiller lo rievoca in tre opere (1796-1799), cercando di risolvere il conflitto tra dovere e coscienza. A leggere Thomas Mann, Lotte ritorna a Weimar, dove in coscienza non volle il ritrovato Goethe e mancò al dovere (ma quale?) di fedeltà al genio. Sono Federico II e Goethe ad avere dei doveri, prima di tutti gli altri. Non hanno nessun diritto di essere amati ma il dovere di farlo loro stessi. Noi amiamo la versione televisiva Americana di ‘Skins’ (2011) perché amiamo il Decamerone.
In passato, ci piacque ‘Via col vento’ (1939). Ad Atlanta nel dopoguerra civile Americano, dopo il 1865, CPT Rhett Butler comprerà azioni di banca in Stock Exchange e, per captatio benevolentiae, favorirà un prestito a una cliente. Infatti, la matrona confederata Mrs Merrywheter deve ampliare il suo panificio: la via della gloria terrena passa per un buon sandwich. Tea e Betty di ‘Skins’ hanno il lascito da Scarlett e Melly di ‘Gone With the Wind’. E Rhett? Beh, dal seguente dialogo originale del film, sappiamo che deve combattere le ultime battaglie e lui stesso conclude il teorema. ‘But there’s one thing that I know. And that is I love you, Scarlett. In spite of you and me and the whole silly world going to pieces around us’ – ‘Ma c’è una sola cosa che so. Ed è che io ti amo. Nonostante te e me e tutto il mondo rincoglionito che, intorno a noi, sta andando in pezzi.’
Id: 205 Data: 05/06/2011 01:49:15
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- Storia
Gone with the Sea
‘Metter potete ben per l’alto sale vostro navigio, servando mio solco dinanzi all’acqua che ritorna equale.’ (Par. II, 13-15)
Nell’immagine: in basso, opera di Massimo Pierotti.
A Segovia, nel 52 a.C., Cesare ha in mente di sconfiggere il nemico. Allo scopo, studia i movimenti dei Galli e, all’esterno della città, nota alcuni loro accampamenti poco difesi. L’eventuale bottino può risultare utile ai Romani lontani da casa e si compie un blitz. ‘Consecutus id quod animo proposuerat Caesar receptui cani iussit, legionisque decimae quacum erat continuo signa constiterunt – Conseguito quello che si era proposto Cesare fece suonare la ritirata, e le insegne della decima legione con la quale era immediatamente si fermarono’. Si obbedisce volentieri agli ordini di chi si stima e la decima legione svolge il compito che, nella fattispecie, è solo quello appena spiegato. Gli strumenti sono a disposizione di Cesare che è capace a usarli. I progetti sono contenuti nel libro della Storia e si rivelano mano a mano, leggendo e girando le pagine. Solo alla fine si sa quello che accade. A Cesare, la calma deriva dall’abitudine a esercitare la cultura e il valore. A Scarlett O’Hara, l’inquietudine deriva dall’assenza di Cesare. Cesare deve essere costituito, cercando e impiegando le parti migliori. Cesare si muove con riluttanza sul mare. Tuttavia, oggi sono importanti i risultati conseguiti in quell’ambiente. E’ un contenitore dove non può risiedere una stabile sede di comando e le operazioni hanno carattere temporaneo. Nei pressi delle città Galliche, dove si svolgono le principali vicende belliche, sorgono imponenti rilievi naturali. La Gallia ha un assetto definito e stabile.
RHETT [..] But cheer up, the war can’t last much longer – Ma tirati su, la guerra non può durare molto più a lungo. SCARLETT Really, Rhett? Why? – Davvero, Rhett? Perché? RHETT C’è una piccola battaglia finora in corso, [..], una via o l’altra.
Rhett Butler vuole qualcuno con il quale prendersela e qualcuna alla quale fare prediche. Di tutto Scarlett ha bisogno, meno che di un pistolotto. Nel finale del dialogo, si affronta il tema della realtà. Si può fare un piano se si hanno le risorse. Altrimenti, è meglio procurarsene qualcuna. Ognuno evoca la città che può. Questa volta, l’indicazione è precisa.
SCARLETT Oh, tell me, Rhett, where is it? – Oh, dimmi, Rhett, dov’é? RHETT Some little town in Pennsylvania called Gettysburg – Una cittadina in Pennsylvania chiamata Gettysburg. * In latino nel testo, dal ‘De Bello Gallico’ libro VII. I dialoghi sono dal film ‘Gone With the Wind – Via col vento’, 1939, Metro-Goldwyn-Mayer. La battaglia di Gettysburg è combattuta dal Primo al 3 Luglio 1863, nel corso della American Civil War del Paese che compie 87 anni: coinvolge oltre 165.000 soldati. La battaglia di Solferino, che tanto impressiona il Kaiser, è combattuta 3 anni prima, nel corso di una guerra che interessa quasi mezza Europa millenaria e non arriva a coinvolgere più di 100.000 combattenti.
Id: 188 Data: 07/05/2011 17:29:31
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- Storia
Tell them Ambiorix is Here
Nell’immagine: il ponte di Brooklyn sul Hudson a New York. Vi è un’amena regione accolta tra i gagliardi corsi della Mosa e del Reno. Ai tempi della Guerra Gallica (58 – 52 a.C.), è abitata dagli Eburoni che hanno a capo Ambiorige. La ricchezza di pascoli, dove si saziano robusti bovini, fa venire in mente la conquista del West. Come nemico dei Romani, quel capo Gallo compare a più riprese nel corso delle vicende narrate da Cesare nei suoi Commentarii. Egli è un facinoroso, fomentatore di disordini, subdolo e traditore. Non si tratta di una figura insolita, ma oggi parliamo di lui. Il Proconsole Romano cerca di acciuffarlo, ma alla fine desiste. Il Gallo non vince alcunché e procura un sacco di guai al suo popolo, più che a quello dei conquistatori. Cesare devasta e spopola il Paese di quel nemico. L’epilogo è raccontato da Aulo Irzio, il Segretario di Stato degno del Presidente, affinché ‘odio suorum Ambiorix, siquos fortuna reliquos fecisset, nullum reditum propter tantas calamitates haberet in civitatem – per odio dei suoi Ambiorige, se la fortuna ne faceva rimanenti alcuni, a causa di tanto grandi sciagure non avesse ritorno alcuno nella cittadinanza’. Il Proconsole ci va giù pesante, come un chirurgo ha presente l’indicazione di operabilità. Il tempo stringe e il valore è determinante. Il campo è delimitato e i personaggi sono individuati nell’ambiente dominato dalla capacità del conquistatore. Il reprobo, oltre che sul territorio, è isolato dai suoi simili e ridotto a esule fantasma. Se in quel Paese non siamo troppo a Nord, verso la riva del Reno verdeggia la vite. Il Paese dei due fiumi paga le tasse a Roma ed è il minimo che possa fare. Che cosa fanno le nostre ragazze? Si godono il fresco al crepuscolo, sedute sul gradino della porta di domus. In ‘Gone with the Wind’, così Scarlet O’Hara si rivolge ai suoi interlocutori: ‘Fiddlee – dee – dee. War, war, war. This war talk is spoiling all the fun at every party this spring. I get so bored I could scream. Besides, there isn’t going to be any war.’ – Diespiter! Tutto 'sto parlare di guerra sta rovinando lo sballo a ogni festa questa prima. Sono così scazzata che potrei urlare. Inoltre, non ci sarà nessuna guerra. Bisogna ascoltarla: non si può fare la Guerra Gallica.
Id: 187 Data: 02/05/2011 21:23:57
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- Storia
Big Trouble In Little Italy
Nell’immagine: facciata della Cattedrale di Saint Patrick a New York.
Francesco Cossiga aveva una certa passione per i mestieri delle armi. Egli conteneva, però, tutti i conflitti derivanti da una passione. I sentimenti esprimono l’armonia dell’anima ma le passioni sono il tumulto. ‘Italy is at war, but just a little bit’: gli viene attribuita tale constatazione, ci sembra riportata in un libro di Paolo Guzzanti. L’occasione di pronunciarla gli era stata offerta dalla partecipazione Italiana alla Guerra del Golfo, con i famosi otto cacciabombardieri. Il Presidente della Repubblica di allora s’interrogava su senso e prospettive delle operazioni militari, segnatamente per il coinvolgimento del nostro Paese. L’Italia ha una certa storica propensione agli interventi in Africa. All’inizio della Grande Guerra, Sigmund Freud riponeva un’orgogliosa fiducia sulla capacità della Germania di trascinare la ‘sua’ Austria alla riscossa internazionale. Anni dopo, egli ebbe la certezza della capacità della Germania di ‘trascinare’ lui e i suoi simili da qualche altra parte. Tutti pongono attenzione alle guerre perché ci riportano alla nostra vita infantile, proiettandola sullo scenario della Storia. Il narcisismo è soddisfatto ma non dobbiamo perdere le occasioni d’imparare qualcosa. La grandiosità dei conflitti armati non riesce a soddisfare del tutto le nostre passioni, per questo li ripetiamo continuamente. La realtà non è elaborata e la fantasia insoddisfatta continua a reclamare i suoi diritti. La cosiddetta elaborazione non è affatto facile, perché ci riporta a una realtà ordinaria quando non dimessa, il che contrasta con ogni proiezione grandiosa per la quale sentiamo uno straordinario trasporto. L’Austria fu annessa alla Germania nel primo Dopoguerra e ne fu separata alla fine della Seconda. E’ utile verificare quanto accaduto alle ‘potenze’ dell’Asse di allora. La Germania è piena d’immigrati che, per lo più, lavorano e in questo dimostra la solita capacità. L’Austria è abbastanza fornita di manodopera, ma ha un mercato del lavoro con caratteristiche peculiari e una sviluppata attitudine a mantenersi lontana dai guai. Il Giappone ha subito un cataclisma di proporzioni tali da mantenere in secondo piano la posizione dell’Italia che, giova ricordarlo, faceva parte della compagnia. Ora, detta Italia si ritrova in una posizione avanzata nel contesto operativo dell’Alleanza Atlantica. Tuttavia, il nostro Paese non può essere altro che se stesso, indipendentemente dai suoi movimenti. L’Alleanza Atlantica ha gli Stati Uniti d’America, la Gran Bretagna e la Francia che proseguono la collaborazione iniziata prima della Seconda Guerra Mondiale. Tale collaborazione è stata mantenuta nel corso di quel conflitto che, vale ricordarlo, è stato vinto da loro. Ritornando allo scomparso Presidente, crediamo che volesse ribadire la sua fedeltà all’Impero Americano, non aveva altro da fare. Il conflitto derivava dalla riflessione sulla natura del suo Paese e delle sue risorse. Abbiamo citato gli uomini ma la Storia riguarda anche le donne. A Scarlett O’Hara, quella Storia aveva portato il suo mondo ‘via col vento’, essa doveva vivere in un altro. Quando, ad Atlanta in fiamme, Rhett Butler le ricorda che, con la ritirata dei soldati del Sud confederato, si ritiravano la libertà e la giustizia perdeva un’occasione. Quella di restare al suo fianco e rifornirla, per mezzo suo, delle qualità necessarie a quel mondo da lui commentato. Il dovere quotidiano era il principale ispiratore della vita dei Cittadini Romani.
Id: 185 Data: 29/04/2011 20:14:47
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- Storia
Sir Oliver Cromwell, breve biografia
- A 18 anni il futuro Lord Protector lasciò la scuola a Cambridge a causa della morte del padre e di sette sorelle che gli rompevano le scatole. - A 29 anni soffrì di depressione e si fece curare a Londra da Theodore de Mayerne M. D. Non andò quindi in una clinica svizzera bensì da un clinico svizzero. - A 50 anni era già stato membro sia dello Short che del Long Parliament. In Inghilterra c’era la guerra civile e lui era un signore della guerra. Comandava la cavalleria, che teneva disposta per tre file a ranghi serrati (riding knee to knee), faceva muovere in manovre di accerchiamento e non disperdeva in cariche impetuose. - Il Nostro nacque a Huntington nel 1599 e, in Inghilterra, nei 50 anni precedenti accaddero le cose alle quali attribuiamo le conseguenze dei 50 successivi. Re Enrico VIII aveva in qualche modo provocato lo scisma religioso che in realtà interessava ai commercianti emergenti. Gli succedette il figlio Edoardo VI che morì giovinetto e, al quale, parenti intriganti avevano consigliato di nominare erede al trono la cugina Lady Jane Grey. Lady Jane era Protestante, aveva 17 anni ma, come tutti, sapeva il trono toccava alla figlia che l’avo Enrico VIII aveva avuto da Caterina d’Aragona. Perché accettò la corona? Perché le dissero che avrebbe salvato l’Anglicanesimo dal ritorno del Cattolicesimo portato dalla sua antagonista. Nessuno, tanto meno una diciassettenne, può salvare alcuna religione. Una rivolta determinò l’arresto della sventurata e il Parlamento nominò regina Mary Tudor. La lottizzazione che aveva accontentato i Cattolici si esaurì nel tentativo che Mary I fece di ripristinare quella religione, tanto cruento da farle conseguire il nickname Bloody Mary. La regina morì pochi anni dopo e la lotteria assegnava il biglietto vincente agli Anglicani. La figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena. Elisabeth, ebbe il trono e fu un lungo grande regno. Ora, ritorniamo alla biografia che stiamo scrivendo. - Il Parlamentari vinsero la guerra contro i Realisti e il Nostro era uno dei capi vincitori. Il Cattolico King Charles I aveva intentato due guerre contro i commercianti Protestanti, era un rompiscatole e, soprattutto, non valeva niente. C’erano già state tre regine che, come abbiamo visto, dal più al meno avevano dimostrato di valere. Cromwell permise la decapitazione del Re. - I Realisti non stettero buoni neppure allora. Emigrarono nella Cattolica nonché verde Irlanda, dove scacciarono dalle terre i Protestanti, perché loro si ritenevano quelli della terra. Oliver portò i suoi Ironsides oltre il canale e conquistò il Paese in fretta e non completamente, perché era un genio. Sapeva che non era il momento delle cose definitive bensì di quelle che potevano stare in piedi. Dovette fare la stessa cosa in Scozia. Usò le maniere forti perché non era neanche Anglicano, dobbiamo distinguere tra i Protestanti, era Puritano e si riteneva Unto dal Signore. Attingeva dalla tradizione Biblica perché era a quella che la Riforma aveva portato. - Oliver Cromwell era divenuto Lord Protector of the Commonwealth of England, Scotland and Ireland. Fece ottime leggi sulla Navigazione perché la sua identità era fluttuante e mobile, ma esisteva eccome. Non si fece alcun re, come Giulio Cesare il Nostro rifiutò la corona. Il Parlamento era stato sciolto e riunito secondo la convenienza, ora Rump ora Barebone’s Parliament. Morì nel suo letto, di malaria come Alessandro Magno. Poi ci furono altri Sovrani Inglesi ma, se vogliamo trovare qualcuno che conti, dobbiamo cercare di nuovo tra le Regine. L’eredità di Oliver è dove l’hanno portata i suoi Puritani, cioè dall’altra parte dell’Atlantico, laddove un sovrano non ci può proprio stare perche dovrebbe esserci l’Imperatore. Oliver Cromwell non poté fare altro che lasciare le cose a un punto di maggiore chiarezza rispetto a quello nel quale le aveva trovate.
