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Al davanzale del vento

di Mariolina La Monica
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Pubblicato il 22/11/2017 00:09:46

Al Davanzale del Vento


Stanotte, come sempre, cerco stelle.
Laggiù la mia costellazione ammicca e splende
pare abbia occhi attratti da un’immagine
muta, inamovibile, da statua diafana
– mentre il momento è un lampo che giunge e sfugge via
smarrito in perigliosi percorsi d’illimitato, persistente divenire –.

Bruma si leva attorno
screzianti sonorità
turbate ombre
mentre oasi d’acque lunari di cui ognuno ha sete
trainano rimpianti solitari.

E nel viluppo di spinosi germogli
mi domando cosa ci muta i giorni
cosa ci ha fatti quel che siamo adesso
e dove stiamo andando
mirati, come razzi che non conoscono pausa che li fermi
o foce a cui fare ritorno.

E in una somma d’istanti a pensare e a ripensare
a vangare e a rivangare ancora
come un fiore screziato, si spiuma il sogno
di una tranquillità sudata al vento caldo dell’esistere.
Già
al vento che roteggia
e sibila all’orecchio parole antiche
come un’onda che sorge e si ritrae
che risorge e si ritrae!
E – mentre sul treno del vocio vaga un pianto pietrificato –
lo spirito silente di quello che sei stata
ti scrive l’ultima poesia.

“Chissà se ti conobbi mai
se mai abbiamo parlato o siamo state
con gli occhi fissi a rimirare un sogno, nel sogno
errato di noi stesse?
Noi
che mai ci siamo flesse all’evidenza del male
e, per meglio apprezzarci
mai abbiamo rinunziato allo specchio alato
senza, però, riuscire a leggerci dentro pienamente:

(ad ogni passo in avanti sull’erba troppo verde
troppo verde!
fiorivano fiati di gelate e brume dense).

Ciò nonostante
chissà se ti conobbi sino in fondo
per intero!
se quel vivere attivo che tu ami
contraddice il tuo rimestare
attimo su attimo, minuto su minuto
e la tua impassibile quiete nel proporre la te stessa troppo vera
e poi la storia
la tua storia di cocci sparsi al vento
e lo stesso vento che t’investe, che c’investe,
dove lo metti tutto questo perché io possa dirti “Ti conosco?!”.
In quale posto li collochi o ti collochi?

È forse così il nostro divenire?
Turbati e impotenti a portare dietro un peso
quello
che ci fa apparire
un peregrinante mistero in eterno trasloco da noi stessi.
Per poi giungere al delta dei giorni
e da lì, volesse il cielo, alle sorgenti di velluto
che, infine, ci svelino chi siamo veramente!
E donare, così, tutto di noi all’universo incontaminato e puro
donare, per sporcarlo, come questa terra?
Terra
nella sua magnificenza, maltrattata
contaminata
nel danno, sdrammatizzata!
Terra
stanca di noi e della nostra ottusità
remota... eppur presente!”.


Ma la notte va
raggiante tra i vicoli del borgo
con l’occhio perso in una luna angelica splendente
abbandona ogni dire una bambina.
Ed ella va, lentamente sulle ali
pregustando cadenze di voci nel volo
sciacquii d’azzurro
note d’acqua lungo gli argini mai scalfiti.

Istanti bianchi, questi
che parlano, senza bisogno alcuno di parole
che portano verso la sponda Altra.
Sì, Altra
poiché fa presto a divenire rifiuto
ciò che ieri era tesoro… di carta
solo di carta
che scolora
e
si dissolve… alla vista tuttavia!

Alla nostra poca vista
che non lascia possibilità d’ormeggio, là
dove migrano i palpiti visionari
di quel grande manto di luce.

Di
sola
luce!

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