Albina la stagione da griot*: troppa
la calura e da troppo non beve, come
solo un'albina dall'Uganda fuggente
rabdomando prostrata, ch'è da lungo
tempo che si va solo a tratti, boccheggiando
goccia a goccia mendicando, che non
s'intende se non ragione astratta ormai
al peregrinare. Nata precoce e già piena
di crepe è nella sua stagione: avida leviga
arida velata di sabbia atavica, bella di giornate
d'alabastri e creta essicata; donna
tra donne dai capelli crespi di spighe
bruciate, escissi vaneggi dal vento recitati
ch'è luglio e non dovrebbe cader foglia
ma queste s'ammonticchiano lo stesso
fradice. Domani ch'è agosto, il merlo
suonerà la sveglia: secco sarà ancora il verso
un ciack per la diva di sabbia fluente
di miti. Forse così deciderà di defilarsi
da depositaria: rapida ed ispida recitando
in sequenza breve commiato alle stirpi
in campo lungo svanendo prima
dei titoli di coda. A meno che, oltre ogni
intelletto, quando le foglie cadranno
questa volta storia di stagione
non ce la si ritrovi rammaricati noi:
come incantesimo asciutta nel narrare
col piglio sicuro della leggenda nel canto
che da lontano viene magia.
E non più in grado noi di stare lì
e contarle nell'aria novembrina
le storie morte: anche noi rabdomando
per letti di fiume e laghi essicati
di fiabe d'acqua.
*Griot: cantastorie nella tradizione dell'Africa centro occidentale
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