Id: 139 Data: 19/12/2010 23:48:01
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- Arte religiosa
Filippo Ape e lapprodo alle Grazie di Genova
Nell'immagine: disegno di Filippo Ape
Il pio Enea si ferma sovente sulla riva del mare. Allestisce un altare per compiervi un sacrificio gradito al Nume. Virgilio ce lo presenta nel corso del suo poema e Filippo Ape ci presenta un luogo di culto. In un tratto di ghiaiosa spiaggia Genovese interrotta da balzi, ci sono colonne erette da quella progenie dell’eroe Teucro che sarebbe quella Romana. Non si vede cosa altro potrebbero essere lì a fare, quelle colonne, se non a delimitare un sacello. Ho appreso questo da note manoscritte dal maestro in data 2 Giugno 2009. Al momento, le colonne Romane sono nascoste sotto il sagrato della chiesa – Santuario di Nostra Signora delle Grazie al Molo. Al momento c’è asfalto e cemento, ma certo lì arrivava il mare, da dove giunsero i santi Nazario e Celso che introdussero il Cristianesimo in città. Fedeli vollero costruire quella stessa chiesa che, un tempo, era loro dedicata. Vicino al sacello, in epoca Romanica fu costruita una cripta, siamo intorno all’anno 1000. Sempre dal manoscritto, apprendiamo che esistono i modelli di cripta – anulare e di cripta – oratorio. Esempi del primo tipo sono, a Ravenna, Sant’Apollinare in Classe (VII° secolo) e Sant’Apollinare Nuovo (IX° secolo). Esempi del secondo tipo (X° secolo) sono il Duomo d’Ivrea e Sant’Ambrogio di Milano. Dopo oltre un millennio, quelle pietre sono ancora lì, sbalorditivamente squadrate quasi il tempo non si fosse permesso di consumarle. La nostra è una cripta – oratorio, quindi senza terrapieno sovrastante, ed è stata collocata su di una terrazza artificiale insieme alla sua chiesa. Si arrivava per mare al sacello e a piedi si saliva alla chiesa con cripta. Questo si apprende da quanto Ape ha pubblicato con titolo ‘Un incontro, un’ipotesi’ sul n. 2/2002 del Bollettino – Nostra Signora delle Grazie al Molo – Genova. Maestro Filippo accenna a un suo incontro con amico ritrovato, tale Giorgio che fa un lavoro teorico di riscoperta dell’area descritta. Ape fa quello, successivo, di verifica ricostruttiva della stessa area. E’ lo stesso Giorgio che esorta Filippo a procedere nel compito, dicendo: ‘Vai avanti tu che eserciti le arti figurative’. Oggi il sacello è sepolto, la cripta è stata riscoperta dal Rettore e la chiesa è coperta dalle case. Siamo nell’area di Caricamento, un tempo frequentatissima anche per il mercato del pesce, non c’erano i surgelati e la grande distribuzione. Siamo a due passi dalla soppressa via Madre di Dio. Essa era popolosa con alte case dalle corde per la biancheria tese da un capo all’altro della strada come le sartie delle navi, che non furono lasciate a decadere in santa pace. Quello che non era riuscito ai bombardamenti, non sfuggì alle ruspe del comune che la demolirono per fare posto a nulla. Le amministrazioni non sopportano le enclavi spontanee dove vivere felicemente nella povertà: affastellano stabili coatti dove vivere infelicemente in una povertà probabilmente peggiore. Le mura di Malapaga sono ancora lì ma non ci sono più Jean Gabin e Isa Miranda nell’omonimo film che prese l’Oscar. Lui aveva qualche guaio con la giustizia e non si fidò della bimba che voleva avvertirlo del pericolo. Non si fidò neppure la madre della piccola e male fecero entrambi. La fiducia rifugge dalle ambivalenze e dalle rivalità. Noi speriamo di meritarla dalla Regina nel Santuario e in tutto quello che sta intorno. Il mare fu allontanato con i riempimenti e si passò su quel nuovo suolo per vivere e sopravvivere. Quel suolo è invecchiato e vi si passa in automobile per andare, ironia della parola, all’acquario.
Id: 79 Data: 01/06/2010 00:57:59
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- Arte religiosa
Filippo Ape e un Santuario Genovese
Nell'immagine: Per una 'Manifestazione' di Cielo sopra l'Altare (disegno di Filippo Ape)
‘Chiesa con facciata a bassorilievi del secolo XVI e cripta del secolo X (?) viene dichiarata monumento pregevole d’arte e di storia.’ Il 15 Luglio 1911 il Regio Ministro della Pubblica Istruzione redigeva questa nota sul Santuario di Nostra Signora delle Grazie al Molo di Genova. Filippo Ape, artista e studioso cittadino, pensa che l’analisi a mezzo di ‘carotatura dell’attuale pavimento della chiesa’ permetterebbe di ‘scoprire la quota originaria.’ I dubbi, però, non sono tutti qua. Sempre Ape, con una lettera al Rettore del 4 Dicembre 2009, apre il problema su di un viciniore locale. ‘Niente può negare l’esistenza della cisterna ma, io rimango dell’idea che sia esistito in loco o un sacello o la prima chiesa [..] Come si può pensare che elementi di tale pregio [le colonne] meritassero di finire immerse nell’acqua e nel buio? [..] Cosa può mai fare la parsimonia dei genovesi! [..] Un amico Professore mi parlava a proposito dell’area dei Fori Imperiali Romani. Egli mi diceva che vi erano sotterranee aree inesplorate ma che la sovrastante circolazione stradale era fin troppo difficile per pensare di scavare. Se ciò è accaduto a Roma, dove il Papa ha comunque assicurato San Pietro – Cappella Sistina – Mosè di Michelangelo, volete che non accadesse a Genova? Genovesi hanno interrato artistiche colonne che altri Genovesi hanno costruito ed eretto. Viene da pensare ad Alessandro Manzoni e, data l’ambientazione, potremmo chiederci se qui vale il detto Vox Populi Vox Dei o quando viene contraddetto. Insomma: le stesse colonne che reggevano un tempio estinto ora reggono una cisterna altrettanto estinta. I Genovesi non erano stati prodighi nel primo caso e parsimoniosi nel secondo. La Vox Dei va quindi distinta dalla Vox Populi. La prima è udita dall’artista che trova l’ispirazione e il committente per la sua opera. La seconda è ascoltata dalla massa dimentica del valore: nessuno difende più la testimonianza del genio. Quello che esce dalla porta, rientra dalla finestra. Ape ci ricorda un altro detto Latino: Ars Longa Vita Brevis. Ci saranno sempre belle colonne da riscoprire e faccende umane da dimenticare.
Id: 75 Data: 13/05/2010 14:46:21
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- Storia
Luomo Cesare e lindole valorosa
L'uomo Cesare e l'indole valorosa. Del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
'Sì rade volte, padre, se ne coglie per triunfare o cesare o poeta, colpa e vergogna delle umane voglie' Dante, Par. I, 28-30
Quando Cesare fu nominato dal senato proconsole della Gallia sapeva che sarebbe andato in guerra. Il mandato prevedeva che lui avrebbe operato in certi territori alle prese con certi popoli in armi. Sappiamo che le operazioni ebbero uno sviluppo imprevisto anche per le iniziative del proconsole. Questo uomo fu veramente sanguinario? Si trovò in mezzo al sangue e si trovò a versarne. Tuttavia fu il comandante di un popolo al quale lui stesso apparteneva. Quel popolo, attraverso il suo governo, aveva deciso di fare una guerra. Il suo comandante identificava l'operato ma non lo assumeva in sè. Un calzolaio della suburra era responsabile della morte in battaglia di un guerriero gallo attraverso una serie di passaggi intermedi. Non possiamo ignorare questo principio di causalità storica accingendoci a seguire ancora l'opera di Theodor Mommsen. La materia che vogliamo ora commentare riguarda la storia romana nella epoca successiva al cinquantesimo compleanno di Cesare. Se non si considera l'esordio, non si vede perchè debba essere considerata separatamente dal resto delle vicende di Roma repubblicana. Non si punta il dito contro Scipione l'Africano per gli eccidi in terra cartaginese: si considera la politica di Roma attraverso le dinamiche contrapposte dei popoli. Per la guerra di Gallia taluni sono portati a considerare prevalentemente Cesare quale autore dei programmi e responsabile degli eventi traumatici. A farlo è chi confonde l'operato di un'onnipotente con quello di un autocrate. Chi commette questo errore interpretativo ha le sue buone ragioni ma non ha ragione. Un autocrate pone dei problemi. Emerge da una moltitudine della quale inizia a rifiutare gli stereotipi. Non esprime una condizione propria ineludibile ma non riesce a sfuggire ad una naturale tendenza. Che è quella di rendere individuale quanto fino a poco tempo prima era condiviso. E' la storia che mette insieme gli elementi destinati a sviluppare la reazione. Non è detto che gli stessi elementi si trovino sempre in analoga disposizione nel tempo e nello spazio. Nel corso del cinquantesimo anno della vita di Cesare questi elementi si trovarono disposti in condizione favorevole ad un certo tipo di azione. La guerra Gallica non fu una guerra di aggressione nelle intenzioni del senato né lo divenne in quelle di Cesare. Era stata resa necessaria da ampi movimenti di popoli nell'area del Reno, con ripercussione su alcuni alleati dei Romani, ce n'erano più di quanti oggi si pensi. Cesare ne ampliò le prospettive di movimento e sistemazione ma non fece nulla che non fosse grandiosamente necessario. La necessità esisteva indipendentemente dalle caratteristiche del comandante. Queste offrirono la possibilità, a quanti dei Galli lo vollero, di farsi sottomettere con felice disposizione. A quanti di loro preferirono opporsi, di essere sconfitti e ritrovarsi nella medesima condizione dei loro conterranei più accorti. Sul campo di battaglia di Alesia, ad esito non ancora deciso, i legionari romani tributarono al loro comandante una standing ovation. Cesare tributava ai suoi soldati un bonus. In realtà tributava loro qualcosa di più: un'identità virile. Non è che la cosa valga solo sui campi di battaglia. Cronache del tempo riportano che un centurione catturato dal nemico supì tutti comportandosi come un vincitore. Il prigioniero, a rigore di termini, era sconfitto anche se apparteneva all'esercito vittorioso. Quell'uomo era stato privato della sua libertà ma non del suo valore ed in questo consisteva la sua vittoria. Quel valore esisteva e dal 1° Gennaio dell'anno 49, quando il senato non concesse a Cesare nessun bonus, se ne accorsero tutti. I legionari di Cesare si trovarono privi del soldo perchè il senato non lo considerava più affar suo. Cesare decise di provvedere di tasca sua ed, anche se le realizzò solo parzialmente, dimostrò ottime intenzioni.Le popolazioni Italiche si schierarono al suo fianco, affratellate a quelle della Gallia Italica alle quali il proconsole aveva concesso una controversa cittadinanza. La formazione di un'unica famiglia era nelle pieghe della storia e Cesare si era limitato a registrarla ufficialmente. L'aristocrazia romana non contava più nulla ma, perchè questo avesse delle conseguenze, occorreva che qualcun altro contasse qualcosa. Mettiamo insieme Cesare, i suoi legionari, le popolazioni Italiche e della Gallia e notiamo che i conti iniziano a farsi corposi. Dopo avere attraversato il Rubicone, Cesare discese verso Roma invero con pochissimi soldati ma sostenuto da una tale quantità d'interessi collettivi da determinare il collasso del governo. Gli ottimati potevano riconvertirsi in altri gruppi, cosa che Cesare favorì ampiamente, ma perdevano il loro posto nell'alveo protettivo delle istituzioni. Cesare stava occupandosi già delle nuove istituzioni. La cosa dispiacque ai suoi quadri ufficiali della campagna di Gallia che già si vedevano equiparati a satrapi orientali tra agi e mollezze con le quali confortare i duri anni della guerra. Questi ufficiali avrebbero anche compiuto qualche carneficina locale per vendetta e presa di potere, ma non erano disposti a condividere nuovi destini con quelli delle popolazioni. Cesare sceglie il popolo, anche a costo di correre qualche rischio. Ad osservare che egli rischiava la vita, uno non si sbaglia, ma bisogna considerare emendato tutto il sistema durato fino allora. Contare su di una classe dirigente raffazzonata sarebbe stato più semplice per Cesare, ma non rappresentava una grande idea ed egli vi rinuncia.Nel corso dell'anno 49 Cesare fu eletto console seniore, era cresciuto. Nella foga di attribuirgli le analoghe prerogative di re, imperatore, autocrate, molti si dimenticano che egli fu uno dei due consoli per l'anno 48 punto e basta. Con tale ruolo ebbe il mandato dal senato residuo in Roma di risolvere le pendenze con gli ottimati in armi in giro per il mondo e malamente coordinati da Pompeo. Gli ottimati non avevano voluto restare a Roma non tanto per non assistere al crollo del loro mondo, non avevano tale sensibilità, quanto per l'impossibilità di opporsi alla costituzione di un mondo trasformato. In Spagna Cesare, costruendo ponti sull'Ebro, accerchia i rivali di guerra civile come fanno i bambini che, alla fine del gioco, ne pensano delle nuove tutti insieme acchiappatori ed acchiappati.In Africa il suo luogotenente Curione perde malamente equivocando sull'identificazione col console: le identificazioni vanno bene finchè c'è da raccontare il passato, quando c'è da affrontare il futuro bisogna fare conto sull'ispirazione. Sui mari Cesare fa appena in tempo a trasportare le truppe dove ce n'è bisogno, ma perde tutte le sue navi. Non era persona da piangere sui contenitori perduti, ne costruiva dei nuovi. A Durazzo cerca di perdere una battaglia conto Pompeo, era disperato per i sensi di colpa, come quando uno fa a gara col suo migliore amico e sente di doverlo lasciare un po' vincere. Pompeo era un nobile Piceno ed a Roma fu sempre trattato come un parvenu. In giovinezza aveva appreso dal padre il mestiere delle armi e non ne conobbe mai un altro. Lo esercitò finchè ebbe senso e capì che gli avrebbe offerto possibilità impensabili in altri tempi. Aveva compreso in tempo i limiti degli ottimati ma era consapevole di possederne altrettanti lui stesso. Preferì condividere il corso della storia con quanti avevano sostenuto le sue posizioni piuttosto che sostenerle individualmente. Tuttavia, con le sue basi culturali labilissime, proporzionalmente ottenne più di quanto sia toccato a Cesare che possedeva un'educazione di altissimo livello. Tuttavia in quella guerra che ora si spostava in Tessaglia, a Pompeo l'arte appresa non serviva a nulla. Aveva una forza raccogliticcia, rappresentata da Orientali e fuorusciti in cerca di ventura, espressione di quel costante rifornimento umano del potere decrepito quando non si è capaci di vederne uno valido e nuovo. * Quando Cesare vincitore ritornò definitivamente a Roma, erano trascorsi quindici anni