Tu che non mi hai dato nulla, dici,
la tua voce apre la porta
a tutto ciò che può benedire-
più riconoscibile di una madre
tutto è amore, nel solco della giada
il vapore che si leva dal tuo bisso
il filo d’acqua che discende
calde maestre delle mani.
come un pescatore nel suo mare,
mentre penetra il mistero,
l’ultima terra del profondo,
col rigore, con la forza della carne.
Allevata nella coppa del tuo hara
è salita col respiro una bambina,
dalle caviglie fino ai reni, in una danza
si è fatta sottilissima, poi sciolta-
non altro, nella luce del tuo corpo,
non altro che un orecchio.
Mutare generando un atto magico, è morire ?
Nelle acque della crescita lei canta
saltando la sua corda, per restare
un lievito, soltanto? - Se si volta
nella spira del tuo soffio, io la vedo,
nella spada di ferro più lucente
aperta la sorgente sopra i fianchi-
con la vita. Si precipita nel viso,
come un sale dentro il pane,
in un'albera le ossa, e ogni vertebra
è l’anello che si sfila dalla bocca
un nodo di energia, la vera stella,
la congiunzione estrema, l’unica,
fra il silenzio e la parola,
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