"Guai a voi, dottori della legge,
che avete portato via
la chiave della conoscenza."
Luca (11, 52)
Il bambino indugiò innanzi all'ingresso.
"Apriti, sesamo." sussurrò con un sorriso.
La porta della stanza restò serrata. Nonostante la famosa formula magica delle "Mille e una notte" non funzionasse mai, gli piaceva provarci sempre. Aprì la porta con la chiave ed entrò guardingo nella sua stanza del tesoro.
La biblioteca dell'antico maniero era un salone saturo di libri, luce, odori. La polvere ricopriva i volumi e volteggiava leggera nei raggi luminosi. L'afrore di muffa-polvere-salsedine, per le sue nari, faceva parte del fascino ambiguo dell'ambiente. Afferrò uno dei moltissimi volumi ammassati nei massicci scaffali alti fino al soffitto. Un libro di favole. Sedette a terra sotto una delle finestre prive d'imposte e prese a leggere.
Sopra il silenzio scivolava il ricorrente sciabordio degli scogli; sotto il silenzio s'intanava l'intermittente tramestio dei topi; dentro il silenzio s'immergeva lo sporadico struscio delle pagine.
Quando terminò si sollevò e lo ripose. Si accostò alle teche di vetro, allineate nella parte centrale del salone. Osservò minerali, fossili di piante e animali, utensili litici, vasellame di terracotta, statuette lignee, pugnali e spade, monete antiche, sculture marmoree.
Dopo contemplò la collezione che compendiava l'ominazione: sette crani scuri. Scrutava per corte ore quelle ossa ora nude e morte, che in un passato remoto erano state vive, rivestite di carne, provviste di occhi e d'orecchi, e avevano contenuto un cervello che provava piacere e dolore, paura ed esaltazione, affetto e avversione. Osservò le differenze e le somiglianze della serie di crani, sempre meno scimmieschi e sempre più umani.
Un bel disegno multicolore mostrava l'aspetto esteriore dei sette ominidi. Il primo era una piccola scimmia bipede ambientata nella savana. L'ultimo un uomo che impugnava una lancia con la punta di pietra, dall'espressione intelligente ma aggressiva. Gli altri erano anelli intermedi tra le due specie. Li fissava affascinato e smaniava di conoscere la misteriosa magia che aveva mutato una scimmia in uomo. Tuttavia intuiva in maniera vaga che quella evoluzione occultasse una grande verità, al di là della natura, in sintonia con la ragione, in armonia con la religione. E poi a lui quella trasformazione non piaceva perché, fra tutti i sette primati, preferiva sicuramente l'innocua e simpatica scimmietta.
La porta schiusa scricchiolò, senza che lui la sentisse. Entrò una giovane in jeans e maglietta. Lei gli si avvicinò alle spalle e lo strinse fra le proprie braccia come se temesse che scappasse.
"Sei sempre rinchiuso qui dentro, mio unico uccellino. Non puoi startene sempre rintanato in biblioteca, mio solitario topolino. E guarda come ti sei di nuovo ridotto. Hai tutti i pantaloncini sporchi e i capelli pieni di ragnatele. Avanti, vieni a lavarti e a cambiarti gli abiti."
Lui si lasciò prendere per mano e portar via senza protestare.
"Si deve essere sempre in ordine, anche se il nostro castello è malmesso. Avrebbe bisogno di essere restaurato, ma non possiamo permettercelo. Sono ormai passati i tempi dei nostri antenati. Dopo scendiamo nel pontile a vedere che pesci prende tuo padre."
Il bambino strinse piano la mano delicata della madre, la quale ricambiò subito con la sua morbida stretta. E intanto pensava già a quando avrebbe potuto di nuovo sgattaiolare in biblioteca. Nella sua magica biblioteca. Nella sua stanza del tesoro.
Di cui possedeva la preziosa chiave.
(Racconto già pubblicato da GMC Editore.)
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