dall'inizio della sua personale Odissea. Parte degli anni 48 e 47 fu trascorsa in Egitto, dove era capitato sulle tracce di Pompeo sconfitto e fuggiasco. Gneo Pompeo Magno aveva accondisceso all'escamotage senatoriale che aveva fatto di lui, dall'anno 52 a tutto il 49, console senza collega. La carica era definita da parole contradditorie, essendo i due sostantivi sinonimi. Un termine e la sua negazione non definiscono una nuova entità, registrano la scomparsa di quella precedente. Nell'anno 48 Pompeo fu un uomo senza testa perchè essa venne tagliata per ordine del dignitario eunuco Poteino, un Rasputin rovesciato che aveva insediato sul trono d'Egitto il ragazzo Tolomeo ed allontanata la sorella-moglie Cleopatra.Cesare arrivò sul luogo della tragedia con pochi soldati e finì invischiato in operazioni sul delta del Nilo. Riportò sul trono Cleopatra ma nella loro love story, che sembrò funzionale ai programmi Romani in quella regione del mondo, non notiamo tutta quell'arguzie.Cleopatra era una simpatica pin up e non certo un'irresistibile seduttrice. Nel Romano il limaccioso ambiente aveva destato una sensualità decadente. Tutto lasciava pensare che la faraonica matassa sarebbe passata ad altri e così fu. Il Romano aveva già dovuto sbrogliare fin troppe matasse. Nell'anno 46 fu nominato dittatore a tempo indeterminato. La cosa dovette sembrare sospetta perchè, nell'anno successivo, la durata della carica fu ridotta ad annuale. Finalmente nell'anno 44 la nomina fu a dictator perpetuus ed a quel punto non potevano esserci più dubbi. Il dictator era incaricato per pubbliche calamità , finchè fosse vissuto Cesare, la situazione non avrebbe mai potuto considerarsi stabile. La sua indole valorosa permeava troppo l'ambiente circostante perchè questo non fosse soggetto a continue verifiche. Le conventicole di parassiti del potere non avevano vita facile, come non l'avevano avuta gli ufficiali dei tempi della Gallia. La vicinanza a Cesare comportava doveri maggiori di quelli riservati a soggetti più distanti e meno fortunati. Egli accordò la cittadinanza romana a tutti i medici che esercitavano nella capitale e la nostra categoria dovrebbe imparare a nutrire riconoscenza verso le autorità soprattutto quando la meritano. Ai collaboratori Cesare riservava la disciplina che aveva imposto a sé stesso e questo maggiore senso di giustizia costituiva una possibile fonte di conflitto. Il nobiluomo Romano non voleva cedere una parte della sua autorità morale per dotarsi dei supporti tecnici che i despoti di tutto il mondo hanno sempre utilizzato fin dalla notte dei tempi. Portò al grado estremo la sua liberalità come ogni altra qualità che aveva il dono di possedere. L'atto finale fu recitato in quel senato nel quale molti tromboni avevano suonato per richiamare l'attenzione sulla libertà. Quella libertà che ora i congiurati si prendevano per un atto contro il loro dittatore. Quella libertà che il dittatore continuava ad assicurare loro indipendentemente dai meriti. Chissà se Cesare aveva immaginato questo, tanti anni prima, in occasione della sua nomina a flamen Dialis. Era quella la carica più tranquilla tra tutte le magistrature, intessuta di tradizione e spiritualità. La vita non è mai programmabile e questo è sgradito a chi non la prende seriamente. Verso la fine dei giorni di Cesare, le case di campagna dei Romani si ingrandivano, le famiglie crescevano e si doveva trovare spazio a scapito dei granai e del terreno coltivato. L'economia aveva carattere internazionale, le merci arrivavano da lontano, Roma era la capitale ed una città di servizi. Cesare era figlio di un serio e sincero pretore che portava il suo stesso nome. Sua madre era patrizia anch'essa, si chiamava Aurelia Cotta. Ella aveva fatto un po' a meno del marito spesso assente per servizio ed aveva amministrato qualche immobile nella suburra. I suoi genitori lo amarono e lui contraccambiò, aveva due sorelle e si occupò sempre di loro. Cesare aveva vocazione per il cursus honorum ma conosceva il mondo. Non permise ai componenti della sua classe sociale di ignorarlo. Caio Giulio Cesare senior morì improvvisamente quando il figlio era adolescente e Cesare junior crebbe. Sua madre morì quando lui era in Gallia. Ebbe numerose relazioni amorose e questo dovrebbe fare riflettere più che discutere alcune di esse. Quando divenne flamen Dialis, sposò la nobile Cornelia Cinnilla, figlia di un famoso console. Con lei ebbe una figlia, Iulia. Cesare era un grande scrittore, colto, parlava molte lingue ed, oltre al latino, benissimo il greco. Sua moglie era onesta, affettuosa e semplice. Il dittatore di allora, Silla, ordinò il loro divorzio per ragioni politiche ed il futuro dittatore disobbedì. Dovette anche fuggire da Roma e nascondersi per qualche tempo. Poi tornò, fu rimosso dalla carica sacerdotale e partì per il servizio militare. Cesare aveva ventinove anni e Cinnilla ventiquattro quando quest'ultima morì di parto. Fu quella la prima perdita tra le donne della vita di Cesare e, se non la più traumatica, fu quella deteminante. In futuro impiegherà molte più energie nelle attività extrafamiliari, anche se si sposerà altre due volte, la prima con l'infedele Pompea e la seconda con la dimessa Calpurnia. Con Cinnilla era stato perduto il progetto originario ed un uomo versatile è più bravo a riconvertire che a cambiare. Abbiamo seguito sin qui l'opera di Theodor Mommsen del quale abbiamo ammirato la geniale trascrizione storica di quel periodo. Per il congedo, vogliamo riportare un passo di un romanzo storico: 'I favoriti della fortuna' di Colleen McCullough nella traduzione italiana di Alessandra Cremonese Cambieri edita da Rizzoli nel 1994. Cesare si è sposato da poco, un matrimonio tra adolescenti, c'è un dialogo tra sposi sullo sfondo di Roma repubblicana e dei suoi garanti.Cinnilla si rivolge al marito così:
“- Un giorno sarò abbastanza grande – disse lei , rivolgendogli un delizioso sorriso tutto fossette. Come no! E allora sarai più importante di mia madre, perchè sarai tu la padrona di casa -. Posò a terra la bambina, le passò una mano sulla folta chioma bruna e ondulata e strizzò un occhio ad Aurelia. Non sarò la padrona di questa casa – puntualizzò Cinnilla in tono solenne. - Sarò la flaminica Dialis, padrona di una casa dello Stato. -”
Id: 59 Data: 13/07/2009 22:01:29
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- Storia
Studi sullisteria dImpero romano - XVI
Studi sull'isteria d'Impero: Il Futuro dell'Aquila Del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
'Per la folla di persone che si pigiava nel suo palazzo per avere udienza, la conversazione personale con lui divenne così difficile che Cesare si vide costretto a intrattenersi per scritto persino coi suoi amici ed i personaggi più distinti dovevano aspettare in anticamera lunghe ore' Theodor Mommsen
Ordinariamente un leader si comporta in modo opposto. Privilegia gli amici, blandisce i potenti. I primi gli assicurano gratificazioni, i secondi gli garantiscono il sostegno. Tuttavia un leader non deve essere ordinario. Non è ordinario il dovere richiesto dalla vita sociale. Per dirla con Foscolo: 'Celeste è questa corrispondenza d'amorosi sensi'. 'Es ist so': Sesemi Weichbrodt non amava le mezze misure. Di fronte alla scomparsa delle figure maschili nella famiglia Buddenbrook, non si limitava una vaga speranza di incontro avvenire. Proclamava che esso ci sarebbe stato. Vogliamo crederle e chiudere la nostra opera con l'impegno di tradurre le parole in realtà. Non solo per una riedizione di uomini trascorsi, ma per la promozione di future personalità. E' il significato che vogliamo dare all'ineludibile ma emendabile Decadentismo. Ineludibile per la materia narrativa che incombe, emendabile nella sua compiaciuta acquiescenza. Se uno è un grande scrittore, non deve celebrare la sua storia per testimoniarle l'auspicata grandezza. Deve impiegare gli strumenti necessari ad interpretarla in maniera nuova, fresca ed avvincente. Nella costituzione Austriaca, elaborata dopo la seconda guerra mondiale, c'è scritto che la nazione ricorrerebbe nuovamente alle armi solo in difesa della sua identità. La figura del 'kaiser' è stata soppressa da un ordine repubblicano rinnovato ed amabile, sia pure ridimensionato e ristretto. Terminato il periodo di occupazione, in AD 1955 l'Austria dichiarò la sua 'neutralità permanente'. Non c'è più niente da conquistare ma c'è sempre qualcosa da perdere. Se pensate che il tedesco sia una lingua in disuso, potete usarne altre. Lo stesso sentimento è espresso in un film Americano dello stesso periodo, con la dichiarazione d'impossibilità a ricostruire un impero: 'Love is nature's way of giving/ A reason to believe in/ The golden crown that makes a man, a king'. Forse pensava che 'Love is a Many-Splendored Thing' il piccolo Romolo quando restò orfano. Il padre Oreste si era opposto alla concessione di terre Italiche ad Odoacre, che vi era calato alla guida di una confederazione Germanica. In AD 476, Oreste fu sconfitto ed ucciso, Augustolo fu deposto ma aveva ancora fatto in tempo a coniare alcune belle monete d'oro. Odoacre inviò le insegne imperiali d'Occidente a Zenone, imperatore d'Oriente: non ci si emoziona dai notai, tutto è già successo prima. Odoacre restò a governare l'Italia col titolo di patrizio che il senato Romano benevolmente gli concesse. Il piccolo Hanno Buddenbrook guarirà dal tifo, crescerà, si sposerà ed avrà dei figlioli, come Romolo Augusto. Le vergini Muse e l'amore ancora riserveranno loro qualche dolcezza. Non saranno mai, o non saranno più, imperatori. L'aquila ha svolto il suo volo. La stessa che Dante riconobbe nel suo viaggio quando, il Poeta ricorda: 'I' vidi Elettra con molti compagni, tra' quai conobbi Ettòr ed Enea, Cesare armato con li occhi grifagni'.
Id: 58 Data: 12/07/2009 21:26:02
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- Storia
Studi sullisteria dImpero Romano - XV
Studi sull'isteria d'Impero: Verfall einer Empire Del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
'Je vous préviens, cher Mirmidon, Qu'à la fin de l'envoi, je touche!' Edmond Rostand
L'esercizio di Cyrano non è teorico: alla fine vuole l'esperienza dei sensi. In quel 'toccare' c'è l'esperienza affettiva, nella quale l'aggressività è contenuta e riconvertita. Non si può comprimere nulla che sia vitale. Se tutto non viene rielaborato dall'arte, cade sotto il giogo dell'ignoranza. La sensualità nella decadenza vuole interpreti partecipi ed attivi. L'Impero Romano d'Occidente si avviava alla sua dissoluzione mantenendo un grandioso ordine nello smembrare, riporre o disseminare. Sembra veramente di potere toccare tutto questo. Gundobaldo fu il successore di Ricimero, il giustiziere degl'imperatori. Fu lui stesso a nominarne uno, Glicerio, ma da Costantinopoli non stavano più solo alla finestra. Leone I° non approvò e mandò il suo generale Giulio Nepote con le truppe a porre fine a quel comando in AD 474. Sconfitto ed imprigionato, Glicerio venne riconvertito a vescovo, secondo prassi. Egli passò ad occuparsi di anime in quel di Salona in Dalmazia. Il senato Romano ratificò la nomina, era una formalità, tuttavia necessaria. Gundobaldo si ricordò di appartenere al popolo dei Burgundi e se ne andò a fare il loro re. Si sistemò un po' rudemente in quell'amena regione della Francia Orientale che anela al lago di Ginevra, nel quale si annacqueranno tante mire ed ambizioni. Il generale Oreste veniva dalla Pannonia, quando l'amato 'kaiser' dava i numeri volete che l'uomo della Slovenia e dell'Ungheria Occidentale restasse inoperoso? Egli era un soldato Romano, più o meno tutti lo erano, e potè solo sconfiggere e rimuovere l'imperatore venuto dall'Est. All'Ovest, per fare l'imperatore, i quarti di nobiltà necessaria li aveva solo il figlio giovinetto Romolo Augusto. Nepote si ritirò in Dalmazia dove continuerà a governare quella terra fino al AD 480, sarà bene ricordare che le coste Italiche e quelle Croate sono avvicinate dalla carne più che dalle carte. Il senato Romano votò la salita al trono imperiale di colui che, diamo qualche tenerezza a quel 'nickname', fu chiamato Augustolo. Al piccolo imperatore, oltre al suolo Italico, restava ancora la Libia, ne fece uso migliore lui di molti personaggi a seguire. 'Last but not least', gli restava l'incantevole regione bagnata, oltre che dal mare, con tepore dalle sue 'Aquae Sextiae'. Provenza: terra di ricordi, non volesti dimenticare l'amore di Cesare! Il condottiero dal grande cuore volle soggiogare quella terra a lui affine e tutto durò. Non era la sua terra madre e divenne la sua terra moglie. Dopo tanti 'Johann' in una famiglia di Lubecca, l'ultimo si sentiva chiamare Hanno Buddenbrook. Thomas Mann vi descrive l'artista epigono ed isolato. Quello che manca ad Hanno è il riconoscimento pubblico del prestigio familiare, anche quando esso è fondato su di un valore opinabile come quello del commercio. Il commercio è una funzione, in se' priva di valore, se non connessa ad una cultura. Mann riconosceva quel difetto al suo mondo più che alla quotazione delle azioni familiari alla Borsa di Francoforte. La libera città di Lubecca non stava più in piedi da sola e tutto si andava appoggiando all politica. Se il commercio in se' non è un valore, figuriamoci la politica! Accomunati in questo trauma da caduta istituzionale, due animi sensibili come quelli di Thomas Mann ed Sigmund Freud si apprestavano al riedificazione della loro casa culturale. Si poteva salvare tutto, altro che fare da sottofondo ad un funerale. La fantasia di Mann poteva sfogarsi ricorrendo addirittura al diavolo per rendere l'artista onnipotente. Freud non si fida neppure del diavolo. Di chi si fida Dante Alighieri, lo sappiamo tutti.. Ne ricavò l'ispirazione per i suoi capolavori. Noi ricaviamo l'ispirazione per fornire alcuni numeri. Essi sono a favore, quanto a gradimento dei lettori, degli imperatori Giulio-Claudi . Alcune ragazze si sono dichiarate, con l'aria di volersi quasi scusare, interessate a Nerone. Anche il sesso vuole la sua parte. Così, fantasticando, ci siamo chiesti quale sia l'imperatore preferito dall'estensore di queste note. Ci è venuto in mente Antonino Pio, il sovrano geografo che ebbe una brava moglie, la Fausta alla quale il senato fece costruire un tempio. L'ispirazione è imperatrice delle opere: la nostra, dopo averci fatto affidare al Padreterno, ci ha portato dall'imperatore che ha trovato una brava moglie.
