Lungo sterrati collinari di crinale,
Ripercorro una storia cruenta
Sul dorso d’un destriero al passo,
Alla destra, il mio nobile scudiero-
La vallata intera copre,
Lo sguardo ambiguo,
Tacendo parole
Fino al lacustre
Litorale antico.
Come l’acqua rifletto
Il baluginare della luce
In un fresco mattino.
All’ altare non segnato mi avvicino,
Con intimo smarrimento:
Luogo d’eterna requie
Del più acerrimo nemico.
Un mazzo ben disposto
Di carnosi, preziosi fiori
E tre felci trapiantate
In vasi elegantemente ornati
Cantano stonati
Amore e reverenza.
Sono piante che gradiscono sempre acqua
La fonte è vicina,
Verso loro nutrimento,
Con simbolica solennità.
Ricordo la punta del naso,
Il taglio acuto dell’occhio,
Fino allo sfarzo dello stivale.
Di far ridere era capace, ma
Egli, forse egli da tempo più non rideva
Un deambulare
Tra ombre e luce è questa vita
Adesso però sono qui a perdonarti
Che tu possa riposare
Nella luce solamente
E serenamente le spalle volgendo al passato,
Due rigagnoli attraversano il campo
Del mio volto, ora fiorito
In un sorriso, per colui che
In fedele amicizia mi stava
Ad attendere:
Le mani intrecciate, il capo chinato,
Si apre il cielo nel nostro abbraccio,
Come in un materno abbandono.
Depongo lo scudo,
Si consolida l’orizzonte, verso il quale
Riprendiamo
Insieme a camminare.
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