Εἰμὶ δ’ἐγὼ θεράπων μὲν Ἐνυαλίοιο ἄνακτος
καὶ Μουσέων ἐρατὸν δῶρον ἐπιστάμενος.
Finché non ti vedrò correre con un
ramoscello di mirto e un bel fiore di rosa
non ti chiederò di custodire il mio
Archilocheion.
Per te che nascerai.
Ho visto le montagne del Parnaso aprire
gli occhi dalle strane forme d'acqua e
galleggiare riempiendo valli strette tra
l'oro scuro; ho sentito lo sbattere bruno
lucente echeggiare dal passato fra quei
colossi; e il sangue d'una capra ricoprire
l'aria di una piccola tenuta poi, le vesti
d'una donna vibrare s'una collina intera.
Mille sogni che si mischiano insieme
come in un boccale di Nestore, fulminei
compaiono nel mio animo quando in un
lembo libero di spiaggia calpesto pietre
antiche, sopra le quali tra i flutti, vivono
ancora le memorie di tutti gli eroi, degli
opliti, e le gocce - di sudore e lacrime -
dei rematori e delle donne d'Atene.
Baie racchiuse in un cratere di vento,
che si presenta al corpo senza nessun
permesso; costante lui non cede, né
infastidisce la sua spinta ch'appare
sempre una carezza e mai uno schiaffo;
eppure accende tra le sue vene correndo
privo d'incertezza la melodia delle glorie,
e dei suoi giochi, comandati dagli dei.
Sono passato per le strade di Atene con
nascosto il viso dal mio elmo, stretto alla
mano del mio amore con un amore in
grembo tra il mercato dove l'oro diviene
aria fino al copricapo roccioso di Ares
sotto il tempio, dove per due volte sono
morto e poi rinato; dove nel tuo Caos il
sole e la polvere sono arrivate insieme.
(Manuel Paolino, Con il mio amore con un amore in grembo, L'idromele Parte Seconda, Nuove Poesie - Mortali e dei)
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