Id: 57 Data: 12/07/2009 21:20:55
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Studi sullisteria dImpero Romano - XIV
Studi sull'isteria d'Impero: On the Empirefront del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
'Saria tenuta allor tal maraviglia una Cianghella, un Lapo Salterello, qual ora saria Cincinnato e Corniglia' Dante Par. XV, 127-9
Ci fu un periodo nella vita di Cesare nel quale egli faceva molta attività politica e sentimentale. Le fonti parlano di un uomo sincero nell'assicurare il suo amore alle sue conquiste. Erano però un po' numerose, le conquiste, per poterne assicurare uno degno a tutte. La ragazza assente acuiva la ricerca. Qualche volta si arenava nella nostalgia. Talaltra venivano praticati innesti sull'albero politico e si produssero due matrimoni senza figli. Talaltra ancora si consegnava al rimpianto. Insomma, qualche volta anche lui, non sapeva bene cosa fare ma non rinunciò mai a nessuna delle cose che dovevano essere fatte. A Genova nei giorni della nostra infanzia, quelli precedenti il 24 Giugno che è la festa patronale di San Giovanni Battista, vedevamo ammassare cataste di legna. Avveniva in spiazzi sterrati, discosti dalle poche case che in periferia non erano ancora cresciute come funghi. Per le strade giravano bambini, vestiti sommariamente e non solo per il caldo. Erano però in giro ed avevano lo spazio. Poi, quella notte, tutto prendeva fuoco in uno dei giorni più secchi dell'anno. Il giorno nel quale tutto brucia benissimo e non arriva neppure ulteriore caldo, solo un senso di purificazione. Il 24 giugno 2009, nell'entroterra genovese, ho scorto una pallida imitazione del grande falò della mia infanzia. Oggi non si fa' più per ragioni di sicurezza, ma non sono sicuri quei bambini privati della loro terra come del loro fuoco.Il passato non ce lo può ridare nessuno, ma la natura deve ritornare al suo posto. Dalle dispense del Mommsen apprendiamo che Diocleziano abdicò perchè consapevole dell'affermarsi del Cristianesimo, che lui non comprendeva ma al quale non era in grado di opporsi. Gli uomini percettivi, e Diocleziano lo fu, sono capaci di tali pensieri. L'atteggiamento verso la novità è sereno in una personalità integra. . Possiamo anche abbandonare un ruolo che non riteniamo più valido. Solo la personalità labile resta attaccata ad un ruolo del quale ha esagerato la portata. E' come se un attore non sapesse interpretare che una sola parte. La grandezza di un attore è legata alla sua vitalità. La vitalità è legata all'identità sessuale. I personaggi di 'Fronte del Porto' conquistano il loro territorio con una operazione che inizia al loro interno e termina all'esterno. Oggi si tende a procedere in senso opposto, ma la vita rivendica sempre i suoi diritti. I moti Cristiani sulle rive dell'Eufrate, o ad Antiochia, erano manifestazioni naturali e Diocleziano non provò a controllarli. Aspettò; come quel generale Ricimero sul quale la Roma d'Occidente riponeva le sue speranze di contenere i Vandali. Era stato nominato l'imperatore Avito, che veniva dal Massiccio Centrale Francese, ed era stato sponsorizzato da re Teodorico II° dei Visigoti, figuratevi un po'. L'imperatore collaborò col suo migliore generale e sconfissero due volte i Vandali. Aveva però nostalgia delle sue montagne, l'imperatore, e ci andò facendo stufare Ricimero che lo aspettò al ritorno in Italia per deporlo. Avito cambiò mestiere e fece il vescovo di Piacenza, ma non si sentiva sicuro lontano dai suoi monti, e finì per farsi ammazzare mentre tentava di raggiungerli per l'ennesima volta. Ricimero era Svevo, non aveva il sostegno per diventare lui stesso imperatore e così indicò Maggioriano. Il nuovo imperatore si dedicò con successo a varie campagne militari, come quella che culminò con la vittoria di Arles contro i Visigoti. Non ebbe però successo con la sua eminenza grigia Ricimero che, confermandosi eversore degli imperatori, lo uccise dopo avere atteso il consueto ritorno in Italia. Il Bel Paese inizia a diventare proprio mortifero, il medio evo si avvicina. Ci provò Libio Severo a fare l'imperatore compatibile con il generale di ferro, tirò avanti fino al AD 465 prima di esalare l'ultimo respiro fortunatamente senza esserne sollecitato. Esistevano anche gl'imperatori d'Oriente. Dai tempi di Petronio Massimo si erano succeduti Marciano, che aveva dovuto vedersela con un certo Attila, e Leone I°. Quest'ultimo inviò Antemio per l'Occidente ed il novello imperatore, per tenersi buono un certo generale, gli diede in sposa la figlia. Neppure questo andò bene per il geloso feldmaresciallo. Da Costantinopoli arrivò la nomina di Olibrio, poco dopo morirono per malattia sia Ricimero che il nuovo imperatore. Prima di seguitare a tenere il conto degli imperatori, ci chiediamo chi veramente comandasse. Ha però qualche importanza?
Id: 56 Data: 12/07/2009 20:28:10
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Studi sullisteria dImpero Romano - XIII
Studi sull'isteria d'Impero: Poveri Imperatori! Del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
'[Cesare] anche di notte consultava i messaggi dei luogotenenti o prendeva i primi appunti per una sua opera, in due volumi, 'De analogia', dedicata a Cicerone, in cui affrontava sottili questioni grammaticali. Un lavoro da linguista compiuto nel fragore della guerra. I suoi primi lettori erano i generali che lo attorniavano' Antonio Spinosa
Il 29 Giugno 2009, alla sera del nostro onomastico, ci siamo regalati una visione televisiva, in attesa di pagare nuovi canoni senza la possibilità di vedere più nulla. Le riprese dell'istituto Luce ci hanno ricordato quanto spazio politico italiano dell'ultimo dopoguerra sia stato occupato dai partiti nelle loro varie diaspore. I loro focolari hanno riscaldato la macchina pubblica, ramo operativo d'azienda nella nazionale società per azioni. Le buone riforme hanno bisogno di buone risorse. Impiegò le seconde a favore delle prime, Cesare, con la sua 'Lex Iulia Agraria'. Che cosa abbiano impiegato altri, è riscontrabile nella continuità storica Italiana dal medio evo ai giorni nostri. Compose e cantò Giorgio Gaber: 'Povera gente, che rimanda al domani qualcosa/ che mai non verrà'. C'era stato un legame tra un oggetto ed il suo valore, ora le due cose non corrispondevano. Diocleziano aveva stabilito il valore della moneta sul peso dell'oro o dell'argento in essa contenuto, per questo si chiamò 'pound'. A quella in oro diede al il valore 60. Nel corso del suo regno lo variò a 70. Si adeguò, ma fu importante conoscere il valore delle cose in un dato momento. Il rischio, come era occorso, era che una moneta potesse valere 60 o 70 senza sapere quanto oro contenesse. E' quello che accade oggi. Allora, cosa è inutile attendere: un cattivo corso od una buona riforma monetaria? La soluzione di un male non scaturisce dalle nostre decisioni. Bisogna prenderle, ma è solo il corso della storia a modificare la realtà. Tutti si affannano a prendere decisioni, che ricalcano quelle già prese, pochi accettano il corso della Storia per quello che è. Una catena di avvenimenti che prende lo spunto da ed influisce sulla vita interiore delle moltitudini, Nessuno ammette che cambiare il proprio destino non sia solo esercizio di volontà, non si rinuncia volentieri all'idea di onnipotenza. Abbiamo tutta una serie di compromessi e compensazioni per eludere la fatidica realtà. Neppure Freud voleva cambiare vita, oggi direbbe che le banche vanno rifinanziate, due anni prima di morire lui stesso contrasse un mutuo con Barclays per mettere su casa a Maresfield Gardens. Nella sua casa antica erano arrivati i nazisti, non gli restavano altre possibilità, le altre possibilità restano a noi. L'arrivo del nuovo non è controllabile. Se uno sa chi è, resta integro anche se accadono molte cose, se si vuole anche dopo la morte. In AD 406 Onorio aveva dovuto ratificare la separazione della Britannia: Londra era marittima come Ravenna ma aveva altri programmi. Franchi e Sassoni sbarcavano sull'isola, Britanni erano già emigrati in Gallia a seguito dei programmi di Diocleziano e grati per il 'pound'. C'era un moto continuo al di qua e al di là della Manica, in contrasto col fatto che oggi questi popoli limitrofi si ignorano. Le popolazioni del Marocco non poterono certo ignorare la missione Vandala colà pervenuta in AD 429 quando nacque Valentiniano. I Vandali erano partiti dalle terre ad occidente della Vistola, dalla Polonia, dicendo: 'Unser herz zeigt nach dem Süden' 'Il nostro cuore volge al Sud'. In Africa erano scesi dalla Spagna, si trovavano bene ai climi caldi, i soldati del Nord combattono bene al Sud ed a guerra finita non se ne vanno più. Gli Africani non se ne lamentarono, si abbronzarono tutti insieme e gli autoctoni ortodossi sopportarono qualche molestia dei sopravvenuti ariani, un po' di Cristiana rassegnazione non guasta. I Vandali fecero anche una puntata in Italia, che non costava molta fatica, ed in AD 455 Genserico li guidò al bis del sacco di Roma. Massimo Petronio, dalla posizione di marito offeso, si era trovato in quella di imperatore d'Occidente. Soldati e popolo non lo volevano e fecero i Vandali anche loro uccidendolo nel corso di quello stesso anno. Alle varie latitudini, le attitudini sono simili. Un secolo dopo, come popolo individuale, i Vandali non esistevano più. Esistevano i popoli che erano stati trasformati dalla loro penetrazione.
Id: 55 Data: 10/07/2009 15:22:06
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Studi sullisteria dImpero Romano - XII
Studi sull'isteria d'Impero: Hey Gale del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
'CAESAR I could be well moved, if I were as you; If I could pray to move, prayers would move me' Shakespeare, 'Julius Caesar', III, 1, 58-59
'CESARE Se fossi come voi, mi sarei dato da fare; Se avessi l'abitudine di rompere le scatole, i rompiscatole riuscirebbero a farmi muovere'
Prima di diventare refrattario a nuoversi per le sollecitazioni ordinarie, Cesare aveva fatto molta strada. Tutti sappiamo quanto è difficile sopportare i colpi inferti alla nostra integrità, non tanto per farla rimanere ben salda, quanto perchè il prezzo per ottenerlo non sia troppo elevato. Roma antica repubblicana aveva un pezzo dell'attuale Turchia, si chiamava provincia d'Asia, dove governava con il suo bravo proconsole, poi c'erano commercianti oltre che soldati Romani, si costruivano ponti. C'erano il lavoro, la cultura e la civilà. D'ogni tanto il Mitridate di turno invadeva territori vicini, determinava l'esigenza di contenerlo non solo nei Romani ma anche nei locali. Come vediamo i problemi non erano pochi. Tutti capivano che ad Oriente c'erano terre sterminate, dove neppure si sapeva cosa facessero le persone, però si capiva che erano terre importanti. Ora gli Americani, diciamo gli Americani perchè cosa pensino gli Europei non è così importante, hanno paura di cosa accade in quelle centrali e montuose regioni dell'Asia centrale. Lì non hanno insediamenti che ne mostrino l'identità, anche perchè è un'identità un po' incerta nascosta dietro le banche e le multinazionali.Alle popolazioni Asiatiche, non dico a qualche oligarchia, di banche e multinazionali non importa nulla. Così fanno la guerra una manciata di soldati professionali da entrambe le parti e la storia non si muove. Galla Placidia senza un uomo non poteva stare. Se gli uomini latitavano, lei ci metteva tutto l'impegno a spiare e tramare. Il convulso clima di inizio V° secolo AD era pregno d'intrighi che, quando sono maschili, sono patetici. Quando ci sono di mezzo le donne, diventano letteratura. La storia diventa letteratura quando la fanno le donne e Galla Placidia fece entrambe. Per chi aveva brama di conquiste, le possibilità erano scarse. Chi poteva conquistare non aveva cultura e chi aveva cultura non aveva forza. Sarebbe ridicolo ascoltare la moglie di Caio Gracco consigliare il marito su come fare la Legge Agraria. La bellissima Galla, moglie di Teodosio, poteva intervenire eccome se il trono del marito, impegnato a curare i fallimenti, era insediato dall'usurpatore Eugenio. La bellissima Galla diede alla luce Galla Placidia e la figlia apprese dalla madre. Poiché il Mommsen col suo corso universitario a dispense ci ha lasciato, non si sa se più intristito o irritato per dover parlare di Costantinopoli o di Goti, ci rifacciamo alla nostra Enciclopedia Motta. Da essa apprendiamo che Galla Placidia si trovava a Roma quando vi passò Alarico. Galla non passò inosservata al Goto che se la portò via per darla in moglie al cognato Ataulfo. Doveva almeno essere carina, oltre che imparentata con una mezza dozzina d'imperatori. Alcuni storici osservano che fosse ambiziosa, e cosa doveva fare: nascondersi? Rimase vedova ma anche regina dei Goti, che lo era diventata, e girava con un piccolo esercito personale. Andò a Ravenna per sposarsi in seconde nozze con un uomo non troppo bello, che diventò imperatore col nome di Costanzo III°. Quando morì Costanzo, essa lottò per insediare sul trono il figlio Valentiniano III° che aveva 6 anni. E cosa doveva fare, lasciarlo regnare da solo? Era rimasta di nuovo vedova, doveva essere poco più che una ragazza. Aveva già avuto due mariti ed ora un figlio imperatore Romano ed aveva un'età nella quale oggi al massimo si avviano timorosissime convivenze da coppie di fatto. Erano i fatti che, a questa donna, premevano. Quando sua madre morì, a Roma e dove se no, Valentiniano aveva 21 anni. Continuò ad operare sotto tutela, questa volta del generale Ezio, che aveva anche sconfitto gli Unni. Tuttavia la madre scomparsa era più capace di tutti loro. L'Enciclopedia afferma che sia l'operato di Galla che quello del figlio accelerarono la caduta dell'Impero ma la nostra impressione è che esso fosse già avviato su quella strada. Valentiniano era avviato sulla strada della violenza carnale e pare che ne abbia fatto le spese la moglie di tale Petronio Massimo. Il marito offeso, dato che l'imperatore aveva soppresso Ezio perchè seccato dalla velleità di quello d'imparentarsi con lui, istigò due commilitoni del defunto a procedere. In AD 455, l'imperatore cadde in un agguato sulla via Prenestina, un'altra di quelle strade che non avrebbe dovuto prendere. A Galla Placidia, fecero un bellissimo monumento a Ravenna.
Id: 54 Data: 07/07/2009 20:43:09
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Studi sullisteria dImpero Romano - XI
Studi sull'isteria d'Impero: La Ricostruzione di Roma del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
'Il Curatore sembra un buon diavolo, oggi mi ha offerto anche un caffè: mi ha poi sorriso dato che ero un po' giù.. e siam rimasti lì, chiusi in noi, sempre di più.. Da. 'La Ricostruzione Del Mocambo' di Paolo Conte
Abbiamo visto che alcuni diventano buoni soldati, atri in minor numero sono buoni amministratori. Tra i buoni curatori fallimentari, l'unico che ricordiamo è Teodosio. Prenderemmo a prestito le parole di Foscolo: 'Celeste dote è negli umani' per attribuirla a chi riconosce nelle ristrettezze attuali semplici manifestazioni naturali. Le vette della Grecia non sono così difficili da salire. Occorrono buone guide che, a cercarle, si trovano. Leopardi notò che ci 'fere il sol che tra lontani monti cadendo si dilegua e par che dica che la beata gioventù vien meno'. Lo avrà pensato anche Graziano quando riattivò la facoltà di un augusto a proporre la nomina dell'altro. Dall'Occidente, egli inviò Teodosio a contabilizzare le perdite di Tracia e Mesia. Il liquidatore parlò ai Goti. Avete ora le strade, gli acquedotti e le fogne: sapete curare l'amministrazione pubblica necessaria al buon funzionamento dei servizi? Tralasciamo le nostre sconfitte, rinunciamo ad attaccarvi ancora, ma non a vendervi l'organizzazione che vi manca. I Goti divennero così 'foederati' accettarono pure di pagare le tasse. Per qualcosa che vale, uno spende volentieri. I Goti avevano il senso della giustizia ed il loro sovrano era chiamato: 'judex regum'. Il grande fallimentarista alienò parte dell'Armenia ai Persiani, gli avrà venduto anche quella invece di farsi propinare qualche loro mercanzia a peso d'oro. Nel suo libro 'The Great Crash', John Kenneth Galbraith scrisse intorno all crisi finanziaria del 1929. Lo studioso richiama al valore storico della memoria, ma sappiamo che la Storia si dimentica volentieri. A meno che essa non venga vissuta, o rivissuta, sulla propria pelle. Non vorremmo che il mondo Anglosassone mantenesse le distanze dalle esperienze dei sensi. Teodosio elaborò bene le percezioni ed ottenne un buon tono dell'umore, che non può essere tale se si trascura il corpo. 'Buon corpo di sir John, ch'io nutro e sazio,/ Va', ti ringrazio' canta il Falstaff verdiano e noi ringraziamo l'imperatore. Imperatore che restò ben presto solo, poiché Graziano prima e Valentiniano poi rimasero vittime delle congiure di usurpatori vari. Un perito fallimentare non si scompone e Teodosio avrebbe apprezzato i versi di Dante: 'Fama di loro il mondo esser non lassa;/ misericordia e giustizia li sdegna:/ non ragioniam di lor, ma guarda e passa'. Egli ragionò invece sulla propria successione a favore dei figli: Onorio per Occidente ed Arcadio per l'Oriente. Così da potere trapassare in pace in AD 395. Non rimasero in pace le 'universae gentes Gothorum'. Non potevano, non avendo una terra dove vivere da emigranti assorbiti nella cultura Romana se non nei suoi programmi. Quanto ai programmi Romani, non è difficile comprenderli. Volevano dare una onorevole sepoltura al braccio secolare della cultura Romana ed a questo servì, in AD 405, trasferire la capitale Occidentale a Ravenna. . In Oriente, la capitale restava sempre nello stesso posto e, in AD 408 per successione del padre Arcadio, vi si insediò Teodosio II°. Siccome era un bimbo, per un po' lasciò governare la sorella grande. Cresciuto, se la prese col Papa e si occupò di comporre un corpo di leggi che sarà secondo solo a quello di Giustiniano. A Ravenna, Onorio lasciava condurre la politica estera a Stilico. Era, quest'ultimo, un militare in cerca d'autore e trovò il suo ruolo come 'generalissimus'. Non basta il superlativo a fare di qualcuno un imperatore d'appoggio perchè il super generale nasce quando manca il sovrano al quale appoggiarsi. Stilico si appoggiò al re dei Goti, Alarico, che oramai era socio dell'Occidente. Egli scese in Italia, fece il sacco di Roma nel 410 e andò a morire al Sud trovando una tomba artigianale sul fondo del Busento. Con l'operazione 'Alarico', la 'Wermacht' occupò Italia e Roma dopo l'otto Settembre 1943. Nel 'Terzo Reich' si apprendeva la storia meglio che nell'Ultimo Regno. Il nuovo re Goto fu Ataulfoche sposò la figlia di Teodosio I°, Galla Placidia. La bella sposa si recò da Onorio, laddove il Po 's'insala' e, per il suo nuovo popolo, ottenne in dote l'Aquitania. 'L'antico valore' non era ancora morto.
