Quando il gioco chiamava, noi partivamo
coi pantaloncini corti e le tasche piene
nella bocca fantasie di scoperte
nella mano un sassolino tondo.
Aeree farfalle coloravano i prati
seguendo la loro danza
ci inchinavamo ai fiori
il polline d'oro incipriava i visi ridenti,
come luminose fate suggevamo
il grembo dolce
dai capolini rosa dei trifogli.
Quando le biciclette erano le nostre gambe
e le ginocchia sbucciate odoravano
d'alcool e fieno.
Chi si ferma è perduto!
Il sentore di lana bagnata delle tane dei topi
coi cuccioli imberbi difesi dalla fame dei gatti,
l'uva che cambiava colore fino a settembre.
Quando le estati avvampavano
e le magliette lanciate sui ciliegi arrossati
erano le nostre bandiere.
Seduceva l'acqua cristallina dei fossi
specchio profondo di arboscelli ondeggianti,
mentre le giunchiglie rivestite di sole
ci lanciavano baci.
Il tempo era fermo allo zenith
non rotolavano i giorni,
il passato era ieri e il futuro un'altra avventura.
Toccavamo con mano l'eterno
l'incanto di un presente sospeso.
Quando non sentivo freddo al cuore
e nulla era un peso.
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