Il caseggiato grigio gronda indifferenza.
La scorgi nella nudità dei vetri delle finestre.
Nel pergolato d’uva fragola e sulla panchina. ...
Il buio si posa sui muri corrosi e scivola nel prato incolto.
Per non ascoltare le sirene Virginia si è tappata le orecchie.
Troppo breve l’amore. Le lenzuola ad una sola piazza.
I cocci delle tazzine riparate con l’attak.
Il vaso di cristallo vuoto. Volano basso le penne dell’oca sgozzata.
Il sipario si è chiuso. Per terra, il suo abito da Pierrot calpestato.
Un traffico maledetto le impedisce di arrivare in tempo.
Non ce la farà a dare aria alle stanze.
Né a togliere quella stramaledetta muffa.
Rimane sul marciapiede a guardare tutte quelle ruote muoversi.
Tutti quei clacson.
Il cancello cigola. La ruggine entra nelle ossa e nei tendini.
Il cappello bianco con la piuma blu sull'erba.
I guanti di pizzo bianchi impigliati nei rami spinosi
di rose appassite.
La puntina del grammofono, produce un suono discorde.
La bellezza spesso non vuole farsi riconoscere,
si nasconde tra i rovi, a volte si mimetizza nel fango.
Nel giardino il vuoto e il silenzio giocano a nascondino.
A volte l’uno entra nell’altro. La loro è una danza quieta, a volte macabra.
Si prendono a braccetto e salgono le scale.
Oggi Virginia ha spento tutte le luci. Le gocce di cristallo sono opache.L’assenza abita ogni pertugio.
Eppure l’urlo dei ricordi spegne ogni molecola di silenzio.
Lei non può sedersi, tutte le sedie della casa sono occupate da ombre piene di vuoto.
S.M.