Id: 53 Data: 03/07/2009 16:38:01
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Studi sullisteria dImpero Romano - X
Studi sull'isteria d'Impero Romano: Roma è in Ginocchio del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
'Take a good look, my dear. It's a historic moment. You can tell your grandchildren how you watched the Old South disappear one night' From 'Gone With the Wind' - 1939
Non crediamo che Rossella O'Hara ignorasse la realtà. Le crisi collettive accompagnano sempre quelle interiori, i bisogni materiali ricevono desideri che risalgono al passato, emergono i ricordi delle perdite. Le donne pagano duramente il prezzo per la femminilità: sono tentate di monetizzarla che, più che svilirla, significa perderla. Di fronte all'esigenza di essere attivi, gli uomini si accorgono di quanto pesi sull'identità. Se il mondo non ti sostiene, ce la farai da solo? E', più o meno, quanto devono essersi chiesto gli imperatori Illirici di questa generazione. Lo era Gioviano che morì nei pressi di Ankara ed aprì il problema della successione. Il consesso competente fu il bivacco delle bande a Nicea che provvide ad una elezione che favorì Valentiniano. L'imperatore eletto non era sul posto e neppure lo fu, subito partendo per le regioni tra Reno e Danubio. Quivi i popoli residenti non avevano goduto delle prebende attese dalla conquista Persiana prematuramente interrotta. Si riversarono nei territori Romani e l'imperatore difese le sue proprietà. Quelle Orientali le consegnò al fratello Valente: l'impero riprendeva a sdoppiarsi.Valentiniano era un bravo soldato e risiedette a Treviri. Valente era votato alla scienza delle finanze che conosce buone vocazioni meno di quella della guerra. Egli provò a risiedere a Costantinopoli dopo avere annientato l'usurpatore Procopio. In pratica, dovette raddoppiare gli sforzi del fratello nelle terre infiammate dalle contese. Valentiniano morì e gli succedette il figlio Graziano di 8 anni che, fortunatamente, era accudito da una madre invece che dagli enti locali. La Signora non voleva fare preferenze e, così, associò al trono anche l'altro figlio Valentiniano II°. Sul trono d'Oriente nominalmente restava Valente, che materialmente nel AD 378 si trovò nei pressi di Adrianopoli. Lo svolgimento di una battaglia riassume quello di una fase storica. Valente comandava un esercito che fronteggiava quello dei Goti grande il doppio. Di spontanea volontà, gli arcieri Romani a cavallo decisero di attaccare il nemico. Si staccarono dalla loro ala sinistra, il resto della cavalleria non li seguì. Alla cavalleria Gota fu offerto un successo insperato. A sua volta, essa attaccò la fanteria Romana che era disposta immota in campo aperto. Fu un'ecatombe. Arcieri ansiosi si erano mossi anzitempo, fanti depressi non si erano mossi affatto. Dietro questo non ci furono gli errori di un imperatore strappato alla sua amata legge finanziaria ma una nazione esausta dallo spopolamento e dall'esaurimento delle risorse. La personalità imperiale fu valida anche nella circostanza avversa e lo dimostrò accettando la morte. In 'Guerra e Pace', Tolstoj spiegherà la dinamica delle azioni collettive laddove, per timore che la loro onnipotenza non esista, tutti si affannano a cercare nei singoli colpevoli e responsabili. Onnipotente è solo il Padreterno. Le preghiere a Lui rivolte provenivano ormai da entrambi gli eserciti, divisi in campo ma uniti in chiesa. Ulfila era il vescovo dei Goti e tradusse la Bibbia in Tedesco, Atanasio ritornò nella sua diocesi dimostrando di che tempra era fatto un vescovo. Ma erano veramenti perdenti gli imperatori Illirici? Adrianopoli aprì le porte Danubiane alle immigrazioni di massa e queste furono le vere vincitrici. I due fratelli imperatori andarono sufficientemente d'accordo e dire che si erano trovati, tra capo e collo, guai mica da poco. L'unità della famiglia era stata messa alla prova. La famiglia Romana, sia pure quello che rimaneva di essa, restava unita.
Id: 52 Data: 30/06/2009 20:29:00
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Studi sullisteria dImpero Romano - IX
Studi sull'isteria d'Impero: Il piè veloce Giuliano del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
'Pen: the only weapon on Earth mightier than the sword' From: Urban Dictionary by flackrat Sep 23, 2003.
Flavio Claudio Giuliano portava i capelli lunghi e la barba incolta. Con lui, il debito pubblico si dimezzò. Ha più estimatori oggi di quanti ne ebbe ai suoi tempi. Ebbe in moglie Elena ma, essendo poco interessato al sesso, non ebbe figli. Ritornato dalla Gallia nella sua Costantinopoli, lasciò in Occidente la fede religiosa Cristiana frettolosamente impostagli per la ragion di stato. Ritrovò la sua lingua madre e gli amati dei dell'Olimpo. Si affezionò loro più di quanto fosse opportuno ma non meno di quanto gli fosse necessario. Era bibliomane e grafomane ma, almeno, aveva buoni gusti letterari. Voleva conciliare i dissidi politici e fu un appassionato di commissioni, solo che alla fine decideva lui. Aveva caratteri compulsivi il suo temperamento: avrebbe ucciso volentieri tutti i Cristiani, ma Socrate dall'Ade non avrebbe approvato e lui si adeguava. E' ovvio che identificava in loro la malraccolta compagine familiare che lo aveva abbandonato per disinteresse o perchè impegnata a scannarsi. Il mondo antico ideale, per lui, era quello dei rètori che avevano popolato il suo orfanatrofio e dai quali aveva derivato le risorse che gli consentivano di nutrire i suoi progetti. Uno di questi fu l'invasione dell'impero Persiano. In un lasso di tempo che oggi sarebbe impiegato in prolisse dichiarazioni, condusse una spettacolare invasione della Persia con una manovra di terra a tenaglia. Tuttavia il punto di forza fu l'operazione navale che previde la risalita del Tigri sino a vedere l'Eufrate e ritrovarsi davanti alla sbigottita capitale Ctesifonte. Egli conosceva l'Iliade a memoria ed aveva replicato la venuta delle navi Achee alla città sulle rive del Simoenta. Dal lato destro del Tigri, sul quale si trovava, usò le navi per fare un ponte e portare i suoi guerrieri su quello sinistro. Poi si addentrò all'interno del paese, non avendo interesse ad avviare un assedio che non rientrava nella sua storia. Scrisse un'altra pagine d'Iliade dando fuoco alle imbarcazioni colà abbandonate. Mentre era alla guida della sua colonna di cavalleria, privo di armatura per il gran caldo, fu raggiunto da una freccia mortale. Achille era stato trafitto al calcagno ed i Persiani tirarono un sospiro di sollievo. Se avesse conosciuto meglio il Latino, forse si sarebbe appassionato di Giulio Cesare ed ai Persiani sarebbe toccata la sorte dei Galli. La sorte di Giuliano fu quella che la la marina madre Teti, da lontano, lamentava per il figlio destinato a morire coperto di gloria ma giovane. Era il AD 316, Giuliano aveva 32 anni e, per quello che aveva imparato, era vissuto a sufficienza. Gli rimproverarono delle colpe, ma lui non le rimproverò a quelli che avevano ferito la sua infanzia, né a quelli che ne potevano incarnare lo stesso ruolo nella vita adulta. Scrisse: 'Sono il primo Greco ad essere diventato imperatore', gli facciamo i complimenti per avere trovato la sua identità. Oggi sarebbe definito un radicale ma era una persona seria ed i suoi soldati, una legione straniera di Renani, si accorsero che sarebbe mancato loro. Erano praticamente in mezzo al deserto, si erano riavvicinati al Tigri dove avevano trovato da bere ma dovevano anche mangiare. I Persiani non li invitavano certo a pranzo, accompagnandone l'esodo non senza qualche apprensione. Qualcuno esclamò a voce alta il nome di un ufficiale Romano, Gioviano, altri intesero il nome di Giuliano credendo che fosse ancora vivo. Gioviano non si sottrasse al volere della Moira, piacerebbe udire al suo predecessore, e divenne imperatore. Concluse una pace coi Persiani che annullava le conquiste dell'emulo di Achille. Gioviano era Cristiano, ma i suoi correligionari dovettero sgombrare anche dalle città Armene, ed avranno ammesso che il devoto a Zeus non era stato poi così cattivo. Gioviano riuscì a portare i soldati a casa ed a morire nel suo letto, entrambe le imprese non erano da sottovalutare. Era il AD 364 e, a onta delle riforme di Diocleziano, Oriente ed Occidente erano rimasti inseparati sotto gli imperatori Greci. Le riforme scolastiche passano e gli eroi Omerici restano: 'Lascia parlare a me, ch'i' ho concetto/ ciò che tu vuoi; ch'ei sarebbero schivi,/ perchè fuor greci, forse del tuo detto' (Dante).
Id: 51 Data: 28/06/2009 14:00:51
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- Storia
Studi sullisteria dImpero romano - VIII
Studi sull'isteria d'Impero: Dieci piccoli imperatori del dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
'Cittadini, badate alle vostre mogli: è arrivato Crapa Pelata. Si è fottuto, in Gallia, l'oro: qui, ciò che vuole lo prende a prestito.' (dai canti dei Legionari Romani)
Non aveva molti capelli sul capo, Cesare, ma i suoi competitori ebbero da lui qualche grattacapo. Nonostante tutte le malattie che gli furono attribuite, egli soffrì solo di mal di testa. Sentiva sul capo l'invidia per la sua vita sensuale di ampio respiro. L'unico ampio desiderio dei suoi competitori era di stroncare quel respiro. Invece Costantino faceva le cose in famiglia ed alla sua morte si aprì un contenzioso sulla successione. C'entravano tre figli e due nipoti. Il figlio Costantino II° ebbe le Gallie, ma voleva anche le Italiedel fratello minore Costante, ed ebbe una tomba. Costanzo non aveva simpatie per gli eretici ariani e fu ucciso dall'Alamanno Magnenzio. Costanzo II° era il terzo figlio e riuscì a vigilare sull'Oriente, ma non sui familiari che morirono quasi tutti compresi Dalmazio ed Annibaliano che avevano ereditato qualcosa. Mosse guerra all'imperatore usurpatore Magnenzio e lo costrinse a suicidarsi insieme al fratello, erano tempi nei quali ancora si sapeva farlo. Alla fine ne rimase almeno uno, il parente superstite Giuliano. Aveva incarichi militari nelle Gallie, ed i Legionari li allargarono nominandolo augusto. Costanzo non era d'accordo ma una malattia gli diede il colpo di grazia. Di questi due ultimi imperatori è importante la fede religiosa. Costanzo era ariano e trovò un formidabile competitore nel vescovo di Alessandria, Atanasio. Quest'ultimo era ortodosso, sosteneva l'unicità della natura divina ed umana di Gesù Cristo, la coincidenza del Padre col Figlio, la Santissima Trinità. Ci fu un concilio a Serdica (Sofia) dove il presule la cantò chiara agli imperiali, chè il regno di Dio era vicino e nell'attesa ci pensava lui. Gli ariani non concordavano su tutti quegli aspetti unitari, secondo loro il Figlio non aveva che la natura umana, insomma il Padre restava nei cieli e l'imperatore sulla terra. La Chiesa Romana pose le basi in Occidente, quella ariana in Oriente. L'Occidente sarebbe stato cambiato dal Padreterno sceso in terra, l'Oriente si sarebbe accontentato di un padre che dalla terra non si era mai mosso. 'Se canti la tua voce/ è un'armonia di pace/ che si diffonde e dice:/ se vuoi vivere felice devi vivere quassù' cantava Marino Marini nel 1938. Erano passati tanti anni e l'auspicio di Dante che il Pontefice facesse un passo indietro e l'imperatore uno avanti non aveva prodotto gli effetti sperati. I passi erano stati tutti indietro ed alla fine, almeno sulla terra, non resterà che restringersi. Comunque non dobbiamo rinunciare a trarre ispirazione dai tumultuosi concili del IV° secolo AD dove si confrontavano gli indirizzi di vita. Erano gli eredi dei confronti nel Foro Romano, anche quando erano scontri. Nel AD 351 gli Alamanni invasero la Gallia, non siamo nel 1940. Nel AD 343 Atanasio era stato invitato a raggiungere gli Anacoreti a Tebe dove trovò una comunità di baldanzosi fuorusciti da oppressivi regimi fiscali, non siamo nel 2009. Nel 361 il il successore di Costanzo fu appunto il cugino Giuliano. Egli era di stirpe reale, ma ebbe un'infanzia degna di Oliver Twist. Come accadeva agli orfanelli di un tempo, si salvò con l'istruzione. Ebbe un precettore Greco che, se lui voleva andare al teatro contemporaneo, gli diceva quanto era meglio Sofocle. Se lui voleva fare una scampagnata, quello gli diceva di leggersi l'approdo di Odisseo ad Itaca che era anche meglio. Pur crescendo un po' solo, il ragazzo si era fatto ed il cugino imperatore pensò che era meglio toglierselo dai piedi. Così lo aveva mandato a fare il cesare in Gallia, senza grande potere effettivo ma il giovine se lo prese lo stesso. Nel AD 357 sconfisse gli Alamanni, che avevano più del doppio delle sue forze, disponendo la fanteria a falange. Conosceva poco il Latino, ma il Greco lo aveva imparato bene ed a qualcosa gli era servito. Liberata la Gallia, diminuì le tasse ai Galli perchè si erano impoveriti. Unito a quello della filosofia Greca, aveva il dono della semplicità. 'Mi' nonna a un'or de notte che vie' Tata Se leva da fila', povera vecchia, Attizza un carboncello, ciapparecchia, E magnamo du' fronne d'insalata' (Giuseppe Gioacchino Belli).
Id: 50 Data: 25/06/2009 15:16:53
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- Storia
Studi sullisteria dImpero romano - VII
Studi sull'isteria d'Impero: E Costantino disse: 'Ho fatto un sogno' Del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
'Quicquid est divinitatis in sede caelesti, nobis atque omnibus qui sub potestate nostra sunt constituti, placatum ac propitium possit existere' From 'Edict of Toleration'
Abbiamo una paziente di educazione finissima, siamo molto legati, la nostra conoscenza risale ad una corsia d'ospedale. Eravamo in servizio presso la Clinica Medica, dovevamo presentare il suo caso al direttore d'allora, ed esordimmo così: 'E' una signora Turca..'. La diretta interessata c'interruppe di getto, in Italiano: 'Ma lo ha letto, il mio nome? Lei ha letto solo dove sono nata. E poi, secondo lei è in Turchia, Costantinopoli?' Capimmo la lezione, ci chiediamo se gli attuali uomini dei governi Europei l'abbiano appresa. Dal AD 306 al 337 fu in cattedra Costantino, un omone nato in Serbia, che nonostante tutte le classificazioni di Diocleziano riteneva di avere diritto all'impero. Era figlio di Costanzo Cloro ed, alla sua morte, fu proclamato augusto dalle truppe di stanza in Inghilterra. E' difficile calcolare quanta parte del suo impero sia stata in coabitazione con usurpatori vari, ammesso che il Nostro potesse essere considerato legittimo proprietario a tutti gli effetti. In ogni caso li sbaragliò tutti e, per non correre rischi, nel 326 al funereo catalogo aggiungerà un figlio, un nipote ed una moglie. Di particolare notorietà è la battaglia sostenuta nello suggestivo scenario della via Flaminia, con epilogo su quel Ponte Milvio che le do il nome, il 28 Ottobre AD 312. Nella notte precedente vi fece il sogno premonitore immortalato nell'affresco Aretino di Piero della Francesca. Dal cielo stellato un angelo con cartiglio discende sulla tenda del dormiente. 'In hoc signo vinces' ci ricordiamo dalla scuola elementare e l'elemento fu colto dal nostro perspicace sognatore. Ci vuole un segno nuovo per identificare i soldati, e l'addormentato prelevò quello di maggior pregio dal patrimonio del suo inconscio. Nel 313 a Milano si mise d'accordo col cognato Licinio, che era l'altro augusto, per riconoscere la libertà religiosa su tutto il territorio dell'impero. . Territorio che egli comunque intese in maniera estensiva tanto che non fece differenze tra Occidente ed Oriente: se li prese tutti. Il fatto era che aveva deciso di farsi costruire una città. Se ad uno non va più bene una vecchia, può cambiarla. Se poi è un imperatore, può anche costruirla. La costruì in un luogo proprio ameno, al fondo di quel grembo costituito dalla Grecia ed occupato dal Mar Egeo. Un luogo dove l'estrema propaggine del Bosforo si avvolge a formare il Corno d'Oro, oltre il quale altra terra corcoscrive il Mar Nero. Una grande città che si può anche evitare, ma che entra in Europa quando vuole. 'Poscia che Costantin l'aquila volse/ contr'al corso del ciel': descrive Dante il moto a ritroso dell'imperatore in fuga da Roma. Cosa poteva ancora trovarvi, egli, dopo che i partigiani di Massenzio avevano tentato di fermarvi il corso della Storia? Il Ponte Molle crollò sotto il peso di una battaglia che era l'epilogo dell'Urbe. Costantino, prima di andarsene, vi sciolse la corte pretoria e quella dei 'vigiles'. Nella sua Costantinopoli inquadrò tutta una corte di 'civil servants', nella maggior parte eunuchi. Cambiava l'identità, non solo quella del pubblico funzionario. L'imperatore portava il diadema, fino ad allora ornamento solo di donne e divinità. 'Cento e cent'anni e più l'uccel di Dio/ nello stremo d'Europa si ritenne' continua Dante. Il mondo poteva continuare a parlare Greco, almeno in quella parte più direttamente legata alla sua tradizione. Il Latino veniva lasciato alla contaminazione di quei Goti che, comunque, l'imperatore combattè con efficacia anche se per mezzo del figlio Crispo. Dante racconta che Costantino 'per cedere al pastor si fece greco'. Se non con atto formale, sicuramente egli pensò che tutto il ben di Dio in Occidente poteva essere affidato al successore di Pietro. Dante sorvola sul fatto che Costantino non ce la faceva proprio a tenersi tutto quel peso, il Poeta è sempre attento ai doveri degli imperatori. Al punto da individuare un promotore dell'operato imperiale dell'aquila Romana in qualcuno sul quale vogliamo riportare i versi. 'Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle/ redur lo mondo a suo modo sereno,/ Cesare per volere di Roma il tolle.' Tutto iniziò da Cesare ma quanto cambiò fino a Costantino! Tutto quello che Costantino spostava e delegava, Cesare racchiudeva e riassumeva. Il viaggio a ritroso di Costantino da Roma all'Oriente si concluse ai bagni termali di Nicomedia. L'imperatore si apprestava alla guerra coi Persiani, ma intanto passava le acque e vi fu colto da malattia mortale. La circonvallazione di Cesare passò per Alesia, Farsalo, Alessandria, Tapso e Munda prima di concludersi nel cuore di Roma. Era quello ad essere affetto da malattia, a Cesare toccò una morte senza malattia.
Id: 49 Data: 17/06/2009 21:38:27
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- Storia
Studi sull’isteria d’Impero Romano - VI
Studi sull'isteria d'Impero: tutti i segretari dell'imperatore del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello 'Gott erhalte Franz, den Kaiser, unsern guten Kaiser Franz!' Original melody by Joseph Haydn, 1797 Se qualcuno ci chiedesse di fornire qualche numero, lo faremmo. Due imperi Romani: d'Oriente e d'Occidente. Due capitali: Bisanzio e Milano. Due augusti: Diocleziano e Massimiano. Due cesari: Costanzo Cloro e Galerio. Tredici diocesi...avrete capito che ci fu l'opera di un regolatore. Diocleziano aveva esordito perdendo una battaglia contro Carino, ma il suo antagonista fu ucciso e tutti i soldati concordarono che era meglio un imperatore vivo. Era di Salona in Dalmazia l'uomo che, insieme all'impero, riorganizzò gli imperiali in una gerarchia di personale amministrativo civile e militare. Guerreggiò lungo tutti i confini dell'impero e fece bene anche questo. Però, a che prezzo! Con tutto quel catalogare. Il catalogo prevedeva per lui il ruolo di divinità, impose la genuflessione. Per i Cristiani, fu persecuzione: oltre alla sua propria, non c'era posto per altre religioni. Avrete capito che si trattava di un ossessivo ma pose le basi per tirare avanti altri cencinquant'anni. Si ritirò nel AD 305 considerando di avere compiuto l'opera e non possiamo dargli torto. Neppure di avere voluto morire nel suo letto Dalmata di casa, come tutti i mortali, nonostante la proclamata natura e tutti quei segretari. Essendo tutto predisposto, Costanzo I avrebbe dovuto provvedere per l'Oriente ma dovette occupare Londra. Era un altro dell'Illiria e quelli di Albione avranno alzato più di un sopracciglio a vederselo tra i piedi. Si ammalò e morì sotto il sole di York. Galerio era della Dacia, un altro di quei posti tosti, e combattè sul Danubio contro i nemici di Roma. Più che altro, dovette vedersela con cinque pretendenti al trono. Ad un certo punto, cessò anche le crudeli persecuzioni ed impose ai Cristiani di pregare per la salute dell'imperatore. Anche gli ossessivi hanno un'anima. Egli rese la sua anima a Nicomedia nel AD 311. Dobbiamo arguire che sia stato imperatore d'Oriente e che abbia lasciato il posto a Licinio, un conterraneo. Invece l'Occidente toccò a Massimino Daia, un Illirico, che andò fuori moda perseguitando i Cristiani perchè morì nel 313 che fu un anno molto eloquente in materia. Questi due imperatori, in realtà, furono quattro perchè accanto a Licinio va considerato un certo Costantino, un tipo che terremmo d'occhio. A fianco di M. Daia va considerato Massenzio e poi fu baruffa. In Tracia a Campo Sereno, nome poco appropriato, Licinio si sbarazzò di M. Daia. Poi se la presero tra compari e l'Oriente si divise a metà tra Licino e Costantino. Il resto, direi di vederlo nel prossimo capitolo. Sembrava che Diocleziano avesse lasciato tutto in ordine e nacque il massimo disordine. Tuttavia l'impero restava in piedi e non era poco, considerando quanto era vasto. Questi imperatori Croati erano rigidi ma non troppo, almeno a sentire i poeti. Giuseppe Giusti scrisse di una Italia agli albori dell'Ottocento e del Risorgimento. Erano nell'aria dei rivolgimenti, ma intanto si prendeva quel che passava il convento. Nella chiesa di Sant'Ambrogio si esibiva la corale di qualcuno sul quale, il poeta, ci lascia in dubbio se non valesse la pena lasciare al suo posto. Il dubbio che, dopo avere eliminato l'imperatore, sarebbero rimasti i segretari, era forte. Ne scaturì una garbata poesia che ci piacque proprio e, della quale, riportiamo il finale: 'Povera gente! Lontana da' suoi, in un paese qui che le vuol male, chi sa che in fondo all'anima po' poi non mandi a quel paese il principale! Gioco che l'hanno in tasca come noi. Qui, se non fuggo, abbraccio un caporale, colla su' brava mazza di nocciolo, duro e piantato lì, come un piolo.'
Id: 48 Data: 16/06/2009 23:47:08
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- Storia
Studi sullisteria dImpero Romano - V
Studi sull'isteria d'Impero: i principi guerrieri del III° secolo AD del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
Hedwig is the snowly owl of Harry Potter- Che cos'è la corruzione in un sistema politico? L'organizzazione sistematica dell'incapacità. Essa può essere primitiva o secondaria. Nel primo caso la capacità non è mai esistita se non per finta: la società è solo relativamente cresciuta in complessità. Nel secondo caso, essa esisteva in un passato che non è più fruttifero: restano i surrogati di variabile qualità. Gli imperatori Romani dovevano esistere per rendere possibili e rapidi i movimenti militari. Questi ultimi si verificavano lontano da Roma e non si ponevano molte alternative. L'imperatore era espresso dalle guarnigioni impegnate nelle operazioni. L'imperatore doveva essere sul posto od essere in grado di raggiungerlo. L'imperatore non aveva neppure una residenza stabile ma variabile in base alla sede delle operazioni. La capacità dell'imperatore era messa in discussione dalla Storia. La capacità della sua burocrazia non era messa in discussione da nessuno. L'imperatore poteva risolvere i problemi bellici e dedicarsi all'amministrazione. Se era bravo, le cose andavano bene. L'imperatore poteva essere sopraffatto dai problemi bellici e l'impero sarebbe caduto. La burocrazia, resa necessaria da un'azione imperiale civile a corrente alternata, non aveva nessuna forza in sè. Nessuna burocrazia ce l'ha mai. Essa dipende sempre dalla forza altrui. Anche dalla forza dei nemici del sistema per soppiantarlo e sostituirlo. Era quello che si apprestavano a fare i Goti in Occidente. I Persiani, non più solo Parti data la crescita della coalizione nelle loro terre, si limitarono a circoscrivere la presenza di Roma in Oriente non volendo misurarsi con la cultura Greca. Le condizioni per muovere il corso della Storia esistevano in tutte in queste premesse. Il mondo odierno non contiene alcuna premessa di movimento, infatti non si muove, ma gli elementi nuovi sopraggiungono sempre. E' solo questione di tempo. Decio morì in Mesia, impegnato in guerra coi Goti. Le legioni espressero Gallo che si accordò malamente col nemico e tornò a Roma. Escogitò la nomina di due imperatori associati, tornò in Mesia e non riuscì ad altro che a farsi ammazzare dai suoi ribelli soldati. Uscì fuori Emiliano. Egli aveva vinto i Goti a Kniva ma non convinse i suoi soldati che, dopo tre mesi, lo avevano già liquidato. E fu il turno di Valeriano, eletto in Gallia dove premevano i Franchi. Egli raggiunse l'Oriente ed inizialmente sconfisse i Persiani in Siria. Poi fu sconfitto ad Edessa e morì loro prigioniero. Era già stato suo associato ed, ora, divenne ordinario il figlio Gallieno. Aveva combattuto in Gallia ed in Tracia, si ripetè in Siria, dove pensò di associare l'arte della diplomazia a quella della guerra. Nominò Odenato, principe di Palmira in Siria, 'dux' dell'Oriente nel quale Mommsen vede un principio d'impero Romano colà residente. Protesse le arti e, se non i Cristiani, intavolò con loro qualche dialogo filosofico che sarà stato almeno un piacevole diversivo. Morì a Milano tradito da generali mentre era impegnato in una sua guerra privata. L'imperatore Claudio il Gotico sconfisse gli Alamanni sul Garda, ma intanto quelli erano già arrivati fin là. Massacrò i Goti a Naisso in Mesia, ma intanto quelli avevano già saccheggiato Grecia e Macedonia. Morì di peste in Pannonia, chè talvolta le malattie ne uccidevano quanto i pretoriani. L'imperatore, venuto dalla Pannonia, fu Aureliano. Dove prese tutta l'energia per correre da ogni dove, impugnando il gladio, se non dal glorioso passato della sua patria? Avevano fatto grandi cose, i Romani, e non era ancora il tempo di venderle ai saldi. Succeduto a Claudio II° dopo la breve presenza di Quintillo, il Magiaro sbattè fuori i Franchi dalla Gallia, i Vandali dalla sua Pannonia, gli Alamanni (udite, udite) da Piacenza, i Goti dai Balcani. Rimuovere la regina Zenobia da Palmira non dovette essere l'impresa più difficile. Costruì le belle mura Romane. Era troppo serio per i suoi ufficiali che lo uccisero vicino a Bisanzio. Tacito combattè in Asia Minore e si meritò il titolo di 'Gotichus maximus'. Curò la rete stradale ed anche per questo, nonostante appena un biennio di regno, si meriterebbe un'altra onorificenza. Un amministratore odierno non ce la farebbe neppure se durasse in carica un secolo. Rinforzò il potere giudiziario del senato, che almeno avrebbe fatto qualcosa. E dire che aveva una nazione percorsa da barbari armati, altro che clandestini affamati! Egli morì sulla strada per Roma. Seguirono negli anni: Floriano, Probo, Caro, Carino e Numeriano. Li abbiamo citati tutti perchè provenivano dai ranghi della truppa e comunque ce la misero tutta contro i nemici della patria, usurpatori compresi che nascevano come funghi qua e là per l'impero. Non tutti furono esempi di virtù. Comunque morirono sui campi di battaglia o negli accampamenti teatri di congiura e furono uomini prima o più che principi. Per questo li abbiamo inseriti tutti nel capitolo dedicato ai principi guerrieri. 'Oh, when you go to Africa Happy, happy Africa You live along like a king-o Right in the jungle all alone' (Perez Prado). E siamo giunti alla fine del AD 284.
Id: 47 Data: 13/06/2009 21:57:22
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- Storia
Studi sull’isteria d’Impero Romano - IV
Studi sull'isteria d'Impero: Grande è la Roma dei Bambini del dr. Giuseppe Paolo Mazzarello C'eravamo dimenticati di Vero, imperatore associato di Marco Aurelio. Chi, se non un pretoriano, poteva eliminare Commodo? Il trono passò a Pertinace, un Piemontese di Alba, che si mostrò tirchio coi pretoriani. Essi ineffabili lo abbatterono ed issarono il Milanese Didio. 'Sentir, riprese, e meditar. [..] Il santo vero mai non tradir..' il giovine Manzoni così cantava intorno al morente semipatrigno Carlo Imbonati. Bisogna inventarne di tutti i colori, quando non si è capaci di fare i soldati, e tutti quelli citati non lo furono proprio. I legionari di Gallia nominarono Nigro, ma contavano poco; quelli della Pannonia, che contavano di più, nominarono Settimio Severo. Egli era di origine Africana, soldato di nome e di fatto, fu imperatore. Il Mommsen dice che fu importante che abbia sloggiato i Parti dalla Mesopotamia. Fece però di questa una provincia invece che un regno vassallo. Questa seconda soluzione era più gradita allo storico Tedesco, perchè avrebbe svolto funzione ammortizzatrice tra i due imperi che invece cozzarono insieme. Severo sapeva fare il suo mestiere e lasciò due legioni nella terra tra i due fiumi. Una terza se la portò a fare quartiere ad Albano. Con l'arrivo dei veri soldati si poteva fare a meno di quelli che lo facevano per finta. I pretoriani furono sciolti e nessuno li rimpianse. Il figlio successore fece, ahimè, rimpiangere il padre. Chissà se è vero che, come nel 1950 cantava Clara Jaione, 'alle terme di Caracalla i Romani giocavano a palla'. L'imperatore in questione ne iniziò la costruzione, ma fu tosto impegnato nel fratricidio di Geta imperatore associato. L'imperatore superstite indossava un maglione col cappuccio, oggi sarebbe di moda. Egli andò in guerra nell'amena terra dove il Rodano si getta nelle lacustri braccia di Ginevra. Rimaneva, in qualche modo, il suo interesse per le acque. Non rimase molto da fare per lui nella Media, l'Iran nord-occidentale, dove, sia pure vittorioso, fu ucciso dalla sua scorta. Un uomo violento, come lui, non è un buon soldato. A proposito: i pretoriani non erano stati liquidati? Quello che esce dalla porta può rientrare dalla finestra, come successe per uno della Mauritania. Si chiamava Macrino; era il prefetto del pretorio, e fu imperatore. Pagò male i soldati e durò poco. Mentre conduceva le solite guerre nell'Est, fu raggiunto ed ucciso dallo scalpitante pronipote di Caracalla, Eliogabalo, che godeva del favore dei soldati. Egli era figlio del governatore di Siria, una provincia che riforniva Roma di grano e denaro, un tempo requisiti prediletti per le terre d'occupazione. Derivava il suo nome dal dio fenicio del quale era sacerdote e del quale portò il culto a Roma, insieme a devoti locali dei quali nessuno sentiva la mancanza. Aveva alle spalle una nonna invadente, Iulia Mesa, che prima lo aveva proposto come campione alle truppe e poi usato come prestanome del proprio potere. I miliziani, delle cui imprese è pieno questo capitolo, lo fecero fuori. Toccò ad Alessandro Severo, un altro nipote della grande nonna, salire sul trono all'età di 14 anni. Egli era un altro venuto dalla Siria con una madre molto presente, Iulia Mamea. Aveva il pallino della pubblica amministrazione e della viabilità urbana, il piccolo Sandro, al quale rivolgiamo un pensiero grato se non addirittura nostalgico. Condusse operazioni militari efficaci, di contenimento contro i Parti in Mesopotamia e gli Alamanni sul Reno. Aveva la mamma al seguito, ma abbiamo visto soggetti in analoga compagnia compiere opere meno meritevoli. A Magonza le truppe gli preferirono Massimino e, tra il dire e il fare, non c'era di mezzo il mare ma una madre che fu tolta di mezzo insieme al figlio di 27 anni. Massimino il Trace era un soldato durissimo ed operò su e giù per il Danubio, trattò i nemici malissimo ma, in altrettanto modo, il popolo ed il senato di Roma. In un soprassalto di attività, il parlamento si decise a promuovere Gordiano I 'and son' Gordiano II. I due si trovavano in Africa e si trovarono contro il legato di Numidia. Il figlio cadde in combattimento e per questo il padre, 'O gran bontà dei cavalieri antiqui', si suicidò. Fu il turno di Pupieno e di Balbino. Ad Aquileia essi attesero Massimino che non si era ancora arreso, ma quivi fu ucciso dai suoi propri soldati. Ed arrivò Gordiano III ad eliminare quei due. Il nuovo imperatore ebbe, come emininza grigia, il cognato Timesiteo, dopo genitori e nonne una figura ancora assente dalla storiografia. Attendiamo il momento delle suocere, ma non disperiamo. Il duo vinse le battaglie contro i Parti ma non quelle contro i pretoriani che, alla morte di Timesiteo, insediarono il loro prefetto Filippo l'Arabo. Egli sconfisse i Carpi, dei Danubiani, e si sarebbe volentieri dedicato ai previsti festeggiamenti per il millenario della fondazione di Roma. Peccato che legioni variamente dislocate nel globo eleggessero contemporaneamente altri tre imperatori. Il quarto candidato fu Decio che era stato inviato in Mesia e, tanto che era per la strada, si sbarazzò dell'Arabo a Verona nel AD 249. Del biennio occupato da questo imperatore, emergono due aspetti. Le assurde persecuzioni Cristiane non facevano che rimarcare il carattere organico ed espansivo dell'alternativa comunità religiosa. Il costante contenimento dei tumulti Danubiani non faceva che rimarcare il carattere forte e propulsivo dell'alternativa comunità etnica: i Goti. La loro presenza in quella terra tra la Romania e la Bulgaria, con quell'ampio sbocco sul Mar Nero, conseguiva ai movimenti dei popoli nell'area della Vistola. Noi lasciamo tutti lì e chiudiamo il capitolo. Oggi 31 Maggio AD 2009 abbiamo ascoltato il primo dei tre Ritornelli di Paganini nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie al Molo di Genova. Se ce lo chiedesse, risponderemmo a Proust che ci ha fatto ricordare una corsa infantile nei prati prima di rifiatare all'ombra delle querce. 'Meglio venirci con la testa bionda,/ che poi che fredda giacque sul guanciale,/ ti pettinò co' bei capelli a onda/ tua madre...adagio, per non farti male' (Pascoli).
Id: 46 Data: 06/06/2009 23:01:55
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Studi sull’isteria d’Impero Romano - III
Studi sull'isteria d'Impero: gli studiosi ragazzi di Spagna Del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello 'Passata è la tempesta: odo augelli far festa' scriveva Leopardi. In terra di Spagna vi furono aspre contese, ora nella sua 'quiete dopo la tempesta' ebbe i natali Traiano. L'identità Romana permeava l'aria. L'uomo di Baetica, Andalusia, era stato adottato dal previdente Nerva. Chi ama lo studio, ama gli studenti. Il novello imperatore favorì l'istruzione dei bimbi più bisognosi che sono sempre i più meritevoli. E riconoscenti. Costituirono la buona classe dirigente di una nazione che, per sua fortuna, ne avvertiva il bisogno. 'An der shonen blauen Donau' l'aria non era delle più serene. I Daci si sollevarono in armi, attraversarono il fiume e, se ne avessero seguito a ritroso il corso, in men che non si dica si sarebbero trovati vicini all'Italia. Traiano blindò il loro re Decebalo ed, in una seconda ripresa, distrusse la loro popolazione. Il paese si ripopolò con nuove genti e queste, praticamente, ancora oggi parlano il latino incutendo molta paura a chi il latino ha dimenticato. 'Life is not easy' scriveva Freud: in versi scrisse le stesse cose il vate di Bilbili, Marziale.Con la tunica madida di sudore il poeta si presentava alla dimora del 'dominus', si dava un gran da fare, soprattutto a studiare. 'Di tutto quel cupo tumulto, Di tutta quell'aspra bufera, Non resta che un lieve singulto nell'umida sera' scriveva Pascoli. In una di quelle sere Spagnole venne al mondo il cugino in seconda dell'imperatore, Adriano. Egli divenne figlio adottivo di Traiano, nonché il suo successore. Era d'Italica, Siviglia, l'uomo che chiuse i fronti di guerra e mandò i legionari 'tutti a casa'. Lo fece con ordine e serietà. Non era un uomo dimissionario ma versatile. Ritornò nelle province con una nuova armata di agrimensori e muratori a fare i lavori pubblici. Le popolazioni, grate, tributarono all'imperatore la meritata villa di Tivoli. Una visita in tale luogo nel 1951, produrrà l'ardire a Marguerite Yourcenar di scrivere le fittizie 'Memorie di Adriano'. In esse l'uomo di Stato dichiara di essere cardiopatico ma ci sembra poco credibile questa denuncia d'invalidità. Il libro è anche ben scritto, ed ebbe una fortuna che non vorremmo attribuire a quel presagio di caduta imperiale che contiene. Era nostalgico l'uomo d'Italica, che pensò alla solitudine post mortale della sua 'animula vagula blandula', ma era molto attivo e non potremmo definirlo depresso. Dalla Tyne alla Solway fece costruire 117 chilometri di muro con vallo a separare la Scozia dall'Inghilterra. Nel loro Nord restavano gli uomini e le greggi delle Highlands: una evidente nostalgia del primigenio insediamento sulle rive del Tevere. Adriano fu uno scrittore di prim'ordine e lasciò scritto nel testamento che avrebbe dovuto succedergli il parente Antonino Pio. La vite non cresceva solo in Iberia ma anche sui Colli Laziali, in quella sua nativa Lanuvio con vista mare. Continuò la buona tradizione dei suoi colti predecessori perchè fu geografo e scrisse il pregevole 'Itinerarium provinciarum'. Ebbe la buona sorte di potere vivere in pace con una moglie, Faustina, alla quale il senato fece erigere un tempio dedicato. Una santa donna. Continuò a costruire valli in Britannia, 59 chilometri tra gli estuari del Forth e della Clyde. Le pecore , ed i loro pastori, continuarono a vivere tranquillamente. Noi, continuamo a seguire le tracce nell'Enciclopedia Motta della nostra infanzia. L'imperatore adottò come figlio successore il nipote Marco Aurelio che si trovò subito alle prese con un Danube Burning, un Danubio in fiamme. Marcomanni and company spostarono la guerra lungo il corso settentrionale del fiume, del quale i Daci avevano turbato quello meridionale. I soldati Romani scarseggiavano e Marco li arruolò in massa dai territori limitrofi a quelli dei nemici. Ovviamente i nuovi legionari divennero cittadini ed oramai uno può immaginarsi Roma ovunque meno che sui Sette Colli. Questi legionari Illirici erano però legati al loro territorio anche da insediamenti agricoli e famigliari permessi dai regolamenti militari. Prima o poi, avrebbero pensato più a quelli che a combattere i nemici di Roma. Per il momento, comunque, i Marcomanni vennero sconfitti. Marco fu uno dei migliori scrittori della sua epoca, scrisse le 'Memorie'. Fu l'ultimo rappresentante di questa dinastia colta del secondo secolo. A questi imperatori è dovuto il mantenimento del ruolo Romano ed essi misero a frutto le capacità di menti educate ed istruite. Abbiamo già visto come la letteratura ne ha colto aspetti che in realtà appartengono ad alcuni autori. Un imperatore fa il suo mestiere e non se ne lamenta. Si tramanda che Mommsen si sia lamentato perchè Marco concesse la sua successione al figlio degenere Commodo. E' come se Socrate dovesse occuparsi di un ipotetico figlio e successore a nome Alcibiade. Il filosofo cerca di fare esprimere al meglio i ruoli umani ma si guarda bene dal manipolare le loro attribuzioni. Se ad uno tocca un ruolo, non può esserci sempre chi lo faccia toccare a qualcun altro. Marco morì a Vienna nel AD 180, nel quale i Romani iniziarono a sguarnire anche i valli Britannici. Precipitosamente Commodo concluse una pace nelle valli Danubiane e si precipitò a Roma per divertirsi nelle arene. Truccava gl'incontri dei gladiatori ai quali prendeva parte con ruolo attivo. In un film Americano del 2000 si costruisce tutta una storia intorno a quell'attitudine. Non crediamo che l'attitudine cinematografica del 'Gladiatore' antagonista dell'imperatore sia stata migliore. Egli prendeva molto gusto a tagliare teste ed, in meno, non ci provava neppure a fare l'imperatore. Per saperlo fare, gl'imperatori di Scuola Spagnola studiavano dopo avere ascoltato il loro 'himno de hermandad'.
Id: 45 Data: 31/05/2009 23:05:07
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- Storia
Studi sullisteria dImpero Romano - II
Studi sull'isteria d'Impero: i Flavi e la battaglia per l'Inghilterra del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello
AD 69: i 'caduca' indicati 'ope legis' da Augusto erano sotto mira da un cinquantennio. Erano i beni che non potevano essere ereditati dai celibi e da quelli senza figli ('orbi'). Inutile dire che ci fosse una gran corsa ai matrimoni ed alle adozioni, almeno per quelli che avevano qualche lascito da riscuotere. I matrimoni si facevano e si scioglievano agevolmente, i figli in cerca di genitori si accasavano convenientemente. In quell'anno, San Giovanni Evangelista scrisse la sua 'Apocalisse'. Il numero citato 666 indicava il salto da Nerone al sesto imperatore trascurandone tre succeduti in quell'anno 'dei quattro imperatori'. Ricordiamo almeno i nomi di Galba, Otone e Vitellio che morirono da imperatori dopo essere vissuti senza averne i requisiti. Mille anni dopo, Michel Delpech cantò: 'Whight is white..' e la simpatica isola così sarà sembrata a Vespasiano che vi guidò dei legionari sotto Claudio. Quando divenne quel sesto imperatore di cui prima, non si dimenticò delle terre d'oltre Manica. Era delle parti di Rieti questo signore che era stato nominato dalle legioni Siriane e si era fatto preparare la strada verso Roma da generali fedeli. Nella scelta dei collaboratori aveva il tocco felice, e continuò ad averlo riformando i pretoriani. Almeno tra quelli, avendo a cuore la pelle, uno arruolava più volentieri qualcuno dei paesi suoi. Meglio ancora se a capo di loro poteva insediarsi, come accadde, il figlio maggiore Tito. Anche per la lontana e grande isola, ebbe un valente incaricato in Agricola. Il generale Romano sembrò rinverdire i fasti passati ma l'operazione, complessivamente, non decollò. Roma mantenne colà il primato ma non sapeva imporre le imposte indirette ed in quella terra, tutta dedita ai commerci, era perduta una grande occasione di fare cassa per lo Stato. Vespasiano, comunque, le casse dello Stato non le trattò male. Morì alle Acque di Cotilia e Tito, che gli succedette, fece cose analoghe. Qualche malevola intenzione l'aveva già manifestata in Medio Oriente e, per i due anni che ebbe a regnare, non fu il caso di replicare. Aveva celebrato anche un trionfo insieme al padre, questo sovrano che rimase sempre all'ombra del genitore. Eppure qualche virtù l'aveva, se fu chiamato 'amore e delizia del genere umano'. Certamente la definizione non si applicò al fratello minore Domiziano, il nuovo imperatore. Fece guerre in Oriente; ritirò Agricola dalla Britannia dove aveva operato fin troppo bene anche a sentire il genero Tacito; fu un duro. Ci fu un crollo del prezzo del vino per eccesso di produzione e fece estirpare metà delle viti coltivate. A pensare che sarebbe stato sufficiente vendere il prodotto ai Britannici che non avevano alcun modo di averlo altrimenti, ci si sente quasi male. Per fatti simili, qualche patimento del genere lo soffriamo anche oggi. Come ogni duro che si rispetti, Domiziano crollò sotto i colpi della moglie Domizia. Ai Romani la grande isola doveva apparire qualcosa di estraneo, troppo mare sul quale riversare quei pensieri che gl'imperiali facevano scorrere preferibilmente sulla terra ferma. La lingua latina scorreva fluentemente in Occidente, ma in Oriente quella greca non veniva soppiantata. La lingua Inglese navigherà oltre l'Oceano Atlantico e troverà una grande terra nella quale diffondere. Una grande terra occupata da ampio suolo ma circondata dalle immense distese oceaniche. Un nuovo continente del quale, non potendo più essere né Roma né Britannia, tutti gli altri continenti aspettano l'esempio e la guida. Questo capitolo è stato scritto attingendo anche alle notizie in Italiano presenti nella bellissima Enciclopedia Motta nell'edizione del 1963. Le notizie in Inglese dalle dispense del Mommsen ci sono giunte sulle 'aure dei sospiri ardenti' americani. AD 98: esala l'ultimo respiro Cocceio Nerva, l'anziano senatore divenuto imperatore e nostalgico dell'agricoltura. Il nostalgico Foscolo, a proposito del quasi omonimo Cocceo Nerva, ne lodò l'ultimo respiro in polemica con Tiberio che impersonificava l'assolutismo. 'Tu almeno sapevi morire incontaminato' scrisse il contaminato poeta.
Id: 44 Data: 29/05/2009 23:42:43
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- Storia
Studi sull’isteria d’Impero Romano - I
Studi sull'isteria d'Impero: il dopo-Cesare e la dinastia Claudio-Giulia del Dr. Giuseppe Paolo Mazzarello Alla fine del 42 AC Marco Antonio istituisce un contingente di 10000 soldati a sua permanente, personale e completa disposizione: la Guardia Pretoriana. Può farlo, è uno dei tre dittatori di Roma, anche se a lui piaceva chiamarsi consul iterum. C'era appena stata la battaglia di Filippi, egli aveva capito che a sapere usare le armi si poteva raggiungere o conservare il potere. Riduceva la materia con eccesso di sintesi: per quello scopo era necessario tutto il resto che a lui mancava. Cultura, umanità, capacità. Era coraggioso sino alla temerarietà e sincero sino alla sfrontatezza. Non era ancora giunto il momento di fondare la propria autorità sulla violenza, non esisteva neppure il ruolo dell'imperatore quale si sarebbe visto nei secoli successivi, Cesare era stato sepolto da appena due anni. Con Antonio appare subito possibile quello che appariva impensabile. Andare nell'alleata Armenia con Cleopatra, straniera per tutti, convocare il legittimo sovrano, arrestarlo ed insediare sul trono la regina d'Egitto. La stessa regina che avrebbe insediato, con mezzi analoghi, sul trono di Roma. Portare centomila soldati in Grecia, rinunciare a combattere una battaglia già vinta contro Ottaviano solo perchè a Cleopatra piaceva di più una battaglia navale. Perdere, suicidarsi, mentre l'amata Cleopatra pensava già a sedurre Ottaviano, per la qual cosa esistevano possibilità minori che vincere ad Azio. Cos'aveva in testa questa gente? Impiegheremmo più tempo noi a chiedercelo che loro a metterlo in pratica. Un secolo dopo quattordici pretoriani metteranno sul trono Otone. Chi ne ha voglia, può scorrere la storia per vedere se in altro momento una analoga comitiva decidesse di chiudere una serata destituendo un imperatore. Più che scorrere la storia, potremmo semplicemente guardarci intorno. Marco Antonio interpreta l'impulsività di un soggetto al quale il momento presenta immense possibilità. Lui se ne accorse prima degli altri e volle sfruttarle tutte. Pagò di persona il prezzo di volere sostenere la fantasia oltre il limite costituito dall'opportunità. In altri contesti tale prezzo è pagato da tutti gli altri. * Se ci mettiamo a fare i conti, dobbiamo rimetterci ad Ottaviano che il prozio Cesare adottò a figlio nel 44 AC. Egli aveva doti logiche, matematiche ed ebbe a scrivere la partita doppia della più grande nazione-azienda della storia. Alla morte del grande prozio si apprese che questi aveva destinato grandi somme in eredità ai cittadini. Uno che era dittatore insieme a lui, Antonio, prese posizione per attendere la ratifica legale del testamento. Ottaviano anticipò il dovuto al popolo con le proprie risorse. Dalle proprie risorse dovette estrarre anche quelle militari per sconfiggere Antonio ribelle. Esaurita la colonna contabile, si presentò all'assemblea dei soci in senato a concretizzare la 'res publica restituta'. I senatori trovarono il modo per farne continuare l'opera. Egli fu il 'princeps, primus inter pares', e si basò sul potere che i tribuni della plebe avevano usato in un contesto dinamico e tumultuoso. Non vi era più bisogno di dibattito ma di rigore. Se ne accorse Virgilio che prima ringraziò Asinio Pollione di avergli lasciato ancora per un po' la terra 'recubans sub tegmine fagi'. Poi questo non fu ulteriormente possibile: Ottaviano aveva avuto l'imperium' dai legionari perchè questi avrebbero avuto la terra. A Virgilio non restò che dire 'paulo maiora canamus'. Ottaviano si meritò dal senato quel titolo di Augusto che, apprendiamo dalle lezioni del Mommsen pubblicate in Inglese da Routledge, significa 'by the grace of God'. La leva militare scomparve ma per quella familiare ci fu la chiamata alle armi. Crescete, moltiplicatevi ma soprattutto: sposatevi! Augusto aveva potere proconsolare in politica estera e della difesa, poteva proporre leggi, condannare a morte ed era anche pontefice massimo. Come ogni riformatore massimo ebbe una famiglia che fu il massimo dell'informalità. L'ultima moglie Livia gli portò in dote il figliastro Tiberio che sarà anche il suo successore, mentre il suo favorito Druso andrà a morire in guerra in Germania. Sullo sfondo c'è già la terra che - a futura memoria - ospiterà il rigore, la serietà e la freddezza di Augusto. A noi non resta che prendere per buone le leggi augustee in materia di diritto di famiglia. E' auspicabile che i genitori amorevolmente disposti a sorridere ai figli, si ritrovino a scoprire che, al proprio rampollo, una dea 'dignata cubili est'. Virgilio ci ha ancora una volta aiutato a superare il trauma della perdita. Per una democrazia che si perde c'è un'autorità che si acquista, ma questo valse per Roma. La classe dei cavalieri si insediò a fianco dell'imperatore dimostrando la sua storica anti democraticità, ma Augusto comandò bene e questo fu l'essenziale. Alla nobiltà restarono i ricordi ed alla suburra i 'panes et circenses'. Quelli, almeno, erano gratis. * 'Cui non risere parentes, nec deus hunc mensa, dea nec dignata cubili est'. Quanto Virgilio scrisse nelle Bucoliche, si applica perfettamente a Tiberio. Sua madre Livia abbandonò lui ed il marito per sposare Augusto. Poi l'anziano padre morì ed allora Tiberio bimbo fu accolto nella casa del patrigno. Egli fu istruito e mandato a fare il militare in Germania. Intorno a lui si tessevano trame di successione imperiale dalle quali il futuro imperatore era sempre immancabilmente escluso. Non fu escluso però quando ci fu da trovare marito alla sorellastra Iulia, i gusti della quale in materia sessuale non erano adatti a palati come il suo. Fuggì a Rodi e ci stette per un pò, poi tornò a Roma. Livia aveva fatto ammazzare tutti i papabili e per la successione ad Augusto non restava che lui. Tiberio dovette pensare che a sua madre sarebbe dovuta toccare quella corona che invece dovette portare lui. Ebbe un grande rispetto per il senato, che non valeva nulla, ma lui pensava di valere anche meno. Le guarnigioni in Germania si mostravano sediziose, ma sotto Augusto nella selva di Teutoburgo c'era già stato un loro olocausto, e Tiberio ebbe grandi meriti a non permetterne un secondo. I giovani leoni dell'aristocrazia romana avevano piglio gagliardo nelle operazioni militari e l'imperatore ne lasciò sfogare più di uno. Non fu direttamente responsabile della morte di nessuno di loro, finivano prevalentemente avvelenati dalle mogli. L'opinione pubblica non gradì e Tiberio gradì ancora meno di replicare le campagne della gioventù per sostituirli. Il risultato fu che l'impero restava nel punto in cui si trovava e Tacito poteva solo rimpiangere che Germanico non avesse emulato Giulio Cesare. L'unico titolo che Tiberio accettò dal senato fu quello di essere chiamato: Tiberio Cesare Augusto. Se di uno riconosceva la nobile ascendenza, dell'altro apprezzava la serietà non potendo fare altrettanto dell'amore. Rispettò i tribunali e li invocò sempre a difesa di una verità che si dimostrò sempre più difficile da trovare. Puntò abbastanza alla fine su Seiano, un equestre salito rapidamente in carriera. Si ritirò a Capri colpito da una malattia della pelle del volto, oltre che dalla solita depressione, pensando di avere risolto per la successione. I servizi segreti, da lui promossi, gli riferirono che il suo delfino aveva congiurato contro di lui dopo averne ammazzato il figlio Druso in combutta con la moglie dello stesso Livia Drusilla. Dall'esilio, l'imperatore inviò una nota al senato tanto prolissa che alla fine quasi non si capiva che decretava l'arresto di Seiano e la sua esecuzione. Dovette proprio costargli eliminare l'unico amico che avesse mai avuto e che, al colmo della sventura, era anche il prefetto del pretorio. * In accordo con Freud, potremmo dire che una certa energia interiore ha bisogno di essere convertita per non esplodere. L'occasione fu offerta dalla successione a Tiberio. Augusto aveva fatto adottare al suo successore il figlio di Druso, Germanico, che era molto popolare e destinato a diventare imperatore. Però morirono tutti ed alla fine fu uno dei figli di Germanico, Caligola, a diventarlo. Chi fosse realmente Caligola, non importava a nessuno. Non importa neanche a noi accodarci a quanti, anche dopo, hanno continuato a volere vedere in Caligola qualcosa che continuava a non esserci. Camus ha scritto un lavoro teatrale intorno a questa figura, così sappiamo che all'autore francese sarebbe inconsciamente piaciuto fare le stesse cose che fece Caligola. La sincerità non è mai disprezzabile e Caligola abbassò le tasse, salvo introdurre il prelievo del 5% quale deposito per ogni causa civile intentata. Svetonio, citato da Mommsen, lo inserisce nel florilegio negativo ma il futuro ha portato esempi che potrebbero fare ricredere. Mandò a morte molti perchè erano ricchi e le loro sostanze servivano allo stesso scopo di quella tassa della quale s'è detto. Una volta mandò a morte un povero e, quando glielo fecero notare, candidamente ammise che c'era stato un errore. Era sicuramente matto, ma era in buona compagnia. La sua compagnia prediletta per il sesso era costituita da consanguinee e soleva dileggiare i pretoriani. Al termine di uno spettacolo domestico, due di loro irritati uccisero il ventinovenne Caligola insieme alla moglie Cesonia ed alla loro figlioletta che aveva 2 anni. Poi si accorsero che non poteva sostituirlo quasi nessuno, trovarono lo zio Claudio che si era nascosto da qualche parte e lo proposero al trono. In quell'atmosfera surreale, il senato approvò. Claudio aveva un ventre copioso e gambe rinsecchite. Aveva studiato qualcosa ma non era stato preparato a nessun tipo di carriera. Nella Roma di allora, valeva quasi come titolo di merito. Fece amministrare la cosa pubblica dai suoi cortigiani, ed in questo fu precursore di un'attitudine che avrebbe incontrato grandissima fortuna. Incontrarono grandissima fortuna le sue mogli, tanto Messalina quanto Agrippina, perchè chi ama circondarsi di cortigiani invadenti fa lo stesso a casa sua. Dato che ai crimini ci pensava l'entourage, l'imperatore si dedicò con passione alla magistratura ed alla religione. Comprensibilmente, le casse dello stato erano povere e Claudio occupò il territorio che attualmente è dell'Inghilterra per raccogliervi le tasse. Per quindici giorni egli stesso guidò l'esercito e non se la cavò neppure male. Non se la cavò neppure male a farsi divinizzare ma oramai Agrippina aveva preparato la successione al figlio Nerone. Quest'ultimo se la cavò male in molte cose, ma non tutto il male viene per nuocere. Il giovanotto imperatore lasciò che a governare ci fossero i soliti cortigiani. Tra questi il suo precettore filosofo Seneca merita un posto di riguardo. I primi anni del potere furono quelli della clemenza ma, oltre a teorizzarla, pochi potevano sostenerla con convinzione. Nerone conobbe la liberta Atte e se ne innamorò, con tutte le conseguenze negative per uno che non sapeva neppure da che parte cominciare. Non era del tutto colpa sua, ma la madre pensò che quella di avere una nuora così fosse una colpa che a suo figlio non poteva proprio perdonare. Così si mise a tessere una congiura, col risultato di fare perdere al figlio quel poco di buon senso che gli rimaneva. Nerone fece uccidere tutti quelli che appartenevano al suo giro familiare, madre 'in primis'. Era un attore nato, non propriamente tragico, ma sicuramente drammatico. Adatto a quel tipo di dramma che scivola verso la farsa. Per questo vale la straordinaria interpretazione del suo personaggio da parte di Peter Ustinov nel 'Quo vadis?' americano del 1951. C'è un alter ego imperiale in quel Petronio Arbitro, un autore scellerato che credeva di essere raffinato ed invece era solo una macchietta. Scrisse il 'Satyricon' dove un tipo finisce per raccontare di una vedova che ad Efeso vende il cadavere del marito perchè serviva all'amante soldato da appendere su di una croce per esigenze di servizio. L'esercito era proprio ridotto male e Nerone non fu proprio capace di porvi rimedio. Contava più quello che accadeva nelle caserme provinciali che nelle alcove romane. Gli anni si iniziavano a contare in modo nuovo da qualche tempo. AD 68: il governatore di Spagna, Galba, si mise a capo di una rivolta e chiese ai potenti di Roma il trono imperiale. Un potente effettivo, Tigellino, il solito pretoriano, vendette con immediatezza la pelle del sovrano. Dai potenti di Roma, ammesso che lo fossero mai stati, uscirono Seneca e Nerone per suicidio. Qualche tempo prima qualche delinquente, con atto mafioso, aveva incendiato qualche casa romana ma prese fuoco tutta la città. Nerone non c'era neppure, in genere andava in Grecia, ma inopinatamente parlò dell'incendio di Ilio ed aggiunse altra nota di demerito al suo già non invidiabile curriculum vitae. Il solito Tigellino, campione di meschina criminalità, aveva preso il il destro per incolpare e perseguitare i Cristiani che erano una comunità in espansione. Nerone fu un malcapitato della storia: nel 'Quo vadis?', credendo di fare ridere, Petronio morente gli raccomanda di ammazzare pure chi vuole ma di non annoiarlo con i suoi versi. Tutto potremmo dire di Nerone, salvo che i suoi versi fossero noiosi. La coppia cinematografica costituita da Robert Taylor e Deborah Kerr ha dovuto cavarsela in qualche modo contando su Santi nelle segrete ed energumeni nel circo. La dinastia Giulio-Claudia rassegnava le dimissioni ed una nuova strada stava per essere intrapresa. Pietro incontra Gesù sulla via Appia e così Sienkiewicz scrive il dialogo tra i due: 'Lord, where are you going?' 'Whiter I go, thou canst not follow me now; but thou shalt follow me afterwards'.
Id: 43 Data: 25/05/2009 19:26:51
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